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Autore: Zwart Bloed    25/04/2012    4 recensioni
Dal prologo:
" Aredhel, contrariata, cercò di scendere dalle sue spalle e continuare il duello.
-Vai! Tieni a mente la nostra promessa e vattene!- urlò il ragazzino, fermandola.
-Ma...
-Niente ma! Scappa, corri via di qui!
E detto questo la spinse oltre lo squarcio. [...]
Spaventati e sconvolti di trovarsi una ragazzina simile nel giardino, comparsa dopo una luce cremisi accecante, nessuno dei due sposi riuscì a parlare.
Fu Sanne a rompere il silenzio creatosi. Si avvicinò alla bambina che li guardava smarrita e confusa, si chinò sulle ginocchia per raggiungere la sua altezza e le mise la mani sulle spalle.
-C-chi sei tu, piccolina? Cosa ci fai qui?- domandò tra un balbettio e l'altro. La piccola ragazzina la guardò negli occhi per molto e, quando decise di potersi fidare, socchiuse le sottili labbra per parlare.
-Io non lo so- rispose mentre una lacrima di sangue le rigava il volto."
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
Capitoli:
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1. Remember us

Ricordaci

 

 

 

Si trovava a terra, stesa sul fianco destro, le mani chiuse a pugno e le gambe unite.

Non sapeva come ci era arrivata, però sapeva di doversi alzare. E così fece.

Facendo leva sulle mani si alzò a sedere, scoprendo di essere a qualche metro da una scogliera a strapiombo. Una volta in piedi, si sporse verso la scogliera e vide le grandi onde che il mare in tempesta mandava addosso alle rocce.

La brezza del mare le veniva in faccia, portata dal vento che soffiava furioso contro di lei. Sembrava che il cielo fosse irato col mare, scagliando fulmini e annerendosi con grandi e spaventose nuvole scure, e il mare non esitava a rispondere alzandosi con le sue onde e sporgendosi furioso verso il cielo. Il vento faceva da punto d’incontro fra entrambi, e non sembrava partecipe a quella lotta naturale che si stava svolgendo davanti agli occhi di lei.

I capelli che frustavano il viso, gli occhi socchiusi dalla potenza dell’aria, la ragazza assisteva impotente a quella tempesta che sembrava non dover più finire.

Guardava il mare contro il cielo, conscia dello spettacolo a cui stava assistendo. Era meraviglioso e orribile allo stesso tempo, sembrava che due Dei stessero scontrandosi.

Era tanto immersa nel paesaggio che la circondava che non si accorse di essersi avvicinata allo strapiombo. Un altro passo soltanto e sarebbe precipitata. Se ne accorse appena in tempo, di conseguenza si fermò.

Portò lo sguardo sotto di sé, dove l’acqua si scontrava con la roccia, incurante dell’ignota spettatrice. All’improvviso un potente ruggito scosse il suolo, facendola tremare fin nel profondo. Si dovette aggrappare sodo alla roccia per poter mantenere un briciolo di equilibrio.

Provò a rialzarsi, ma commise un errore. Il sibillio dell’aria spostata la fece voltare di scatto. Non riuscì a scorgere nulla salvo delle splendide squame d’oro, prima di essere spinta oltre lo strapiombo.

 

Selene si svegliò di soprassalto nel suo letto, completamente sudata. Non sapeva qual’era il significato del sogno appena fatto, ma era stato fin troppo realistico.

Si buttò di nuovo sul cuscino impregnato del suo sudore, e chiuse gli occhi, rivedendo per un momento le squame d’oro che come un lampo erano comparse nel suo campo visivo.

Cercò di riaddormentarsi, ma proprio in quel momento suonò la sveglia, dicendole che erano le sette del mattino.

Fantastico.. Un’altra notte insonne… – commentò lei scostando le coperte di cotone e alzandosi dal letto. Si diresse in bagno per sciacquarsi la faccia e quasi non si riconobbe davanti allo specchio: gli occhi rossi circondati da profonde occhiaie violacee erano spenti, color sangue rappreso, mentre i capelli mossi sembravano di un castano più scuro degli altri giorni, ed erano inoltre appiccicati alla fronte sudata. Era molto pallida, e sembrava anche dimagrita negli ultimi tempi.

Dannazione a quegli incubi.. – inveì con voce roca, passandosi una mano sul viso.

Al posto di una semplice sciacquata, fece una doccia completa per rimettersi in sesto.

Uscì dalla bagno in asciugamano e ritornò spedita nella sua camera, dove aprì l’armadio guardaroba. Prese i primi vestiti che le capitarono sotto mano, un paio di jeans e una canottiera, e uscì di nuovo.

Scese le scale dirigendosi in cucina, dove la aspettava una donna dai capelli castano chiaro e gli occhi di bronzo.

Ciao mamma– la salutò la ragazza dandole un leggero bacio sulla guancia.

Ciao, Selene– rispose lei, poi soggiunse –Cos’hai, non ti senti bene?

Evidentemente aveva notato il pallore della sua pelle. Nonostante l’apparenza, Selene fece segno di no con la testa.

No, mamma, sto bene. Sono solo un po’ stanca, tutto qui – replicò impedendo alla madre di ribattere ancora una volta. In quel momento scese il padre, un uomo sui trenta dai capelli biondi e gli occhi azzurro-grigi.

Buongiorno, ragazze! – esordì l’uomo di buon umore. Diede un bacio a stampo alla moglie e uno sulla guancia alla figlia. Poi mise un pacchetto regalo davanti a quest’ultima, la quale si sorprese notevolmente.

E questo? – chiese prendendolo in mano. Il padre la guardò stralunato, mentre la madre ridacchiò sotto i baffi. Selene li guardò entrambi, confusa.

Come come? Ragazza, ti sei dimenticata che giorno è oggi?!– esclamò Leon. – Sanne, dimmi che sta scherzando!

Ma la donna non rispose alla supplica del marito e continuò a ridere. Selene non ci capiva più niente.

Oggi è il 23 aprile, quindi? – rispose con noncuranza. Suo padre si batté una mano sulla fronte.

Impossibile, davvero impossibile! – proruppe – nostra figlia fa undici anni e non si ricorda nemmeno il giorno del suo compleanno!

Allora la ragazzina ricordò. Malgrado la nuova scoperta, però, mantenne sul volto un’espressione alquanto scettica.

Papà, quante volte ti ho detto che non voglio regali durante il mio compleanno? – lo rimproverò, ogni anno sempre la stessa storia. – Sono solo uno spreco.

Leon non sembrò aver badato alle parole della figlia, perché la incitò ad aprire il pacchetto regalo. Selene cercò di ribattere, ma lui non volle sentire scuse,

Coraggio – la incitò dopo l’ennesima replica. Alla fine, dopo un sonoro sbuffo, decise di accettare il regalo, ma non lo aprì.

Lo farò a pranzo, promesso. Ora, però, devo andare a scuola – disse rassegnata alla prospettiva di tutti i suoi amici carichi di attenzione nei suoi confronti.

Dieci minuti dopo era davanti l'edificio che rappresentava la sua scuola.

Corse all'interno di esso facendo rimbalzare lo zaino sulla schiena.

Si diresse verso il suo armadietto e posò i libri che le servivano per le ore seguenti, tenendo solo quello per la prima ora di Letteratura.

Restò davanti all'armadietto a leggere il suo libro preferito, mentre sentiva due delle sue canzoni preferite insieme a tutte soundtrack tratte dai film che le piacevano di più.

Si era talmente persa nella lettura che non si accorse di una mano sulla sua spalla.

Sobbalzò a quel tocco leggero.

Mi hai fatto paura, Carl – borbottò mettendo al suo posto cuffie e libro.

Un ragazzo dai capelli rossi e gli occhi blu le sorrise.

Mi fa piacere – ridacchiò lui dandole un buffetto sulla testa. Insieme si diressero in classe, dato che la campanella era suonata segnando così l'inizio delle lezioni.

Entrarono nell'aula prendendo posto accanto alla finestra.

Sistemarono i libri per la prima ora, poi cominciarono a ripassare insieme.

Cinque minuti dopo, entrò in classe il Professore Italico, insegnante di Letteratura.

Buon giorno, professore – salutarono tutti gli alunni della classe in coro, alzandosi contemporaneamente.

Buon giorno – rispose cordiale il professore, un uomo sulla quarantina dai capelli nero spento e gli occhi castani. – Sedetevi prego – aggiunse poi.

Passò qualche minuto sistemando i suoi libri, e poi iniziò la lezione.

Bene ragazzi, oggi parleremo dell'Odissea e dell'Iliade, classico argomento di prima media. Allora, chi vuole introdurre l'argomento con un'interrogazione?

Nessuno osò fiatare. Nessuno a parte lei.

Selene si alzò dalla sedia e si offrì volontaria alla lezione, salvando molti suoi compagni da un bel Impreparato.

Bene. Signorina Giulvern, venga davanti alla cattedra e incominci la sua interrogazione – le disse il professore.

Sì, professor Italico – rispose lei facendo un sonoro sospiro.

E così cominciò un'altra esasperante giornata di scuola.

 

Ore 14.30, uscita della scuola

Driiiiiiiiin!

Finalmente quella faticosa giornata era finita, pensò Selene, non ne poteva più!

Oltrepassò il portone principale e si sentì libera. Al collo portava la collana d'oro che i suoi genitori avevano deciso di regalarle, nonostante raramente si potessero permettere certi lussi, a causa del discreto stipendio di entrambi.

Troppo stress per te? – le chiese Carl spuntando alle sue spalle. La ragazza annuì.

E pensare che mi sono offerta volontaria... Non la smetteva più di farmi domande quello lì. In più sembra che la prof. Avvoltoio mi abbia presa di mira. Quanto odio storia! – borbottò Selene mettendo il broncio. L'amico le diede una pacca sulla spalla.

Dai su! Mica tutti riescono ad ottenere un bel 9 e mezzo con quel professore! E poi hai svolto l'espressione di matematica alla grande!

Un po' più sollevata, la ragazza sorrise e, insieme a Carl, s'incamminò verso la strada di casa.

Per un po' nessuno parlò.

Che stavi ascoltando prima? – chiese il rosso. Lei fece spallucce.

Eminem.

Quale? Not Afraid o Lose Yourself?

La seconda – rispose quasi con indifferenza la ragazza.

Mmm... piace anche a me – concluse il ragazzo guardando in alto.

Davvero? Non sapevo ascoltassi rap.

Solo perché non lo sapevi, non vuol dire che non lo faccia.

Grande risposta, davvero! – borbottò nuovamente Selene.

Scese ancora una volta il silenzio, finché qualcosa non li fece smettere di camminare.

Un ragazzino dai capelli neri era appoggiato davanti al muretto della casa di Selene, un piede addosso al muro, l'altro a terra, le mani in tasca. La sua espressione raccontava della più totale indifferenza al mondo che lo circondava. Nonostante ciò, quel tizio aveva tutta l'aria di non essere lì per caso.

Selene portò istintivamente la mano sopra la coscia destra, là dove teneva la sua arma, il pugnale Isilrà, dal quale non si separava mai.

Fece segno a Carl di continuare, e ripresero il cammino.

Solo allora il ragazzo appoggiato al muretto aprì gli occhi, due brillanti zaffiri blu, e si degnò di guardarli.

No, la sua presenza in quel luogo non era un caso.

Ma la ragazza era decisa ad ignorarlo totalmente, e gli passò davanti come se niente fosse.

Ehi, Aredhel, da quanto tempo – proruppe il ragazzo, però. Selene si arrestò di colpo, memore di quella voce. Si voltò e restò a guardare quegli occhi zaffiro con espressione truce.

Io non mi chiamo Aredhel – replicò, suscitando così una risata da parte del ragazzo.

Ah no?

Esattamente, hai sbagliato nome. E ora, se permetti, io me ne andrei – rispose Selene.

Lui la guardò strano, sempre con quel ghignò stampato in faccia.

E tu invece? Lo sai chi sono? – domandò il ragazzo, costringendola a fermarsi ancora. La ragazza lo guardò scettica, e negò.

Tutto ciò, però, non fece altro che ridere il corvino di fronte a lei.

Non hai mantenuto la promessa, vedo – disse – Pensa, ti sei persino dimenticata come ti chiami!

Ma io mi chiamo Selene – ribatté lei. Lui fece no con la testa.

No, mia cara elfa, tu ti chiami Aredhel – disse con un sorriso beffardo. Carl si mise davanti a Selene, come un scudo.

Senti, non so chi sia tu, ma la mia amica ed io non ti abbiamo mai visto in vita nostra e gradiremmo gentilmente che tu te ne andassi adesso e la smettessi di importunarci.– gli disse con voce fredda e alquanto decisa il rosso.

Senti, senti. La nostra cara elfa adesso ha anche bisogno di una guardia del corpo! Mi meraviglio di te, Aredhel, non me lo sarei mai aspettato– sogghignò il corvino con sarcasmo. Spazientita, la ragazza cominciava a perdere il controllo.

Ascolta, imbecille che non sei altro, io sono umana, mi chiamo Selene, non ti ho mai visto in tutta la mia vita e no so nemmeno come ti chiami! – gli urlò lei. Il sorriso del ragazzino si spense e la guardò con astio. Esitò sulla risposta.

Drake. Mi chiamo Drake. E non è vero che non ci conosciamo. Mi hai già visto. O forse non ti ricordi più del tuo caro migliore amico come avevi promesso di fare in questi cinque anni? Vedrai, entro stanotte capirai chi sono.

E poi si voltò per andarsene. Selene era sul punto di chiedergli qualcos'altro quando Drake, ormai lontano, aprì un portale blu, grande quanto la strada, e sparì oltre.

Mio Dio...” pensò Selene, “Di bene in meglio...”. Poi si voltò a guardare Carl, che come lei, non aveva capito un bel niente dell'accaduto.

 

Mezz'ora più tardi Selene era in bagno, intenta a farsi una doccia bollente e a schiarirsi le idee. Il suo pugnale era sopra il lavandino, accuratamente riposto nel fodero.

Ma che mi succede?” pensò la ragazza esponendo il viso al getto d'acqua bollente.

Quel ragazzo, Drake, è strano... cosa voleva dire con 'entro stasera capirai chi sono'?” restò a rimuginare su quello strano episodio accaduto quel pomeriggio per tutta la doccia.

Solo quando, dopo aver cenato, dovette andare a dormire, si concesse una pausa dalla sua lunga riflessione, nonostante la confusione nella sua testa non era diminuita.

Una frase, però, emerse nei suoi pensieri.

 

Quando sarai pronta per ricordare tornerai da noi...”

 

E quella notte ricordò. Ricordò Helmi, la sua vita, il suo Reame, Isilrà.

Ricordò di chiamarsi Aredhel, di essere un'elfa nonostante negasse la loro esistenza, ricordò di avere un amico, ricordò Adrian.

Purtroppo non capì che lui e Drake erano la stessa persona, ma ricordò tutto il resto.

Soprattutto la promessa fatta quando era bambina, solo sei anni prima.

E, all'improvviso, un portale rosso come quello che l'aveva condotta sulla Terra comparve sopra di lei, e la riportò nel luogo da dove era venuta.

Tutto ciò che rimase di lei fu la collana d'oro del suo regalo.

Il giorno seguente nessuno si ricordava più di Selene, o meglio Aredhel.

Nessuno si ricordava della ragazzina umana dagli occhi rossi, o meglio dell'elfa.

Nessuno tranne i suoi genitori adottivi, Leon e Sanne Giulvern.

La ragazzina era scomparsa da ogni foto, le sue cose non erano mai esistite.

Lei non era mai esistita, ma loro l'avrebbero ricordata.

Avrebbero ricordato per sempre Aredhel di Dorthonion, nonostante non avessero mai saputo la sua vera identità, e sarebbe rimasta per sempre nei loro cuori.

 

°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*°*

Giorno a tutti!! Sì, lo so che vi ho fatto attendere molto, ma avevo un bruttissimo blocco dello scrittore.
Non riuscivo proprio a superarlo, ma per fortuna se n'è andato da solo!
Infatti ora ho scritto il vostro capitolo e lo sto scrivendo!
Un grazie infinito a S_Anonima_E, SkyDragon, LailaOsquin e Kety100 per aver recensito il Prologo, eccovi ricompensate!
Al prossimo capitolo! (che spero riuscirò a pubblicare presto!)

Aredhel

   
 
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