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Autore: greenbird    01/04/2012    1 recensioni
FF ambientata durante il manga. Hisashi e Akiko sono amici d'infanzia. Ora che lui ha fatto pace con il basket, le cose tra loro potrebbero cambiare... La storia è raccontata dal punto di vista di Akiko e Hisashi.
E' la mia prima FF, i commenti (anche negativi) sono ben accetti!
Slam Dunk e i relativi personaggi sono copyright di Inoue Takehiko.
Io ho creato solo i personaggi originali.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hisashi Mitsui, Nuovo personaggio, Shinichi Maki
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2.

– Certo che Hisashi è migliorato molto!
– Atsuko! – rido, – ancora lì stai a pensare?! E' passata più di una settimana!
– Lo so! Ma non riesco a togliermelo dalla testa! Ce l'ho sempre davanti!
–  Ma non ti era passata per lui? – chiedo stupita.
Hisashi e Atsuko sono stati assieme per un po', nel periodo di poco successivo al suo abbandono del club di basket. Per Hisashi era un periodo di depressione, ma ancora non aveva incontrato Tetsuo né era diventato capobanda della scuola. La rissa con Miyagi che li portò entrambi in ospedale era ancora molto lontana. L'unica cosa che non ho mai capito è perché Hisashi, nonostante stesse con Atsuko, si confidasse sempre e comunque con me. Tra le due so meglio io come prenderlo.
–  Sì, beh, questo è quello che ho detto a lui e di cui ho cercato di convincere me stessa. Purtroppo però non è così…
Cavolo… chissà allora come c'è stata male nel vedere Hisashi diventare quello che è stato fino a poco tempo fa…
–  Sto pensando di ricominciare con lui… Forse stavolta va meglio, visto che ha fatto pace col basket… Che ne dici?
Che ne dico…? Boh! – Provaci… Potete cominciare pian piano da dove avete interrotto…
Atsuko annuisce. Forse non sa che Hisashi ha già qualche fan… Credo che dovrà lottare per lui più di quanto pensi…

Il telefono squilla e io vado a rispondere. – Hasegawa…
–  Buongiorno, sono Maki…
– Ciao! Sono Akiko!
–  Ciao! C'è per caso tua sorella?
–  No, è a casa di un'amica. La trovi al cellulare.
–  No, c'è la segreteria. Le avevo chiesto un libro in prestito…
–  Ah, sì, me l'ha detto. E' qui, puoi passare a prenderlo.
– Va bene…– dice, incerto.
–  Lo so che non sono Atsuko! – rido. – Se vuoi venire quando c'è lei, prova stasera dopo cena!
–  No, il libro mi serve prima… Va bene, dai, tra un'ora sono da te. Ciao.

Un'ora dopo Maki suona al campanello di casa. Apro e corro di nuovo in cucina. – Vieni pure! Scusa, ma ho l'acqua del tè sul fuoco!
Entra in cucina e mi saluta. – Vuoi? – chiedo. – Sono tè europei che ho avuto come campioni di prova. Quello alla fragola è spettacolare col miele!
–  Sì, grazie…
–  Siediti pure, lì c'è il libro.
Si siede e lo prende. – Ti serve per qualche compito? – chiedo.
Annuisce. – Come va il primo anno di liceo? Ti trovi bene?
–  Sì… Tanto, il primo anno è sempre il più difficile per tutti i tipi di scuole, credo.
–  Già. Però so che sei brava.
–  Eh, adesso, brava! – sorrido. – Me la cavo!
Tolgo la teiera dal fuoco e verso l'acqua nelle tazze, poi prendo le bustine e le immergo. Vado ad uno dei pensili e prendo il miele. Maki si concentra a giocherellare col laccetto della bustina.
– Perché non sei venuta anche tu al Kainan? – chiede, alzando gli occhi su di me.
–  Ah… beh… Non so, non ci ho mai pensato a frequentare il Kainan. Credo che ho scelto lo Shohoku da quando Hisashi… Mitsui, intendo… ha cominciato a frequentarlo… A parte che non credo avrei passato il test d'ingresso… Non ho voti alti…
–  Potevi provarci…
–  Più che altro, volevo continuare a stare vicino ad Hisashi nel suo periodo “no”… Adesso che però si è ripreso, sono contenta di poter fare il tifo per lui! Miele?
–  Sì, grazie, – ne prende un po' e immerge il cucchiaino nel tè. – Però volevo vederle, le sorelle Hasegawa, insieme…
–  Io sono praticamente cresciuta con Hisashi e per tenergli testa sono dovuta diventare come lui! – spiego. – Atsuko, invece, è sempre stata molto più rilassata, riflessiva…
Annuisce, e beviamo entrambi un po' di tè. Mi sembra molto diverso dal ragazzo che è sul campo da basket… –  Atsuko ti piace da matti, eh?
Alza gli occhi su di me, inarcando un sopracciglio. Chi te l'ha detto? sembra chiedere. Sorrido.
– Si vede, – dico. – E sai una cosa? Tifo per te. Secondo me, sei adatto a lei.
–  E' da un pezzo che le chiedo un appuntamento, e ancora nulla, – dice. – Ma non mollo.
–  Perfetto! – esclamo. – E' così che funziona con Atsuko! Secondo me, stai adottando la strategia giusta, con lei.
–  Cioè?
–  Beh, quando Hisashi è attratto da una ragazza che però da quell'orecchio non ci sente, la prende come una sfida, ovviamente, e tanto la sfinisce invitandola fuori che lei alla fine cede.
Maki annuisce, e posa una mano sotto il mento. – Ce lo vedo! – ridacchia.
–  Al contrario, per come mi sembri tu nella vita di tutti i giorni, penso che non prendi la ragazza per sfinimento, ma è come se, volta per volta, le dessi un motivo per dire “Beh, perché no? Proviamoci”. Ti dico, è solo una mia impressione. Magari mi sbaglio.
Mi guarda, in silenzio, con un'espressione interessata. – Splendida teoria! – dice infine.
–  Grazie! Conoscendola, tu vai meglio.
–  Meglio del ragazzo cui è interessata?
Stavolta sono io a chiedermi “Chi te l'ha detto?!”, ed è lui a sorridere. – Si vede! – dice. Atsuko!! Santo cielo, almeno nascondilo a Maki!
–  E' un suo ex, – spiego, evitando di fare il suo nome. – Ma lui da quell'orecchio… nulla.
Beh, Akiko… Questo è da vedere… Non sai cosa risponderà lui ad un suo invito… Anche se ad essere sincera credo che di possibilità ne ha pochine… – Per cui, – continuo, – tu hai campo libero. Spetta a te farle dimenticare il tipo. In fondo, sono ex da un bel pezzo.
Annuisce. – Per favore, – sorrido, – fa' del tuo meglio. Voglio vederla felice.
–  Lui non la farebbe felice?
–  Sono diversi. Si sono lasciati tempo fa… Le cose sono cambiate, almeno per lui, nel frattempo. Lei adesso sta tornando sui suoi passi più che altro per cercare di vedere se ha qualche possibilità di riprendere da dove si erano interrotti, secondo me.
–  E ne ha?
–  No, assolutamente. Anche se non ti sembra, tu ne hai di più.
Annuisce, e finisce il tè. Poco dopo si alza. – E' stato un piacere parlare con te, Hasegawa.
–  L'onore è stato il mio di parlare col grande Maki! – sorrido. – Se ti servo, ma non credo, sai dove trovarmi.

Anche se ho abbandonato la mia vita da teppista, mi sono tagliato i capelli e soprattutto sono tornado al basket, mia madre e mio padre sono sempre sull'allerta. E' come se non si fidassero completamente di me, ancora. Da una parte, la cosa mi fa male, dall'altra ho fiducia di poter dimostrare loro che non sono lo stesso Hisashi degli ultimi due anni. Se torno a casa tardi è per via degli allenamenti, non torno più coperto di ferite, sono più rilassato. Spero che vedano il mio impegno. Comunque, i genitori di Akiko l'hanno visto e finché non farò pace con i miei, i suoi saranno degli eccellenti vice-genitori. Stasera però ho la possibilità di mostrare ai miei genitori che sto cambiando e che possono fidarsi di me. Mio padre ha invitato alcuni colleghi per cena, per festeggiare la riuscita di un lavoro di gruppo che ha portato alla firma di un importante contratto. Mia madre ha coinvolto me, mio padre e le donne Hasegawa per pulire a fondo la casa. Non mi sono sottratto e anzi, sto cercando di svolgere al meglio i compiti che mia madre mi ha assegnato. Sono fortunato perché è una cena di lavoro, per cui se non voglio stare qui, Akiko sarà a casa e posso fare come al solito… mi rifugerò da lei!
–  Hisashi, tu e Atsuko potete andare a comprare le ultime cose su questa lista? – chiede mia madre.
Che scatole! – Mamma, mi hai appena messo a pulire i vetri, già devo smettere?!
–  E' roba pesante, Atsuko non ce la fa da sola!
E ti pareva? Mio padre è già stato spedito altrove, per cui resto l'unico uomo. Sbuffo e scendo dalla scala. Mi asciugo le mani e cerco Atsuko. Anche lei è impegnata a pulire i vetri, solo che a lei sono toccati quelli della cucina. – Andiamo, Atsuko? – chiedo. Non aspetto la risposta, vado a mettere le scarpe e la aspetto fuori. Lei arriva poco dopo e ci incamminiamo. Mi sento un po' a disagio a stare con Atsuko, anche perché dopo che abbiamo rotto non siamo stati più negli stessi rapporti di prima. Lei ci stava male, io avevo altro per la testa e comunque il punto di riferimento della mia vita, in quel momento, era Akiko.
–  Come va col basket? Ci hai fatto pace? – chiede lei, rompendo il silenzio.
– Sì… sì, va bene, grazie. E a te, la scuola?
–  Bene, bene…
Che conversazione! Brillante, non c'è che dire…
–  Pensavo – riprende lei – che se non eri troppo impegnato potevamo uscire, uno di questi giorni… Niente di che, solo per fare due parole dopo tanto tempo!
–  Sì, perché no? – rispondo. Ad essere sincero non so quanto “nulla di che” ci sia in questa proposta, ma un'uscita tra amici si può sempre fare. E poi magari anche lei adesso si sente in imbarazzo… Facciamo la spesa e torniamo a casa. In realtà gli acquisti non erano così pesanti… Oddio, non è che mia madre adesso sta provando a farmi rimettere con Atsuko?! Diceva sempre che era un peccato che ci eravamo lasciati… Spero per lei di no! E' la volta buona che fuggo di casa! Comunque io e Atsuko imbastiamo una specie di conversazione che continua fin dentro casa. Vedo Akiko che ci getta un'occhiata, un sopracciglio inarcato. Poi sposta lo sguardo sulla sorella, scuote leggermente la testa e torna alle sue faccende.

Stasera c'è la festa dai Mitsui; i primi ospiti sono già arrivati. Sono contenta che il padre di Hisashi abbia invitato i colleghi a casa sua. Negli ultimi due anni non hanno avuto molti ospiti. Una volta ho sentito per caso la mamma di Hisashi che diceva alla mia che avevano paura di invitare gente a casa perché non sapevano mai se Hisashi sarebbe tornato a casa in condizioni critiche e avesse quindi avuto bisogno di loro. Oppure avrebbe potuto dare in escandescenze e avrebbero fatto una figuraccia con gli ospiti. Per cui preferivano essere ospiti che ospitare. Mi è dispiaciuto sentire quelle parole, ma posso immaginare che cosa possono aver passato i genitori di Hisashi in questi ultimi due anni. Apro l'armadio e controllo se c'è il futon. Sì, c'è tutto, anche i pantaloncini e la maglia che Hisashi lascia di scorta qui. Certo che è strano… Io avrei sempre detto che Atsuko e Hisashi, essendo coetanei, sarebbero diventati migliori amici, e io sarei stata la terza che avrebbe cercato di farsi strada tra loro. Invece è praticamente il contrario… Ogni tanto mi chiedo cosa ci ha trovato Hisashi in me, tanto da diventarmi così amico… Poi mi dico che l'amicizia è, in certi casi, qualcosa su cui non indagare, ma da accogliere semplicemente per come viene… e questo è uno di quei casi.
E' mezzanotte e mezza, ho lasciato la luce sul comodino accesa. E' il nostro segnale, significa “Ti sto aspettando, se serve vieni pure”. Lo usiamo in casi di emergenza, come questa sera. Ho anche lasciato la finestra socchiusa. Accanto al mio letto, per terra, è steso il futon e sopra i vestiti di Hisashi. Se dovesse arrivare mentre io dormo troverà tutto pronto. Quando Hisashi era un teppista a mia madre questa cosa non andava molto. Adesso, se stasera venisse, non avrei problemi a farlo girare per casa, domattina, ma all'epoca sì. Così Hisashi veniva in camera mia, dormiva, e la mattina presto tornava nella sua stanza. Avevo anche ideato un segnale per la madre, per non farla preoccupare: se una delle tende della mia camera non era tirata, lui era da me. Probabilmente mia madre temeva che lui una sera si portasse uno dei suoi amici che potevano darmi fastidio, ma Hisashi si è limitato a tornare a casa mia ubriaco. Quello era uno dei casi in cui restavamo a parlare per ore, e Hisashi si apriva quasi completamente. Poi alla fine non si ubriacava nemmeno più, ma ha continuato a venire da me quando stava male dentro.
Mi sveglio di soprassalto. Ah, è Hisashi… Che ora è…? L'una e un quarto… devo essermi addormentata. Ha messo i pantaloncini e si sta infilando la maglietta.
–  Sei tu… – dico sottovoce, poggiandomi sul braccio.
Si gira. – Scusa, ho fatto casino, – sorride. Scuoto la testa. – Di sotto si stanno dando alla pazza gioia e non riesco a dormire. Non è da me, ma stavolta è così. Sarà che sono contento di vedere che i miei sono tornati quello che erano, più o meno.
Sorrido, e appoggio di nuovo la testa sul cuscino. Si avvicina e mi accarezza i capelli, poi la guancia.
–  Dormi bene, tesoro, – e il suo bacio sulla fronte sono l'ultima cosa che sento.

  
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