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Autore: Elos    14/04/2012    6 recensioni
La guerra è finita. Mentre il Mondo Magico cerca di rimettersi in piedi dopo cinque anni di battaglie e morti, i sopravvissuti sono lasciati a convivere con il peso di tutte le cose che sono andate irrimediabilmente perdute.
Da Londra ad Hogwarts, ha inizio un viaggio attraverso lo spazio e la memoria per rimettere insieme i pezzi di una storia d'amore mai iniziata.
Prima classificata all'[Auror Contest]Rabbits on the run indetto da patronustrip.
Genere: Drammatico, Guerra, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger, Luna Lovegood, Ron Weasley, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VI libro alternativo
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- Questa storia fa parte della serie 'Undici giorni verso Hogwarts' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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9. wishing well
04.07
10:15:27 P.M.


And, in the end,
you begin again.
It’s the way of all things

Your body’s like a wishing well of a million diamonds
Her bones to dust bursting in to a million diamonds

And you’ll carry on,
‘cause, in the end,
it’s the way of all things.

It will be beautiful



Non bastarono le barriere secolari poste a protezione di Hogwarts a fermarlo: Harry tenne la sua destinazione bene in mente e, dopo un istante di orribile compressione che gli tolse il fiato, gli alberi alti della Foresta Proibita apparvero davanti a lui, il profilo grande e maestoso di Hogwarts a delinearsi contro il cielo notturno.
Finiva così il suo viaggio, pensò Harry, fermandosi a riprendere fiato dopo quella colossale Smaterializzazione, finiva così: con una sacca sulle spalle, all'ombra di una scuola dove erano stati bambini insieme, lui, Hermione e Ron, sulle rive di un lago dove erano diventati adolescenti, adulti, gli uni al fianco dell'altra. Lì, al confine della Foresta Proibita, gli alberi sembravano stendere sopra alla pietra bianca del Memoriale un tetto di fronde scure. Avevano cominciato a seppellirci sotto le persone, nei primi giorni della guerra, ma poi i caduti erano diventati troppi, riportarli tutti ad Hogwarts – l'unico posto in tutta l'Inghilterra dove sembrava che i Mangiamorte non riuscissero ad entrare senza venire ostacolati – troppo complicato.
Il Memoriale era un circolo di grezze rocce bianche alte quanto un uomo. Quattro pietre, una per ciascuna delle Case di Hogwarts, disposte a cerchio attorno ad una quinta che ne era cuore; e, sulla superficie quest'ultima, il disegno stilizzato di una fenice ad ali aperte – perché Silente era stato il professore di tutti loro, a tutti loro aveva insegnato qualcosa, perché la McGranitt non avrebbe voluto altro simbolo sulle tombe dell'Ordine, perché Harry ricordava che Silente aveva parlato della morte come di un'avventura, solo di un'avventura, l'ultima e la più grande. Niente che andasse temuto.
Il Memoriale era la tomba di Hermione più di quanto non lo fosse la bara sepolta a Kensal Green, perché era per quel posto che si erano battuti, tutti loro, per ciò che quel posto rappresentava, ed era per quel posto che Hermione era sotto la terra scura, ora, sotto al cielo di lavanda fiorita. Era lì che Harry l'aveva conosciuta. Lì che era stato più felice, con lei, accanto a lei, nei suoi giorni di vita vera.
Il viaggio di Hermione finiva davanti al Memoriale: non ci sarebbe mai più stata nessuna fila di ombre a camminargli accanto, Harry quello poteva capirlo anche senza bisogno di un manuale di istruzioni per la Pietra della Resurrezione a spiegarglielo, e la lontra bianchissima – che forse lui aveva semplicemente sognato – era apparsa un'ultima volta solamente per lui.
Le ossa di Hermione sotto la terra scura, sotto alla lavanda fiorita, polvere alla polvere più preziosa di una distesa di diamanti, ed Harry avrebbe desiderato poterla portare qui a riposare, qui accanto al lago, alla Foresta, qui all'ombra della scuola.
Avrebbe desiderato potersi sdraiare al suo fianco, ma, se il viaggio di Hermione era appena terminato, il suo già stava ricominciando. Era così che doveva andare.
Le ossa di Hermione sotto alla terra scura, il suo ricordo più prezioso della pietra filosofale, migliaia e migliaia di minuscole memorie che aprivano ai piedi di Harry una strada di sogni infranti: come una polla di aspettative, c'era il pensiero di tutte le cose che Hermione avrebbe potuto, o voluto, fare, e che non avrebbe mai fatto, ma Harry era vivo per lei, era vivo perché lei l'aveva salvato, e tutti quei desideri cadevano in lui come monete lanciate in un pozzo.
“E' morto,” disse Harry al Memoriale. “Ho fatto quel che dovevo, Hermione, e Voldemort è morto.”
E poi, perché gli sembrava una cosa un po' misera da dire – nulla che Hermione avrebbe veramente approvato – andò avanti:
“Grazie per avermi salvato.” Ricordava che Luna l'aveva già detto, questo, il giorno del funerale: ma per Harry era stato troppo presto, allora, per riuscire ad accettare che era giunto il momento di salutare Hermione. Gli era occorso un po' più che a tutti gli altri per realizzare che era morta davvero. Che non sarebbe tornata. “Voglio che tu sappia che ti sono grato davvero per questo. Che vivrò. Che cercherò di avere una buona vita. Davvero.
Voglio che tu sappia che, se fossimo usciti vivi entrambi dalla guerra, forse non te l'avrei detto mai, ma avrei continuato ad amarti. Sempre. Ti avrei sempre amata. Voglio che tu sappia che mi dispiace non avertelo detto prima, anche: ma l'ho capito da poco, e troppo tardi. Voglio che tu lo sappia lo stesso. Voglio che tu sappia che non ti dimenticherò mai. So che sarai sempre con me, così.”
Sentì la sua stessa voce strozzarsi sulle ultime parole non ebbe bisogno di toccarsi le guance per sapere di averle bagnate. Gli sembrò che il grumo nero dentro di lui si rannicchiasse in un angolo, davanti a quelle lacrime, e lo lasciasse a riprendere fiato per la prima volta da settimane: era lì, era buio, era un potere che aveva portato il male e l'orrore. Era la sua anima divisa in due, tutto quel che restava di Voldemort, ma se Harry riusciva a piangere... se tutto il suo dolore smetteva di essere malato e sporco, Dio, anche il grumo sembrava farsi meno presente.
“Voglio che... voglio che tu sappia che mi dispiace per non averti detto del... dell'Horcrux dentro di me, quando potevo farlo, di non averti detto che credevo che morire fosse la cosa giusta da fare. Per voi. Per salvarvi. Avresti cercato di fermarmi e non l'avrei sopportato, ma almeno avresti saputo che non... che non avevamo perso. Che pensavo che avremmo vinto, alla fine. Che sareste vissuti.
Mi dispiace non averti detto tutto quel che potevo dirti, raccontarti tutto quel che potevo raccontarti, quando potevo farlo. Se potessi tornare indietro ti direi ogni singola cosa.”
Dovette fermarsi per soffiarsi il naso: parlare con le vie respiratorie intasate di moccio, scoprì, non giovava per niente alla voce e rendeva estremamente faticoso respirare. Non fece niente per asciugarsi il viso, perché era una bella sensazione, le lacrime sulla pelle che si facevano come dita di fuoco freddo ogni volta che il vento le accarezzava. Hogwarts sullo sfondo era come un secondo cielo in terra, ogni finestra una luce, i portoni d'ingresso una luna spalancata – perché nessuno li aveva ancora chiusi, dopo la fine della guerra.
“Stammi sempre vicina, Hermione, per favore,” le disse. Suonava tanto come un addio. “Resta sempre con me.”
Toccò la pietra centrale del Memoriale e poi puntò la bacchetta a terra, e non ebbe bisogno di incantesimi perché la sua magia risuonasse, tutta, il grumo nero e il potere con il quale era nato e la luminosa, raggiante nuvola di luce che era il posto dal quale faceva emergere il suo Patronus, e come un coro di voci in perfetto accordo fluisse fuori dalla punta della bacchetta e gocciasse sul terreno.
Dal suolo emersero steli sottili che sbocciarono istantaneamente in una fioritura fuori stagione di minuscoli petali: l'odore di lavanda sbocciò intenso nell'aria fresca della sera, e alla luce del giorno i fiori avrebbero avuto una sfumatura di viola pallidissimo – il colore del cielo di Hogwarts, d'estate, quando l'anno scolastico stava per finire.
Tra gli steli affusolati faceva capolino a tratti il rosso dei papaveri delle Morfoot Hills.





Note del capitolo: La forma scelta per questo capitolo è la songfic (e forse non c'è bisogno di dire che i versi iniziali sono tratti dalla canzone di Rabbits on the Run dietro al capitolo stesso). L'immagine è tratta da... non ne ho sfortunatamente idea! x°D Ad ogni modo è una fotografia tratta da un fotogramma del film di Harry Potter... e credo che al regista e agli autori non gliene importi proprio niente se la pubblico in questa forma. Il brano è In The End, il brano di chiusura dell'album. Quando l'ho ascoltato la prima volta non mi è piaciuto affatto; ad un secondo ascolto, tuttavia, l'ho trovato così pieno di inquietante tristezza che non ho potuto non dedicargli questo capitolo in particolare.
Una curiosità: il wishing well è il pozzo dei desideri (quello dove getti una monetina e in cambio... non ricevi niente, ma questo è un altro discorso), ma può essere anche tradotto come desiderare bene o augurare il bene.

E ci si avvicina sempre più all'ultimissimo capitolo. Ho un mezzo progetto per riprendere, a maggio, l'idea delle domeniche buie: si tratterebbe di solo quattro storie, quest'anno, ed avrei forse un mezzo progetto riguardo a cosa scrivere... tuttavia, non so se per ragioni personali, motivazioni psicologiche o chissà quale altra ragione, al momento tutto quel che scrivo non mi piace. Per cui, il progetto rimane al momento solo questo: un progetto.

Un grazie a tutti voi che seguite questa storia e che vi fermate a lasciarmi un parere.
  
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