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Autore: Nidham    28/03/2012    4 recensioni
Breve elucubrazione della mia ladra nel momento piu' triste del videogioco, quando una scelta porta a tragiche conseguenze. Fatemi conoscere il vostro parere, visto che è anche il mio primo tentativo^^
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In cuor mio sapevo di stare mentendo, a Zevran, a Alistair... a me stessa prima di tutto.

Sapevo che in un piccolo, remoto angolo della mia anima albergavano ancora tutta la mia rabbia e la mia angoscia, imprigionate in se stesse, soffocate da un'impossibile volontà, mascherate dal bisogno di una finzione improbabile...

Sapevo che presto avrebbero rotto i cancelli della loro gabbia e mi avrebbero travolto, dilaniandomi e torturandomi...

Lo sapevo con la stessa sicurezza che mi spingeva ad ignorarle.

E faceva male. Faceva paura.

Eppure fingevo, ancora una volta, sempre con maggior successo. Perché se prima ero riuscita a ingannare gli altri, adesso sentivo che persino la mia ragione aveva iniziato a cedere il passo ad un'illusoria follia, creando intorno al mio animo una quiete pericolosa e allettante, inutile quanto fugace.

Ma non aveva importanza. Non rischiavo di perdere la realtà. Sarebbe stata essa stessa a venirmi a cercare, più presto di quanto avrei voluto, con prepotenza e rabbia, feroce per esser stata messa da parte, impietosa nella sua vendetta verso chi, tanto deliberatamente, aveva deciso di farsene beffe, anche se solo per un attimo.

Le luci del campo erano abbaglianti, nel loro flebile fulgore. La voce melodiosa di Leliana mi ruotava intorno, senza sfiorarmi e senza darmi via di fuga.

Indossando un abito meraviglioso e non mio, vestivo la parte di quanto non ero mai stata, godendo della bellezza fugace del mio esser donna a lungo ignorato, giocando a fare la sposa per non pensare a quale sarebbe stato, presto, il mio unico, freddo letto di nozze.

Gli sguardi di tutti erano su di me, curiosi, perplessi, rasserenati, nel loro timore, da quella parentesi di inaspettata festa.

E io sorridevo, con sguardo limpido e aria sicura.

E mi sentivo serena e fuori dal mondo, perché avevo scelto di vivere e la vita non può essere divisa con la morte.

Procedevo eretta e altera, ondeggiando appena i fianchi, con una pudica parvenza di sensualità.

Sarei vissuta in quell'attimo. L'avevo scelto, per me e quanti avevano creduto in me.

E vivere significa sorridere, anche quando avresti voglia di piangere.

Così sorridevo, osservando il mio amore... il mio ingenuo, odiato e adorato sposo, che si ergeva nobile e fiero, con aria sognante, alla fine di un breve corridoio creato per noi tra i soldati, mentre avanzavo veloce verso di lui e verso le nostre bugiarde, solenni promesse.

Sentivo le mie gambe tremare, ma mi convinsi che fosse l'emozione.

Sentivo il cuore battere troppo forte e troppo dolorosamente, ma giurai a me stessa fosse la contentezza...

E ancora sorrisi, credendo in quell'ostentato stiracchiarsi delle mie labbra.

E mi sentii felice, dimenticando me stessa.

Quando la mano di Alistair si strinse con forza sulla mia, giurai che il calore di quel contatto sarebbe bastato a dissipare le ombre di quell'ultima notte che mi era stata concessa.

Così mi persi nei suoi occhi e mi abbeverai nel suo amore, ricacciando il dolore che minacciava di travolgermi, per l'ennesima, disperata volta.

Alistair mi si strinse al fianco, più vicino di quanto imponesse l'etichetta, ma conscio di quanto sarebbe stato assurdo rispettare inutili regole degli uomini, in un momento che niente aveva di umano.

L'avevo odiato, e amato anche nell'odio, quando avevo creduto mi avesse abbandonata alla morte.

L'avevo odiato, e ammirato anche nell'odio, quando aveva scelto l'onore al posto dell'amore per me.

Ma adesso eravamo vicini, sospesi sull'abisso di un destino cui non potevamo sottrarci e che ci avrebbe inghiottito entrambi, cancellando i nostri voti, con l'avvento dell'alba, dividendo le nostre mani congiunte tra la vita e la morte, con la verità del mondo.

Aveva scelto di gettarsi nell'abisso per salvarmi, senza pensare che non avrebbe mai potuto trovare la mia vita nella sua morte...

Eppure, su una cosa non avevo mentito... e forse ero meschina e egoista nell'ammetterlo.

Il solo pensiero che fosse pronto a perdersi, per me, rendeva più leggero il mio viaggio verso la fine.

Mi stava mentendo e avrei dovuto infuriarmi, per l'inganno che aveva creduto di intessermi intorno...

Ma non avevo fiato per la rabbia, né tempo per l'indignazione.

Così rimaneva solo la dolce consapevolezza che mi aveva amato tanto, quanto io amavo lui...

E sorrisi, stringendo con più forza la sua mano, intrecciando le dita alle sue, avvertendo una remissiva serenità capace di portarmi fuori dal mondo.

  
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