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Autore: theGan    16/04/2012    2 recensioni
Ordinanza 94.3
 
I mutanti non sono esseri umani e non godono dei diritti di questi
Tutti i mutanti devono essere registrati e marchiati e rispondere alle direttive di Zero Tolerance
Tutti i mutanti considerati utili per la società avranno l’idoneità alla riproduzione  in forma controllata, gli altri saranno sterilizzati
Tutti i mutanti che si arrenderanno senza opporre resistenza verranno giudicati dalla Corte Suprema di Zero Tolerance: chi resisterà sarà terminato
 
INOLTRE
 
Il trattamento di un mutante viene lasciato alla discrezione del proprietario umano
I proprietari di mutanti dovranno  sempre agire nei confronti di questi facendo riferimento alla loro natura e senza elevarli allo stato di esseri umani
 
Ai ribelli sarà applicata tolleranza zero
 
                                               ALL HAIL BASTION
Genere: Avventura, Dark, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Logan/Wolverine, Remy LeBeau/Gambit, X-men
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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Il vecchio rinsecchito sogghignava. Il deserto sbatteva aria ruvida e secca contro ossa stanche.
Era tempo.
Aveva dimenticato cosa significasse l’attesa, troppo affogata nei fantasmi del suo passato e dei suoi morti. Il brivido dell’anticipazione gli saliva al petto con una fragorosa risata.
Non esistevano novità, solo l’inevitabile.
Le lancette erano ferme. Era il momento di caricare l’orologio. Peccato che si fosse rotto il quadrante. I frammenti di vetro erano tutti tra le sue mani e gli tagliavano le dita. Il sangue ricadeva sulla sabbia impregnandola del puzzo di cadavere. La risata lo scuoteva, spossandolo come la vela maestra di una nave nel mezzo di una tempesta.
Aveva abbandonato i vestiti di sartoria, quei completi che aveva continuato ad odiare soprattutto da quando era diventato una persona rispettabile. I suoi stracci gli penzolavano dalle spalle, troppo larghi per quel corpo tutto fatto di ossa, muscoli e rimpianti.
L’energia che scuoteva il burattino, ora burattinaio, era la stessa che permeava l’aria, saturandola di cariche di elettricità statica.
Erano un tutt’uno: il vecchio e l’energia del mondo.
Passato, presente e futuro. Il tempo era movimento e lui era movimento. Non era sempre stato così, ma era tutto quello che ora conosceva. Le informazioni erano state tutto nella sua vecchia vita. Ora che le aveva tutte non gli era rimasto più niente. Era dannatamente ironico, quindi rise.
Aveva smesso di essere l’epitome della salute mentale già da tempo, ma non era pazzo. La sapeva solo più lunga degli altri. Era vecchio. Paurosamente, dolorosamente vecchio. Era sopravvissuto a tutti. Li aveva visti cadere uno ad uno come tanti bravi soldatini di stagno. Non era rimasto che lui. Che pessimo affare per il mondo. Rise.
Le cariche statiche illuminavano il deserto di luci stroboscopiche. Sembrava un’aurora boreale.
Le guerre nucleari avevano appiattito le mappe geografiche e trasformato l’intero pianeta in una landa uniforme.
Ricordava il sapore degli alberi e dell’aria umida e densa che si respirava di sera lungo le rive del Mississippi in estate. Favole.
Favole raccontate ai bambini per farli addormentare. Favole scritte nei libri di storia. Favole perché il mondo in cinquanta anni non poteva essere diventato così sbagliato.
La grande ironia della storia umana. Non si impara dai propri errori, perché non sono mai avvenuti. E la voce dei testimoni si perde nell’aria elettrica.
Non erano radiazioni. No. Non era stato un fenomeno atmosferico a richiamarlo quel giorno in quel luogo. Quel momento era stato ineluttabile sin da quando aveva spedito la Principessa Passeggera nel passato. Il loop avrebbe dovuto concludersi tra poco, portando con sé il suo ospite nella rete.
L’energia era visibile ad occhio nudo ora, correva lungo le pareti del cielo staccando al suo passaggio frammenti di nuvole. Il vecchio allungò una mano. Il flusso si aprì attorno a lui.
Non dovette cercare a lungo. Sapeva esattamente dove guardare. Le sue dita si strinsero attorno ad un braccio ed il vecchio tirò. La porta si richiuse attorno a loro.
Erano di nuovo nel deserto. Accanto al vecchio il corpo accasciato del gigante ansimava.
Il Testimone si concesse un momento per studiare la figura prostrata del suo figlioccio. Gli mancava un braccio, il tempo era stato inclemente per tutti e due. Sogghignò.
-Bentornato Lucas.
Avevano un sacco di lavoro da fare.
#

- Ma ti sei impazzito di brutto?!
Rachel Grey, come non amarla?
- No, cocca ed adesso ascoltami e fa quello che ti dico.
La voce di Wolverine era un ringhio basso e pericoloso. Parlare con la rossa lo sfiniva ogni volta e non solo perché era identica a Jean. Il carattere esplosivo di Rachel era una minaccia al suo autocontrollo.
- Col cavolo “cocco”, ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?
- E tu ti rendi conto di chi stiamo parlando?!                                                                       
I toni si facevano sempre più accesi. Remy, in disparte, iniziò a pianificare una ritirata strategica.
- Sì. Scott. Mio padre Scott. Il simbolo degli X-Men Scott. Scott Summers. Scooot… l’ho capito alla quindicesima volta che me l’hai ripetuto.
Logan stava perdendo la pazienza.
- Allora capirai benissimo che…
- Sì! Dannazione è mio padre Logan, mica il tuo!
Rachel era arrabbiata, i suoi occhi erano lucidi e si mordicchiava rabbiosamente le labbra.
- Dio solo sa quanto vorrei fare qualcosa… ma, Logan dobbiamo saperne di più prima, non possiamo ficcarci così in una trappola.
E chi l’avrebbe mai detto che un giorno Rachel Grey sarebbe diventata la voce della saggezza?
Impulsiva, salace ed emotiva, l’erede del vasto casato Summers aveva imparato con gli anni a pensare prima di agire. L’etichetta e le pubbliche relazioni, tuttavia, erano lezioni che aveva saltato a piè pari.
Remy trattenne uno sbadiglio, le conversazioni sul piano astrale tendevano a sfinirlo e lì si stava andando avanti da ore. In realtà la sua solidarietà andava tutta a Rachel. Dopotutto cosa si sarebbe dovuto aspettare Logan? Che mobilitasse ciò che rimaneva di Excalibur e venisse lì con tutto il suo team sulla base di informazioni quasi certamente false, tanto per farsi ammazzare?
Logan non stava ragionando lucidamente. Il legame speciale che esisteva da sempre tra lui, Jean e Scott stava oscurando il suo giudizio. Stava lasciando che dei sentimenti personali prendessero il sopravvento sulle sue azioni.
Se si fosse trattato di qualcun altro (tranne che per la stessa Jean o per Chuck) non avrebbe reagito così. Se si fosse trattato di Tempesta o di Rogue, forse sarebbe stato lui quello intento ad urlare a distanza di chilometri nel cervello di Rachel (la telepatia aveva i suoi lati negativi).
Non c’era spazio per Logan ora. Al Fronte Liberazione occorreva Wolverine.
- Mi dispiace Logan, non sai quanto…
C’era un che di fragile nella voce di Rachel, un qualcosa che chiedeva solo di essere spezzato. Le avevano fatto male. Logan le aveva scaricato addosso tutto il suo dolore insieme alla responsabilità di uccidere con un “no” la speranza di salvare suo padre.
Davvero un brutto momento per essere un X-Men. Logan tornò finalmente in sé.
- Lascia perdere cocca… colpa mia.
Okay. Logan che chiedeva scusa? (anche se per amor di cronaca non aveva detto proprio “scusa”, ma ammettere di essere in torto era già un grande passo per lui). Ora Remy le aveva viste proprio tutte.
Rachel annuì distrattamente, la sua proiezione astrale ondeggiò come un disturbo televisivo, la telepate era troppo immersa nei suoi pensieri per mantenere solido l’ambiente circostante.
- Dieci giorni.
- Eh?
Non era la risposta più dignitosa che Logan avesse mai dato, ma certamente una tra le più eloquenti.
- Dieci giorni- ripeté la rossa. –Il tempo necessario per verificare le tue informazioni, mettere al sicuro i nostri civili ed organizzare un piano d’azione.
Logan sorrise storto (Dio…amava quella ragazza) e si tastò camicia e pantaloni alla ricerca di un sigaro. Non trovandolo, grugnì infastidito e si ficcò una mano in tasca.
- Dieci giorni, eh… mi sta bene cocca.
Rachel fece l’occhiolino a Remy: Logan era un grosso orsacchiotto prevedibile, era così dannatamente facile farlo contento. Remy le strizzò l’occhio di rimando, ma la sua testa era a mille miglia di distanza.
Dieci giorni.
Sarebbero bastati? Potevano essere, a seconda dei casi, troppi o troppo pochi.
Vincere o perdere, vivere o morire era affidato ad una scommessa. Pensò a Cecilia.
Aveva sempre amato vivere pericolosamente, piroettando sul filo del rasoio, ma si era tagliato troppo e troppo a fondo ormai per giocare ad ignorare le conseguenze.
Non gli importava di morire tra dieci giorni, sarebbe stato un sollievo in verità. No. Pensava alle persone che amava e che si sarebbe lasciato indietro (era forse un sintomo di maturità… ahi… iniziava a ragionare davvero come un vecchio).
Se né lui, né Logan fossero tornati vivi, cosa ne sarebbe stato di Jubilee?
Era in gamba, ma era troppo giovane per essere schiacciata dal peso del comando.
Cosa ne sarebbe stato del Fronte Liberazione? E di Excalibur, se avessero perso Rachel?
Non rimanevano più molte telepati al mondo, senza di loro la rete di comunicazioni della Resistenza sarebbe definitivamente saltata.
Sacrificare la regina nella speranza di recuperare un re? Gli scacchi (così simili al poker) erano da sempre il suo tipo di gioco.
- Jubilee sta bene? Come ha preso la notizia di Sam?
Terminate le chiacchiere ufficiali, si passava a parlare dell’unica cosa che veramente contasse: loro.
Remy si sentì investito della responsabilità di rispondere (anche perché Logan era al momento occupato a grugnire qualcosa di inintelligibile).
- Mais oui, chérie… ah, a proposito, cosa le avete dato in Inghilterra? Giuro che ci è mancato poco che la petit stendesse amichevolmente con un abbraccio questo povero Cajun.
Rachel rise. La bomba “Sam” era stata efficacemente disinnescata. Più punti stella per lui.
- Non è che ci voglia poi molto, ora come ora, Lebeau… sei praticamente uno scheletro vestito! Ehi cos’è? Non ti danno più la jambalaya al Fronte Liberazione?
Rise anche lui.
- Non, ma dovresti vedere come si preoccupa Logan… mi ricorda tanto la mia vecchia Tante Mattie, a volte temo che mi leghi ad una sedia e mi ficchi un imbuto in gola per obbligarmi a ingoiare a forza.
Logan borbottò qualcosa di pericolosamente simile a: “Prova ancora a paragonarmi alla tua tata che vedi dove te lo ficco quell’imbuto”. Remy decise di ignorarlo. Parole, parole… Can che abbaia non morde e le minacce di Logan non passavano mai per le vie di fatto… bhè… quasi sempre. Remy decise, saggiamente, di non compromettere troppo la sua quotidiana dose di fortuna.
- Per la verità, chérie, nell’ultimo mese sono stato impegnato in una missione a Lipsia, dietro le linee nemiche si fa fatica a trovare qualcosa da sgranocchiare.
- A Lipsia?! E che diavolo ci sei andato a fare a Lipsia?
Logan grugnì la sua approvazione. Remy si esibì nel migliore sorriso misterioso del suo repertorio.
- Affari di famiglia.
- Cioè rubare qualche cosa.
- Ah… chérie, mi ferisci.
- Non si insulta un ladro se lo si accusa di fare il proprio mestiere.
Remy sorrise.
- Touché.
La proiezione astrale di Rachel incrociò le braccia e lo squadrò con aria scettica.
- Se eri a Lipsia, perché non hai fatto un salto a trovarci? Ci avrebbe fatto piacere…
- Un salto piuttosto lungo, petit, diciamo che vi avrebbero fatto piacere due braccia in più.
La ragazza sorrise furbescamente.
- Touché! Ah… non vedo il fantasma qui attorno, hai finalmente deciso di crescere e liberartene?
Il buon umore di Remy si arrestò come un cervo davanti alle luci di un camion in autostrada. Qualche cosa di viscido ed amaro gli si andò a conficcare a metà della gola, lasciandolo boccheggiante. Il piano astrale era una realtà dominata dalla mente e dalla volontà dei presenti. Da quando Rogue era riapparsa nella sua vita non aveva mai mancato di far sentire, in quel luogo, la sua presenza. Dov’era? Perché non c’era da nessuna parte?
Logan lo giudicò come il momento buono per intervenire. Remy gliene fu immensamente grato, a volte Rachel era troppo rossa persino per lui.
- Lasciamo perdere queste sciocchezze… piuttosto come sta Hope, cocca?
Rachel sorrise alla menzione della sorellina. Hope Summers era nata sotto una stella fortunata. Vero, i suoi genitori erano morti prima che potesse compiere i tre anni, ma se quel giorno non si fosse trovata a casa dei nonni materni, a quest’ora non sarebbe più stata tra loro da tempo. Oggi era invece un’arzilla quindicenne con gli occhi verdi ed i capelli di fuoco della mamma che si divertiva a riempire di inutili preoccupazioni la sorella maggiore. D’altronde non era forse questa la missione principale dei secondogeniti? Remy lo sapeva per esperienza: quante volte aveva fatto correre il povero Henri…
- Sta benissimo, la sto aiutando a gestire i suoi poteri, ma è una vera peste. Mi sa che tra qualche anno sarà una telepate migliore di me.
- Qualche segno della forza Fenice?
Logan oggi non ammetteva sconti. Rachel sollevò un sopracciglio, per nulla impressionata.
- Niet. Completa ed assoluta calma piatta da quando i suoi poteri si sono manifestati per la prima volta… Dio, Logan, quanto sei pedante… ti preoccupi troppo!
Gli anni avrebbero poi rivelato come, invece, nessuno di loro si fosse preoccupato abbastanza.
- Mi preoccupo il giusto, cocca. Dani chiede per quando tempo hai ancora intenzione di tenere sotto sequestro le sue studenti.
Rachel aggrottò le sopracciglia e si esibì in un mezzo broncio.
- Si tratta pur sempre della mia sorellina… e di una telepate!- si affrettò ad aggiungere di fronte al progressivo corrucciarsi della fronte di Logan – Rimango io la più qualificata per seguirla nel suo addestramento e vorrei proprio vederti cercare di staccare Haven da Hope. Quelle due sono inseparabili.
Logan alzò gli occhi al cielo e fu costretto a capitolare.
Haven Spalding e Hope Summers erano come il pane tostato ed il burro di arachidi: una combinazione vincente.
- D’accordo tienitele tu…ma facci attenzione e soprattutto vedi di rispedirle a Dani tra dieci giorni, la base in Antartide rimane quella più sicura.
Rachel annuì, la menzione al countdown che li separava dalla corsa al massacro la fece ritornare, improvvisamente, sobria.
- Certo, Logan… c’è altro?
Il canadese si passò pensosamente una mano sulla barba non fatta.
- Per la verità sì… Haven continua ancora a copiare i poteri di Hope invece che lavorare sui suoi?
Rachel scrollò le spalle, la cosa non sembrava né a lei né a Remy particolarmente rilevante. Se i poteri della ragazzina le permettevano di imitare quelli altrui, che male c’era se si divertiva un po’ con quelli della sua migliore amica? Almeno lei, al contrario di quanto era stato per Rogue, pareva averli sotto controllo.
- Sì e allora? Dove vuoi arrivare con questo?
Logan scosse la testa come per scacciare un pensiero improvviso.
- A niente… piuttosto, avete ancora dei sigari lì?
Rachel sorrise, sembrava un gatto davanti ad un succulento topolino.
- Sì…
Logan gonfiò le guance, completamente soddisfatto di sé, sembrava potesse già sentirne il sapore.
- Allora,  per quando vi manderò su Wiccan vedi di procurartene un po’ cocca, tra dieci giorni ci sarà, in ogni caso, da celebrare.
Una vittoria o un funerale. Logan aveva preferito non specificare.
Rachel sogghignò un “agli ordini” e sparì.
Le luci morbide ed il guazzabuglio di colori freddi e caldi del piano astrale svanì insieme a lei, lasciando Remy e Logan un po’ più soli nello squallido stanzino del complesso sotterraneo.
- Dieci giorni, eh…
Mormorò il canadese perso nel suo mondo, poi si voltò ed incrociò il suo sguardo.
- Muovi il culo, Cajun, abbiamo un sacco di lavoro da fare.
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Avevano un sacco di lavoro da fare. Era l’eufemismo del secolo.
Organizzare i team, mettere al sicuro i loro dati ed i civili, prepararsi psicologicamente ad una lunga conversazione con Dani (quella ragazza metteva in soggezione persino Wolverine), assicurarsi che il personale medico fosse preparato a gestire l’eventuale emergenza (Cecilia li aveva mandati a fanculo a quel punto), verificare le coordinate di trasporto (Billy…sia resa grazia all’esistenza di Billy), eccetera, eccetera, eccetera…
Ogni momento c’era qualcosa di nuovo da fare, qualcuno da chiamare, qualcun altro contro cui bestemmiare. La base si era trasformata in una fucina di caos organizzato. Persone correvano per i lunghi corridoi in metallo a tutte le ore, se qualcuno, troppo stanco per continuare a quei ritmi, osava fermarsi anche solo per prendere fiato, anche solo per un momento si trovava Logan addosso: “Si batte la fiacca, eh cocco… vuoi che te lo dia io un valido motivo per stare giù sdraiato? Magari per sempre….”
E, puff, si ritornava a correre. Cosa non si otteneva con le buone maniere.
Insomma avevano le mani già abbastanza piene così, senza bisogno di quella chiamata.
Uno dei vecchi contatti di Remy era riuscito a procurargli la planimetria della base di Alamogordo
(si riesce a recuperare di tutto quando si sa dove cercare ed a chi chiedere), il ladro e Logan erano giusti impegnati a consultarla quando Sarah aveva fatto irruzione nella Stanza della Guerra.
Cecilia era sempre la solita pessimista… altro che cinque giorni di prognosi, per rimettere Marrow al mondo ne erano bastati solo tre. Sarah aveva le guance rosse ed il fiatone ed insisteva che una vecchiaccia vestita di pelle gli era entrata nella testa ed insisteva perché lui la richiamasse.
Remy aveva sospirato, arruffato i capelli rosa di Sarah ed avvisato Logan che sarebbe sparito per un paio d’ore. Wolverine aveva grugnito qualche cosa sul fatto di andare pure al diavolo e poi (a voce bassa)  aveva aggiunto: “buonanotte e salutameli”.
Un bicchiere di latte sintetico caldo e centoventi pecore al sicuro dentro il loro ovile dopo e Remy si trovava faccia a faccia con Corriere.
Jack Gavin non era invecchiato di un giorno ma, dopotutto, qualche vantaggio nell’avere il controllo assoluto su ogni cellula del proprio corpo doveva pur esserci.
- ‘giorno Lebeau, ce ne hai messo ad addormentarti.
- Bonjour, cher, sempre pappa e ciccia con Fonty vedo.
Corriere si passo una mano tra i capelli ed alzò gli occhi al cielo.
- Non nominare quella vecchia aguzzina ti prego, se non mi servisse per comunicare farei volentieri a meno della sua fastidiosa presenza, lo sai che l’ultima volta ha…
- Senti, senti…- interruppe le recriminazioni una voce vellutata - e così  sarei solo il tuo centralino, eh? Signorino col complesso di Edipo…
Fontanelle, la camminatrice dei sogni, difatti, non poteva essere troppo lontana. Gloria era invecchiata (troppo e male), non bastavano il trucco pesante e gli abiti aderenti per nasconderlo. Ma non bisognava lasciarsi trarre in inganno: anche con i capelli completamente bianchi, quella donna poteva prenderti a calci nel sedere.
- Avevi detto che non ne avresti parlato a nessuno! Che razza di psicanalista sei?!
- Una che lavora senza licenza e che morde se provocata. Remy, tesoro, quanti vestiti… perché non rallegri la mia giornata con un bel sogno in cui indossi solo un perizoma?
Gloria gli fece l’occhiolino e soffiò un bacio in sua direzione, Remy sorrise.
- Spiacente, chérie, già impegnato…- sollevò eloquentemente la mano con la fede - Ed ammetto che siete uno spettacolo affascinante, ma anche se starei ore a sentirvi bisticciare come una coppia di sposini novelli, al momento sono parecchio occupato, quindi, se non vi dispiace venire al sodo…
Jack scostò violentemente il braccio che la donna gli aveva dolorosamente calato sulla spalla quando l’argomento matrimonio era stato sfiorato. Era il momento di parlare d’affari ed in quello era lui il vero professionista.
- Okay, Lebeau. Dimmi, hai fatto arrabbiare qualche giapponese di recente?
Remy pensò a Yukio. Non la vedeva da almeno sette anni. Aveva sentito di vendette gustate fredde, ma quello sarebbe stato francamente ridicolo (e la pazienza non era tra le migliori doti della ninja). Scosse la testa, Corriere lo osservò scettico (perché la gente era sempre convinta che gli stesse mentendo?).
- Bhè… ed allora mi spieghi perché un certo signor Ogawa insiste tanto per vederti al più presto?
Gli occhi di Remy, alla menzione di quel nome, si assottigliarono in due fessure rosse e calcolatrici. Quasi non sentì Fontanelle commentare: “Oooh Remy, sei proprio un ragazzaccio… stiamo giocando di nuovo con tipi pericolosi, eh”.
Ogawa sensei. Il vecchio Patriarca della Loggia dei Ladri di Tokyo. Cosa poteva volere da lui?
Quando Remy aveva compiuto diciotto anni ed il suo matrimonio con Belladonna si era concluso nel disastro che era stato, non aveva ancora conseguito il suo marchio di Mastro Ladro.
Era tra le più giovani promesse della Loggia, ma ufficialmente era ancora un signor nessuno. I tre anni successivi lo videro porre rimedio a quell’incresciosa situazione.
Si era trattato di un periodo fatto più di ombre che di luci (Spat…) e conclusosi in un tunnel tra il sangue fresco e le urla. Prima di Sabertooth, prima di Sinistro, prima che i suoi dannati poteri decidessero di andare fuori controllo, c’era stato il Giappone.
Quando si erano incontrati per la prima volta Satsu Ogawa era già vecchio. Molti credevano che non fosse mai stato un bambino e che fosse venuto al mondo così, con il volto segnato dalle rughe e dagli anni e dove era difficile trovare qualcosa che non fosse spigoloso o tagliente.
Era stato odio a prima vista.
Forse era stato per il suo giapponese scadente (ma sempre meglio del suo inglese) o per la sua reputazione di combina guai o forse per quell’incidente avvenuto a Londra l’anno prima con Yukio… insomma, per farla breve il loro rapporto non era stato propriamente un letto di rose.
Dall’esatto momento in cui aveva chiesto asilo alla Loggia di Tokyo, l’anziano Patriarca l’aveva messo sotto alla grande. Allenamento, arti marziali, studio della lingua e delle ultime novità nel campo dell’elettronica (ricordava ancora con orrore quelle dannate griglie a raggi laser), lavori domestici e lavori di precisione (l’ikebana aveva fatto sorprendentemente miracoli per la sua propensione a gettarsi a testa bassa nella mischia senza prima riflettere su “cosa” stava per fare) e persino lezioni di strategia applicata (il go non gli era molto piaciuto, ma era stato costretto a rivalutarlo dopo lunghe partite con Logan). Si alzava ogni giorno alle quattro del mattino per crollare nel letto all’una inoltrata (quando gli andava bene). Era in credito di sonno da allora.
In quel periodo, infinitamente lungo per essere durato solo sei mesi, aveva dimenticato cosa significasse la fatica, perché gli era stata impressa in ogni ossa. Ed aveva finito per guadagnare il suo titolo di Mastro Ladro. Sembrava una vita fa.
Che cosa poteva volere un tipo come Ogawa da lui ora?
Era passata almeno una quindicina d’anni da quando il vecchio Patriarca era andato in pensione, lasciando l’incarico e la guida della Loggia alle incapaci mani del suo successore. La faccenda di Shirow era stata solo la punta dell’iceberg della sua stupidità. A quel punto avrebbero fatto quasi meglio ad appuntare Yukio come nuovo Patriarca… Matriarca… E Yukio era una ninja folle con tendenze vagamente suicide e dipendete dal brivido del pericolo. Ciò la diceva lunga sulla sua opinione personale sull’attuale Loggia dei Ladri di Tokyo.
Takumi aveva fatto di nuovo qualche cavolata ed ora toccava lui correre a rimediare?
Doveva trattarsi di una cosa davvero grossa, altrimenti non avrebbero coinvolto Ogawa.
Finalmente si decise ad incrociare lo sguardo di Corriere e, per una volta, rispose in tutta sincerità.
- Non ne ho la più pallida idea.
Jack alzò gli occhi al cielo (stava diventando un’abitudine) e dopo aver mormorato qualcosa tipo “sapevo che avresti detto così…” gli allungò un foglietto. C’erano scritti un luogo ed una data.
Remy lo studiò per qualche secondo, il volto progressivamente più cupo.
- Non posso.
- Come scusa?
Corriere distolse di scatto la sua attenzione dalle sue unghie (molto curate per altro), stupito.
- Ho detto che non posso… meglio se vai a fare un esame audiometrico, cher
- “Cher” a tua nonna e l’avevo capito la prima volta, mister sarcasmo
Remy sorrise storto.
- E allora perché me l’hai chiesto?
- Oh… non provare a fare quel giochetto con me, Lebeau – il volto di Remy era atteggiato ad un perfetto “chi, io?”, Corriere non era affatto impressionato – Ecco! Esattamente quel giochetto… non attacca con me Lebeau, per tua norma e regola quando fai l’innocentino se più inquietante che tenero, sappilo. L’ho capito che non puoi, quello che voglio sapere è “perché”.
Fontanelle, intanto, si stava facendo tranquillamente i fatti suoi in un angolo del suo subconscio dove, a quanto pareva, c’era della tequila.
Remy incontrò lo sguardo di Jack con una sorta di freddezza.
- La mia famiglia ha bisogno di me qui, ora.
Corriere lo studiò per qualche secondo.
- Lo sai che se hanno scomodato noi, c’è sicuramente qualcosa di dannatamente importante sotto, vero?!
Remy non distolse lo sguardo.
- Oui.
Jack, dopo un attimo di esitazione, scrollò le spalle.
- Okay… l’importante è che tu lo sappia, uomo avvisato… io il mio compito l’ho fatto… ci si vede Lebeau… Fontanelle!!!
Gloria alzò distrattamente gli occhi dal suo drink.
- Mica sono il tuo taxi, signorino “ho smesso di farmela a letto a dodici anni”.
- FONTANELLE! Ricorda da chi viene il tuo stipendio!
La donna studiò l’oliva del suo martini e l’ingoiò con un rumore soddisfatto.
- Da tuo padre, giusto?
- ARGH!
Remy rise. Avrebbe dovuto portarli al cabaret, o magari venderli a qualche circo. Forse non li avrebbe più rivisti. Gli sarebbero mancati, in fondo. Ma proprio in fondo.
Il sogno stava già svanendo, la luce invadeva ogni cosa disfacendo pareti e ricordi. Corriere si voltò all’ultimo momento, un sorriso amaro ed uno sguardo un po’ triste.
- In gamba, Remy.
Remy si svegliò. Il biglietto di Corriere gli bruciava in tasca.
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Ad esattamente nove miglia e 123 chilometri ad ovest dalla base canadese del Fronte Liberazione Mutanti, Jack Gavin si precipitò in bagno in cerca di un’aspirina. Le comunicazioni oniriche lo lasciavano sempre spossato e con un gran mal di testa.
Tornò in camera da letto con un due bicchieri: un’acqua tonica ed una vodka liscia.
Sorseggiò la sua bibita gassata e passò l’altra all’ospite attualmente stravaccata sul suo costoso divano.
- Sta per succedere qualche cosa di grosso, eh?!
La sua non era una domanda e Gloria non gli rispose, ma si scolò il contenuto del suo bicchiere in un’unica sorsata.
Forse quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrebbe visto Remy Lebeau vivo.
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- Sei un idiota Logan! Ecco cosa sei!
- Ho detto di no, cocca, e no rimane! E’ chiaro?!
- Ma potrei esservi utile..
- Quanto un pugno sui denti… ho detto di no!
Remy aveva passato l’ultima mezz’ora a giocherellare col foglietto lasciatogli da Corriere. Aveva seguito la progressiva escalation di quella sfida a chi ha più aria nei polmoni da sprecare, dalla sicurezza di una porta socchiusa. Fissava la maniglia della Stanza della Guerra valutando se lasciarsi coinvolgere o meno: nelle baruffe tra Logan e Jubilee era meglio non entrarci. Tendevano a rivoltartisi contro ed a morderti il sedere. Fortunatamente non sempre in senso letterale.
Questa volta era doppiamente convinto di rimanere in compagnia dei fatti suoi, l’oggetto della disputa era fin troppo chiaro ed era un campo minato.
- Ti ho detto e stradetto che è solo per personale addestrato.
- Io sono addestrata!
- Jubilee…
- Fanculo Logan, mi hai addestrata tu!
Ohi, ohi… un punto per la piccola. Remy decise per una volta di dare ascolto a quella piccola saggia vocina nella sua testa ed iniziare ad allontanarsi prudentemente.
- Oh, vedi di moderare i toni, cocca… e non importa quanto tu sia addestrata: sei troppo piccola!
Jubilee sputò per terra. Nell’impossibilità di lavare quell’onta col sangue, la saliva avrebbe dovuto essere sufficiente.
- Piccola?! Billy e Sarah sono più giovani di me… e loro non sono “piccoli” abbastanza per te?!
La vena sulla tempia destra di Logan era lì, lì dallo scoppiare.
- Marrow è una Morlock e Wiccan è un fottuto stregone, smettila di strillare come un’oca in calore ed usa il cervello una dannata volta!
- E tu per una volta smettila di proteggermi! Tanto hai sempre fatto schifo a farlo!
Jubilee si bloccò piegata a metà sul tavolo in metallo, il respiro affannoso. Una buona parte di quel veleno cattivo che si era accumulato e compresso nel suo stomaco negli ultimi mesi era uscito con uno schiocco di frusta. Si sentiva svuotata.
Gli occhi di Logan si erano fatti freddi.
- Abbiamo finito qui… fila a fare le valige, Dani ti aspetta in Antartide per domani mattina.
Jubilee strizzò dolorosamente gli occhi, ricacciando indietro le lacrime di frustrazione che le erano salite in gola. Un secondo dopo e con un rumore strozzato (pericolosamente simile ad un singhiozzo) sorpassava di corsa Remy e spariva lungo il corridoio in acciaio.
I secondi si protrassero in minuti, poi la voce di Logan tuonò.
- Lebeau! So che sei lì! Muoviti ad entrare che il tempo non si è mica fermato per il tuo pisolino di bellezza!
Con un sospiro Remy appoggiò una mano sulla maniglia e si preparò mentalmente al massacro.
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Jubilee partì il giorno dopo insieme agli altri profughi del complesso. Non salutò nessuno, ma mentre la luce azzurra del portale di Wiccan si chiudeva attorno a loro, si voltò e li fissò a lungo. Forse per stamparsi nel cervello i loro volti.
Una precauzione inutile.
Remy quella mattina davanti ai pancake bruciati di Cecilia ed alle guance arrossate e sporche di cenere della donna, aveva deciso che questa volta non sarebbe morto nessuno. Non più. Li avrebbe protetti tutti. Sorrise. Forse era così che si sentiva sempre Logan prima di una battaglia.
Il giorno dopo arrivò Rachel con metà Excalibur al seguito.
Il duo canadese (cioè Jean-Paul e Logan) si sbrigò a far sentire subito le proprie proteste. Si erano aspettati molti più uomini… la collaborazione tra le due squadre partiva già male.
Rachel aveva incassato gli insulti con un sopracciglio alzato, Pete Wisdom era stato molto meno diplomatico.
- Non potevo certo lasciare sguarnito il fronte inglese.
Aveva replicato la rossa. Ed aveva ragione. Era la cosa più logica, avrebbero dovuto prevederlo.
- Chi hai lasciato a capo della banda? Meggan?
Rachel aveva scosso la testa e lanciato a Wolverine un’occhiata eloquente.
- Sage.
Logan aveva sorriso, o meglio, la sua bocca si era contorta in una specie di ghigno.
- Buona scelta.
Le discussioni non erano finite lì. Si sa far collaborare due X-team è l’incubo peggiore di ogni buon leader. Vecchie inimicizie e nuovi dissapori tendono a fermentare sotto lo spettro della morte incombente in una combinazione esplosiva. Le risse erano il menù quotidiano e si attendeva il giorno della missione quasi con impazienza. Tutto pur di liberarsi dei fastidiosi nuovi inquilini. La convivenza è alla base della distruzione di ogni tipo di rapporto.
Remy ricordava con nostalgia i bei tempi in cui dopo una bella scazzottata iniziale si andava d’amore e d’accordo. Okay, forse era un’esagerazione, ma almeno non ci si saltava al collo ogni santa volta! Aveva espresso quel pensiero ad alta voce a Logan quella sera davanti ad un boccale di birra. Logan aveva riso di gusto: “Si vede che tu non c’eri con Alpha Flight, cocco”. Remy sapeva delle tensioni passate tra i due gruppi, ma erano in Canada da così tanto tempo in quella base fornita proprio da quel team con cui avevano avuto tanti problemi, da farle sembrare infinitamente lontane.
Le antipatie, però, erano dure a morire. O almeno, così sembrava dagli sguardi glaciali che Jean-Paul lanciava a Rachel ogni volta che, per sbaglio, finivano per incrociarsi nei corridoi.
Ma Jean-Paul non era mai un buon termine di paragone. Nessuno sapeva serbare rancore come il canadese… bè…a parte Wolverine. Doveva essere una cosa dei canadesi. Strano a dirsi dai loro alci, le marmotte ed i capelli a castoro. Le apparenze (sì, sì) ingannano.
Dalla planimetria della fabbrica erano riusciti a delimitare le zone “calde” da colpire: il magazzino, le celle ed i laboratori. Avevano bisogno di sapere il più possibile sul processo di trasformazione in Sentinella se volevano sperare di invertirlo. Jeffries era stato stranamente ottimista: “Portatemi uno di quegli affari, che ci penso io…vedrete”. Madison dopo la morte di Heather e di mezza Alpha Flight non era più stato lo stesso scienziato attivo e propositivo di prima. Quel repentino cambio di atteggiamento poteva essere stato (o non essere stato) in parte causato dalle minacce di lenta ed agonizzante morte mosse da Jean-Paul. O forse si era trattato di semplice solidarietà tra vecchi commilitoni.
Tre squadre avrebbero attaccato simultaneamente su tre fronti in modo da non perdere il fattore sorpresa. Il rischio che i dati venissero distrutti era troppo alto.
Avevano un solo teleporta. Wiccan era uno dei migliori, anche dopo che Zero Tolerance aveva distrutto tutti i maggiori siti magici del pianeta ed i poteri degli stregoni erano drammaticamente diminuiti (Narya era morta quattro anni prima proprio per quello). Non avrebbe potuto trasportare più di un gruppo alla volta. Mantenere la sua sicurezza sarebbe stato cruciale. Non solo perché altrimenti Teddy avrebbe poi fatto il culo a strisce a tutti quanti, ma soprattutto perché avrebbe rappresentato la loro unica via d’uscita.
Anche se il BlackBird non fosse stato ad arrugginire sul fondo di Alkali Lake, non avrebbero comunque potuto superare la rigida contraerea di Bastion. Le Sentinelle erano riuscite ad abbattere persino l’eliveivolo dello Shield quando Nick Fury aveva deciso di averne abbastanza.
La loro strategia negli ultimi sette anni era stata una vera e propria guerriglia fatta di continui mordi e fuggi. Da tempo le figure chiave della Resistenza erano diventate i telepati ed i teleporta.
Se i primi rappresentavano l’intelligence e le comunicazioni, i secondi divenivano assolutamente indispensabili per le missioni sul campo. Per quanto increscioso fosse stato l’incidente con Magik qualche anno prima, almeno oggi Dani aveva a disposizione una teleporta tra i suoi studenti. Pixie non era stata molto convinta dello scambio, ma d’altronde un pezzo d’anima in più o in meno che differenza vuoi che faccia? I teleporta morivano come mosche. Le Sentinelle (per quanto si cercasse di affermare il contrario) non erano stupide. Il loro mezzo di trasporto e fuga era sempre il primo ad essere colpito. Praticamente essere un teleporta significava indossare un grosso bersaglio con sopra scritto “Ti prego, uccidimi”. Per quanto i tuoi compagni facessero di tutto per proteggerti, rimaneva un lavoro ad alto rischio. Era solo uno dei motivi per cui erano fortunati ad avere Billy.
Calmo, testardo, risoluto, Wiccan sapeva fare gioco di squadra. Intelligente senza essere invadente (e qui Northstar avrebbe dovuto incominciare a prendere appunti) sapeva, nonostante la giovane età, farsi valere in ogni discussione. La consapevolezza di poter morire ad ogni missione, ad ogni minimo errore, ad ogni colpo di sfortuna, lo spaventava, ma nascondeva la sua paura dietro al coraggio con cui ogni mattina si alzava e continuava a combattere. A nessuno dei rifugiati veniva chiesto di essere un eroe. Alcuni lo sono e basta.
In sintesi: Wiccan era un grande, ma non immortale e se l’avessero fatto fuori sarebbe stati tutti nella merda. Non sarebbero potuti più uscire.
Avrebbero venduto cara la pelle e probabilmente portato mezza fabbrica via con loro. Sarebbe stata una morte dannatamente eroica, ma comunque uno scambio inaccettabile. La protezione di Wiccan doveva rappresentare la loro priorità.
Gli inibitori di poteri erano un problema.
Se le Sentinelle avessero attivato i campi di soppressione, poco avrebbe contato l’incolumità di Billy, sarebbero stati fottuti comunque. Si stavano consapevolmente cacciando in una gigantesca trappola. Avrebbero fatto la fine dei topi.
No.
Gli inibitori potevano essere distrutti, i campi di soppressione disinseriti, i poteri ripristinati, la via di fuga garantita. Questa volta non sarebbe morto nessuno. Bobby. Hank. Betsy. Tempestina. Rogue. Non avrebbe perso più niente.
Lui, Jean-Paul e Prodigy sarebbero stati il primo team a sbarcare. Billy avrebbe tentato un trasporto a distanza ed alla cieca. Ergo: non sarebbe venuto con loro. Ergo: sarebbe stato infinitamente più rischioso. Remy sperava tanto di non finire in una parete. Non proprio la morte eroica che si era sempre immaginato.
Avrebbero dovuto essere silenziosi e veloci (niente esplosioni a meno che non fosse stato strettamente necessario) per recuperare dai laboratori quanti più dati possibile. Dani (dopo molte lamentele) gli aveva prestato Prodigy. Per quanto Remy fosse un discreto hacker, non era uno scienziato e non avrebbe saputo cosa cercare. Sarebbe stato meglio per tutti loro se si fossero portati direttamente Jeffries, ma, anche se fossero riusciti a staccarlo dal suo laboratorio, non sarebbe stato giusto. E neanche tanto intelligente. Con Forge morto e con Stark che era quello che era, Jeffries era l’unico inventore/tecnico/geometra/un po’ di tutto che gli fosse rimasto. Non potevano permettersi di perderlo.
Logan avrebbe guidato la squadra d’assalto insieme a Magma. Il loro compito sarebbe stato fare quello che gli riusciva meglio, cioè distruggere ogni cosa nel loro raggio visivo, in modo da attirare l’attenzione su di sé e guadagnare abbastanza tempo perché Rachel ed il suo team trovassero e liberassero Scott e gli altri prigionieri.
Sarah (dopo aver rotto talmente tanto le scatole a Logan da riuscire a farsi includere nella squadra), Rahne e Domino sarebbero state esclusivamente deputate alla protezione di Wiccan.
I tre team avrebbero dovuto agire come un solo corpo ed essere rapidi e letali. Il nemico non avrebbe nemmeno avuto il tempo di capire cosa l’aveva colpito.
Gli inibitori di poteri continuavano ad essere un problema. Quindi Remy aveva anche un’altra missione: trovare il centro di comando e distruggerlo. Gli inibitori ed i campi di soppressione potevano essere considerati alla stregua di un fastidioso sistema d’allarme e, da che mondo è mondo, non c’era antifurto capace di resistergli. Non c’era, semplicemente, partita.
Logan gli aveva affidato quell’incarico con un’espressione grave, la bocca raccolta su se stessa ed attorno al suo nuovo sigaro. Sapeva di starlo mandando allo sbaraglio. Era segno di quanto si fidasse di lui (e/o delle sue doti di ladro), ma significava anche che non avrebbe avuto copertura e che, se le cose avessero preso una brutta piega (come di solito le cose tendevano a prendere), sarebbe stato lasciato solo. Essere fatto di nuovo prigioniero da Bastion? Remy avrebbe preferito morire prima. Ma c’era solo una cosa che sarebbe stata ancora peggio: che qualcuno fosse fatto prigioniero al posto suo.
Aveva sorriso, ringraziato Logan ed accettato l’incarico. Il canadese non aveva detto niente, ma quattro ore dopo gli aveva portato una cioccolata calda. Troppo prevedibile.
Solo diciassette ore li separavano dalla corsa al massacro. I preparativi erano terminati ed ognuno aveva deciso di spendere il proprio tempo come voleva. Billy e Teddy si erano imboscati da qualche parte, Rachel (dopo una lunga conferenza telepatica con la sorellina) aveva afferrato Wisdom per la cravatta e seguito il loro esempio. Jean-Paul aveva porto il ramoscello d’ulivo ad Amara (cioè le aveva offerto da bere) ed ora i due, sotto la sorveglianza di Shan (astemia), erano impegnati ad affogare i dispiaceri nell’alcool puro (meno male che il metabolismo del velocista avrebbe provveduto a smaltire la sbornia in tempi rapidi). Rahne pregava. Sarah affilava le ossa. Logan dormiva. Da solo o in compagnia dei suoi spettri. Remy non riusciva a trovare il suo.
Forse per questo, forse per qualche altra ragione, ora si trovava in piedi a fissare una porta chiusa. Non avrebbe saputo dire per quanto fosse rimasto lì, fermo prigioniero dell’esitazione. Ore? Minuti? Infine trovò la sua risposta. Bussò.
- Un attimo…- un rumore di chiavistello dopo e la porta si aprì. – Chi… Lebeau! Cosa ci fai qui?
Cecilia Reyes aveva i capelli in disordine, al camice da medico aveva preferito la t-shirt grossa il doppio di lei con la faccia di Elmo in cui sembrava scomparire ogni volta che non c’era un’emergenza (gliel’aveva regalata lui quando lei, davanti ad un caffè, gli aveva raccontato di quando era bambina e di come “Il mondo di Elmo” le tenesse compagnia quando era sola). Aveva le occhiaie ed il volto assonnato. Forse stava per andare a letto. Remy resistette all’impulso di sistemarle dietro all’orecchio una ciocca ribelle.
Cecilia lo stava fissando forse in attesa di una risposta che non sarebbe mai arrivata. Remy incrociò il suo sguardo e lo sostenne a lungo.
Cecilia apparve confusa, poi stupita, poi ancora più confusa. Dopo un minuto lungo quanto una vita e mordicchiandosi il labbro inferiore, lo invitò ad entrare.









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Amo profondamente i fumetti Marvel e proprio per questo mi sento in dovere di fare una piccola precisazione. A volte potreste trovare alcuni elementi apparentemente in netto contrasto con la continuity (ad esempio in questo capitolo il riferimento ai genitori di Hope), ma (a meno che non si tratti di errori genuini) vi chiedo di avere fiducia in me e di aspettare la fine di questa storia, vi posso assicurare che ogni cosa sarà spiegata a tempo debito.
Ultimo appunto. Corriere e Fontanelle sono due personaggi apparsi all’interno della serie dedicata a Gambit di Fabian Nicieza (così come la Principessa Passeggera e Shirow) ed è stata una morte descrivere Gloria… soprattutto a causa di una sfortunata omonimia che ha fatto simpaticamente scoppiare a ridere mia sorella. Billy Kaplan (Wiccan) e Teddy Altman (Hulkling) sono due componenti dei Giovani Vendicatori. Yukio è una ladra giapponese amica di Tempesta ed ex amante di Wolverine famosa per un rapporto burrascoso con Gambit (il citato incidente londinese è solo uno degli esempi). Madison Jeffries (attualmente sulle X-testate) è un ex componente di Alpha Flight (famoso soprattutto per un flirt con Heather Hudson, un atteggiamento critico per le tendenze ninfomani di Aurora e per aver creato l’armatura di Box). L’antipatia di Jean-Paul nei confronti di Rachel è motivata dallo speciale Guerre ad Asgard: la persona offesa in questo caso era stata Aurora, ma tra fratello e sorella si finisce per condividere anche il risentimento. La Meggan citata è la moglie di Capitan Bretagna (visto che poi nomino Pixie, Megan Gwynn, mi sono poi resa conto del possibile equivoco). Il flirt (storia d’amore?) tra Cecilia Reyes e Remy è motivato dalla piega recentemente presa dai due sulle testate americane sceneggiate da Marjorie Liu (X-23 ed ora Astonishing X-Men). Purtroppo sono ancora inedite in Italia.
Riguardo al cognome Spalding… i più nerd sicuramente inizieranno a sospettare qualche cosa ;)
Detto questo, mi inchino ai coraggiosi che sono giunti fino a qui, ringrazio chi vorrà lasciare un segno del proprio passaggio con un commento e mi auguro di rivedervi tutti al prossimo capitolo.
theGan.
 
PS: ovviamente ringrazio Linny per le belle parole
  
  
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