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Autore: Eldur    07/04/2012    5 recensioni
James Potter era un bel ragazzo alto, per di più Cercatore di Grifondoro. Ma Lily sapeva anche che era soprattutto un irresponsabile, un prepotente. Se ne andava in giro per il castello tronfio e pieno di sé, avendo la cura di non rispettare le regole di Hogwarts.
Nessuno sarebbe mai riuscita a convincerla. Mai. James Potter non avrebbe conquistato il suo cuore.

STORIA REVISIONATA E CONCLUSA.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Mary MacDonald, Nuovo personaggio, Regulus Black | Coppie: James/Lily, Remus/Sirius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Capitolo 19: Compleanno, ricordi e lieto fine


Il suo letto nel dormitorio non le era mai sembrato così scomodo. Forse era la tristezza, o il fatto che il letto alla sua destra fosse vuoto da una settimana, ormai.
Le dicevano tutti di dimenticare, di non pensarci, di ricordarla così com’era in vita. Inutile dire che non poteva.
Il suo corpo indifeso la terrorizzava. Era sempre stata così coraggiosa, mai pronta a lasciarsi andare, a non combattere.
La guerra cancellava tutto questo. Rendeva vani gli sforzi di chiunque.
Il funerale del giorno dopo la battaglia era stato semplice e sobrio e la cerimonia si era svolta senza corpi. I genitori di Kate e dell’altro ragazzo erano arrivati al castello solo per recuperare i loro figli e i loro effetti e portarli a casa. Dopo aver parlato con Silente nessuno li aveva più visti.
Lily e Mary conoscevano da molto tempo i genitori di Kate e nessuno più di loro aveva notato le espressioni spente dei due così diverse da quelle del solito. Nella vita di tutti i giorni si poteva subito capire da chi Kate avesse preso il suo carattere solare e giocoso. Ora era rimasta solo un’ombra di quell’antica felicità.
Lily non parlava più con nessuno. Si ritirava presto nel suo dormitorio e partecipava solo alle lezioni. L’ultima persona con cui aveva parlato era stata James: si vergognava per essersi lasciata andare ancora un volta con lui, piangendo sul suo petto mentre lui la abbracciava e la consolava.
Ogni tanto, nei lunghi silenzi che popolavano le sue giornate, pensava a quello che avrebbe voluto Kate. Non avrebbe voluto che si lasciasse andare così, ne era certa, ma era inevitabile.
Si alzò controvoglia dal suo letto e si avvicinò alla finestra del dormitorio accanto al letto di Dorcas. Lì, acciambellato, c’era James, il suo gattino nero. Appena la vide fece le fusa e le si arrampicò in grembo.
Lily aprì la finestra e si sedette sul davanzale, mentre la brezza le accarezzava il viso. Era ancora gennaio, ma quel giorno non era freddo come il resto dei giorni invernali e c’era il sole, anche se non riscaldava molto.
Una delle sue due migliori amiche non c’era più. Faticava ancora a crederlo. Ogni giorno si guardava intorno, aspettando che Kate la rallegrasse con la sua presenza e le sue solite battute. Invece non poteva. Non avrebbe mai più potuto parlarle, non avrebbe più passato le vacanze con lei, non avrebbe più riso con lei e non avrebbe più potuto confessarle i suoi problemi o i suoi segreti.
Ora, non poteva fare altro che assistere impotente alla perdita.
Per lei avrebbe dovuto essere un giorno speciale quel sabato 30 gennaio, ma non trovava la forza di aprire la porta del dormitorio e affrontare le facce dei Grifondoro che le auguravano un buon compleanno. Avrebbe dovuto fingere. Fare grossi sorrisi non le riusciva bene, visto che potevano solo sembrare smorfie.
I suoi le avevano mandato un grosso gufo che portava un pacchetto incartato e un biglietto. Non aveva ancora avuto il coraggio di aprirlo.
Gli altri regali erano invece accatastati ai piedi del suo letto. Non aveva voglia di aprire neanche quelli, ma prima o poi l’avrebbe dovuto fare. Mary era distrutta quanto lei -come tutte le ragazze del settimo anno di Grifondoro- ma non le avrebbe mai permesso di passare il giorno del suo compleanno nello sconforto più totale.
Come se le avesse letto nel pensiero, Mary entrò appoggiando la porta. Prima guardò circospetta i pacchetti e poi si rivolse a lei con un’espressione davvero poco amichevole.
Anche lei era molto pallida, ma ultimamente cominciava a riprendere un po’ di colore.
“Ti decidi ad aprire quei pacchetti?”, le chiese, avvicinandosi. Lily fece spallucce.
“Sono sicura che se lo farai, poi ti sentirai meglio”, disse, raddolcendo la voce per rassicurarla. Lily scosse ancora una volta le spalle.
“Non so se ci sarà ancora qualcosa che mi farà sentire meglio”, rispose, parlando per la prima volta dopo tanti giorni. Gli occhi di Mary diventarono lucidi, ma solo per un momento così breve che Lily pensò di esserselo immaginata. Mentre la guardava negli occhi, il viso di Mary rispecchiò improvvisamente una forte determinazione.
“Smettila di fare l’incompresa e reagisci. Come pensi che mi senta io mentre tu mi abbandoni? Non dovremo invece superare il dolore insieme? Da vere amiche?”, chiese, sedendosi su un letto vicino alla finestra. “Ti prego, Lily. Fai qualcosa di diverso dal startene tutto il giorno chiusa in una stanza. Vorrei farlo anche io, ma so che Kate non approverebbe. Noi due la conosciamo bene”.
Lily si mosse inquieta sul davanzale: Mary aveva ragione. Conoscendo Kate, non avrebbe voluto che le sue due migliori amiche si abbandonassero allo sconforto.
“E poi… lei vive in noi”, sorrise Mary, mentre una delle lacrime che aveva trattenuto fino a quel momento le strisciò una guancia.
Lily si alzò e la abbracciò più forte che poté. Poco dopo iniziarono a piangere tutte due, godendo l’una del conforto dell’altra.

*

Bussò con reverenza sulla porta dello studio del Preside. Era vero che proprio lui l’aveva mandato a chiamare, ma questo non lo aiutava affatto a sentirsi meno fuori posto.
La serratura scattò da sola e la porta si aprì. Sirius entrò e se la chiuse alle spalle. Alcuni oggetti argentei sbuffavano e tintinnavano, come se si lamentassero di essere stati disturbati.
Sirius mosse ancora qualche passo avanti e si ritrovò improvvisamente Silente di fronte. Un Silente alquanto sorridente.
“Black, sei arrivato”, lo accolse, mettendogli una mano sulla spalla e accompagnandolo alla scrivania in fondo alla stanza. Lo fece sedere di fronte a lui e lo scrutò in silenzio, con un guizzo dei suoi occhi azzurri dietro alle lenti a mezzaluna.
Poi il suo sorriso scomparve, lasciando il posto a un’espressione perplessa, come se avesse visto qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
Fece un gran sospiro. “Ti ho chiamato per chiederti come stavi. Avrei voluto parlare anche con la signorina Evans, ma sono sicuro che non avrebbe retto. E’ troppo presto per lei, come anche per la signorina McDonald”.
Sirius rimase in silenzio.
“In quanto a te”, aggiunse il Preside ”vedo che ti stai preoccupando il doppio di loro. La tua inquietudine riguarda le due facce di una stessa medaglia. Mi sbaglio?”.
Sirius non aveva idea di come facesse a sapere che era stato Regulus a uccidere Kate e neanche che era tormentato dalla morte della sua ex-ragazza quanto dal fratello assassino che non era riuscito a salvare dall’influenza della sua famiglia. Ma forse non intendeva niente di tutto questo. Se Silente avesse saputo di Regulus, sicuramente l’avrebbe espulso, o no?
“No, signore, non si sbaglia”, ammise a malincuore. “Ma spero che non succeda niente di grave per questo… avvenimento”.
Silente scosse la testa. “Che intendi? Non ho idea di cosa tu stia parlando, Black”. Poi sorrise e cominciò a canticchiare uno strano motivetto. Salì le scale -probabilmente verso la sua stanza da letto- e sparì.
Sirius guardò sorpreso la porta che si era chiusa dopo Silente. Era come se il Preside si fosse improvvisamente dimenticato perché stessero parlando. C’era chi diceva che era rimbambito, ma Sirius non pensava che avessero ragione. Forse lo stava solo avvertendo che nessun altro avrebbe dovuto sapere di Regulus.
Si accorse poco dopo che non era solo: Fanny, la fenice di Silente, lo guardava con occhi acquosi da un trespolo vicino a un armadio. Sirius si alzò dalla sedia e si avvicinò lentamente. Mentre contemplava quell’uccello magnifico dalle penne di fuoco, all’improvviso l’armadio di aprì, spaventandolo. Fece un salto indietro dalla paura, tirando fuori la bacchetta, pronto ad attaccare, ma si accorse che nessuno voleva ucciderlo e che l’armadio conteneva solo un basso bacile di pietra. Qualunque cosa ci fosse all’interno, emanava sfumature argentee e biancastre.
Sirius si avvicinò e capì subito di cosa si trattava: era un Pensatoio. Con quell’oggetto qualunque persona poteva travasare i suoi pensieri e ricordi all’interno, riviverli o nasconderli a chi non avrebbe dovuto vederli. Aveva trovato quelle spiegazioni in uno degli orribili libri che si trovavano a casa dei suoi genitori. Si ricordava quanto era rimasto traumatizzato, quel pomeriggio di dieci anni prima, per aver guardato ogni libro e ogni oggetto che apparteneva alla sua famiglia. Anche allora cercava delle prove per capire se i suoi fossero dalla giusta parte.
Gli venne subito in mente un’idea. Si guardò attorno, chiedendosi se Silente avrebbe voluto che guardasse i suoi ricordi all’interno di quell’oggetto magico. Ma cos’altro aveva da perdere ormai?
Si portò la bacchetta a un tempia ed estrasse i suoi due ricordi più belli con Regulus e Kate. Avvicinò la testa al bacile e vide comparire la sua vecchia stanza al numero 12 di Grimmauld Place.
Si tuffò e… atterrò in piedi sul pavimento.
Il giovane Sirius di otto anni di fronte a lui era seduto a terra e giocava con un modellino di una scopa volante giocattolo.
La porta si aprì ed entrò suo fratello. Aveva ancora i capelli lunghi e mossi come i suoi. Sirius si ricordò quando Regulus volle farseli tagliare per non assomigliare più a lui e questo gli diede un altro colpo al cuore.
“A che giochi?”, chiese il piccolo Regulus, avvicinandosi e sedendosi di fronte al fratello.
“A niente che possa interessarti”, rispose freddamente Sirius, recuperando la miniatura del manico di scopa e guardandolo male. Il sorriso di Regulus sparì immediatamente.
“Sirius, mi dispiace di aver detto alla mamma che hai rotto quel cofanetto di famiglia e hai strappato alcune pagine di una delle copie di Nobiltà di Natura: Genealogia Magica!”, esclamò. “Non volevo farlo ma lei mi ha costretto! E se non le avessi detto tutto, mi avrebbe fatto del male!”, singhiozzò.
Il piccolo Sirius sospirò. “In questo modo è stata lei a fare male a me”, rispose. Si toccò la schiena, come per ricordarsi dove fossero le conseguenze della sua disobbedienza, e sussultò dal dolore. Erano passati tre giorni e i lividi si facevano sempre più dolorosi.
“Mi dispiace, Sirius”, gemette ancora Regulus, sciogliendosi in lacrime. “Non lo farò mai più. Anzi, la prossima volta prenderò la tua punizione su di me”.
Sirius alzò lo sguardo e lo guardò negli occhi. Quella frase fuori luogo per un bambino di sette anni l’aveva riscosso. “Mi dispiace se ti ho evitato e ti ho risposto male per tutto questo tempo. Scusami”, disse, cogliendo il fratello di sorpresa. “Io sono il fratello maggiore e devo prendermi le mie responsabilità. La prossima volta non nasconderò niente così la mamma non ti chiederà cose che riguardano me”.
Regulus rimase in silenzio. Sirius si avvicinò e lo abbracciò.
Quando si staccarono, il piccolo Regulus si asciugò le lacrime e tirò fuori da una tasca un altro modellino di scopa. Aprì la mano e lo lasciò volare per la stanza.
Sirius sorrise e fece volare anche il suo.
Il Sirius in piedi continuò a guardare quel ricordo fino a quando i due bambini non smisero di giocare per andare a cena. Kreacher, l’elfo domestico, era entrato e aveva rovinato tutta quell’atmosfera.
Come al solito, si disse Felpato, asciugandosi l’unica lacrima che non era riuscito a trattenere.
Il ricordo si affievolì e la stanza si divise in tante piccole gocce che formarono un cielo stellato come quello della Sala Grande e un pavimento di pietra. Era la Stanza delle Necessità.
Quella era la sera della vittoria di Grifondoro nella partita di Quidditch con i Serpeverde del 29 ottobre. Mentre Sirius aspettava che qualcuno aprisse la porta, si preparò a quello che avrebbe visto.
Proprio in quel momento Kate e Sirius entrarono nella stanza baciandosi. Quando lei alzò gli occhi al soffitto, rimase senza parole.
“O mio Dio, Sirius…”, sussurrò, “non può essere vero”. Sirius sorrise.
“Beh, mia cara, dipende tutto da come la vedi tu”, disse, cominciando a sogghignare con la sua risata simile a un latrato. Kate sorrise a sua volta e scosse la testa, disapprovando le parole provocatorie di Black.
Camminò verso il centro della stanza e poi si sedette, probabilmente desiderando qualche libro da leggere, perché apparvero in una pila ordinata alla sua destra.
“Che diamine…”, disse, sussultando. Sirius rise ancora di più.
“Stavo pensando di dire che sarebbe stato bello avere qualcosa da leggere in questo posto e prima che lo avessi detto, sono apparsi qui i miei libi preferiti!”, spiegò, analizzando i titoli sul dorso.
All’improvviso si alzò e raggiunse Sirius. Cominciò a prenderlo a pugni giocosi, sottolineando una parola ad ogni colpo. “Ora-mi-dici-che-cosa-succede-in-questa-stanza!”.
“Va bene, va bene!”, esclamò Sirius sorridendo, cercando di ripararsi. Kate si fermò, gli stampò un bacio sulla bocca e incrociò le braccia, aspettando la spiegazione.
“Questa si chiama la “Stanza delle Necessità” o “Stanza Va-e-Vieni”. L’abbiamo scoperta io e i Malandrini girando per il castello… di notte”, concluse, perplesso, cercando di non rivelare niente su Remus. Avevano scoperto quella stanza, infatti, quando le prime volte che erano insieme durante la luna piena, Remus si era azzannato da solo e perdeva troppo sangue per poterlo portare da Madama Chips.
“Non c'è bisogno di fare quella faccia. Lo sapevo già che uscivate di notte per andare nelle cucine e per girare nel castello”, rise Kate, senza sapere di cosa si stava realmente preoccupando Sirius. “Comunque, vai avanti”, lo spronò, facendolo accomodare con lei a sinistra della pila di libri.
“Insomma… se hai bisogno di qualcosa, basta che lo pensi ardentemente e passi tre volte avanti e indietro davanti a quel muro. La porta appare e se la chiudi, nessuno può entrare con te, a meno che non sappia cosa hai desiderato”.
“Non male”, commentò la ragazza sbadigliando, aprendo un libro e cominciando a leggere. Si poggiò alle ginocchia del ragazzo e rimasero in quella posizione a lungo.
Solo in seguito Sirius si accorse che Kate si era addormentata. Si avvicinò di più e la strinse tra le braccia.
Mentre dormiva sembrava non avesse alcun pensiero. La sua espressione mostrava tutta la sua felicità nello stare finalmente con lui.
Anche questo ricordo cominciò ad affievolirsi, ma stavolta Sirius si ritrovò nello studio di Silente, da dove era partito tutto. Si asciugò le numerose lacrime che gli avevano bagnato le guance e ringraziò il Preside, anche se non era sicuro che potesse sentirlo. Diede anche una carezza alla fenice e poi chiuse la porta, attraversando il castello diretto alla Stanza delle Necessità.

*

Finalmente, grazie all’aiuto di Mary e delle altre era riuscita ad aprire i regali di compleanno. I suoi le avevano regalato un bel bracciale con il suo nome. Sul biglietto c’era scritto che per lei, quel giorno, era davvero importante e che le volevano bene. Ovviamente la firma di Petunia non c’era.
Mary le aveva regalato un bel libro intitolato Ampolle e Pozioni, Alice un altro che aveva impresso sul dorso Magie Difensive. Le due avevano perfettamente inquadrato le sue vere passioni.
Quando qualcuno entrò dalla porta, stava scartando il regalo di Dorcas. Era affannato, portava un manico di scopa nella mano ed era… James Potter.
Le altre quattro ragazze si mimetizzarono con la carta da parati, ridacchiando.
“James! Che ci fai qui?”, chiese Lily, sorpresa. James sorrise.
“Non volevo perdermi lo scivolo del dormitorio delle ragazze”, commentò sarcastico.
Lily alzò un sopracciglio. “Non dovresti esserne fiero, sai. Questa è violazione della privacy”. James ridacchiò.
“Ti ho portato un regalo”, disse porgendole il pacchetto. La carta era del colore dell’arcobaleno e la ragazza rimase incantata dalle sfumature. Pensò che forse aveva qualcosa a che fare con il suo umore. James voleva rallegrarla? Voleva farle capire di tornare in se stessa? D’altronde lui c’era già passato e capiva…
“Su, aprilo. Spero che ti piaccia, perché ne ho dovuto discutere anche con i tuoi”, disse, lasciando Lily senza parole.
“Cosa? Hai parlato con i miei genitori? Perché?”, chiese sconvolta. James ammiccò.
“Lo scoprirai presto”.
Lily sentiva che con James al suo fianco sarebbe potuta tornare presto alla vita. La sua personalità giocosa, non più immatura come un tempo, le stava rapidamente tirando su il morale, come non era riuscito a fare nessun altro.
Scartò il regalo e rimase meravigliata dal suo contenuto. Era un braccialetto simile a quello che le avevano regalato i suoi, ma impresso non c’era il suo nome. Era quello di James.
Contemplò il regalo per due minuti buoni, cercando di carpirne il significato.
“Ovviamente è da amico…”, cercò di dire James, preoccupato, ma subito Lily lo interruppe prendendolo per un braccio e trascinandolo fuori dal dormitorio. Le altre ragazze si guardarono stupite.
Lo trascinò fino al parco, sotto una grande quercia.
Erano tutti e due affannati, lei con il pacchetto ancora stretto in mano e lui con il manico di scopa.
“Lily?”, la chiamò lui, sperando che non gli facesse una ramanzina.
“Va bene, lo dirò. Adesso”, dichiarò lei all’improvviso, illogicamente. James la guardò confuso.
“Cosa?”, chiese, temendo una risposta tagliente in arrivo.
Lily prese un respiro profondo. Non poteva crederci: stava per dirlo.
Le parole le uscirono così, senza che avesse pensato a una dichiarazione migliore.
“Non ho bisogno di una stupida scommessa per capire che mi sono innamorata di te”.
James sorrise come non aveva mai fatto e le allacciò il braccialetto al polso, vicino all’altro.
“Neanche io”, disse lui. “Ho capito di essermi innamorato di te più o meno quest’anno e non è stato affatto facile”. Lily annuì.
“L’ho sempre saputo che non eri realmente innamorato di me e che cercavi solo un appoggio. Quest’anno si è subito visto che eri cambiato”, spiegò, arrossendo.
Il cuore di Lily batteva all’impazzata, tanto che aveva paura che James lo sentisse. Finalmente aveva capito tutto su James e lui tutto su di lei.
James sembrava frastornato, come se non riuscisse a credere a quello che era appena successo.
Lui si avvicinò lentamente, le infilò una mano tra i capelli fiammanti profumati e scrutò i suoi bei occhi verdi.
La baciò.
Qualcosa all’interno di Lily si sciolse. Non aveva mai provato un’emozione così.
“Comunque ho vinto io”, dichiarò lui quando si staccarono. Il sorriso di Lily lasciò il posto a un’espressione che non prometteva niente di buono.
Lo schiaffo sulla spalla di James arrivò subito dopo, ma lui se l’era aspettato.
“Stai zitto, Potter”, disse. Ma poi si tradì ridacchiando.
I due si presero per mano e si incamminarono verso il castello. 








Angolo dell'autrice:

Ta-daaaa, finalmente Lily e James si sono baciati!
Potete perdonarmi il ritardo nell'aggiornare con questa scena ?? ç_ç Spero di sì!

La nostra storia comincia a volgere al termine.
Spero che vi sia piaciuto il capitolo! :3
Grazie a chi mi segue in silenzio e a chi recensisce. Senza di voi non sarei mai arrivata a qusto punto.
A presto!

PS. Buona Pasqua a tutti! :3
   
 
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