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Autore: Rin Hisegawa    29/04/2012    4 recensioni
Lui non vorrebbe vederla piangere in quel modo. La guarderebbe con quell'aria di fastidio misto a dispiacere, incerto se abbracciarla o prenderla in giro, e magari alla fine farebbe entrambe le cose. Eppure l'ha scacciata, e lei non può fare a meno di disperarsi, perchè le principesse delle storie si sposano col Principe Azzurro e lei invece si è innamorata del Mago cattivo. [GOLD / BELLE]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Come sta?

Una voce concitata. Belle conosce quella voce. Una sagoma si china sul suo letto, capelli non troppo corti, lisci, un completo elegante. Non riesce a vederla con chiarezza, ha gli occhi appannati e la mente confusa, ma sa di averla già incontrata prima ed istintivamente le riempie il cuore di tranquillità.

Anche Emily ha riconosciuto l'accento familiare. Ricorda un arcolaio, e una stanza enorme con spessi tendaggi alle pareti. E sa che sono ricordi di Belle, ricordi che lei ha rubato, ma non le importa perché in tutta quella confusione Belle deve averli presi per suoi.

- Sta meglio. Ma penso che dovrebbe essere seguita giornalmente da uno psicologo, d'ora in poi. Chiederò al Dr. Hopper se può fare qualcosa.

Emily sbatte le palpebre, e si strofina gli occhi con una mano. Resta impigliata in una flebo (oh, no, un altro ago, non di nuovo!) e percepisce un movimento improvviso accanto a sé. Qualcuno la libera dal tubicino che si è avvolto attorno al suo braccio, con delicatezza, come se avesse paura di romperla toccandola con troppa forza.

Ma Emily non è affatto fragile, non è un soprammobile di porcellana. E' una ragazza che ha visto la morte in faccia, è stata più un'eroina che una principessa. E' un essere umano, ma anche una creatura antica di millenni, come tutti quanti in quella maledetta cittadina, solo che nessuno se ne rende conto e nemmeno lei riesce, quando è completamente cosciente, a ricordarselo bene.


- Vi lascio soli.


Il dottore si allontana, soppesando la cartella clinica di quella strana ragazza. Emily spalanca gli occhi e tenta di mettersi a sedere. Le stesse mani gentili che l'hanno aiutata un attimo prima la sorreggono, adagiandola contro il cuscino; Mr. Gold la scruta con un misto di apprensione e sollievo, mentre lei riprende lentamente coscienza di sé.


Non riesce a credere di essere andato così vicino a perderla di nuovo. Chi poteva immaginare che quella ragazza avrebbe compiuto un atto così sconsiderato? Purtroppo, la risposta la conosce già: lui avrebbe dovuto prevederlo, se lo sarebbe dovuto immaginare. Prendi una persona che ha dimenticato qualsiasi dettaglio del proprio passato, la abbandoni da sola nel mondo con un buona fortuna ed una pacca sulle spalle, e ti aspetti che lei non si faccia delle domande, non ne soffra in alcun modo.
 

E' da sciocchi, sciocchi ed irresponsabili. Se veramente il bene per lei è non conoscere il proprio passato, forse spetta a lui fare in modo che Emily abbia qualcosa di nuovo e di felice da ricordare. Del resto, anche se in tutti quegli anni solitari si è sempre rifiutato di ammetterlo, è lui la causa di tutte le sofferenze di quella ragazza, e non chiede niente di meglio che un'occasione per redimersi dal male che le ha fatto.


Ad avvalorare la sua tesi, Emily gli sorride come se fosse genuinamente contenta di vederlo. Non sono gli occhi di una persona che ha tentato il suicidio la notte prima. Tiene le mani in grembo (le punte delle dita sono ancora un po bluastre) e, col capo leggermente reclinato da una parte, lo osserva come se fosse la prima cosa bella che vede da giorni. 
Poi fa una risata, la risata più strana e sincera e cristallina che lui abbia mai sentito.


- Buongiorno Mr. Gold. Allora, com'era il muffin?


Lui non può che lasciarsi sfuggire un sorriso, ma una strana tristezza gli serra lo stomaco.
 

- Il migliore che io abbia mai mangiato, signorina French.



I giorni trascorrono pigri e lenti mentre la primavera si trasforma lentamente in estate. Le ore di luce aumentano notevolmente, e quando Mr. Gold chiude il negozio per andare a trovare Emily in ospedale il sole è ancora ben visibile all'orizzonte. Le nuvole sono tinte di rosso, rosso come il fuoco degli accampamenti nemici, rosso come le lame delle spade al termine di una lunga battaglia.


L'uomo cammina da solo attraverso le strade di Storybrooke, sentendo la vita pulsare attraverso i muri delle case. Si domanda come faccia, tutta quella gente, ad accontentarsi di una vita a metà, divisa fra gli impegni quotidiani e le ombre del passato che di notte (appena al di là della normale percezione) tormentano i loro sonni agitati.


Poi entra nell'ospedale, saluta l'infermiera all'ingresso con un cenno del capo, attraversa il triste corridoio tinto di quell'odioso verde acqua spento. Anche in futuro, quando non sarà più Mr. Gold, continuerà per sempre ad odiare quel colore; è il colore del dispiacere, della solitudine, della malattia.


Emily lo aspetta seduta sul letto, e ogni giorno che passa sembra acquistare un po' di colorito. Ha ricominciato a mangiare da sola, e a sorridere, e le ferite profonde sui suoi polsi sono solo delle lineette rosa leggermente in rilievo. Mr. Gold evita il più possibile di guardarle, perché sa che a lei non piace, ma ogni tanto il suo sguardo vi si posa e si sente incredibilmente in colpa per aver lasciato accadere una cosa del genere (di nuovo? ha il sospetto che non sia la prima volta, ma non lo dice mai).


- Grazie per essere venuto, - gli dice Emily, come ogni giorno.


Non sa perché quella ragazza continua a salutarlo in quel modo. Lui è ben felice di vederla, sarebbe lui a doverla ringraziare. Trascorre ogni singola giornata in trepidante attesa di poter varcare la soglia di quella stanza deprimente e passare un po' di tempo con lei. Anche se non parlano molto, e talvolta sente un immotivato peso all'altezza dello stomaco, Mr. Gold non può fare a meno di quelle piccole visite serali.


- Cosa sta leggendo? - le domanda quel giorno, scorgendo il libro che lei si è affrettata a chiudere appena lo ha visto entrare.


Emily sorride, e gli mostra la copertina.
 

- Orgoglio e Pregiudizio. Mi spiace di essere così banale nelle mie scelte, ma vede, mi sono resa conto improvvisamente di non ricordare affatto la trama.


Mr. Gold non può fare a meno di sollevare un angolo della bocca in un mezzo sorriso, un po' amaro e un po' divertito. Quella ragazza scherza con i clienti della tavola calda alle dieci di mattina, tenta il suicidio alle undici di sera e meno di una settimana dopo è lì, di nuovo gioiosa e con le guance rosse, a fare battute sul proprio tragico passato.
Vorrebbe dirle di non fingere di essere felice, vorrebbe chiederle di raccontarle tutto, ma teme di offenderla o di prendersi troppa confidenza. Del resto lei è ancora la sua Belle, ma lui è un semplice ed anonimo Mr. Gold qualunque.


- Un libro meraviglioso, anche se non è esattamente il mio genere, - commenta invece, facendo un cenno di approvazione col capo. - Ammiro la prontezza di Elizabeth, ma temo di non comprendere a fondo perché accetti la mano di un personaggio umorale e orgoglioso come Mr. Darcy.


Emily sorride di nuovo. Non si stupisce che Mr. Gold abbia letto la Austen, perché sembra il genere di persona che conosce un po' di tutto e con cui può parlare quasi di qualunque cosa.


- Ci sono giorni in cui non lo capisco nemmeno io, e giorni in cui saprei spiegarle esattamente il motivo.


Restano un po' a fissarsi in silenzio, e un mezzo sorriso furbetto spunta sulle labbra di lei. Per un attimo, a Mr. Gold sembra di essere tornato nel castello oscuro, fra le pile di vecchi oggetti impolverati e gli scaffali traboccanti di incantesimi che lui stesso ha creato.



- Che cos'è? - domanda Belle curiosa, indicando una fiala che emana una debole luce rosata.


Rumpelstilstkin appoggia sul tavolo il tomo che stava consultando, e si avvicina a lei.


- Preferirei che non toccassi le pozioni, cara, - le dice, dandole un colpetto per metà scherzoso e per metà ammonitore sulla mano, - ho visto come tratti le porcellane del castello, e non voglio che il mio prezioso lavoro faccia la stesa fine.


Ridono entrambi, e gli occhi di lui brillano di malizia mentre Belle scuote la testa, incredula e divertita al tempo stesso. E' questo l'uomo che tutti ritengono una Bestia, lo stesso che ha interrotto la Guerra semplicemente camminando fra le due fazioni nemiche ed ha macchiato le proprie mani col sangue di decine e decine di innocenti?


L'uomo che ha davanti, quello che conosce lei, si diverte ad incantare le armature perché le tendano agguati da dietro le porte, ha scagliato una maledizione sull'orologio a pendolo dell'ingresso in modo che canti una canzoncina volgare da balera allo scoccare di ogni ora, se ne va senza dire una parola e poi ricompare dopo giorni di misteriosa assenza portando sotto braccio un gatto spelacchiato.


- Non potevo lasciarlo solo, dopo che il suo padrone ha onorato il suo debito, - sogghigna, e Belle sa che dovrebbe aver paura, ma lui è così buffo con quel gatto in braccio e gli stivali infangati...



- Signorina French, è l'ora delle medicine! 


L'infermiera entra nella stanza, l'espressione allegra che hanno tutte le infermiere in quella stramaledetta cittadina. Mr. Gold si alza in piedi, entrambi le mani appoggiate sul bastone, e fa un cenno col capo.


- La lascio alle sue incombenze, allora. Buona notte, Emily.


Lei lo saluta a sua volta, ma è già immersa nei propri pensieri. Per un attimo (un attimo solo) le è sembrato di scorgere nello sguardo di Mr. Gold un frammento di qualcosa di antico, qualcosa che (è imperdonabile, da parte sua, non riuscirci) avrebbe dovuto certamente ricordare.


A/N: naturalmente il flashback di Rumpel è un momento che ho inventato, cercando di immaginare azioni nel suo stile. Il gatto lo voglio riutilizzare anche più avanti.
  
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