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Autore: Mary P_Stark    16/04/2012    1 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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Il sole brillava alto, nel cielo di un azzurro intenso, illuminando la mulattiera terrosa che stavano percorrendo a dorso di cavallo.

L’aria frizzante proveniente dai Monti Urlanti era solo un pallido esempio di ciò per cui, quelle vette impervie e inquietanti, erano diventate famose.

Il Bacio dei Monti Urlanti.

Sapeva per bocca dello zio di venti gelidi che spiravano tra quei monti impervi e dalle vette seghettate, tali da terrorizzare anche il più intrepido dei viaggiatori.

Per cause di forza maggiore, lo zio ne aveva provato sulla pelle tutta la loro micidiale forza distruttrice.

Naell aveva sempre amato le sue storie, di quando aveva viaggiato per settimane tra le montagne assieme a una donna e al suo lupo così da salvare l’intero regno dalla minaccia dell’odiato Vartas.

All’epoca, era stata troppo piccola per comprendere il sottofondo agrodolce delle sue parole.

Da quando, però, era diventata abbastanza grande per capire certe sfumature, il ricordo delle parole di zio Aken le aveva fatto capire quanto avesse amato quella donna-lupo in particolare.

Vedere Eikhe a palazzo, riunita a zio Aken e finalmente felici insieme alla famiglia riunita, era stato una sorpresa più che lieta, per lei, che aveva sempre amato moltissimo il fratello di suo padre.

L’idea di rivederlo assieme alla sua famiglia e ai gemelli, che ancora non aveva conosciuto, la riempiva di una gioia immensa, di certo non quantificabile.

A capo di quella spedizione di cinquanta soldati c’erano suo fratello Staryn, un sedicenne alto e dinoccolato dall’aria da studioso e la timidezza quasi cronica.

Al suo fianco procedeva Meyor, vecchio allievo prediletto dello zio e suo grande amico.

Sedevano ritti sulle selle dei loro stalloni, ricoperti da leggere tuniche di pelle dalle lunghe maniche, che ricoprivano quasi interamente la cotta di maglie di ferro che portavano al di sotto.

Non che temessero attacchi tra quei territori a loro ameni, ma la prudenza non era mai troppa.

Anche lei, pur essendo donna, indossava una cotta di maglie, sotto la tunica colorata, così come pesanti stivali di cuoio alti al ginocchio al posto dei più eleganti e raffinati stivaletti di pelle.

In quanto principessa, Naell avrebbe potuto scegliere di percorrere il lungo tragitto che separava Rajana da Hyo-den, piccolo villaggio disperso tra i monti, sui comodi cuscini di una portantina, ma si era rifiutata categoricamente.

La sola idea di presentarsi al cospetto della famiglia di Aken su quel lussuoso quanto inutile attrezzo, l’aveva disgustata.

Aveva dodici anni, non novanta, e poteva benissimo cavalcare come gli altri!

Certo, i primi giorni erano stati tremendi.

Ricordava più che bene il dolore agli arti e al fondo schiena, ma non aveva voluto cedere di un passo dai suoi intenti.

Soprattutto, però, non aveva voluto la sella all’amazzone che, per quanto bella, era scomoda e prevedeva che lei indossasse un vestito lungo.

Una gonna.

Rabbrividendo alla sola idea, Naell si guardò in giro per scacciare l’orrenda sensazione provata al solo pensare a quell’ammasso di stoffe, sottogonne, guardinfanti e nastri di cui era composto un abito da principessa.

No, meglio indossare quelle comode brache da cavallerizza in morbida pelle, e stare a cavalcioni sulla sella, piuttosto che portare quell’ingombrante vestito dall’aria pomposa.

Non era mai stata una bambina amante dell’etichetta di corte, pur se apprezzava gli agi di palazzo, come l’acqua calda o i morbidi letti a baldacchino.

Quando, però, la possibilità di decidere il regalo per il suo dodicesimo compleanno le si era presentata su un piatto d’argento, aveva subito rammentato alla madre la promessa fatta anni prima.

La regina Renke, sua madre, non aveva potuto che accettare la sua decisione e, dopo aver inviato un falco a Kannor, aveva predisposto ogni cosa per il viaggio di sua figlia tra le montagne.

La partenza era avvenuta un mese dopo il suo compleanno, con l’affacciarsi dell’estate – il periodo migliore per avventurarsi tra quelle lande.

Dopo quindici giorni di estenuante quanto eccitante risalita lungo la Carovaniera del Nord, erano quasi in dirittura d’arrivo.

Il bosco intorno a lei, composto in gran parte da abeti secolari, larici dagli aghi di un verde pallido e pini seghettati, dalle caratteristiche chiome disordinate e disomogenee, sembrò salutarla con il suo quieto borbottio.

Il vento, che scivolava tra i possenti tronchi dalle cortecce rugose e rossastre, produceva dolci melodie accompagnate dal canto allegro di qualche allodola di bosco.

Diversi fringuelli dalla coda verde, invece, danzando nell’aria, volando a bassa quota fin quasi a sfiorarli.

Naell ne aveva ammirato più volte il veloce andirivieni tra il bosco e la mulattiera, sorridendo divertita quando le loro evoluzioni li avevano spesso portati in rotta di collisione con i carri delle vettovaglie, o con i musi di alcuni cavalli.

Imperturbabili, i mansueti destrieri avevano proseguito lungo la strada mentre lei, in più di un’occasione, aveva riso di fronte a tanto stoicismo.

La voce allegra e solare di Strayn la strappò a quei pensieri gai, riportandola alla realtà.

«Ehi, sorellina! Che ne dici di venire in testa al gruppo? Si comincia a vedere il contorno delle case di Hyo-den!»

Sobbalzando sulla sella prima di lanciare un’occhiata alla sua personale guardia del corpo, Naell diede un colpo di tacco ai fianchi del suo baio prima di avviarsi in tutta fretta in capo al gruppo di soldati.

Dopo aver affiancato la cavalcatura del fratello, allungò il collo per capire dove si trovasse il villaggio.

Vagamente delusa, scorse solo altri abeti e altre chiome verdeggianti ma, non appena avvistò la traccia indistinta di quello che aveva tutta l’aria di essere fumo proveniente da un camino acceso, sorrise raggiante ed esclamò: «E’ dietro quelle coltri di alberi?»

«Stando a quel ricordo, sì» annuì Meyor, sorridendole generosamente.

Tutta contenta, Naell scalpitò sulla sella prima di afferrare una mano del fratello ed esclamare: «Ci pensi? Siamo arrivati!»

Staryn rise di fronte a tanto entusiasmo e, annuito che ebbe, convenne con lei dicendo: «E’ l’unico villaggio che si trova da queste parti quindi, o stiamo andando a finire in mezzo a un incendio boschivo, oppure la meta è vicina.»

«Staryn! Non pensarlo nemmeno!» esalò sconvolta Naell  prima di guardarsi attentamente intorno e replicare saggiamente: «Nessun animale sta scappando dal bosco, e non si sente odore di resina bruciata. E’ sicuramente Hyo-den.»

«Lo so, mia ansiosissima Naell» assentì Staryn, strizzandole un occhio.

«Non sono ansiosa!» sbottò lei, prima di osservare con aria colpevole le sue mani serrate sulle briglie.

No, la era eccome, invece. E come negarlo?

Erano anni che sognava di coronare quel desiderio, anni in cui si era imposta di imparare – per quanto possibile – a non dare per scontate le comodità di palazzo, a cercare di capire come potere cavarsela da sola.

Aveva anche tentato di capire come fare a orientarsi, pur se con scarsi risultati.

Ovviamente, sapeva che una bambina di dodici anni come lei era, cresciuta negli agi di corte e mai uscita da palazzo se non nelle occasioni ufficiali, non avrebbe mai potuto cavarsela in un mondo così diverso dal suo.

Sperava per lo meno di non apparire una completa idiota, al cospetto dei suoi famigliari e delle altre ragazze-lupo della sua età.

Diventare lo zimbello del villaggio, non era tra i suoi progetti più immediati.

Dopo aver percorso l’ultimo tratto di strada, il folto gruppo di soldati, al cui capo Naell ancora si trovava, sbucò infine in un’immensa radura erbosa.

A poco meno di un miglio di distanza, scorsero finalmente l’imponente contorno di Hyo-den.

Composto da diverse centinaia di abitazioni, più o meno grandi per altezza o dimensioni, il villaggio era disposto a mezzaluna nella radura circondata da un interminabile abetaia.

Magnifico nella sua imponenza, un gigantesco monte dalla vetta aguzza incombeva su di loro come un’oscura quando affascinante presenza.

Poco oltre la fine della vegetazione rupestre, a estrema difesa del villaggio, una miriade di frangi-valanga percorreva il fronte della montagna, un immenso braccio disteso a protezione delle persone che si trovavano ai suoi piedi.

Osservando senza parole tutto ciò che la circondava, dalle belle case in tronchi di legno, alla bellissima collocazione del villaggio, Naell esalò ammaliata: «E’ un sogno…non può essere vero.»

Meyor e Staryn la osservarono comprensivi, preferendo non aprire bocca, poiché ben poco avrebbero potuto dire, di fronte a un simile spettacolo.

Sì, era difficile credere che un simile luogo esistesse in terra, eppure vi erano di fronte, e le parole fecero difetto anche a loro.

Il profumo dei fiori riempiva l’aria come la più esotica delle spezie, inebriandoli.

Per alcuni momenti, dimenticarono quanto, quella natura così generosa e splendente potesse tramutarsi, in pochi attimi, in una forza distruttrice e vendicativa.

Nel percorrere la distanza ultima che li separava dalla loro tanto agognata meta, Naell intravide oltre il limitare delle case ciò che era rimasto – a suo dire – di un’antica valanga.

Pur trovando quei tronchi divelti e spezzati come fossero stuzzicadenti, ciò non fece scemare minimamente il piacere di quell’arrivo.

Non era sciocca, e sapeva che la montagna era pericolosa, oltre che bella, ma questo non poteva far passare in secondo piano il gaudio che stava provando.

Quando poi lesse il suo nome su uno striscione appeso nel mezzo della via principale del villaggio, e sorretto da corde appese alle due case che aprivano Hyo-den, i suoi occhi si riempirono di lacrime.

Disposte sui due lati della strada lastricata di pietre levigate, tavole su tavole imbandite non attendevano che loro per essere svuotate con gusto.

Le donne e gli uomini del villaggio li accolsero con cori di benvenuto dalle verande delle abitazioni.

Non appena l’ultimo uomo fu entrato nel villaggio, Naell e suo fratello scesero da cavallo assieme a Meyor, mentre una donna alta e robusta, dai capelli striati di grigio, si avvicinò a loro al fianco di Eikhe e Aken.

«Il nostro più caloroso benvenuto, principessa Naell e principe Staryn. La vostra venuta ci riempie di letizia» esordì la donna, allargando le braccia come ad abbracciare l’intero villaggio.

Dopo aver lanciato un breve sorriso agli zii, Naell si esibì in una specie di riverenza, prima di replicare educatamente: «Siamo onorati di ricevere una così meravigliosa accoglienza. Non avreste dovuto disturbarvi a questo modo.»

«La venuta di ben due principi del regno merita questo e altro» ribatté bonariamente Istrea, sorridendole generosamente.

«Ben ritrovati, nipoti.»

Intervenendo, Aken si fece avanti  di un passo e Naell, che aveva resistito all’impulso fin a quel momento, lasciò da parte le consuetudini e si gettò tra le sue braccia.

«Sono così felice di vederti, zio!»

Strettala in un abbraccio soffocante, Aken le baciò il capo bruno prima di sussurrare: «Sei mancata anche a me, gattina.»

Scoppiando in una risatina nervosa nell’udire ancora una volta il suo vecchio nomignolo, Naell fu sul punto di mettersi a piangere.

Solo l’intervento di Eikhe le impedì di crollare.

Con un sorriso carico di comprensione e affetto, la donna la avvolse in un abbraccio e disse allegra: «Ormai è una tigre, la nostra Naell! Guarda come si è fatta grande!»

«Puoi ben dirlo!» ammiccò il compagno, sorridendole generosamente prima di volgere lo sguardo in direzione del nipote e aggiungere: «E tu! Lasciati abbracciare, ragazzo!»

Staryn fu un pochino meno irruente di Naell, ma trasmise agli zii la stessa aspettativa, lo stesso affetto incondizionato, lo stesso sollievo per essere infine giunti da loro.

Allegra e soddisfatta, Istrea batté le mani ed esclamò: «Si dia dunque inizio alla festa!»

***

Seduti su un gradino della scala che conduceva alla casa di Eikhe e Aken, Naell osservava lo svolgersi della festa di benvenuto con un sorriso stordito sul volto.

Canti e balli si erano susseguiti incessanti, assieme all’idromele e ai buonissimi e ghiotti piatti di carne e frutta, che le donne-lupo avevano preparato per loro.

I soldati, svestiti più che volentieri i panni dei baldi guerrieri, si erano mescolati ai presenti per festeggiare a loro volta.

Pur se avevano in parte temuto quell’evento, i principi si erano dovuti ricredere alla svelta.

Non c’era stato nessun imbarazzante incidente, nessuna battuta lasciva, nessun tipo di mancanza di rispetto degli uomini nei confronti delle loro ospiti.

Questo a conferma che, il processo di cambiamento portato avanti da Aken, aveva dato i suoi frutti.

Aken stesso appariva particolarmente compiaciuto della cosa e, sogghignando all’indirizzo di Meyor – che se ne stava in piedi con le spalle poggiate contro il muro di casa – , commentò divertito: «Non sono stato poi un completo fallimento, come insegnante.»

Con una calda risata di gola, Meyor scosse il capo e replicò: «Affatto, Aken. Noi tutti ti ricordiamo con affetto e, alle nuove reclute, viene impartito lo stesso addestramento cui ci hai sottoposto tu.»

Ingollò un po’ di idromele, prima di accennare un ghigno e aggiungere: «Certo, alcuni vecchi ufficiali storcono un po’ il naso, a sentir dire che le donne-lupo non sono inferiori a nessuno dei nostri soldati e che, nel caso delle figlie sacre, il divario va invece a nostro discapito, ma i ragazzi sono propensi a credere a noi. Specialmente da quando la Signora del Villaggio di Emeranta ha accettato di inviare alcune sue ragazze a palazzo, per delle esercitazioni pratiche con i nostri allievi.»

Vagamente sorpreso, Aken fissò Eikhe in cerca di spiegazioni prima di notare il suo completo sconcerto.

Con un sorrisino, il giovane soldato venne loro incontro, spiegando ogni cosa.

«L’idea mi è venuta una volta che sono uscito in perlustrazione assieme a un po’ di compagni. C’era bisogno di noi per sedare una disputa tra il villaggio delle donne-lupo e quello di Korianos.»

Intervenendo, Aken spiegò alla sua famiglia.

«Quando ero ancora a Rajana, volli che i ragazzi uscissero dalla città per incontrare il popolo, perché non fossero visti solo come guerrieri inavvicinabili, ma anche come persone a cui chiedere aiuto o servizi. Visto che, dopotutto, sono obbligati  a studiare Diritto Civile e Penale, perché non far loro mettere in pratica le loro nozioni?»

«Mi sembra giusto» annuì fiera Eikhe, dandogli di gomito.

Con un risolino, Aken proseguì.

«Morale della favola, dopo essermi accordato con alcuni ufficiali, li ho mandati fuori a gruppi di tre, seguiti da un membro anziano dell’Accademia che facesse loro da guida e, dopo un po’ di false partenze, siamo infine riusciti a far attecchire questo genere di moda.»

Meyor assentì, soggiungendo: «Di fatto, abbiamo alleggerito l’annoso problema dei Giudici di Pace della città che, troppo oberati di lavoro,  non erano in grado di dirimere i casi di minore importanza e, nel contempo, abbiamo permesso al popolo di avere più rapporti con la corona, di cui l’esercito è il lungo braccio.»

Sollevando un sopracciglio con evidente curiosità, Eikhe domandò: «E tuo padre fu d’accordo?»

«Glielo facemmo notare solo quando l’ingranaggio era più che rodato, e i risultati ben evidenti» ammise con un sogghigno Aken.

«Oh» esalò Eikhe, ridacchiando.

Naell ammiccò alla zia, celiando: «Zio Aken non ti ha detto che le urla della loro lite furibonda si sentirono per tutto il palazzo. Durò più o meno due ore, e papà era già pronto a intervenire con i soldati. Ero piccola, ma me lo ricordo bene.»

«Mi immagino la scena» ammise Eikhe.

Tornando a osservare il suo vecchio allievo, Aken lo invitò a proseguire.

«Per farla breve, non solo scoprimmo che le pelli erano di ottima qualità, ma che il mercante aveva usato dei pesi contraffatti per la bilancia, finendo con il pagare molto meno del dovuto alle donne-lupo. Abbiamo perciò messo in prigione per un paio di mesi il commerciante avaro, e dato il giusto compenso al villaggio di Emeranta. Nel consegnare i soldi alla Signora del Villaggio, mi è venuta in mente quest’idea di una sorta di gemellaggio tra loro e noi e così, parlandone con lei e con il mio superiore…»

«Davvero un’ottima idea» si complimentò Aken, allargando il proprio sorriso.

«Grazie» sorrise grato Meyor. «Sulle prime, i ragazzi non mi sono parsi molto convinti ma, dopo essere stati battuti nelle gare di equitazione, hanno preteso la loro presenza. Così, è diventata una consuetudine e, da allora, alcune donne-lupo vengono inviate per alcuni mesi a partecipare ad alcuni corsi in Accademia, mentre le veterane vengono a palazzo per insegnare alcuni trucchi a noi. Mi sembra equo, no?»

Fu Eikhe a rispondere per tutti.

Sorridendo all’alto soldato, asserì orgogliosa: «Quando seppi del progetto di Aken, non potei che essere lieta di come avesse impiegato il tempo che ci aveva visti separati. Ora posso dire che ha raccolto degli ottimi frutti.»

«E detto dall’Eroina del Regno, non può che essere un più che gradito complimento» replicò elegantemente Meyor con un leggero cenno del capo.

Eikhe rise imbarazza di fronte a quel commento – a distanza di anni, quel titolo ancora la faceva arrossire – prima di sorridere divertita quando vide tornare i gemelli con alcuni piatti carichi di fette di torta.

Naell aveva amato al primo sguardo i suoi cuginetti e Staryn, letteralmente, pendeva dalle labbra di Enyl che, proprio in quel momento, porse un piatto al cugino con fare suadente.

«E’ per te, cugino Staryn.»

«Sei stata gentilissima, Enyl, ma dovrai aiutarmi a finire tutta questa roba» ridacchiò il giovane, prendendola in braccio e offrendole una fetta di torta ai lamponi.

La bambina la accettò di buon grado mentre Rannyl, sedendosi al fianco di Naell, le sussurrò complice: «Fossi in te, direi a tuo fratello di stare attento. Credo che Enyl voglia fargli uno scherzo.»

Sghignazzando, Naell esalò di rimando: «Credo che mi divertirò a vedere quel che succederà.»

«Contenta tu…» sentenziò Rannyl prima di offrirle galantemente il piatto di fette di torta che aveva portato con sé. «Sono per te, Naell.»

«Grazie, Rannyl» mormorò la ragazza.

L’iniziale timore dei due gemelli nel vedere così tante persone sconosciute, e due cugini di cui avevano solo sentito parlare, era scemata con il passare dei minuti.

Non appena Enyl e Rannyl avevano preso la necessaria confidenza con loro, era stato impossibile dividerli.

Antalion e Liana erano rimasti in disparte per tutto il tempo, preferendo che i gemellini conoscessero meglio i cugini senza sentirsi addosso le occhiate del fratello maggiore e dell'amica.

Proprio in quel momento, però, si fecero vivi con diversi piatti di carne fumante e una brocca di limonata.

Accettando i piatti offerti loro, Aken ed Eikhe ringraziarono sentitamente prima di dare sfogo alla loro fame addentando le morbide costine di cervo inzuppate in calda salsa di verdure.

Imitatili, Antalion si andò a sistemare accanto a Meyor, mentre Liana si sedeva vicino a Eikhe.

Osservando il vecchio amico del padre con solerte interesse, gli chiese: «E’ andato tutto bene, fino a qui?»

«Sì, nessun problema, Antalion.»

Meyor ingollò un pezzo di trota salmonata ed esalò: «Uhm, buona! La salsa, poi, è deliziosa!»

Ridacchiando, Antalion gli disse: «Si ottiene con delle erbe di bosco che crescono nei dintorni. Se vuoi, prima di tornare, mi faccio dare la ricetta da mamma, e te ne raccolgo un po’.»

«Faresti la felicità di mia madre. Lei adora questo genere di cose» asserì Meyor aggiungendo subito dopo: «Hai dei fratelli davvero bellissimi. Com’è stato crescerli con tuo padre presente?»

«Dire bello sarebbe riduttivo, ma non mi viene in mente nient’altro, al momento» ridacchiò lui, osservando per un momento con aria divertita ciò che stava succedendo sulle scale di casa.

Come predetto da Rannyl, Enyl aveva propinato a Staryn una fetta di torta “contaminata” da un pizzico di radice di jicana, particolarmente piccante e dal sapore piuttosto acre.

Non appena il cugino l’aveva messa in bocca, era diventato subito paonazzo e ora, aiutato da Eikhe – che stentava a reprimere una risatina – Staryn stava cercando di recuperare la capacità di respirare.

Tutta contenta, Enyl era seduta di fianco a Naell che, in preda a un attacco di risa irrefrenabile, era rossa in viso e con le lacrime agli occhi per il troppo ridere.

Liana, invece, stava dando delle pacche confortanti sulla schiena di Staryn mentre Aken, a metà tra il serio e il faceto, tentava di spiegare a Enyl perché non si dovesse usare la jicana nelle torte.

Meyor rise al pari di Antalion, prima di dire: «Penso che presterò attenzione a quel che Enyl mi offrirà, non si sa mai.»

«Oh, non usa mai lo stesso trucchetto due volte di seguito. Sa stupire per il suo ingegno nel concepire disastri» ghignò Antalion, lanciando un sorriso alla sorellina, che si alzò con un balzo per raggiungerlo e abbracciarlo forte.

«Ho esagerato, fratellone?» gli chiese candidamente lei, sbarrando due occhioni dorati per fissarlo supplichevole e contrita.

Scoppiando nuovamente a ridere, Antalion le scompigliò la massa ondulata di capelli dorati, replicando: «Vai a fare le tue scuse a Staryn, e non fargli più neanche uno scherzo.»

«Neppure una rana?» mugugnò lei, mettendo un broncio adorabile.

Meyor sorrise ammirato, di fronte alla sua magistrale interpretazione, ed esalò: «E’ un’ammaliatrice nata!»

Poi, piegatosi su un ginocchio, guardò la bambina negli occhi e disse: «Hai qui con te la tua ranocchietta?»

Annuendo, la bimba infilò una mano nella tasca della sua tunica di pelle e ne estrasse un piccolo ranocchio verde a macchie nere che, subito, saltò via dal suo palmo, finendo sulla spalla di Meyor.

Il giovane soldato sghignazzò nel recuperarlo e, facendo l’occhiolino alla bimba, le sussurrò complice: «Facciamo uno scherzo a papà.»

Illuminandosi in viso, Enyl si tappò la bocca per non strillare felice e Antalion, osservando divertito il soldato, lo vide sgattaiolare accanto alla scala d’entrata per poi infilare la mano munita di rana tra le barre di legno del corrimano.

L’attimo seguente, la rana balzò sul colletto della tunica di Aken.

Ciò che avvenne dopo, scatenò l’ilarità generale.

Non appena la rana si ritrovò al buio, schiacciata dal tessuto contro la carne dell’uomo, cominciò a scalpitare per trovare una via di fuga e Aken, colto di sorpresa, balzò in piedi di colpo.

L’attimo seguente, finì  gambe all’aria, inciampando in uno dei gradini e crollando di schiena sul pavimento della veranda.

Lo scoppio di risa generalizzato fu automatico e, mentre Aken si liberava dello scomodo inquilino, i suoi occhi volarono rapidi a Enyl che, angelica, sollevò le mani come per dire: “chi, io?”.

Fu a quel punto che Aken si accorse della risatina a stento trattenuta di Meyor e, mentre Eikhe lo aiutava a rialzarsi da terra, l’uomo esalò sconvolto: «Meyor! Ti prego! Non anche tu

Non potendo più resistere, anche Meyor scoppiò a ridere di gusto e Rannyl, con la sua logica ferrea, dichiarò imperturbabile: «Almeno, stavolta io non c’entro nulla.»

  
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