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Autore: Morgana    13/04/2012    3 recensioni
Il primo giorno che era approdato nella sua casa nel West End per poco non si era tostato una mano; la prima volta che era squillato il telefono, lo aveva distrutto con un Avada Kedavra e quando aveva, per sbaglio, acceso il televisore, sedendosi sopra il telecomando, era riuscito a trasformarlo in un piccione che enunciava l’ultima estrazione del lotto. D’altronde, non era mai stato bravo in Trasfigurazione.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Over and over

 

 

 

 

 

 

 

 

A chi mi ha consigliato di giocare a Hidden Chronicles:

sappi che la mia vita sociale è morta.

 

 

 

 

 

 

 

 

«Rivedersi era come rinascere.»

Farewell, Francesco Guccini

 

 

 

 

 

 

 

 

La luce del sole autunnale penetrava fra le coltri di foglie ingiallite; illuminava le panchine scrostate dal susseguirsi delle stagioni e faceva socchiudere le palpebre alle persone che avevano deciso di passare un po’ di tempo ai Kensington Gardens. Una di queste era distesa su una panchina e, a occhi chiusi, cercava di arginare i rumori che aveva intorno: bambini che gridavano, donne che parlottavano, lo scalpitare dei più volenterosi che avevano deciso di fare un po’ di jogging, nonostante l’aria fredda.

Si stiracchiò e sbuffò.

Londra Babbana, una casa in un quartiere tranquillo e solo riposo! Gli avevano detto. Ma sapeva benissimo che gli Auror, pur di tenerlo fuori dai casini, lo avrebbero mandato anche in America. Draco era una fonte di informazioni troppo importante. Qualsiasi Mangiamorte avrebbe voluto ucciderlo, ma, lì, fra i Babbani, era ben mascherato. Ovviamente il Manor era stato sequestrato; gli Auror lo ispezionavano da mesi, ormai, convinti che ci fosse qualche indizio importante su dove potessero nascondersi gli altri Mangiamorte.

Il primo giorno che era approdato nella sua casa nel West End per poco non si era tostato una mano; la prima volta che era squillato il telefono, lo aveva distrutto con un Avada Kedavra e quando aveva, per sbaglio, acceso il televisore, sedendosi sopra il telecomando, era riuscito a trasformarlo in un piccione che enunciava l’ultima estrazione del lotto. D’altronde, non era mai stato bravo in Trasfigurazione.

Due giorni dopo, il Ministero si era degnato di mandare Harry Potter in persona a spiegargli che qualsiasi affare Babbano fosse presente in quella casa non doveva essere toccato.

Draco Malfoy si era sentito  in dovere di replicare che, se fosse stato per lui, non avrebbe nemmeno respirato aria Babbana. A quel punto, il Salvatore del Mondo Magico gli aveva chiesto se preferisse rimanere chiuso in una cella ad Azkaban in attesa di capire quanto fosse coinvolto nella Guerra Magica. Forse il silenzio era stata una risposta piuttosto eloquente, dato che Potter non aveva insistito.

Da quel giorno, Draco viveva nel West End, in mezzo ai Babbani. Sapeva che qualcuno lo controllava, due Auror, forse, ma era abbastanza tranquillo; lui non importunava i Babbani, gli Auror lo lasciavano in pace. Ogni martedì, sulla soglia di casa, trovava la spesa per tutta la settimana.

Le cose funzionavano così da due mesi.

Quel giorno gli era arrivata una lettera – consegnata da un postino! - da parte di Schaklebolt.  Egli gli comunicava che, purtroppo, i due Auror che avevano il compito di aiutarlo – ora si diceva così… - erano stati richiesti per una missione della massima importanza… leggasi: recuperare l’ennesimo Mangiamorte sfuggito a Potter il Grande. E che, quindi, sarebbero stati rimpiazzati.

Si era arrovellato tutta la mattina, domandosi chi avrebbero mandato per occuparsi di lui.

Troppi Auror erano impegnati nella caccia dei Mangiamorte rimasti in libertà e così buona parte della popolazione civile, desiderosa di rendersi utile nella lotta contro i seguaci dell'Oscuro Signore. Le alternative erano poche, gli venivano in mente nomi improbabili di gente che forse, dopo tutto quel tempo, era già morta e sepolta… forse qualcuno dell’Ordine della Fenice. D’altronde, lui se ne era andato da Hogwarts appena dopo la fine della guerra, e quando gli Auror erano piombati nel Manor, li avevano presi tutti – lui e i suoi genitori - e rinchiusi in una cella ad Azkaban in attesa di sapere cosa avrebbe serbato loro il futuro. La faccenda era finita abbastanza velocemente; suo padre condannato al Bacio del Dissennatore, mentre sua madre, tenuta sotto torchio per due misere ore di interrogatorio, era stata dichiarata colpevole, una decina d’anni ad Azkaban e tanti saluti. Infine lui, Draco, aveva ottenuto l'assoluzione in cambio della propria collaborazione, perché era un'arma utile, che il Ministero avrebbe potuto utilizzare contro i Mangiamorte: ci era voluto un po’ per far capire al Ministro che nessun seguace dell’Oscuro avrebbe chiesto indietro Draco offrendo in cambio informazioni. Quindi gli avevano chiesto se conoscesse il nascondiglio di qualche Mangiamorte e a lui era venuta in mente solo la Villa dei Nott.

Due giorni dopo, un Mangiamorte l’aveva quasi ucciso. Così era cominciata quella messinscena nella Londra Babbana. Draco ancora non aveva ancora capito il vero motivo per cui lo tenevano lì, ma sicuramente non poteva essere nulla di importante… o almeno nulla di importante per la sua sicurezza.

Si mise a sedere e tolse i frammenti di foglia che si erano posati sui suoi capelli chiari; osservò un bambino che si era fermato davanti alla statua di Peter Pan1 - sì, sembrava strano anche a lui quel nome - e la fissava, rapito. Non era la prima volta che Draco osservava uno spettacolo del genere; non aveva capito cosa ci trovassero: era solo la statua di un bambino, con un nome orrendo e socialmente imbarazzante.

Quando tirò una folata di vento e gli venne la pelle d’oca, Draco decise di tornare a casa.

Fece il giro largo dei Giardini, per godere un altro po’ di quel sole autunnale, poi raggiunse un’uscita e la imboccò.

Il tragitto fino a casa era breve. Il piccolo appartamento che gli era stato assegnato non era nemmeno la metà della casa in cui era cresciuto: le pareti erano color panna e c’erano pochi mobili, lo stretto necessario per vivere.

Quando arrivò davanti alla struttura in mattoni rossi, si accorse della figura femminile seduta sugli scalini di fronte alla porta di legno scuro.

La ragazza cercava invano di scostarsi i capelli ricci dal volto, resi particolarmente ribelli dal vento; indossava un lungo cappotto nero e stivali in pelle sintetica. Draco si avvicinò a lei e la osservò per qualche secondo, poi domandò:

- Tu, Granger?          

 

§

 

- Malfoy, ti ho già detto che non è stata una mia decisione - ribatté Hermione.

La discussione ormai andava avanti da quasi un’ora. Tra tutti, come avevano potuto mandargli lei? Cioè, non era con Potter e Lenticchia? Non era a salvare qualche Elfo Domestico? Maledizione! Era convinto che non l’avrebbe più vista, dopo la guerra, e invece eccola lì, con quello sguardo fiero che non l’abbandonava mai.

- So che preferiresti avere un Purosangue, ma…

- Non è per quello - borbottò Draco.

- Prego? - Hermione spostò di poco la sedia su cui era seduta. Lui era in piedi e camminava su e giù per il salottino.

- Non è per quello, Granger.

Lei alzò scettica le sopracciglia. – E allora, illuminami, per cosa?

- È… - non balbettò, i Malfoy non balbettavano. – Sei una donna e, uhm, non sei addestrata…

Hermione fece una smorfia ironica e si alzò dalla sedia – È perché sono una Mudblood, Malfoy, non fare l’altruista, non è da te.

Draco imprecò a voce alta. – Granger, sei la solita ottusa.

- E tu il solito razzista, è bello vedere che le persone non cambiano, vero?

A quel punto, il ragazzo le lanciò un’occhiata truce e non ribatté.

Hermione raccolse una copia della “Gazzetta del Profeta” che era a terra e la posò sul ripiano.

- Malfoy, non ti farò la spesa una volta a settimana e non ti pedinerò con discrezione. Andremo insieme ovunque, anche al mercato. E non fare quella faccia, la cosa non fa piacere nemmeno a me, ma, come hai detto tu, visto che non sono addestrata come un Auror, sarò la tua balia.

Avevo sorriso pronunciando l’ultima parola, sapeva quanto tutto ciò urtasse i nervi del ragazzo.

- Mi rimboccherai anche le coperte?

- Preferirei consegnarmi ai Mangiamorte. Per la nostra gioia, starò con te un paio di settimane. La tua scorta tornerà prima del previsto. Dormirò al piano di sopra.

- Al piano di sopra si ghiaccia - osservò Draco.

- Provvederò a riscaldare l’ambiente con qualche incantesimo - disse e portò il suo borsone al piano di sopra.

 

§

 

- Granger, che stai facendo?

- Spolvero, non lo vedi?

- Nella mia camera? Che diamine… sei qui da qualche ora e già combini danni.

- Non credo di aver ben capito.

- … Non è che sia una novità.

 

§

 

Il giorno dopo, Draco fu costretto a uscire di casa alle sette. Non si svegliava mai a quell’ora, neppure per andare in bagno.

Sì lavò con movimenti rallentati dal sonno e, quando scese per fare colazione, vide Hermione già vestita e all’opera in cucina. Il caffè era in una caraffa, il latte in un’altra. Hermione sporta in avanti a rovistare fra gli scaffali della credenza, imprecava, spostando le varie confezioni di cereali.

-Giorno - borbottò Draco, palesandosi vicino a lei.

Lei sobbalzò e la sua mano, istintivamente, corse alla bacchetta.

- Non mi hai sentito entrare? Sei pessima come balia.

- Malfoy…

- Sì?

- Malfoy, vorresti spiegarmi perché nella tua credenza ci sono solo e soltanto cereali?

- Uhm, di solito li mangio…

Hermione sbatté l’anta così forte che essa ritornò indietro. – Malfoy! Campi di cereali? Non hai altro da mangiare! – esclamò.

- Gli Auror mi avevano abbandonato, Granger - mormorò lui. – Non avevo altro di cui vivere… puoi farmene una colpa?

Lei assottigliò le palpebre e arricciò le labbra. –Ti facevano la spesa una volta a settimana! Per caso gli hai chiesto di comprarti solo cereali? – domandò, incredula.

- Ehm… sì, ma sono l’unico cibo decente che mi davano. Cioè, mi prendevano le cipolle, l’insalata, il pollo crudo, la pasta da cuocere e altra roba con cui non sarei mai sopravvissuto! - spiegò.

Draco fu quasi certo di vedere la mandibola della Granger schiantarsi al suolo.

- Sei un… - iniziò lei. – Un… un…

- Continua, ti prego. Sei deliziosa quando balbetti.

- Un borioso stronzo buono a nulla! - concluse.

- Ehi! - iniziò lui, ma Hermione fu lesta a interromperlo.

- Andremo a fare la spesa – dichiarò. – Mangia i tuoi amati cereali e vestiti, il mercato è aperto già da un pezzo!

 

 

Hermione pagò e ringraziò il fruttivendolo. Prese la busta con le mele, ma Draco gliela strappò via dalle dita, brontolando, e si diresse verso il primo banco che vide.

La ragazza sospirò e si mise dietro l’orecchio la ciocca che le era sfuggita dalla coda. Quando aveva ricevuto la lettera dal Ministero, per poco non era scoppiata a ridere, convinta che quello fosse uno scherzo di pessimo gusto. Purtroppo, qualche ora più tardi, il Ministro le aveva dato la conferma del suo incarico. Quando lo aveva comunicato a Harry, lui si era soffocato con la Burrobirra che stava bevendo. Per fortuna, l’incarico sarebbe durato solo due settimane. Nemmeno il tempo di ambientarsi.

Credeva che Draco Malfoy non le avrebbe reso facile la convivenza ma, fino a quel momento, lui era stato una sorpresa. Si era lamentato solo quando era entrata nella sua camera; per il resto, si comportava come se lei fosse una semplice conoscente; certo, non le aveva risparmiato una buona dose di sarcasmo, ma era sempre meglio che essere insultata costantemente, cosa che, doveva ammetterlo, si era aspettata.

- Granger, ti vuoi muovere? – la richiamò Draco, a qualche passo da lei.

Hermione si riscosse e, alzando il mento, si diresse verso lui.

- Cos’altro dobbiamo prendere? – domandò Draco.

Lei sbuffò. – Verdura, pesce, spezie, formaggio… - iniziò, ma Draco la interruppe: - Sì, sì, va bene. Ci aspetta una fantastica mattinata a fare la spesa, ho capito.

- Malfoy, non è colpa mia se nessuno si è degnato di insegnarti che non sarai sempre servito e riverito…

Lui fece una smorfia. – I piani erano questi, prima che condannassero la mia famiglia, Granger.

- Be’, non è che fossero proprio innocenti…

- Tu sai quello che la gente mormora, Granger. La verità te la sogni.

- Io so quello che ho visto, Malfoy.

- Se ti dovessi giudicare in base a quello che vedo… - si interruppe quasi subito.

- No, infatti, mi hai giudicata per ben altro, ma, ti prego, illuminami anche su quello che vedi – sbottò, inviperita.

Aveva sperato che la guerra lo avesse cambiato e invece non era così: Draco era rimasto sempre lo stesso.

Per quanto tempo Hermione aveva combattuto contro quei pregiudizi? Aveva addirittura preso le difese degli Elfi Domestici perché sapeva cosa volesse dire sentirti diversi, inferiori. Le armi non le erano mancate: era stata la studentessa più brillante del suo anno, ma c’era sempre qualcosa che la penalizzava. E pensare che ora la gente credeva che fosse raccomandata, che il lavoro al Ministero glielo avessero regalato perché era stata al fianco di Harry Potter per anni.

- Non era quello che volevo dire.

- Mmh, invece io penso di sì, ma ne è passata di acqua sotto i ponti. Quello che pensi mi importa meno di zero. Ora, per cortesia, possiamo finire di fare la spesa? – non attese la risposta, si allontanò da lui, diretta verso il banco della verdura.

Draco la seguì, digrignando i denti. Maledizione, lei, per prima, aveva accusato ingiustamente la sua famiglia; lui aveva solo voluto ribattere, per dimostrarle che si sbagliava, ma era riuscito a rovinare tutto. Come al solito, l’aveva insultata; volente o nolente, qualsiasi cosa dicesse, agli occhi di tutti – agli occhi di lei – era un insulto alla sua persona.

Si avvicinò a Hermione e la osservò mentre, con aria critica, sceglieva quali pomodori prendere.

- Mi dia quelli più verdi – disse, infine.

 

 

Dopo quasi un’ora, finirono di fare la spesa; carichi di sacchetti, si avviarono ai Giardini e, superato un gruppo di bambini che giocava, Hermione si fermò di fronte alla statua di Peter Pan.

- Era da tanto che non passavo di qui – constatò, con voce mesta.

Draco non poté evitare di domandarle:

- Sai chi è?

La ragazza si voltò verso di lui, sorpresa dalla domanda, ma, dopo qualche istante, mascherò lo sgomento con l’espressione imbronciata di prima.

- Peter Pan.

- So ancora leggere, con buona pace di molti.

- È il personaggio di un libro per bambini – spiegò lei. – La storia narra di lui che vive in un’isola, l’Isola che non c’è, insieme ad altri bambini che, come lui, si sono rifiutati di crescere.

Draco soppesò l’informazione, poi, con tono incolore, domandò:

- E quell’esserino lì? – disse, indicando quella che somigliava a una ragazza minuscola, munita di un paio d’ali.

- È la fatina amica di Peter Pan; lui, grazie alla sua polvere magica e ai pensieri felici, riesce a volare – disse Hermione e lo guardò, aspettando una sua reazione. Draco non la deluse.

- Polvere magica e pensieri felici?

- Ah-ha.

Lui ci pensò su ancora qualche istante. – Babbanidisse, qualche secondo dopo, liquidando la questione.

 

§

 

- Granger, che cos’è quel… coso?

- Pollo.

- Ha lo stesso odore di Potter dopo una partita di Quidditch.

- Ed è unto allo stesso modo!

 

§

 

La mattina seguente, Hermione uscì dall’appartamento alle nove e intimò a Draco di rimanere a casa e non uscire per nessun motivo. La dimora era intrisa di incantesimi che lo avrebbero protetto.

Lui ribatté che, dopo la cena del giorno prima, non sarebbe stato capace nemmeno di rotolare fuori dall’appartamento.

Lei, in risposta, sbatté forte la porta.

Draco approfittò dell’assenza della ragazza, salì nella sua stanza, e rimase sorpreso di non trovare nessun incantesimo a sigillare l’uscio. Entrò con cautela, osservando attentamente lo spazio circostante.

Il borsone era ancora mezzo pieno. Sopra il comò giacevano una spazzola – che non usava, era abbastanza certo di questo; i suoi capelli erano ingarbugliati anche per delle setole di legno – un libro e una sciarpa. Il letto era intatto, a terra non c’era nulla, tranne un pezzo di carta, che Draco non considerò; osservò, invece, le due cornici che occupavano la superficie del comodino accanto al letto.

La prima foto ritraeva Hermione con Harry Potter e Ron Weasley: di sicuro era stata scattata dopo la fine della Guerra. I loro volti erano sereni e tutti e tre sorridevano felici. Nell’altra c’erano Hermione e altre due persone che Draco identificò come i suoi genitori: la donna era la copia esatta di Hermione mentre l’uomo aveva trasmesso alla figlia lo stesso sorriso a metà bocca.

Chissà se i genitori della Granger sapevano dove si trovasse in quel momento la loro figlia.

Draco si riscosse dai suoi pensieri e decise di uscire da quella stanza. La ragazza gli aveva detto che sarebbe stata di ritorno abbastanza presto, quindi non voleva farsi trovare lì, a frugare fra le sue cose.

Tornò in soggiorno e accese il televisore, l'apparecchio era sintonizzato su un programma che parlava di come curare un furetto ferito. Draco fece una smorfia e cambiò canale, come gli aveva insegnato Potter. Tornò indietro di due o tre canali. Hermione, però, tornò prima che lui potesse interessarsi al contenuto della trasmissione.

- Granger, hai fatto presto – constatò lui.

Lei non gli rispose e lo osservò. – Dovrei scattarti una foto – disse, qualche secondo dopo.

- Prego?

- Il rampollo dei Malfoy con un telecomando in mano, mentre guarda… - Hermione si voltò verso la televisione e per poco non scoppiò a ridere. – Ero incinta e non lo sapevo!

Draco guardò, agghiacciato, lo schermo e, appena vide una donna con in braccio un bimbo, si affrettò a cambiare canale.

- Stavo facendo, ehm, zamping – spiegò.

- Zapping – lo corresse, ghignando.

- Sì, quello – borbottò. Purtroppo non si era appuntato tutte le parole che Harry Potter gli aveva detto… a dire la verità, non le aveva nemmeno ascoltate tutte.

Hermione lasciò la borsa vicino all’ingresso e si avviò in cucina, tra le mani teneva un libro voluminoso.

Draco spense il televisore e si affrettò a seguirla, sbirciando il titolo del volume che Hermione aveva appena posato sul tavolo.

- Cucinare non è mai stato così semplice? – domandò, guardandola.

Lei arrossì e si schiarì la voce. – Sì, ehm, ti sei lamentato che non so cucinare e, insomma, mmh, è vero, per cui…

- Oh.

- Già.

- Be’, nemmeno Hermione Granger sa fare tutto. Insomma, cucinare. Non te ne faccio una colpa, sai, c’è chi mi ha dato dello stronzo, borioso e buono a nulla perché non cucinavo, ti capisco – la scimmiottò.

- Io almeno ci provo.

- Il risultato è sempre lo stesso, anzi, se devo essere sincero, almeno il mio, di risultato, non rischia di uccidermi.

- Non esagerare – borbottò lei. – Era solo un po’…

- Velenoso? Ad alto contenuto cancerogeno? Concime per piante?

Lei alzò gli occhi al cielo. – Come sei drammatico. Ho mangiato di peggio.

- E io di meglio, ma non puoi punirmi in quel modo. È crudele.

Hermione sorrise, tamburellando le dita sulla copertina in cartone del libro.

- Va bene – disse, alla fine. – Mi impegnerò per farti mangiare qualcosa di commestibile, ma, sia chiaro, lo faccio per non sentirti più lamentare che il mio cibo ti procurerà eccessi di grasso o problemi al fegato.

- Grazie, Salazar – mormorò Draco.

 

§

 

- Granger, nella ricetta c’è scritto due manciate di sale. Tu ne hai messo tipo mezzo barattolo – notò Draco.

Hermione si asciugò le mani sul grembiule che indossava. – A me piace la roba salata, Malfoy. Se il tuo palato non gradisce, be’, me ne farò una ragione.

- Credo che tutto il resto del genere umano non gradisca. Weasley non ti dice niente sulle tue dosi di sale o ubbidisce come al solito? - Draco buttò lì la domanda, senza nemmeno accorgersi di aver nominato Lenticchia.

Hermione, però, se ne accorse e si lasciò scivolare dalle mani il cucchiaio di legno con cui stava mescolando la pasta. I suoi occhi si appannarono per un attimo. Hermione raccolse il cucchiaio da terra e lo sciacquò.

Fino a qualche secondo prima, la ragazza canticchiava una canzone delle Sorelle Stravagarie, mentre Draco leggeva distrattamente il volume di Pozioni del settimo anno. Ora, invece, si era zittita e fissava, senza vederla, la schiuma nella pentola in ebollizione

Draco cercò di capire perché lei avesse reagito così nel sentir nominare Weasley. Per quel che si ricordava, dopo la fine della Guerra e poco prima che lui entrasse ad Azkaban, i due stavano ancora insieme.

Si schiarì la gola, ma lei non si voltò né diede segno di averlo sentito: continuava a fissare con insistenza il contenuto della pentola.

- Granger?

 Hermione non rispose.

- Granger? – Draco alzò il tono della voce e lei sobbalzò.

- Sì? – domandò.

- La pasta.

- Ah, certo – mormorò lei e spense il fornello.

Prima di riuscire a prendere la pentola, le presine le scivolarono dalle mani due volte. Alla fine Draco si alzò e, dopo averle tolto dalle mani i pezzi di stoffa, scolò la pasta e la divise in due porzioni, poi aggiunse due cucchiai di sugo, come c’era scritto nel libro.

Quando ebbe preparato i piatti, si girò verso di lei e notò che si era seduta, con le mani in grembo.

- Allora, Granger, finita la trance? – le domandò, portando il cibo a tavola.

- Mmh? – lo guardò Hermione.

Draco sbuffò e spinse il piatto più vicino a lei. – Niente. Mangia.

 

§

 

 

Note:

1-    Peter Pan Statue

La os, ovviamente, non è finita  qui. Era troppo lunga, quindi ho deciso di dividerla in due parti. Massimo dieci giorni (spero che arrivi in molto meno, visto che è già finita!) posterò la seconda parte. Nel frattempo, spero che l’inizio vi sia piaciuto.

 

 

 

   
 
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