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Autore: Dernier Orage    25/04/2012    1 recensioni
Frammenti di vetro o lomografie di vita quotidiana.
* Geometrie Umane (1987)
* What I Need (1999)
* I Soldati che Restano (2037)
* I'm a stranger here (1997)
* Whatever happens, I love you (1990)
* Rappelle-toi (1978)
* Altrove (2027)
* Il tatto nell'audacia (1981)
* Quanto può essere profonda una persona? (1982)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'No Human Can Drown '
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Altrove







Parigi, Novembre 2027

Così tanta gente non se l’aspettava in quella fredda mattinata di Novembre, un giovedì di nebbia densa e impenetrabile tra i viali alberati e le statue degli angeli. La lenta processione fino a raggiungere il lieve slargo tra le lapidi, conoscenti, amici, anime, persone di una vita, del passato lontano e di quello condiviso, dello ieri e nella speranza anche di un domani. Riflessi neri sui volti lividi, irriconoscibili attraverso le lacrime, dei presenti. Il barattolino bianco nella tasca del giaccone pesante dove Stephane cerca rifugio, avvolto in una sciarpa di lana nera come ulteriore difesa.
Rimane mentre la folla indistinta si mescola ad altre persone, altri attimi, tornano alla loro vita. Michelle lo abbraccia, cerca conforto sotto la sua ala, è così debole e sperduta, Stephane la bacia tra i capelli e la libera come una piuma, cercando qualche momento di solitudine.

Ismael Chalm 1964 – 2027


Dei fiori in ferro battuto, dei pezzi di puzzle, figurine, pendagli e collanine decorano il bianco giaciglio di una bambina. Stephane nota i colori intensi e vividi sopra quelli sbiaditi, quasi cancellature.
Gocce di pioggia. Un pennello bagnato che ripassa sopra gli acquarelli, più e più volte.
Singhiozzi trepidi. Le corde del cuore vibrate con lentezza estrema.
Tra le tante idee che gli affollano la testa il panico al pensiero di non riuscire a ritrovare il settore e il viale al ritorno al cimitero, oppure di non riuscire ad uscirne più. Un labirinto geometrico, a pianta romana.
Sorprendente come l’ossigeno si sia rarefatto, come la quiete si sia trasformata in ansia. Come il tempo sia diventato non attendibile, pleonastico e superfluo. Ore minuti secondi.
Incontrollabile.

Marc lo affianca, gli passa un braccio attorno alla schiena, lo stringe e lo sorregge. Non parla, il moto delle nuvole di vapore del respiro infranto contro l’aria gelida è continuo, lieve e lento.
- Non sono malato.- Mormora Stephane, lo sguardo stupito che vaga tra le foglie arancioni e segue il volo di un merlo. La nebbia è incastrata tra fronde più alte, come un soffitto ad un’immensa chiesa. Lontano, in fondo al viale vede le figlie, il passeggino con Lea, Ferenc che cerca di divincolarsi dalla stretta del padre e gli tende le manine.- Quasi li odio. Io qui non vivo, è prolungare la mia agonia. Devo raggiungere Mael e loro non me lo perdoneranno. Devo rimanere per loro e lasciare Mael. Non sono malato.-
- Ferenc e Lea sono ancora piccoli; Ismael li amava e avrebbe voluto che ci fossi tu con loro.- Marc lo sostiene, resistente e distrutto, un soldato al ritorno dalla sua guerra.
Sparsi al sole come pedine nell’arteria principale della necropoli, i familiari aspettano. I capelli argentati di Neven brillano sotto i raggi freddi, il cappello torturato tra le mani e le dita macchiate del discorso che si era scritto e non è riuscito a leggere.
Varca l’entrata della sua torre del silenzio e prevede i brandelli di pelle come vessilli.
Ferenc gli corre incontro e lo circonda con le braccia sottili, sorride cercando di infondere e ricevere del calore, guardandolo con le gemme grigie dei suoi occhi e Stephane, udendo come un tuono l’infrangersi di un sospiro tra i denti, spera che quel colore non cambi mai.








   
 
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