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Autore: hug me peeta    26/04/2012    4 recensioni
“Quello è Justin Bieber. Bel tipo, eh?” ovviamente Janissa si era accorta dell’interesse di Luce verso quel ragazzo che ora la fissava attraverso i grandi occhiali. Le guance di Luce si riscaldarono e, per quanto volesse, non riusciva a non guardare quel magnifico ragazzo.
Justin si tolse gli occhiali e osservò Luce attentamente con aria burbera, poi, ad un tratto, le sue labbra scattarono in un sorriso. Automaticamente anche quelle di Luce sorrisero finchè Justin alzò una mano e le mostrò il medio.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fall in love.























 
Capitolo 1

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Perfetti sconosciuti








 

Luce si era trasferita da poco in Canada, esattamente due giorni fa, ed era stata costretta dai suoi genitori a frequentare una scuola normale, come tutti gli altri adolescenti della sua età. Per lei, una ragazza sempre abituata a studiare a casa, era stato uno shock. In diciassette anni non era stata in grado di instaurare amicizie solide ad Atlanta, se non quella con la sua migliore amica Charlotte, figurarsi lì, in una cittadina minuscola chiamata Stratford.

Lucinda dormiva ancora quando il sole brillò e illuminò la sua stanza. Era stanca morta a causa della noiosissima e lunghissima partita a Monopoly disputata tra lei e vari parenti e conoscenti che si erano riuniti a casa sua la sera prima. La sveglia trillò sul comodino e Luce si girò dall’altra parte del letto mentre la sveglia continuava a trillare incessantemente. Alla fine si costrinse ad alzarsi e a spegnere quel dannato oggetto che stava per cadere dal comodino. Poggiò i piedi avvolti nelle calze di lana e si alzò in piedi. Sbadigliò e andò in bagno. Il suo aspetto non era dei migliori, ma non poteva farci nulla a parte smettere di giocare a Monopoly fino a tarda notte (rischiando però l’odio profondo dei suoi parenti che consideravano ‘sacra’ la serata dedicata al Monopoly) e il nomignolo di ‘associale’. Sospirò.

Venti minuti dopo Luce stava scendendo le scale e si stava dirigendo verso la cucina, pronta a consumare una ricca colazione, ovvero una barretta di cereali. Quando arrivò in cucina non c’era più nessuno in casa, erano già tutti usciti, ma avevano lasciato attaccato sul frigo una mappa della città e un biglietto.

“Ciao Lucinda, ti lascio una mappa della città e cento dollari per la spesa.
Spero tu ti diverta al tuo primo giorno di scuola,
con affetto, mamma”

Lucinda rilesse più volte il biglietto finchè non decise che era ora di andare a scuola. Scuola, una parola comune per qualsiasi altra persona, ma Luce la vedeva quasi come un insulto. Per lei era tradimento ciò che le avevano fatto i genitori, impegnatissimi e indaffaratissimi per ricordarsi di avere una figlia da accudire. Se non altro, a causa di questo improvviso ‘cambiamento’, i suoi genitori avevano dovuto acconsentire all’acquisto da parte di Luce di una macchina, precisamente una vecchia Cadillac di colore nero, la pupilla degli occhi di Luce. Ella, infatti, aveva sudato moltissimo pur di ottenerla: aveva portato a spasso cani grossi quasi più di lei, fatto la baby-sitter a odiosi marmocchi e lavorato per quasi un mese in un fast-food. Aveva smesso di lavorarci a causa dell’odore insopportabile del fritto che impregnava i suoi vestiti e dalla nausea che ne derivava.

Non sapendo leggere una cartina, Luce impiegò più del dovuto per trovare l’edificio scolastico e arrivò in classe dieci minuti in ritardo, quando la lezione di trigonometria era già iniziata. Era arrossita quando tutti i ragazzi e le ragazze si erano voltati a guardarla e ancor di più quando il professor Conan, lo stesso nome di uno dei suoi scrittori preferiti, con sguardo alquanto arrabbiato la presentò alla classe e la fece accomodare in posto vuoto, isolato, dell’ultima fila.
Luce era la nuova arrivata, la novità e a questo pensiero, il suo stomaco si contorse. Sarebbe stato una delle cose più difficili fare amicizia con qualcuno di questi ragazzi, che ovviamente si conoscevano tra di loro, avevano giocato tra di loro, forse anche da bambini. Lei, invece non si era mai allontanata più di tanto da Atlanta, al massimo era stata a Abbeville dai nonni.
Alla fine della prima ora guardò nella cartella alla ricerca della pianta della scuola che le era stata consegnata da Miss Barnaby in segreteria. La sua prossima lezione sarebbe stata scienze, una materia che Luce era felice di studiare.
Corse nel caos generale verso l’aula numero 3 che si trovava dall’altro lato dell’edificio a quanto diceva la pianta. In pochi minuti tutti i ragazzi si dileguarono nelle aule e Luce rimase l’unica a camminare e c’era così tanto silenzio che persino le sue All Star nere facevano rumore contro il pavimento. Se non si fosse sbrigata sarebbe arrivata di nuovo in ritardo e dato che non voleva avere nessun altro professore in antipatia, accelerò il passo, quando, ad un certo punto, sentii dei passi dietro di lei. Si voltò e vide una ragazza dai folti e lunghi capelli castani dirigersi verso di lei correndo. Dietro la ragazza correva una donna alquanto robusta che reggeva un portadocumenti in mano.
“Janissa! Janissa! Fermati subito!” urlò la donna. Poco dopo Luce la vide fermarsi e riprendere fiato mentre la ragazza che sembrasse chiamarsi Janissa si prendeva gioco di lei facendo boccacce.
“Desiree mi deludi. La scorsa settimana correvi più veloce. Ora non riesci a fare neanche cinque metri senza stancarti?”
Janissa continuava a prendersi gioco di Desiree, ma lei non sembrava farci troppo caso, anzi, sorrise all’ironia di Janissa.
“Ringrazia il cielo che sei mia nipote e che quindi non ti faccio sospendere” fece una pausa e fissò Luce. “Tu che ci fai qui? Non dovresti essere a lezione?” Luce era sul punto di rispondere, ma Janissa lo fece prima di lei.
“Non preoccuparti Desiree. Mi occuperò io di lei” Janissa rivolse un caloroso sorriso a Luce e lei lo ricambiò subito, almeno aveva già guadagnato una sorta di amica. Desiree inclinò il capo a destra e sinistra. “Posso fidarmi di te?”
Janissa alzò gli occhi al cielo e avvicinò Luce a sé. “Certo che ti puoi fidare” detto questo trascinò Luce verso la fine del corridoio.
“Dove devi andare? Sei una novellina vero? Non ti preoccupare, mi prenderò io cura di te” ora che Luce la guardava più da vicino, vedeva dei bellissimi occhi verdi sotto quelle lunghe ciglia. Janissa era molto più bassa del metro e settanta di Luce, e quei lunghi stivali bruni, di pelle, la facevano sembrare ancora più bassa. Aveva dei capelli castano chiaro lunghi fino alla vita che Luce invidò sin da subito: i suoi, al contrario, erano lunghi fino alle spalle e non crescevano più di tanto. Indossava una maglietta a maniche lunghe di colore bianco con una grossa scritta di colore argento che diceva: ‘ I love me’ e dei blue jeans a vita bassa stinti.
“Sì sono nuova e devo andare all’alula tre e sono piuttosto in ritardo” Luce era in ansia, chissà cosa avrebbe pensato la professoressa Smith di lei.
Janissa la guardò sorridente. “Ormai la lezione è andata. Se entri ora o se non entri non fa nessuna differenza, te lo garantisco. Piuttosto, ti va di fare un giro per scuola?” Luce avrebbe voluto rispondere di sì, che voleva andare a fare un giro con lei, ma non voleva marinare la scuola, in fondo era il suo primo giorno. Scrollò la testa per cancellare questi pensieri e annuì a Janissa.
Janissa ironizzò su tutti i luoghi pubblici della città mentre continuava il giro della scuola e raccontò a Luce tutti gli aneddoti più divertenti della città e dei suoi abitanti. Luce trovava divertente Janissa, ma in lei vedeva qualcosa di oscuro e nebuloso.
“E questo è il nostro campo di basket all’aperto” e con un cenno della mano Janissa indicò una struttura messa abbastanza bene secondo gli standard di Luce nella quale in quel momento giocavano dei ragazzi. Avranno di sicuro marinato la scuola anche loro pensò Luce. Janissa si sedette su una panchina lì vicina ricolma di foglie. Luce la seguì.
Si chinò sulla panchina per spazzolare alcune foglie secche e fu in quel momento che lo vide. Portava grossi occhiali Ray-Ban di colore nero che gli coprivano gran parte del viso e nonostante non facesse poi così freddo indossava una giacca sopra la camicia aperta da cui si intravedeva una maglietta dal colore blu scuro, i pantaloni, leggermente abbassati erano di un colore appena più scuro della maglietta che portava. Luce rimase a fissare i capelli biondo cenere che venivano scompigliati dal vento e le labbra rosee. Quel ragazzo era di una bellezza che le tolse il fiato.
Luce era fatta così. Ogni qualvolta vedesse un ragazzo carino ne rimaneva affascinata, per poi perdere ogni interesse per lui.
“Quello è Justin Bieber. Bel tipo, eh?” ovviamente Janissa si era accorta dell’interesse di Luce verso quel ragazzo che ora la fissava attraverso i grandi occhiali. Le guance di Luce si riscaldarono e, per quanto volesse, non riusciva a non guardare quel magnifico ragazzo.
Justin si tolse gli occhiali e osservò Luce attentamente con aria burbera, poi, ad un tratto, le sue labbra scattarono in un sorriso. Automaticamente anche quelle di Luce sorrisero finchè Justin alzò una mano e le mostrò il medio.







Hello(?)

ecco a voi il primo capitolo! vorrei che recensiste cwc

p.s. questa storia è ispirata a 
fallen di lauren kate (la scrittrice è una
fan sfegatata) però, sia chiaro, niente 
angeli!


#muchlove 

@___bieberconda on twitter
                                                    


  
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