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Autore: Contessa    30/04/2012    8 recensioni
Hermione sbatté un tacco per terra, arrabbiata.
“Bene. Benissimo. – disse raccogliendo da terra la propria borsa. – Me ne andrò io, brutto… brutto maleducato! – la aprì frettolosamente e cercò d’infilare dentro il foglio. La richiuse con uno scatto, senza accorgersi che il foglio aveva fluttuato per un paio di secondi nell’aria prima di atterrare sul pavimento. – Goditi la stanza, maleducato!” urlò prima di andarsene in tutta fretta.
Draco alzò un’altra volta le spalle. Si avvicinò al foglio e lo raccolse; era una lettera.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo XVII

 

 

7/5/2005

 

“Ma ti fidi a lasciare James con Harry e Ron per tutto il pomeriggio?” chiese Hermione entrando in sala con un vassoio.

“Ovviamente no, ma dovranno pur imparare a badare a un bambino prima o poi, no? – rispose Ginny prendendo il vassoio e appoggiandolo sul tavolino davanti al divano. Prese un biscotto. – Biscotti al miele? Buoni. Comunque, era arrivato il momento per il Signor sono-un-Auror-troppo-importante-per-insegnare-a-nostro-figlio-a-mangiare-decentemente di passare un po’ di tempo con James. E’ sempre al lavoro! E inizia già a propormi un altro figlio…”

“Di già? Ma James non ha nemmeno due anni!” disse Hermione sedendosi di fianco a lei sul divano.

“Lo so, credimi; lo so bene. – rispose Ginny passandosi una mano sulla pancia. – Tu, piuttosto?”

“Io cosa?”

“Lo sai.”

“Sì, certo; e tu sai anche che tuo fratello ci ha messo sei anni a chiedermi di sposarlo, quindi credo che dovrai aspettare altri sei anni per dei nipotini da parte mia.”

“Oh, Ron è un cretino, dai; se vuoi un bambino dovrai parlargliene tu!”

“Ginny, quest’anno sarà terribile al lavoro, ci stiamo occupando di una rivoluzione totale nel campo dei diritti dei centauri… non avrei proprio il tempo per un bambino. E non… non credo neanche di essere pronta.”

“Neanch’io ero pronta per James, Hermione; non si è mai abbastanza pronti per un bambino! E poi tu sei già una zia fantastica, non ti devi preoccupare.” disse Ginny con un sorriso.

“Se lo dici tu… - rispose Hermione prendendo a sua volta un biscotto. – Comunque, prima di pensare a eventuali figli ti ricordo che dobbiamo finire di organizzare il matrimonio. Mi sembra di essere ancora in alto mare…”

“Ma mancano due mesi!”

“Appunto, è pochissimo! Vedrai che questi giorni voleranno, e dopodomani sarà già il 23 luglio!”

“Merlino, Hermione, stai tranquilla! Non sono mica i M.A.G.O.! – ridacchiò Ginny. – Oh, proprio l’altro giorno sulla Gazzetta c’era un articolo sul tuo matrimonio…”

“Davvero? E cosa c’era scritto? Non è nemmeno stato celebrato e hanno già da ridire?!”

“No, non ti preoccupare; il giornalista si diceva impaziente delle tue nozze, parlava brevemente di te e Ron e poi continuava con gli altri matrimoni famosi previsti quest’anno. Neville e Hanna si sposeranno a settembre, e, attenzione!, anche Malfoy sta per portare all’altare la sua fidanzata. Fine agosto, mi pare.”

“E con chi sta?”

“La piccola Greengrass. Asteria, forse. Mi ricordo solo che era più piccola di me, riccia.”

“Ah, bene. Qualche altra notizia?” chiese Hermione con un tono di voce solo leggermente più acuto del solito. L’amica non se ne accorse nemmeno.

“A quanto pare io e Harry siamo di nuovo in crisi e non verremo al tuo matrimonio. Anzi, forse io verrò con il mio nuovo compagno; una fonte anonima ha rivelato che ho appena scoperto di essere incinta. – rispose Ginny con aria indifferente. – L’ho letto sul ‘Settimanale della Strega.’”

“Oh, Ginny, mi dispiace tanto. Lasciali perdere.”

“La fonte anonima sono io, questa volta; avevo voglia di divertirmi un po’.” rispose la giovane donna trattenendo a stento una risata.

“Cosa?! Sei proprio una cretina!”

“Ho anche fatto una passeggiata per Diagon Alley a braccetto con il fratello di Angelina: i fotografi stavano impazzendo!”

“Ginny!”

“Così imparano a seguirmi ovunque. Settimana scorsa ce n’era uno anche dal pediatra di James!”

“Ti prego, bevi il tuo the in silenzio. Non voglio sentire un’altra parola. – le disse Hermione con sguardo truce. – Ed io che ero veramente dispiaciuta per te…”

“Oh, dai, come se non avessi mai desiderato schiantare un giornalista! L’ultima volta che uno ha provato a fotografarti in quel negozio di abiti da sposa l’hai sigillato in un camerino per tutto il pomeriggio…”
“Quella era legittima difesa! E ora bevi.”

“Non posso, non c’è lo zucchero.”

“Uff, devo averlo dimenticato di là; vado a prenderlo. – disse Hermione alzandosi e andando verso la cucina. – Tu cerca di non organizzare un servizio fotografico nel mio salotto mentre sono via.”

Ginny rise.

Lo zucchero era sul tavolo, dove ricordava di averlo lasciato, ma qualcos’altro attirò l’attenzione di Hermione: un piccolo gufo che non aveva mai visto era appollaiato sul davanzale della finestra, e beccava delicatamente il vetro. La donna prese il barattolo e aprì la finestra, lasciando che il gufo zampettasse sul bancone della cucina; gli diede una zolletta di zucchero e sciolse il filo della busta che portava.

Era azzurra, di medie dimensioni, senza indirizzo né mittente. Hermione la aprì; fece un po’ fatica a trovarne il contenuto. Era un piccolo frammento di pergamena, un frammento di un foglio che lei stessa aveva stracciato, anni prima.

Era la lettera, ancora quella lettera; in quel pezzettino c’era proprio la firma di Ron.

Sul retro c’erano due parole, vergate nella calligrafia spigolosa e disordinata che riconobbe subito.

Io ricordo.

Hermione deglutì a vuoto, le mani tremanti. Annuì, mentre il gufo la guardava con curiosità; gli diede un’altra zolletta di zucchero, poi lo sospinse verso la finestra. Prese la bacchetta e una giacca dall’ingresso, e tornò in sala.

“Scusa, Ginny, ho appena ricevuto una lettera dal lavoro, devo scappare immediatamente.” disse Hermione rapidamente. Se ne andò senza neanche aspettare una risposta.

 

***

 

13/7/2005

 

Hermione si chiuse la porta del bagno alle spalle e guardò il proprio orologio da polso: erano le otto e quarantasette.

Andò in cucina e controllò anche l’orologio appeso al muro; segnava la stessa ora. Sospirò e chiuse meglio un cassetto già perfettamente chiuso. Tornò nel corridoio e tese le orecchie per cogliere eventuali rumori improvvisi: nella via tutto taceva. Era una zona tranquilla, e di solito di mercoledì andavano tutti a dormire prima ancora della dieci.

Ron tornava sempre alle nove e quaranta dalla sua partitella settimanale di Quidditch; negli ultimi tre anni aveva ritardato due volte, e in un’occasione era tornato a casa prima, ma solo perché si era rotto una gamba. Eppure, Hermione era certa che Ron sarebbe tornato da un momento all’altro e l’avrebbe scoperta.

La donna sospirò nuovamente e andò verso la camera da letto, ma una volta arrivata sulla porta si accorse di aver dimenticato che cosa le servisse. Non erano nemmeno le otto e quarantotto. Possibile che non fosse passato neanche un minuto? Possibile; anche l’orologio della cucina segnava la stessa ora.

Si spostò in sala e si sedette sul divano, ma le sembrò improvvisamente scomodissimo, quasi appuntito; si alzò e raddrizzò un quadro. Non aveva abbastanza tempo per mettersi a leggere, e la televisione l’avrebbe solo innervosita, così si limitò a rimanere in piedi nel bel mezzo della sala; iniziò a farsi una treccia sforzandosi di non pensare a niente, ma quando si ricordò che gli elastici erano in bagno per poco non si strappò i capelli dalla rabbia. Non poteva entrare in bagno, non ancora. Almeno era passato un minuto, nel frattempo.

Le serviva un bicchiere d’acqua, possibilmente gelata, perché quelle fastidiose vampate di calore erano diventate insopportabili; quasi inciampò mentre camminava verso la cucina, e bevve un bicchierone in un solo sorso pur sapendo che le avrebbe causato un mal di pancia atroce. D’altronde, nell’ultima settimana era stata comunque malissimo, quindi qual era la novità?

Le otto e quarantanove. Decise di aspettare un altro minuto per sicurezza. Sulla scatola c’era scritto due-tre minuti. Cosa diamine voleva dire due-tre minuti, poi? O sono due o sono tre, altrimenti sono due e mezzo.

Una macchina passò nella via suonando il clacson, e Hermione per poco non urlò. Tornò in sala costringendosi a non tremare, e si sedette sul tappeto.

Ancora trenta secondi, solo trenta secondi. Cos’erano trenta secondi in confronto alle ultime due settimane? Respirò profondamente.

Venticinque.

Avrebbe chiuso gli occhi e avrebbe contato in silenzio.

Venti.

Ron non sarebbe tornato all’improvviso e sarebbe andato tutto bene, perché non poteva succedere proprio adesso, adesso no, perché c’era il matrimonio e dopo sei anni non era proprio possibile, perché adesso?

Dieci.

Un altro respiro profondo e tutto sarebbe finito. Domani avrebbe riso della sua stupidità, domani sarebbe andata al lavoro finalmente tranquilla, senza la paura di mangiare in pubblico e poi-

Cinque.

Hermione aprì gli occhi tre secondi prima delle otto e cinquanta. Osservò la lancetta dei secondi mentre sfiorava il dodici e continuava la sua marcia infinita. La osservò a lungo.

Erano le nove e tredici quando ebbe finalmente il coraggio di alzarsi. Corse in bagno, aprì la porta e prese in mano il test di gravidanza.

Era positivo.

 

***

 

18/7/2005

 

Aveva chiesto al suo capo un giorno di ferie dicendogli che doveva occuparsi degli ultimi dettagli del matrimonio, e lui gliel’aveva accordato con un sorriso. Hermione trattenne a stento una risata, pensando che gli ultimi dettagli erano sistemati due settimane prima, ma nemmeno lei sapeva ancora con certezza se avrebbe partecipato a quel matrimonio così perfettamente organizzato.

Entrò in camera e si appoggiò appena al letto ancora sfatto; sul cuscino di Ron trovò ciò che stava cercando. Prese con due dita un capello e tornò velocemente in cucina: la pozione, già pronta, era sul tavolo. Buttò il capello nel bicchiere, poi toccò il vetro con la bacchetta, e infine iniziò a far girare il liquido; sul libro c’era scritto di mescolare per cinque minuti.

Non l’aveva ancora detto a Ron, ovviamente. Ormai era certa di essere incinta: altri tre test Babbani e due magici gliel’avevano confermato, ma solo quella pozione le avrebbe detto ciò che voleva sapere veramente. Dopo cinque minuti esatti posò la bacchetta e bevve la pozione in due lunghi sorsi, poi riappoggiò il bicchiere e si sedette con un profondo sospiro.

Non riusciva a staccare gli occhi dalla bacchetta. Il libro diceva che avrebbe dovuto aspettare tre minuti: duecento ottanta secondi esatti, e la bacchetta si sarebbe illuminata. Forse.

Ormai non sapeva nemmeno lei cosa sperare. Come poteva continuare a stare con Ron, come poteva anche solo pensare di camminare verso di lui in chiesa, dopo quello che aveva fatto? Non era stato un piccolo errore di calcolo, questa volta. Erano state intere pagine di calcoli sbagliati, addizioni che semplicemente non sarebbero dovute esistere, e lei non aveva fatto niente per correggerli. Si era rotolata nell’errore, l’aveva accolto dentro di sé senza pensieri, ed era ritornata a casa ogni ripromettendosi ogni volta che quella era stata l’ultima. Ogni volta guardava l’anello al proprio anulare sinistro, e pensava ai sette anni trascorsi con Ron; lui era la sua vita. Sarebbe riuscita a rinunciarvi per sempre?

Hermione distolse lo sguardo dalla bacchetta solo per un attimo, e guardò l’orologio: i tre minuti erano passati. La bacchetta non aveva emesso nemmeno un minuscolo raggio.

Aspettò un altro minuto giusto per scrupolo; sapeva di aver fatto la pozione in maniera perfetta. Nessun bagliore.

Il bambino non era di Ron.

Rimase seduta nella stessa posizione ancora dieci minuti, pensando al fatto che probabilmente non sarebbe più tornata in quella cucina. Poi prese la bacchetta, la infilò in tasca e si alzò con un sospiro. Sapeva cosa doveva fare. Lo sapeva da anni, dopotutto.

Andò nel piccolo studio e si sedette alla scrivania; tirò fuori piuma e pergamena dal cassetto. D’altronde, tutto era iniziato con una lettera.

Sono incinta. Il bambino è tuo.

Sono pronta a lasciare tutto per te.

Hermione riguardò ciò che aveva scritto: concisa e diretta. Perfetta. Non sarebbe riuscita a scrivere di più senza scoppiare a piangere, comunque, ma non poteva fare lo stesso errore, non un’altra volta. Si alzò e infilò la pergamena in una busta prima di cambiare idea, poi svegliò il gufo appollaiato sul trespolo vicino alla finestra.

“Per Draco Malfoy. Sai dove abita. Fai più in fretta che puoi.” disse Hermione dopo aver legato la busta alla zampa dell’animale. Aprì la finestra, e il gufo volò immediatamente fuori: la donna lo guardò finché non scomparve tra i tetti.

Tornò alla scrivania, si risedette stancamente e attese.

 

***

 

7/5/2005

 

L’elfo che l’aveva accolta all’ingresso aprì la porta dello studio e le fece segno di entrare.

“Grazie.” gli disse Hermione con un sorriso. Sentì la porta chiudersi alle proprie spalle e i passi dell’elfo allontanarsi lungo il corridoio. Solo quando tutto tacque trovò il coraggio di alzare lo sguardo sull’uomo in piedi a pochi metri da lei.

“Non ti aspettavo così velocemente.” disse Draco. Sembrava turbato.

“Oh, sapevo già dove abiti.”

Un’espressione sorpresa passò per un attimo sul viso dell’uomo.

“Immagino che tu abbia ricevuto la mia lettera… - Hermione annuì. Notò che sulla lunga scrivania di legno era posato un bicchiere pieno. – Io… ecco, bè… - Draco sospirò profondamente, ridacchiando. – Scusa. Durante le prove questo discorso era venuto decisamente meglio.”

“E’ quello che penso sia?” gli chiese Hermione indicando il bicchiere.

“Sì. Sì, è l’antidoto. Ma prima che tu lo beva, devo dirti alcune cose. – rispose Draco fermando con un cenno della mano le proteste della donna. – Io non… io non ho mai bevuto quella pozione, Hermione. Non ci sono riuscito. Ho finto di averlo fatto quando tu mi hai detto di non ricordare niente. Mi sono sentito tradito, umiliato… solo. Avrei voluto picchiarti per quello che mi avevi fatto. – un altro sospiro, una mano passata velocemente sul viso. – Avrei anche voluto correre nella stanza e raccontarti tutto, a un certo punto, ma ho resistito. I mesi sono passati. E poi improvvisamente era passato un anno, due, tre… due mesi fa ho letto sulla Gazzetta del Profeta che ti saresti sposata. Non potevo permetterti di farlo senza prima farti sapere cos’era successo. Non potevo sposarmi neanch’io, a dirla tutta. Avevo raccolto i frammenti della lettera, quel giorno, sai? Forse, in fondo, sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe arrivato.”

“Draco…”

“No, aspetta; non ho ancora finito. – la interruppe l’uomo. Prese il bicchiere dalla scrivania e si avvicinò a lei di un passo. – Quando ti ho mandato quella lettera, oggi… non speravo nemmeno che venissi. Non so cosa pensavo. Ma ora sei qui. Se vuoi, ora potrai sapere cos’è successo. Ma sappi che cambierà… alcune cose. Molte cose.” aggiunse porgendole il bicchiere. Hermione lo prese con mano tremante.

“Draco… - iniziò la donna, con voce flebile. Si schiarì la voce. – Draco, io… - un sospiro profondo. Lo guardò negli occhi, in silenzio. Poi rovesciò il bicchiere per terra. – Draco, io non ho bisogno di questa pozione. Io so già cos’è successo.”

“Che cosa?! Tu… tu hai bevuto quella pozione, Hermione. Come… com’è possibile?”

“Credevi davvero che avrei potuto rimanere tranquilla tutti questi anni senza sapere cosa fosse successo? – sdrammatizzò lei. – Non è stato difficile capire quale pozione avessimo potuto preparare. Dove avremmo potuto trovare gli ingredienti, a quell’ora? Era ovvio che dovevamo averli in una delle nostre camere, e questo ha ridotto notevolmente il numero delle opzioni. Ho pensato a quelli che avevo io, e alle pozioni che conosco. Quella è stata la parte facile. – continuò scuotendo la testa. – Ti ho aspettato a lungo, sai? Tutti i giorni, in quella stanza, finché non siamo ripartiti. E poi per un altro anno, ho sperato che tu tornassi da me. Avrei voluto bere quell’antidoto con te. Ho trovato il coraggio di berlo da sola quasi due anni dopo. E mi sono sentita disgustata da me stessa.”

“Hermione, non-“

“Non ho ancora finito. Pensavo di essere un’eroina, una santa, quasi, e invece sono stata solo una vigliacca. Non ho avuto il coraggio di prendermi le mie responsabilità. Non potevo credere al fatto di aver tradito Ron. Non potevo credere al fatto che provassi… provassi davvero qualcosa per te. Ma come avrei potuto presentarmi da te due anni dopo, come se nulla fosse? Avevo sentito in giro che eri entrato nella Scuola di Specializzazione; poi, che eri stato assunto dal Ministero in un nuovo Dipartimento. Alla fine, che ti eri fidanzato. – disse la donna lentamente. – Non potevo immaginare che per tutto questo tempo tu… - la voce le si spezzò.  – Mi dispiace. Mi dispiace così tanto. Sono stata una stupida. Non avrei mai voluto farti soffrire.”

“Oh, Hermione… durante quell’anno sei stata l’unica a rivolgermi la parola, lo sai. Sei stata l’unica che… l’unica, e basta. Mi hai fatto soffrire, ma mi hai anche aiutato così tanto…”

“E tu hai fatto lo stesso per me. Lo sai. – rispose Hermione. – Ron era l’amore della mia vita, prima della guerra. Dopo… niente è stato più lo stesso. Nemmeno io. – camminò verso la scrivania e vi appoggiò sopra il bicchiere. Respirò profondamente. – Non so perché tu mi abbia spedito quella lettera, oggi. Ma so perché io sono qui.”

Gli prese il viso tra le mani, dolcemente, e lo baciò. Lui non aspettava altro.

 

 

Fine.

Già, finisce così. Allora, qualche breve nota: l’epilogo dei Doni della Morte è ambientato diciannove anni dopo il 1998, anno della Battaglia di Hogwarts, quindi Rose, che ha undici anni, dev’essere nata tra la fine del 2005 ed agosto del 2006. Perciò, chi vuole può pensare che Hermione e Draco non abbiano mandato all’aria i propri matrimoni, e chi vuole può pensare che l’epilogo della Rowling non esista e Draco e Hermione siano finalmente riusciti a vivere insieme felici e contenti (e io personalmente sono tra questi ultimi! XD). Ho lasciato il finale volutamente aperto, anche perché un lieto fine tutto smielato mi sembrava un po’ eccessivo.

Anche in quest’ultimo capitolo non poteva mancare la lettera: non a caso è il titolo della storia, è un po’ il filo rosso che lega Draco e Hermione, ciò che fa iniziare la loro strana amicizia e ciò che pone fine al fidanzamento di Hermione (forse).

Ovviamente spero di non avervi deluso! J

Ci tengo a ringraziare tutte le persone che mi hanno seguita, preferita e ricordata, ma soprattutto tutti quelli che hanno deciso di lasciarmi una recensione: grazie mille davvero! Questa è stata la mia prima long, e l’ho iniziata piena di insicurezze; probabilmente senza la vostra dose settimanale di autostima mi sarei fermata parecchi capitoli fa. XD

Ho ancora un sacco di altre idee, ovviamente, ma in particolare ho iniziato la stesura di un’altra storia che ha per protagonisti Draco e Hermione, una AU completamente diversa da questa; non anticipo nient’altro per scaramanzia, ma se vorrete leggermi ancora ne sarò più che felice.

Ancora grazie per avermi dedicato il vostro tempo!

A presto,

Contessa

   
 
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