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Autore: Midnighter    15/04/2012    2 recensioni
Vi siete mai chiesti cosa sarebbe successo se le vostre scelte fossero state diverse? Se quel giorno aveste deciso di prendere, semplicemente, una direzione diversa?
La vita cambia in un attimo, è così che va il mondo, fa parte del gioco..
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"What if..?" "Cosa sarebbe successo se..?"

Quante volte ci poniamo questa domanda? Quante volte ci siamo ritrovati di fronte ad un bivio senza sapere quale strada intraprendere?

E' successo anche a me, in tante occasioni. Cosa sarebbe successo se quella mattina il contenuto di quella benedetta lettera fosse stato diverso?

Ma andiamo con ordine.. tutto ciò è successo qualche decennio fa. In un'altra vita, oserei dire. All'epoca ero solo un ragazzo, un giovane che non sperava più in una svolta. Ma non credevo minimamente che arrivasse in maniera tanto improvvisa. Sì, perché la vita cambia così velocemente che a volte non ce ne rendiamo nemmeno conto. A volte saliamo su questa stramba giostra senza nemmeno averlo chiesto.

 

 

Era un venerdì mattina e mi svegliai di soprassalto con le urla di mia madre nelle orecchie: "Leo! Leo! E' arrivata!"

Mi alzai controvoglia, prima di realizzare ciò che mia madre mi aveva appena detto. Era arrivata la lettera dal college, la quarta lettera che ricevevo e, dopo tre rifiuti, non sapevo più che pensare, cosa sperare. Il mondo mi era crollato addosso così tante volte che avevo quasi paura di credere in qualcosa col timore di farmi male di nuovo. Prima di aprire la porta di camera mia feci una promessa a me stesso: "Se anche questa università non mi accetta, cambio totalmente vita." Era un pensiero che mi balenava in testa già da giorni, da quando avevo spedito la mia ultima lettera d'ammissione.

Scesi le scale e mi ritrovai in cucina: mia madre preparava la colazione, mio padre leggeva il giornale.. e quella lettera, che racchiudeva il mio futuro, sul tavolo ad aspettarmi.

Sentivo uno strano groppo in gola, tutto era diventato più difficile dopo la promessa fatta pochi minuti prima.

Guardai i miei e presi coraggio. Sono stati sempre loro a darmi la forza di andare avanti, sono la mia roccia, il mio appiglio. Oltre, ovviamente, a mia sorella e al mio migliore amico.

Presi la lettera tra le mani e la aprii. La lessi. Sospirai. E, senza dire una sola parola, uscii di casa stringendo ancora tra le mani quella lettera. 

Decisi di rileggerla all'aria aperta senza che nessuno mi vedesse, senza insinuare false speranze nei miei genitori.

"Gentile Leonardo Locket, abbiamo preso in seria considerazione la sua lettera, ma.."

Questo finto tono cordiale non faceva altro che peggiorare le cose. La verità è più accettabile se la si presenta senza troppi fronzoli. Per la quarta volta l'esito non accennava a modificarsi: nemmeno quella università mi aveva accettato.

"Coraggio, calmati e respira!" dissi a me stesso. Presi fiato, alzai la testa e mi ritrovai in un giardinetto pubblico. Il mio rifugio. Il mio porto sicuro. Ho continuato ad andarci per anni per pensare, per piangere, per prendere a pugni gli alberi. Incondizionatamente le mie gambe mi portarono lì. E' strano come il cervello, quasi subdolamente, agisca molte volte alle nostre spalle. Il corpo umano è così dannatamente perfetto..

Iniziai a respirare lentamente, assaporando il profumo dell'erba. Era una giornata di sole nella città di Frederick, non c'era nemmeno una nuvola in cielo. "Meglio così.." mi ritrovai a pensare, "il cattivo tempo non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione."

"Bene, amico mio, e ora che si fa?" Mi ero promesso di cambiare totalmente vita. Evidentemente il college non era il mio futuro, non che io sia stupido, ma erano poche le cose che, all'epoca, attiravano davvero la mia attenzione. Mi guardai intorno in cerca di uno spunto, ma niente. Quel giorno c'era una calma assoluta per strada, non c'era anima viva nel parco. Niente bambini, cani, ragazzi o anziani. Mi chiesi cosa potesse essere successo. Poi guardai l'orologio e capii: "Ma certo! Oggi è il 4 Luglio! Ovvio che non c'è nessuno in giro! Si staranno tutti preparando per la parata!"

Era un giorno di festa eppure io mi sentivo completamente senza emozioni. Né rabbia o delusione. Non provavo niente. Ero vuoto. 

Decisi di andare dal mio migliore amico, Richard. Lui ha sempre saputo come aggiustare ogni situazione. Ha quella calma, quella freddezza mentale che io non ho mai avuto. Ma appena mi alzai dalla panchina, vidi qualcosa che attirò totalmente la mia attenzione.

La parata dei militari. 

Strano che in quel giorno mi sia soffermato a guardare quei soldati marciare, li ho sempre trovati abbastanza "buffi", a dire il vero. Quel loro passo di marcia così strano, ma soprattutto ho sempre pensato che fossero dei mercenari, non degli eroi. Ma quel giorno c'era qualcosa di diverso, lo si vedeva nei loro occhi. Avevano una luce particolare, erano.. orgogliosi. Sì, orgogliosi di essere al servizio del loro paese. Senza rendermene conto mi ritrovai a fissarli. Che sia questa la svolta che cercavo? 

Decisi di andare comunque da Richard, non potevo prendere una decisione del genere all'improvviso.

Ad accogliermi a casa sua fu sua madre, Theresa.

"Leo! che ci fai qui? Non aspettavamo una tua visita!" con me ha sempre avuto un tono cordiale, gentile, mi ha sempre trattato come se fossi un figlio.

"Ecco.. ehm.. brutte notizie dall'università. Ho bisogno di parlare con Ricky." le dissi senza troppi giri di parole.

"Ah.. mi dispiace che tu non sia stato preso." disse sinceramente, non l'ho mai vista mentire.

"Già.."

"Ti fermi a pranzo? Dopo puoi venire anche ad accompagnare Charles alla parata! E' così emozionato di interpretare lo zio Sam!"

Sorrisi, un sorriso sincero, spontaneo. Quella casa ha sempre avuto un buon effetto su di me.

"Certo" risposi "ne sarei molto felice."

Neanche il tempo di finire la frase che Theresa mi abbracciò: un abbraccio caldo che mi fece stare meglio. Non so come questa famiglia possa sprigionare tanta serenità. Eppure le cose non sono mai state facili per loro. Il padre di famiglia, Josh, è morto quando Richard aveva 15 anni, un infarto, una morte tanto devastante proprio perché improvvisa. Ma tutti hanno trovato la forza di rialzarsi e se si chiede loro come abbiano fatto, come siano riusciti a superare un momento che destabilizza così tanto l'armonia di una famiglia, rispondono semplicemente: "L'abbiamo fatto per lui, affinché non si preoccupi da lassù."

Bussai alla porta di Richard ed entrai in quella stanza, così familiare, che tante volte mi aveva ospitato.

"Amico mio! Mi era sembrato di sentire la tua voce!" mi sorrise e mi abbracciò. E' sempre stato un fratello per me.

"Ricky! Tutto bene?" gli chiesi. 

"A me sì" rispose con tutta tranquillità "tu, invece, non hai proprio una bella faccia."

Richard è così, mette il bene degli altri davanti al suo. Gli piace essere un punto di riferimento, una persona sulla quale contare. Molti gli chiedono consigli e lui non ha problemi ad aiutare tutti. E' raro, però, che si lasci andare del tutto. Nonostante sia il mio migliore amico, molte volte preferisce chiudersi in se stesso e risolvere i suoi problemi da solo. "Non voglio che gli altri si preoccupino per un problema che posso risolvere con due tiri a canestro." Quante volte avrò sentito questa frase. 

"Avresti la mia stessa faccia anche tu se fossi stato rifiutato da ben quattro università. Ma tu hai la tua bella borsa di studio che ti porterà dritto alla Brown." Non so perché me la presi con lui, ma in quel momento buttai fuori tutto quello che avevo dentro.

"Ehi.. non te la prendere con me! Sei tu che da due anni sei spento! A volte mi sembra di non riconoscerti più!"

Sapeva perfettamente che con quelle parole mi avrebbe colpito nel profondo. Nel 2009 la mia ragazza era morta tra le mie braccia in seguito ad un incidente stradale. Guidavo io. E da allora ho passato dei momenti bruttissimi, avevo perso la mia identità, la mia voglia di vivere. Non oso immaginare che fine avrei potuto fare se non ci fosse stato Richard.

"Scusa.." gli dissi "ma questa è stata l'ennesima batosta! L'ennesima riconferma che sognare, sperare fa solo male, maledettamente male! Avevo dei progetti, cazzo!" urlai e senza sapere nemmeno io il perché.

"Dai, Leo. Devi calmarti, non mi piace vederti così." mi abbracciò.

Non avrebbe dovuto farlo, quell'abbraccio mi toccò così tanto l'anima che non riuscii più a resistere. Cacciai fuori tutto quello che avevo represso. Lui non si scompose minimamente ed è per questo che gli ho sempre voluto bene. E' capace di essere appropriato in ogni circostanza. Io non sono mai stato così, per niente.

"Sono diventato troppo sensibile." dissi abbozzando un sorriso.

"Ma dai, su! Fa bene sfogarsi! Ognuno lo fa a modo suo." mi diede una pacca sulla spalla "Andiamo a mangiare, sennò mia madre inizia a fare storie."

Lo seguii, ma mentre stava per aprire la porta, gli confidai la mia decisione: "Ho deciso di arruolarmi."

Non ricordo nemmeno per quanto tempo Richard sia rimasto impalato con la mano sulla maniglia. Continuava solo a guardarmi con i suoi occhi verdi e con la bocca mezza aperta.

"Tu.. cosa?!" iniziò a balbettare

"Mi arruolo! Ho deciso di entrare nell'esercito."

"Ma tu lo odi l'esercito! Ti ho sempre sentito parlar male dei soldati, della guerra e del resto!"

"Ho bisogno di qualcosa che mi svegli da questo torpore, Richard." capì che il momento era davvero serio perché sono rare le volte in cui l'ho chiamato col suo nome per intero. "Devo trovare qualcosa per cui vale la pena continuare a combattere. E' l'emozione che muove il mondo, ma io non riesco più a provarla. Mi guardo allo specchio e i miei occhi sono spenti."

"Ma non puoi decidere così su due piedi. Almeno ne hai parlato ai tuoi o hai deciso di partire senza nemmeno salutarli?"

"Richard, ancora non sono andato all'ufficio di reclutamento! Pensi che sia una cosa facile?! Ho subito l'ennesima umiliazione e voglio prendere in mano la mia vita, di nuovo!" 

"Io ti sosterrò sempre, lo sai!"

"..lo so, grazie." riuscii a dire solo questo, nient'altro. Sapevo perfettamente che la mia era una decisione azzardata. I miei non la avrebbero presa affatto bene, proprio come Richard. Ma avevo davvero bisogno di sentire di nuovo la vita scorrere nelle mie vene.

Scendemmo in sala da pranzo e trovammo la tavola apparecchiata di tutto punto: bandierine degli Stati Uniti d'America qua e là e tantissima roba da mangiare. 

Charles, appena mi vide, mi corse incontro e mi saltò addosso.

"Leo! Ti piace il mio costume?"

Lo guardai e sorrisi: era vestito da perfetto zio Sam, con il cappello e tutto il resto. "E' fantastico, farai un figurone!"

Il pranzo continuò in allegria. Richard ebbe la sensata idea di non tirar fuori la storia del mio prossimo reclutamento.

Uscimmo di casa per le 5 del pomeriggio e ci dirigemmo alla parata.

C'era un sacco di gente: militari, civili. Tutti uniti in questo giorno che significa così tanto per questo Paese: il giorno dell'indipendenza.

I miei occhi si posarono sui militari. Un po' mi faceva paura l'idea di partire, ma, per la prima volta dopo anni, ebbi il desiderio di fare qualcosa e quando un desiderio è così presente nella mente di un essere umano non c'è paura o altro che tenga, c'è solo la voglia di farlo avverare e basta.

Venni riportato alla realtà da un colpetto sulla spalla. Era Lucy, una ragazza che mi faceva il filo da un po'. Richard più volte, in gioventù, mi consigliò di uscirci, ma io la trovavo troppo frivola. Come la maggior parte delle ragazze di 18 anni, d'altronde. Vestiti, scarpe, trucco. Belle fuori, ma vuote dentro.

"Ehi, tu! Potresti anche salutarmi!" disse quasi offesa. 

"Bhe.. ciao" le diedi un bacio sulla guancia.

"A che pensavi?"

"Perché?"

"Sembravi sognare ad occhi aperti."

Sorrisi. "Guardavo i militari."

"Sono così affascinanti gli uomini in divisa."

"Ecco, ora sì che potrei ripensarci alla storia del reclutamento." pensai.

"Devo andare." non cercai neanche una scusa per congedarla, a volte riesco ad essere proprio stronzo, se mi ci metto di impegno. E questa caratteristica, devo ammettere, non è mutata negli anni.

"Quando ti deciderai ad uscirci?" mi chiese Richard.

"Quando riuscirà a dire almeno una frase sensata."

"Amico, hai 18 anni.. non te la devi mica sposare! Divertiti un po'!"

"Escici tu, se tanto ti piace!" sbottai. Odio quando vuole farmi le prediche sul mio modo di comportarmi con le ragazze.

"Forse lo farò, caro mio, ho un certo fascino." 

La mia attenzione, intanto, venne catturata da altro: l'ufficio reclutamento. Mi aspettavo che fosse chiuso in un giorno di festa, ma vidi una figura al suo interno. "Dare un'occhiata non mi farà male." pensai.

  
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