Capitolo 2
La sfida che
ci troviamo davanti
Il
risveglio è quel
momento che ti sorprende dopo il sonno, quel momento in
cui si ritorna allo stato di piena
conoscenza. Perché
poi io avrei dovuto
riprendermi da quell’ annullamento senza dolore in cui ero
sprofondata? Che
motivo avevo di tornare in una realtà che
non volevo affrontare?
Eppure sentii una presenza
attirarmi come una
calamita e trascinarmi, mio malgrado, fuori dall’acqua
dell’incoscienza. Una
presenza indistinta e allo stesso tempo tangibile. Un po’
alla volta tornai a
percepire il mio corpo, il materasso su cui ero adagiata e le parenti
della
stanza in cui mi trovavo, probabilmente quella di Leah. Dovevo essere
stata
portata lì da mio padre dopo che, sfinita dalle lacrime, mi
ero addormentata fra
le sue braccia.
Aprii
gli occhi cautamente
e il mio cuore, già messo a dura prova da quella terribile
giornata, perse un
paio di battiti.
Seduto
ai piedi del letto,
in tutta la sua imponente stazza, Jacob.
Jake
con sulle labbra il
sorriso solare e i segni della barba incolta; Jake con i capelli un
po’ più
lunghi e la sua presenza calda; Jake…semplicemente il mio
Jake. Da quanto tempo
non lo vedevo?
Mi
precipitai fra le sue
braccia aperte, che aspettavano solo di accogliermi, e gli
caddì quasi addosso.
Le gambe rimaste intrecciate nel groviglio delle lenzuola. Non mi
importava.
Strinsi le mie mani sulle sue spalle forti che sembravano poter reggere
tutto
il peso del mondo. Strofinai il naso contro il suo petto assaporando di
nuovo
il suo odore di legno e muschio. Mi era mancato. Mi erano mancati tutti
i
dettagli di lui.
“Jake.”
Mi alzò il viso,
portando due dita sotto il mio mento.
“Bells.”
La sua voce roca.
Un sussurro appena.
“Sei
tornato.”
I
nostri sguardi si cercarono,
si pretesero e infine si trovarono. Cioccolato e pece. Dove iniziavo
io? Dove
finiva lui? Non mi importava. Ripresi a piangere con la consapevolezza
di non
essere più sola.
La
sua guancia bollente
posata sui miei capelli. Mi feci avvolgere completamente dal suo
abbraccio,
cercando nel suo calore familiare un modo per contenere la voragine che
di
nuovo era nata dentro di me. Mi aggrappai a lui per non cadere in
pezzi. Ma
sarebbe stato sufficiente? Sarebbe stato in grado di salvarmi ancora?
Perché
questo nuovo dolore
aveva cancellato tutto il resto, e tutte le sofferenze della vita mi
apparivano
ora come piccoli spilli in un oceano statico d’ angoscia.
“Ti sei svegliata,
tesoro.”
Sentii
la voce di mio
padre, roca più del solito, provenire dalla porta. Voltai la
testa verso di lui
senza abbandonare il mio rifugio caldo. Lo osservai: la sofferenza era
tangibile anche sul suo viso. Pensai per un istante a cosa provasse
lui, quali
pensieri affollassero la sua mente nel percepire il mio strazio, quali
parole
avrebbe voluto usare per rincuorarmi.
Avrebbe voluto, molto probabilmente, farsi carico del mio
dolore così
come, ne ero sicura, avrebbero voluto fare anche Jake ed Edward.
Sussultai
quando la mia mente formulò il suo nome. Ero lì,
stretta fra le braccia del suo
nemico mortale ed era dove volevo stare. Era forse perché
lui poteva capire il
dolore di perdere una madre o più semplicemente
perché da troppo tempo
desideravo tornare a percepire il suo calore sulla mia pelle?
E
mio padre? Che ne
pensava lui nel vedermi così abbandonata fra le braccia del
figlio del suo
migliore amico invece che fra quelle del mio fidanzato? Ma in fondo la
sua
preferenza per Jacob era sempre stata evidente, non si scompose,
limitandosi ad
osservarci: “Ho richiamato Phil, c’è un
aereo prenotato per stasera, se te la
senti.”
A
quelle parole aumentai
la presa sulla mano di Jacob già intrecciata saldamente alla
mia. Assentii con
la testa, passandomi la mano libera sul viso.
“Devo
andare a casa a
prendere qualche cambio e devo chiamare Edward.”
Mio
padre annuì appena
prima di uscire dalla stanza, lasciandoci di nuovo da soli. Jake mi
aiutò ad
alzarmi dal letto, prese una ciocca dei miei capelli e se
l’avvolse fra le dita
prima di andarla a sistemare dietro il mio orecchio.
“Ce
la farai, Bells… hai
tuo padre, hai Edward e
- sentii la sua
voce cercare di nascondere il dolore nel pronunciare quel nome - se lo vorrai ci
sarò anche io.”
“Non
dire idiozie, Jake.
Come potrei pensare di affrontare tutto questo senza di te?- continuai
sussurrando
appena - vieni con me. Ti prego.”
Mi
ritrovai nella mia
auto, seduta al posto del passeggero con la volante della polizia che
ci
seguiva a poca distanza. Appoggiai la fronte contro il vetro freddo del
finestrino, chiusi gli occhi mentre il resto del mio corpo assorbiva il
calore
di Jake. Guidava in silenzio con la mano che, posata sul cambio,
sfiorava
appena il mio ginocchio.
Trovai
Edward ad
aspettarmi seduto sul portico di casa. Scesi dall’ auto,
mentre Jake e Charlie
posteggiarono.
Mi venne incontro, bloccando
il mio viso fra
le sue mani e lasciando che le nostre labbra si sfiorassero appena.
Cercai di
sorridere, ma ne uscii solo una smorfia.
“Devo
partire… vorrei che
venissi con me, ma so che non è possibile.”
“Amore,
potrei…”
“No,
non potresti. C’è
sempre il sole in Florida, Edward. Non è come
l’ultima volta, il funerale…”
La mia voce si
spezzò e una lacrima scese
sulla mia guancia. Edward la raccolse con il pollice, prima di baciare
la scia
salata che aveva lasciato sul mio viso.
“Mi
sento così inutile,
Bella. Dovrei fare di più per te.”
“Sarai
qui al mio ritorno,
Edward. Avrò bisogno di te. Avrò sempre bisogno
di te.” Cercai di bloccare i
suoi sensi di colpa stringendolo in un abbraccio. Lo vidi volgere il
suo
sguardo a Jake che se ne stava, con le mani in tasca, appoggiato
all’auto di
mio padre. Si guardarono intensamente,
impegnati in una conversazione percepibile solo per loro.
I due nemici
atavici che stringevano una tregua per me. Fu Edward a distogliere per
primo lo
sguardo tornando a posarlo su di me. Mi prese per mano incamminandosi
dentro
casa.
“Ti
aiuto con la valigia.”
disse solamente.
Il
sole della Florida era
accecante, ma io non lo percepivo. L’unica cosa che sembrava
potermi riscaldare
era la presenza di Jake immobile dietro di me come un angelo custode.
Il mio
angelo.
Sedevo
su una piccola
sedia di legno nero e sentivo la sua mano stringermi la spalla. Intorno
a me
tanta, troppa gente. Tutti accorsi per dare l’ultimo saluto a
mia madre.
La
mia folle, avventata, e
allo stesso tempo saggia madre. La persona che mi aveva donato la vita
e che mi
aveva amato incondizionatamente. Accanto a me, Phil stringeva il pugno
contro
la gamba della sedia, le nocche quasi bianche. Mio padre sedeva
all’altro mio
lato con un espressione impercettibile sul viso, cercando di
confrontarmi con
la sua mano nella mia. Ma quando la bara iniziò a calare nel
terreno, non
riuscii a guardare oltre; mi alzai di scatto riparandomi fra le braccia
di
Jake. Nascosi il viso contro il suo petto, concentrandomi sui battiti
del suo
cuore, cercando un modo per sfuggire allo strazio che mi dilaniava
l’anima. Mi
aggrappai a lui, lui che da sempre era il mio porto sicuro. Cercai
ossigeno per
non soffocare, cercai luce per non restare al buio, cercai il mio sole
per
avere calore, cercai la sua mano per farmi accompagnare attraverso i
labirinti
della sofferenza.
NOTE
AUTRICE
Prima
di tutto voglio augurare
a tutti Buona pasqua , quante uova state mangiando?
Questa
settimana insieme
alla storie trovate due bellissimi banner il primo è quello
di classificazione
al contest e per questo devo ringraziare jakefan
e Lea__91
Il
secondo è uno splendido
ed inaspettato regalo di xxx_Strange_xxx grazie mille
tesoro .
A
proposito di strange
state leggendo la sua incedibile
No?
E che cosa state
aspettando? Grazie a aniasolary per
aver betato il capitolo.
Il
prossimo
aggiornamento venerdì
20 aprile.
Ancora
auguri.
Noemi.