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Autore: Mary P_Stark    06/04/2012    4 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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«AANN!»

Quell’urlo, improvviso quanto stridulo, percosse le orecchie del giovane addormentato nel suo letto.

Sentendosi chiamare in modo così violento, Antalion si svegliò di soprassalto, sbatté il capo contro la testiera del letto e, per finire in bellezza, rotolò a terra nella fretta di alzarsi.

Le lunghe gambe finirono con l’impigliarsi nella pelliccia d’orso che teneva sopra le lenzuola e, nel crollare sul pavimento, picchiò con violenza un ginocchio, sbucciandoselo.

Alla fine di quella rovinosa caduta, sdraiato a terra a gambe e braccia divaricate, il fiato corto e l’aria più addormentata che sveglia, Antalion volse lentamente il capo in direzione della causa prima di quel disastro.

Accigliato, perciò, ringhiò: «Voi, piccole pesti… cosa devo…»

«An è tutto nudo, An è tutto nudo!» cominciarono a canticchiare in coro i due gemelli, saltellando allegramente per la stanza del fratello maggiore.

Spalancando gli occhi di colpo a quelle parole, Antalion si guardò per un momento prima di avvampare in viso e coprirsi alla bell’e meglio.

Il tutto, un attimo prima che la madre, in vestaglia da camera e l’aria scarmigliata di chi si è appena svegliato, comparisse sulla soglia della sua stanza.

Vagamente sorpresa dal trovare il figlio maggiore steso a terra, e i due gemelli già ben svegli e vestiti, Eikhe esalò confusa: «Ma che succede?»

«Chiedilo a loro.»

Con un brontolio, il giovane si rialzò da terra tenendo la pelle d’orso davanti all’inguine mentre la madre, con sguardo curioso, lo osservava alla luce dell’alba che penetrava dalla finestra.

Accortosi di quell’occhiata prolungata, Antalion si ritrovò ad arrossire nuovamente e, sedutosi sul letto, si coprì ancora di più, prima di bofonchiare: «Beh, che c’è?»

Con aria maliziosa, Eikhe sfiorò le spalle dei gemelli che, al suo solo tocco, si calmarono immediatamente.

Sorridendo poi al figlio maggiore, sentenziò: «Sai che somigli sempre di più a tuo padre?»

Da quando il padre era tornato, sei anni prima, Antalion aveva passato un sacco di tempo con l’uomo che gli aveva dato la vita ma che, per cause di forza maggiore, non era potuto stare con lui e vederlo crescere.

Durante la gravidanza di sua madre, in special modo, il giovane aveva legato in modo speciale con Aken, e il desiderio di renderlo fiero di lui e di vederlo felice, era stato il suo imperativo primario.

Inoltre, sapeva bene che le parole della madre erano più che veritiere. Fin dal principio, era parso evidente quanto si somigliassero, e a lui aveva sempre fatto piacere.

Si era comunque impegnato anima e corpo per diventare un eccellente guerriero e, con l’aiuto di Aken stesso e di Istrea, sapeva di essere riuscito nell’intento.

L’imbarazzo che, però, lo colse nel sentire quelle parole, non fu generato dal commento in sé, quanto dai sottintesi che in esso erano contenuti.

Non era diventato solo un buon combattente, ma anche la sua struttura fisica era cambiata, divenendo più imponente e muscolare.

Ed era quello che lo metteva a disagio.

Certo, non era mai stato smilzo o di bassa statura, ma l’allenamento intensivo cui si era sottoposto, lo aveva davvero mutato nell’aspetto.

I risultati, non solo si vedevano ampiamente, ma avevano causato anche diversi diverbi tra le ragazze del villaggio.

Liana, pur confortata dal sapere dell’amore incondizionato che Antalion provava per lei, si era accapigliata diverse volte con alcune sue amiche.

Era infatti capitato, e più di una volta, che alcune ragazze si fossero rivolte a lui per offrirsi come potenziali compagne di una notte.

Se la cosa aveva imbarazzato a morte Antalion, aveva mandato in bestia Liana che, dopo l’ennesimo litigio, aveva ingiuriato Aken per l’eccessivo impegno con cui aveva addestrato suo figlio.

La cosa era parsa così ridicola, agli occhi dell’uomo che, non solo non se l’era presa per il rimbrotto, ma aveva fatto notare alla giovane quanto potesse ritenersi fortunata di avere un compagno così prestante e valoroso.

Certo, Antalion aveva fulminato con lo sguardo il padre per quell’uscita maliziosa, ma Liana era sembrata soddisfatta e, con calma e pazienza, il suo umore si era pacificato.

Non che il metro e novanta di statura, e i quasi cento chili di muscoli fossero scomparsi, ma la cosa sembrava non essere più un problema.

O almeno, così sperava Antalion.

Il fatto che, però, anche sua madre gli facesse notare quel particolare, lo mandò nel pallone, portandolo a sdraiarsi sul letto, coprirsi con la pelle d’orso e ringhiare: «Uffa, mamma, non ti ci mettere anche tu!»

Ridendo di fronte all’imbarazzo manifesto del figlio maggiore, Eikhe trascinò fuori dalla stanza i due gemelli di sei anni, Enyl e Rannyl, e ordinò bonaria: «Vestiti, dai. Naell sarà qui nel primo pomeriggio, e ci sono ancora un sacco di cose da fare.»

«Sì, va bene, va bene.»

Con uno sbuffo infastidito, attese con pazienza che il trio fosse uscito dalla stanza dopodiché, non appena la porta fu chiusa, balzò fuori dal letto e si diresse alla cassapanca per estrarre i suoi abiti.

La cugina Naell, il giorno del suo dodicesimo compleanno, aveva espresso il desiderio di passare un po’ di tempo assieme agli zii, tra le donne-lupo del villaggio di Hyo-den.

Era suo desiderio imparare un nuovo stile di vita, così come un approccio diverso alla quotidianità.

Poiché la regina aveva promesso alla figlia minore che avrebbe esaudito questo suo desiderio, la richiesta era stata accettata.

Il giorno stesso, un messaggio era stato inviato tramite falco al Borgomastro di Marhna, in modo tale che la famiglia di Aken ed Eikhe fosse avvisata del prossimo arrivo della principessa.

Non appena Kannor, Borgomastro e amico di vecchia data di Aken, aveva fatto consegnare la missiva ai diretti interessati, nel villaggio erano iniziati i preparativi per accogliere Naell e il suo seguito.

Quel giorno, sarebbe giunta a Hyo-den e, nella via principale del villaggio, festoni fiorati e libagioni erano già stati sistemati su lunghe tavolate di legno piazzate ai lati della strada.

Restava solo da preparare la stanza che la principessa avrebbe occupato per il suo periodo di vacanza presso gli zii e, per quello, c’era bisogno di Antalion.

Non perché lui sapesse fare le cose meglio dei genitori ma perché, a conti fatti, Naell sarebbe stata la prima inquilina della casa che, nel giro di pochi mesi, Antalion e Liana avrebbero diviso insieme.

Molti lavori dovevano essere terminati, motivo per cui Antalion e la sua compagna ancora vivevano presso le rispettive famiglie, ma il grosso dell’edificio era stato ultimato.

Le camere e il bagno, inoltre, erano già usufruibili, perciò potevano ospitare degnamente la principessa in visita.

Eretta dietro l’abitazione di Eikhe e Aken, la baita era composta da un piano rialzato, abitativo, e un seminterrato dove erano state costruite una dispensa, una piccola cantina e una ghiacciaia.

Entro la fine dell’autunno, sarebbero riusciti a utilizzarla nel vero senso della parola ma, per il momento, Naell sarebbe stata la prima persona a dormirvi, assieme alla sua dama di compagnia.

Dopo essersi infilati gli stivaletti di pelle e aver raddrizzato la lunga tunica di pelle di daino, Antalion sgusciò fuori dalla sua stanza giusto in tempo per veder comparire suo padre dalla camera padronale.

Qualche filo grigio tingeva le sue tempie, e una lieve rete di rughe sottilissime ne increspava la pelle ai lati della bocca, ma questo conferiva al suo volto solo un tocco di gentilezza in più.

Alto non meno del figlio e per corporatura identico, Aken di Rajana pareva non essere cambiato, dal giorno in cui aveva messo piede per la prima volta nel villaggio di Hyo-den.

L’aria di montagna e la vita spartana sembravano essere un balsamo di lunga vita per lui e, di sicuro, prendersi cura di due canaglie con i figli minori, lo teneva in allenamento.

Sorridendogli nell’accostarsi a lui mentre si dirigevano assieme in cucina per la colazione, Antalion esordì dicendo: «Hai dormito bene? Ti vedo un po’ sciupato.»

«Ah-ah. Davvero spiritoso. Verrò a chiedertelo anch’io, una di queste mattine, quando ti sveglierai al fianco di Liana» replicò con un ghigno furbo Aken, dando una pacca amichevole sulla spalla del figlio, che sghignazzò.

«Dovresti stare attento… sai, alla tua età…» lo rimproverò bonariamente Antalion, prima di prendersi uno scappellotto amichevole sulla testa. «Ahia!»

«Ben ti sta, ragazzo. La mia è una famiglia estremamente longeva e potrei mettere incinta ancora tua madre, se volessi, giusto per dimostrartelo» ironizzò il padre, prima di puntare lo sguardo sulla figura esile e longilinea della compagna.

In quel momento, era impegnata a servire del latte fresco a Enyl, tutta felice nel suo vestitino nuovo, e con due graziose trecce bionde a incorniciarne il viso d’angelo.

Rannyl, al contrario, era scuro di capelli e dalla carnagione bronzea come il padre e il fratello maggiore ma, come tutti i figli della coppia, aveva occhi ambrati e luminosi come il sole.

Abbigliato con una tunica nuova e lunga fino al ginocchio, Rannyl si tirò nervosamente una manica prima di sorridere all’arrivo di padre e fratello.

Sollevando il suo bicchierone di latte, esclamò: «Buongiorno!»

Accomodandosi dopo aver dato un bacio sulla testa a entrambi i figli, Aken rispose dicendo: «Buongiorno. Si può sapere cos’è stato, il baccano di prima?»

Ridacchiando complici, Rannyl ed Enyl si guardarono per un momento prima di esclamare in coro: «Scherzetto!»

Vagamente accigliato, Antalion afferrò un biscotto dal piatto posizionato nel mezzo del tavolo della cugina e, sgranocchiandolo ombroso, mugugnò: «Non avevo bisogno di una sveglia così violenta.»

Enyl balzò dalla sedia per raggiungere il fratello maggiore e, poggiato il capo sulla coscia della gamba che Antalion aveva sbattuto a terra, massaggiò gentilmente l’arto contuso e sussurrò: «Fa tanto male?»

Aken cercò di nascondere un sogghigno dietro l’orlo della tazza da caffè mentre il  figlio maggiore, ammorbidendosi immediatamente di fronte alla gentilezza della sorellina, le carezzava il capo con affetto.

«Non più di tanto, tesoro. Finisci la colazione, così possiamo dare una mano a mamma a sistemare la stanza di Naell.»

«Sì» annuì Enyl, baciando il ginocchio di Antalion prima di tornare trotterellando alla sua sedia.

Era sempre stato così.

Per quanti scherzi facessero, per quanti danni combinassero, la gentilezza innata di Enyl appianava tutto, e Antalion diventava come burro fuso nelle sue mani.

Aken trovava quel comportamento tra fratelli il chiaro segno di chi, veramente, comandasse in casa, ma tendenzialmente preferiva non dirlo di fronte ad Antalion.

Anche Eikhe pensava che Enyl stesse diventando un’adorabile quanto subdola manipolatrice, e la cosa la divertiva un mondo.

Una volta diventata adulta,  nessuno avrebbe potuto metterle i piedi in testa.

Per Antalion, invece, era solo un piccolo angioletto da proteggere, anche quando ne combinava una peggio dei demoni di montagna.

Rannyl, invece, era tendenzialmente la spalla della sorella in ogni genere di guaio, o piano cospiratorio, ingegnato da Enyl.

Il più delle volte, ne copriva anche le tracce.

Difficilmente ne smascherava le marachelle, se non quando il disastro era così tremendo che la paura prendeva il sopravvento sulla complicità tra gemelli.

A ogni buon conto, Rannyl difendeva sempre la sorellina da qualsiasi pericolo, fosse anche solo un ragnetto o una lucertola, mentre Antalion si prendeva cura di entrambi con identica solerzia.

Forse, perché la loro nascita era stata decisamente travagliata.

O perché Antalion ne era stato tra i protagonisti.

Fatto stava che il giovane curava i suoi fratellini come se fossero stati i suoi stessi figli e, per Eikhe e Aken, era una gioia vederli crescere assieme sani e forti.

Naturalmente, ai gemelli non era mai stato detto cosa fosse successo la notte della loro nascita.

Era più che probabile che la solerzia quasi eccessiva di Antalion fosse nata da quell’evento che, solo per grazia di Hevon, non era finito in tragedia.

Nata per ultima, Enyl si era ritrovata ad avere il cordone ombelicale stretto attorno al collo e, solo grazie alle abili manipolazioni di Vesthe, la bimba era riuscita a uscirne viva.

Lo sforzo di nascere, però, l’aveva indebolita al punto da non permetterle di emettere il suo primo vagito.

Nel vederla mortalmente pallida e debole, Antalion l’aveva stretta tra le braccia ancora sporca di liquido amniotico e le aveva massaggiato il corpicino per riscaldarla, aiutandola a espellere l’aria come avrebbe dovuto.

Aken, nel frattempo, si era preso cura di Rannyl, più in forze rispetto alla sorellina, ma davvero piccolo tra le sue braccia robuste.

Vesthe, occupata con Eikhe, aveva così lasciato ai due uomini il compito di preoccuparsi dei bambini.

Per giorni interi Eikhe era rimasta a letto, pallida e smunta e con dolori addominali lancinanti.

Alla fine, però, si era ripresa ed era riuscita ad attaccare al seno entrambi i figli che, fino a quel momento, erano stati allattati da un’altra donna del villaggio, offertasi spontaneamente per dare una mano alla coppia.

Quegli eventi, avevano fatto sì che l’unione tra Antalion e i suoi fratelli divenisse ancor più stretta e forte.

Per quanto Eikhe detestasse ricordare quei tragici momenti, non poteva che sorridere nel vedere quale legame vi fosse, ora, tra i suoi figli.

A colazione ultimata, l’intera famiglia si diresse verso la casa di Antalion e, dopo aver aperto la porta d’ingresso, il giovane lasciò entrare per primi i gemelli.

Carichi di lenzuola fresche di bucato, i piccoli si diressero di corsa verso le stanze che avrebbe occupato Naell.

Scrutando soddisfatto le travature di legno che sorreggevano il soffitto e la cucina già debitamente montata, Antalion saggiò pensieroso la superficie liscia del tavolo in sala da pranzo.

«Credi che sia abbastanza grande? Non so, ho pensato che per sei persone potesse bastare, come inizio, ma…»

«Va più che bene, figliolo» lo tranquillizzò Aken, sorridendogli. «E, se vi fosse bisogno di un’aggiunta, non dovresti far altro che spostare il tavolino della cucina qui in sala da pranzo.»

Con un sogghigno, Antalion si lasciò andare a una breve risata derisoria.

«Lo so, sono nervoso, non dirmelo.»

«L’hai detto tu, non io.»

Aken gli diede una pacca sulla spalla, seguendo poi Eikhe lungo il disimpegno che conduceva alle stanze da letto.

Lì, Enyl e Rannyl avevano già poggiato le lenzuola sulla cassapanca di legno di ciliegio che Antalion stesso aveva intagliato l’estate precedente.

Impazienti, i bambini guardarono la madre in attesa che desse loro qualcos’altro da fare.

Nel vederli così eccitati, Eikhe ordinò loro: «Visto che siete così ben disposti a dare una mano, mettetevi a sistemare dei fiori nei vasi che ho portato ieri. Ma non strappateli dalle aiuole dei vicini.»

Enyl arrossì a quel commento e annuì, mentre Rannyl ridacchiava divertito.

Per via di un regalo improvvisato alla mamma – con relativo rimprovero corredato – Enyl era stata costretta a chiedere scusa alla padrona dei fiori che la bimba aveva strappato.

La donna, con una buona dose di ironia, l’aveva perdonata per i motivi davvero amorevoli che l’avevano spinta a prenderli senza permesso, ed Eikhe aveva sorriso alla figlioletta.

Colpevole, Enyl si era messa a piangere nel chiedere perdono più e più volte.

Intervenendo per dare una mano alla sorella, Rannyl la prese per mano e disse: « Li prenderemo qui dietro, nel boschetto.»

«Senza allontanarvi, mi raccomando» precisò Eikhe, prima di scrutare Antalion e aggiungere: «Mi aiuti?»

«Sì, mamma» annuì lesto, mentre i gemellini uscivano dalla camera e Aken li seguiva con lo sguardo.

«Vai pure con loro.»

Aken ringraziò con un sorriso la compagna, e si dileguò in silenzio dietro ai figli minori mentre Antalion sorrideva divertito.

Ammiccando al figlio maggiore, Eikhe disse sommessamente: «Non si sente ancora tranquillo a saperli in giro da soli, anche se sono a portata di voce.»

«Forse, avremmo dovuto mandare i lupi con loro. Allora, papà non si sarebbe preoccupato.»

Con un abile gesto di mano, stese il copri-materasso prima di lisciarlo con gesti morbidi del palmo dopodiché, presi due lembi della coperta di lana, la stese a sua volta, sistemandone gli orli negli angoli.

«Liar dovrebbe essere ancora con la compagna, …almeno, è lì che l’ho lasciato ieri notte, dopo che sono nati i cuccioli» mormorò pensierosa Eikhe, ripensando ai tre cuccioletti bianchi e neri nati solo una quindicina di ore prima.

Un sorriso soddisfatto si dipinse sul viso di Antalion quando ripensò alla notte appena trascorsa, passata interamente ad accudire Symil, la compagna di Liar.

Il suo risveglio così traumatico lo doveva anche a quella notte travagliata.

Diversamente, non sarebbe crollato dal letto a quel modo, neppure per uno scherzo dei fratellini.

In quel mentre, il ticchettio delle unghie di Mykos fece volgere lo sguardo a madre e figlio che, sorridenti, salutarono il lupo di Antalion.

Questi, fece capolino con il muso all’interno della stanza, prima di abbaiare il suo saluto.

«Ehi, canaglia! Dove te ne sei andato, ieri? Ti ho cercato dappertutto!» esclamò Antalion, finendo di sistemare il copriletto di pelliccia.

Mykos scodinzolò spiacente prima di mugugnare una risposta, al che il giovane fissò confuso la madre prima di esalare: «Ho capito bene? Affari del branco?»

Il lupo annuì col muso prima di volgere lo sguardo dietro di sé non appena Nak, il lupo di Liana e Fyn, il lupo di Aken, fecero il loro ingresso nella casa.

«Ed ecco rispuntare gli altri due. Eravate con lui, quindi?» chiese a quel punto Antalion, fissando i tre lupi con aria inquisitoria.

Tutti e tre annuirono e, dalla porta d’ingresso, la voce squillante e allegra di Liana fece capolino, borbottando: «Hanno le bocche cucite, questi tre. Li ho tartassati per bene, non appena li ho visti riemergere dal bosco, ma non mi hanno voluto dire niente.»

Antalion si illuminò in viso al solo sentire la voce dell’amata e, accoltala con un bacio leggero sulla bocca, le chiese: «Nak non ti ha detto proprio nulla?»

Salutando Eikhe con un sorriso e un bacio sulla guancia, Liana scosse subito dopo il capo, replicando: «Affari del branco.»

Eikhe allora fissò i tre lupi con aria vagamente confusa, mugugnando: «Beh, questa davvero non mi è mai capitata prima.»

I tre lupi si limitarono a scodinzolare prima di sgattaiolare nuovamente via e Liana, con un sospiro, esalò: «Valli a capire! Quando ci si mettono, sono peggio dei bambini piccoli.»

«Non posso che essere d’accordo.»

Con un risolino, Antalion fissò la madre - che stava ghignando divertita - prima di chiederle: «Perché sghignazzi così?»

«Perché stavo pensando a te da piccolo, e a come ti comportavi.»

Nel dirlo, gli sorrise dolcemente.

«Ma se ero bravissimo!» le ritorse contro Antalion, ammiccando malizioso.

«Anche troppo…» ammise lei. «… e infatti, per anni, mi sono preoccupata che ci fosse qualcosa che non quadrava. Quando andammo a palazzo, due anni fa, per pura curiosità chiesi lumi a un’anziana balia di Aken, e lei mi confermò che tuo padre si era comportato esattamente come te. Un bimbo calmo e quieto…almeno fino ai cinque anni. Lì, è esploso. Esattamente come te.»

«Tale padre, tale figlio» ammiccò Liana, dando un pizzicotto sul fianco ad Antalion. «Non poteva andarmi meglio. Invecchia come lui, e io sarò la donna più felice del mondo.»

Vagamente accigliato, Atalion replicò con tono leggermente aspro: «Sicura di volere me, e non lui?»

Scoppiando a ridere assieme a Eikhe, Liana lo abbracciò calorosamente e stampò un sonoro bacio sulle labbra per poi sussurrare solo per lui: «Sei tu l’unico uomo che voglio.»

«Bene» si limitò a dire Antalion, prima di sentire lo scalpiccio veloce dei piedi di Enyl e Rannyl, di ritorno dalla loro missione nel boschetto.

Le braccia cariche di fiori a stelo lungo, e l’aria di chi si è divertito un mondo, i due gemelli strillarono un saluto eccitato a Liana, che ricambiò con dei baci sulle loro testoline.

Nel veder rientrare il compagno in quel momento, disse: «Fatevi aiutare da papà a sistemare i fiori per casa, adesso.»

«Papà!» esclamarono in coro i bimbi, prima di vederselo comparire alle spalle in punta di piedi.

Lo strillo che lanciarono subito dopo venne presto sostituito da una risata collettiva e, mentre Aken accompagnava in giro per casa i due figlioletti, Liana li osservò con occhi languidi, sussurrando: «Sono adorabili.»

«Solo perché non ti hanno svegliato di soprassalto come hanno fatto con me, altrimenti non lo diresti» replicò bonario Antalion, avvolgendole la vita prima di poggiarle il mento su una spalla.

Liana si volse a mezzo per smentirlo e, con un risolino, esclamò: «Non fare l’antipatico! Sai benissimo di essere innamorato pazzo di loro!»

«Non confermo né smentisco» sghignazzò Antalion, osservando divertito i due fratellini che correvano in giro per quella che, entro pochi mesi, sarebbe stata la loro casa.

Quando avevano proposto l’idea di costruire una nuova casa, così da crearsi un po’ di indipendenza, i suoi genitori si erano dichiarati entusiasti della cosa.

In particolare, Aken si era mostrato prodigo di consigli, e pronto a mettersi in pista per aiutarlo in qualsiasi genere di lavoro si sarebbe reso necessario.

Non si era mai tirato indietro, finendo con lo stancarsi spesso e volentieri più del necessario, ma né Antalion né tanto meno Eikhe se l’erano sentita di fermarlo.

Entrambi comprendevano benissimo i sentimenti che avevano spinto l’uomo a darsi tanto da fare, per il figlio maggiore.

Il dolore provato in quei lunghi sedici anni di lontananza, non si era mai sopito del tutto, nel suo cuore.

Quando l’opportunità di fare qualcosa di speciale per Antalion gli era stata presentata praticamente su un piatto d’argento, lui l’aveva colta al volo.

Non appena aveva ricevuto il via libera, si era messo d’impegno per creare qualcosa di unico per il figlio che non aveva potuto veder crescere.

Ora la casa era quasi ultimata, e Antalion ne amava ogni singola trave, ogni più piccolo chiodo perché sapeva che, entro quelle pareti, c’erano l’amore incondizionato del padre e la sua eterna protezione.

Non avrebbero più vissuto sotto lo stesso tetto, ma Aken ci sarebbe sempre stato, avrebbe sempre vigilato su di lui e sulla sua nuova famiglia e, per qualsiasi cosa, si sarebbe mosso in loro difesa.

 

 

 
 
________________________
Bentornati e bentornate a coloro che vorranno seguirmi in questa breve storia che narra le vicende di “Occhi di Lupo”  a sei anni dalla fuga di Aken tra le montagne.
Naturalmente, spero vorrete commentare e dirmi cosa ne pensate… vi aspetto. Anche per le critiche, s’intende! ^_^

  
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