Capitolo
XVII
7/5/2005
“Ma
ti fidi a lasciare James con
Harry e Ron per tutto il pomeriggio?” chiese Hermione
entrando in sala con un
vassoio.
“Ovviamente
no, ma dovranno pur
imparare a badare a un bambino prima o poi, no? – rispose
Ginny prendendo il
vassoio e appoggiandolo sul tavolino davanti al divano. Prese un
biscotto. –
Biscotti al miele? Buoni. Comunque, era arrivato il momento per il
Signor
sono-un-Auror-troppo-importante-per-insegnare-a-nostro-figlio-a-mangiare-decentemente
di passare un po’ di tempo con James. E’ sempre al
lavoro! E inizia già a
propormi un altro figlio…”
“Di
già? Ma James non ha nemmeno
due anni!” disse Hermione sedendosi di fianco a lei sul
divano.
“Lo
so, credimi; lo so bene. –
rispose Ginny passandosi una mano sulla pancia. – Tu,
piuttosto?”
“Io
cosa?”
“Lo
sai.”
“Sì,
certo; e tu sai anche che tuo
fratello ci ha messo sei anni a chiedermi di sposarlo, quindi credo che
dovrai
aspettare altri sei anni per dei nipotini da parte mia.”
“Oh,
Ron è un cretino, dai; se vuoi
un bambino dovrai parlargliene tu!”
“Ginny,
quest’anno sarà terribile
al lavoro, ci stiamo occupando di una rivoluzione totale nel campo dei
diritti dei
centauri… non avrei proprio il tempo per un bambino. E
non… non credo neanche
di essere pronta.”
“Neanch’io
ero pronta per James,
Hermione; non si è mai abbastanza pronti per un bambino! E
poi tu sei già una
zia fantastica, non ti devi preoccupare.” disse Ginny con un
sorriso.
“Se
lo dici tu… - rispose Hermione
prendendo a sua volta un biscotto. – Comunque, prima di
pensare a eventuali
figli ti ricordo che dobbiamo finire di organizzare il matrimonio. Mi
sembra di
essere ancora in alto mare…”
“Ma
mancano due mesi!”
“Appunto,
è pochissimo! Vedrai che
questi giorni voleranno, e dopodomani sarà già il
23 luglio!”
“Merlino,
Hermione, stai
tranquilla! Non sono mica i M.A.G.O.! – ridacchiò
Ginny. – Oh, proprio l’altro
giorno sulla Gazzetta c’era un articolo sul tuo
matrimonio…”
“Davvero?
E cosa c’era scritto? Non
è nemmeno stato celebrato e hanno già da
ridire?!”
“No,
non ti preoccupare; il
giornalista si diceva impaziente delle tue nozze, parlava brevemente di
te e
Ron e poi continuava con gli altri matrimoni famosi previsti
quest’anno.
Neville e Hanna si sposeranno a settembre, e, attenzione!, anche Malfoy
sta per
portare all’altare la sua fidanzata. Fine agosto, mi
pare.”
“E
con chi sta?”
“La
piccola Greengrass. Asteria,
forse. Mi ricordo solo che era più piccola di me,
riccia.”
“Ah,
bene. Qualche altra notizia?”
chiese Hermione con un tono di voce solo leggermente più
acuto del solito.
L’amica non se ne accorse nemmeno.
“A
quanto pare io e Harry siamo di
nuovo in crisi e non verremo al tuo matrimonio. Anzi, forse io
verrò con il mio
nuovo compagno; una fonte anonima ha rivelato che ho appena scoperto di
essere
incinta. – rispose Ginny con aria indifferente. –
L’ho letto sul ‘Settimanale
della Strega.’”
“Oh,
Ginny, mi dispiace tanto.
Lasciali perdere.”
“La
fonte anonima sono io, questa
volta; avevo voglia di divertirmi un po’.” rispose
la giovane donna trattenendo
a stento una risata.
“Cosa?!
Sei proprio una cretina!”
“Ho
anche fatto una passeggiata per
Diagon Alley a braccetto con il fratello di Angelina: i fotografi
stavano
impazzendo!”
“Ginny!”
“Così
imparano a seguirmi ovunque.
Settimana scorsa ce n’era uno anche dal pediatra di
James!”
“Ti
prego, bevi il tuo the in
silenzio. Non voglio sentire un’altra parola. – le
disse Hermione con sguardo
truce. – Ed io che ero veramente dispiaciuta per
te…”
“Oh,
dai, come se non avessi mai
desiderato schiantare un giornalista! L’ultima volta che uno
ha provato a
fotografarti in quel negozio di abiti da sposa l’hai
sigillato in un camerino
per tutto il pomeriggio…”
“Quella era legittima difesa! E ora bevi.”
“Non
posso, non c’è lo zucchero.”
“Uff,
devo averlo dimenticato di
là; vado a prenderlo. – disse Hermione alzandosi e
andando verso la cucina. –
Tu cerca di non organizzare un servizio fotografico nel mio salotto
mentre sono
via.”
Ginny
rise.
Lo
zucchero era sul tavolo, dove
ricordava di averlo lasciato, ma qualcos’altro
attirò l’attenzione di Hermione:
un piccolo gufo che non aveva mai visto era appollaiato sul davanzale
della
finestra, e beccava delicatamente il vetro. La donna prese il barattolo
e aprì
la finestra, lasciando che il gufo zampettasse sul bancone della
cucina; gli
diede una zolletta di zucchero e sciolse il filo della busta che
portava.
Era
azzurra, di medie dimensioni,
senza indirizzo né mittente. Hermione la aprì;
fece un po’ fatica a trovarne il
contenuto. Era un piccolo frammento di pergamena, un frammento di un
foglio che
lei stessa aveva stracciato, anni prima.
Era
la lettera, ancora quella
lettera; in quel pezzettino c’era proprio la firma di Ron.
Sul
retro c’erano due parole,
vergate nella calligrafia spigolosa e disordinata che riconobbe subito.
Io
ricordo.
Hermione
deglutì a vuoto, le mani
tremanti. Annuì, mentre il gufo la guardava con
curiosità; gli diede un’altra
zolletta di zucchero, poi lo sospinse verso la finestra. Prese la
bacchetta e
una giacca dall’ingresso, e tornò in sala.
“Scusa,
Ginny, ho appena ricevuto
una lettera dal lavoro, devo scappare immediatamente.” disse
Hermione
rapidamente. Se ne andò senza neanche aspettare una risposta.
***
13/7/2005
Hermione
si chiuse la porta del
bagno alle spalle e guardò il proprio orologio da polso:
erano le otto e
quarantasette.
Andò
in cucina e controllò anche
l’orologio appeso al muro; segnava la stessa ora.
Sospirò e chiuse meglio un cassetto
già perfettamente chiuso. Tornò nel corridoio e
tese le orecchie per cogliere
eventuali rumori improvvisi: nella via tutto taceva. Era una zona
tranquilla, e
di solito di mercoledì andavano tutti a dormire prima ancora
della dieci.
Ron
tornava sempre alle nove e
quaranta dalla sua partitella settimanale di Quidditch; negli ultimi
tre anni
aveva ritardato due volte, e in un’occasione era tornato a
casa prima, ma solo
perché si era rotto una gamba. Eppure, Hermione era certa
che Ron sarebbe
tornato da un momento all’altro e l’avrebbe
scoperta.
La
donna sospirò nuovamente e andò
verso la camera da letto, ma una volta arrivata sulla porta si accorse
di aver
dimenticato che cosa le servisse. Non erano nemmeno le otto e
quarantotto.
Possibile che non fosse passato neanche un minuto? Possibile; anche
l’orologio
della cucina segnava la stessa ora.
Si
spostò in sala e si sedette sul
divano, ma le sembrò improvvisamente scomodissimo, quasi
appuntito; si alzò e
raddrizzò un quadro. Non aveva abbastanza tempo per mettersi
a leggere, e la
televisione l’avrebbe solo innervosita, così si
limitò a rimanere in piedi nel
bel mezzo della sala; iniziò a farsi una treccia sforzandosi
di non pensare a
niente, ma quando si ricordò che gli elastici erano in bagno
per poco non si
strappò i capelli dalla rabbia. Non poteva entrare in bagno,
non ancora. Almeno
era passato un minuto, nel frattempo.
Le
serviva un bicchiere d’acqua,
possibilmente gelata, perché quelle fastidiose vampate di
calore erano
diventate insopportabili; quasi inciampò mentre camminava
verso la cucina, e
bevve un bicchierone in un solo sorso pur sapendo che le avrebbe
causato un mal
di pancia atroce. D’altronde, nell’ultima settimana
era stata comunque
malissimo, quindi qual era la novità?
Le
otto e quarantanove. Decise di
aspettare un altro minuto per sicurezza. Sulla scatola c’era
scritto due-tre
minuti. Cosa diamine voleva dire due-tre minuti, poi? O sono due o sono
tre,
altrimenti sono due e mezzo.
Una
macchina passò nella via
suonando il clacson, e Hermione per poco non urlò.
Tornò in sala costringendosi
a non tremare, e si sedette sul tappeto.
Ancora
trenta secondi, solo trenta
secondi. Cos’erano trenta secondi in confronto alle ultime
due settimane?
Respirò profondamente.
Venticinque.
Avrebbe
chiuso gli occhi e avrebbe
contato in silenzio.
Venti.
Ron
non sarebbe tornato all’improvviso
e sarebbe andato tutto bene, perché non poteva succedere
proprio adesso, adesso
no, perché c’era il matrimonio e dopo sei anni non
era proprio possibile,
perché adesso?
Dieci.
Un
altro respiro profondo e tutto
sarebbe finito. Domani avrebbe riso della sua stupidità,
domani sarebbe andata
al lavoro finalmente tranquilla, senza la paura di mangiare in pubblico
e poi-
Cinque.
Hermione
aprì gli occhi tre secondi
prima delle otto e cinquanta. Osservò la lancetta dei
secondi mentre sfiorava
il dodici e continuava la sua marcia infinita. La osservò a
lungo.
Erano
le nove e tredici quando ebbe
finalmente il coraggio di alzarsi. Corse in bagno, aprì la
porta e prese in
mano il test di gravidanza.
Era
positivo.
***
18/7/2005
Aveva
chiesto al suo capo un giorno
di ferie dicendogli che doveva occuparsi degli ultimi dettagli del
matrimonio,
e lui gliel’aveva accordato con un sorriso. Hermione
trattenne a stento una
risata, pensando che gli ultimi dettagli erano sistemati due settimane
prima,
ma nemmeno lei sapeva ancora con certezza se avrebbe partecipato a quel
matrimonio così perfettamente organizzato.
Entrò
in camera e si appoggiò
appena al letto ancora sfatto; sul cuscino di Ron trovò
ciò che stava cercando.
Prese con due dita un capello e tornò velocemente in cucina:
la pozione, già
pronta, era sul tavolo. Buttò il capello nel bicchiere, poi
toccò il vetro con
la bacchetta, e infine iniziò a far girare il liquido; sul
libro c’era scritto
di mescolare per cinque minuti.
Non
l’aveva ancora detto a Ron,
ovviamente. Ormai era certa di essere incinta: altri tre test Babbani e
due
magici gliel’avevano confermato, ma solo quella pozione le
avrebbe detto ciò
che voleva sapere veramente. Dopo cinque minuti esatti posò
la bacchetta e
bevve la pozione in due lunghi sorsi, poi riappoggiò il
bicchiere e si sedette
con un profondo sospiro.
Non
riusciva a staccare gli occhi
dalla bacchetta. Il libro diceva che avrebbe dovuto aspettare tre
minuti:
duecento ottanta secondi esatti, e la bacchetta si sarebbe illuminata.
Forse.
Ormai
non sapeva nemmeno lei cosa
sperare. Come poteva continuare a stare con Ron, come poteva anche solo
pensare
di camminare verso di lui in chiesa, dopo quello che aveva fatto? Non
era stato
un piccolo errore di calcolo, questa volta. Erano state intere pagine
di
calcoli sbagliati, addizioni che semplicemente non sarebbero dovute
esistere, e
lei non aveva fatto niente per correggerli. Si era rotolata
nell’errore,
l’aveva accolto dentro di sé senza pensieri, ed
era ritornata a casa ogni
ripromettendosi ogni volta che quella era stata l’ultima.
Ogni volta guardava
l’anello al proprio anulare sinistro, e pensava ai sette anni
trascorsi con
Ron; lui era la sua vita. Sarebbe riuscita a rinunciarvi per sempre?
Hermione
distolse lo sguardo dalla
bacchetta solo per un attimo, e guardò l’orologio:
i tre minuti erano passati.
La bacchetta non aveva emesso nemmeno un minuscolo raggio.
Aspettò
un altro minuto giusto per
scrupolo; sapeva di aver fatto la pozione in maniera perfetta. Nessun
bagliore.
Il
bambino non era di Ron.
Rimase
seduta nella stessa
posizione ancora dieci minuti, pensando al fatto che probabilmente non
sarebbe
più tornata in quella cucina. Poi prese la bacchetta, la
infilò in tasca e si
alzò con un sospiro. Sapeva cosa doveva fare. Lo sapeva da
anni, dopotutto.
Andò
nel piccolo studio e si
sedette alla scrivania; tirò fuori piuma e pergamena dal
cassetto. D’altronde,
tutto era iniziato con una lettera.
Sono
incinta. Il bambino è tuo.
Sono
pronta a lasciare tutto per te.
Hermione
riguardò ciò che aveva
scritto: concisa e diretta. Perfetta. Non sarebbe riuscita a scrivere
di più
senza scoppiare a piangere, comunque, ma non poteva fare lo stesso
errore, non
un’altra volta. Si alzò e infilò la
pergamena in una busta prima di cambiare
idea, poi svegliò il gufo appollaiato sul trespolo vicino
alla finestra.
“Per
Draco Malfoy. Sai dove abita.
Fai più in fretta che puoi.” disse Hermione dopo
aver legato la busta alla
zampa dell’animale. Aprì la finestra, e il gufo
volò immediatamente fuori: la
donna lo guardò finché non scomparve tra i tetti.
Tornò
alla scrivania, si risedette
stancamente e attese.
***
7/5/2005
L’elfo
che l’aveva accolta
all’ingresso aprì la porta dello studio e le fece
segno di entrare.
“Grazie.”
gli disse Hermione con un
sorriso. Sentì la porta chiudersi alle proprie spalle e i
passi dell’elfo
allontanarsi lungo il corridoio. Solo quando tutto tacque
trovò il coraggio di
alzare lo sguardo sull’uomo in piedi a pochi metri da lei.
“Non
ti aspettavo così
velocemente.” disse Draco. Sembrava turbato.
“Oh,
sapevo già dove abiti.”
Un’espressione
sorpresa passò per
un attimo sul viso dell’uomo.
“Immagino
che tu abbia ricevuto la
mia lettera… - Hermione annuì. Notò
che sulla lunga scrivania di legno era
posato un bicchiere pieno. – Io… ecco,
bè… - Draco sospirò profondamente,
ridacchiando. – Scusa. Durante le prove questo discorso era
venuto decisamente
meglio.”
“E’
quello che penso sia?” gli
chiese Hermione indicando il bicchiere.
“Sì.
Sì, è l’antidoto. Ma prima che
tu lo beva, devo dirti alcune cose. – rispose Draco fermando
con un cenno della
mano le proteste della donna. – Io non… io non ho
mai bevuto quella pozione,
Hermione. Non ci sono riuscito. Ho finto di averlo fatto quando tu mi
hai detto
di non ricordare niente. Mi sono sentito tradito, umiliato…
solo. Avrei voluto
picchiarti per quello che mi avevi fatto. – un altro sospiro,
una mano passata
velocemente sul viso. – Avrei anche voluto correre nella
stanza e raccontarti
tutto, a un certo punto, ma ho resistito. I mesi sono passati. E poi
improvvisamente era passato un anno, due, tre… due mesi fa
ho letto sulla
Gazzetta del Profeta che ti saresti sposata. Non potevo permetterti di
farlo
senza prima farti sapere cos’era successo. Non potevo
sposarmi neanch’io, a
dirla tutta. Avevo raccolto i frammenti della lettera, quel giorno,
sai? Forse,
in fondo, sapevo che prima o poi questo giorno sarebbe
arrivato.”
“Draco…”
“No,
aspetta; non ho ancora finito.
– la interruppe l’uomo. Prese il bicchiere dalla
scrivania e si avvicinò a lei
di un passo. – Quando ti ho mandato quella lettera,
oggi… non speravo nemmeno
che venissi. Non so cosa pensavo. Ma ora sei qui. Se vuoi, ora potrai
sapere
cos’è successo. Ma sappi che
cambierà… alcune cose. Molte cose.”
aggiunse
porgendole il bicchiere. Hermione lo prese con mano tremante.
“Draco…
- iniziò la donna, con voce
flebile. Si schiarì la voce. – Draco,
io… - un sospiro profondo. Lo guardò
negli occhi, in silenzio. Poi rovesciò il bicchiere per
terra. – Draco, io non
ho bisogno di questa pozione. Io so già
cos’è successo.”
“Che
cosa?! Tu… tu hai bevuto
quella pozione, Hermione. Come… com’è
possibile?”
“Credevi
davvero che avrei potuto
rimanere tranquilla tutti questi anni senza sapere cosa fosse successo?
–
sdrammatizzò lei. – Non è stato
difficile capire quale pozione avessimo potuto
preparare. Dove avremmo potuto trovare gli ingredienti, a
quell’ora? Era ovvio che
dovevamo averli in una delle nostre camere, e questo ha ridotto
notevolmente il
numero delle opzioni. Ho pensato a quelli che avevo io, e alle pozioni
che
conosco. Quella è stata la parte facile. –
continuò scuotendo la testa. – Ti ho
aspettato a lungo, sai? Tutti i giorni, in quella stanza,
finché non siamo
ripartiti. E poi per un altro anno, ho sperato che tu tornassi da me.
Avrei
voluto bere quell’antidoto con te. Ho trovato il coraggio di
berlo da sola
quasi due anni dopo. E mi sono sentita disgustata da me
stessa.”
“Hermione,
non-“
“Non
ho ancora finito. Pensavo di
essere un’eroina, una santa, quasi, e invece sono stata solo
una vigliacca. Non
ho avuto il coraggio di prendermi le mie responsabilità. Non
potevo credere al
fatto di aver tradito Ron. Non potevo credere al fatto che
provassi… provassi
davvero qualcosa per te. Ma come avrei potuto presentarmi da te due
anni dopo,
come se nulla fosse? Avevo sentito in giro che eri entrato nella Scuola
di
Specializzazione; poi, che eri stato assunto dal Ministero in un nuovo
Dipartimento. Alla fine, che ti eri fidanzato. – disse la
donna lentamente. –
Non potevo immaginare che per tutto questo tempo tu… - la
voce le si
spezzò. –
Mi dispiace. Mi dispiace così
tanto. Sono stata una stupida. Non avrei mai voluto farti
soffrire.”
“Oh,
Hermione… durante quell’anno
sei stata l’unica a rivolgermi la parola, lo sai. Sei stata
l’unica che…
l’unica, e basta. Mi hai fatto soffrire, ma mi hai anche
aiutato così tanto…”
“E
tu hai fatto lo stesso per me.
Lo sai. – rispose Hermione. – Ron era
l’amore della mia vita, prima della
guerra. Dopo… niente è stato più lo
stesso. Nemmeno io. – camminò verso la
scrivania e vi appoggiò sopra il bicchiere.
Respirò profondamente. – Non so
perché tu mi abbia spedito quella lettera, oggi. Ma so
perché io sono qui.”
Gli
prese il viso tra le mani,
dolcemente, e lo baciò. Lui non aspettava altro.
Fine.
Già,
finisce così. Allora, qualche
breve nota: l’epilogo dei Doni della Morte è
ambientato diciannove anni dopo il
1998, anno della Battaglia di Hogwarts, quindi Rose, che ha undici
anni, dev’essere
nata tra la fine del 2005 ed agosto del 2006. Perciò, chi
vuole può pensare che
Hermione e Draco non abbiano mandato all’aria i propri
matrimoni, e chi vuole
può pensare che l’epilogo della Rowling non esista
e Draco e Hermione siano
finalmente riusciti a vivere insieme felici e contenti (e io
personalmente sono
tra questi ultimi! XD). Ho lasciato il finale volutamente aperto, anche
perché
un lieto fine tutto smielato mi sembrava un po’ eccessivo.
Anche
in quest’ultimo capitolo non
poteva mancare la lettera: non a caso è il titolo della
storia, è un po’ il
filo rosso che lega Draco e Hermione, ciò che fa iniziare la
loro strana
amicizia e ciò che pone fine al fidanzamento di Hermione
(forse).
Ovviamente
spero di non avervi
deluso! J
Ci
tengo a ringraziare tutte le
persone che mi hanno seguita, preferita e ricordata, ma soprattutto
tutti
quelli che hanno deciso di lasciarmi una recensione: grazie mille
davvero!
Questa è stata la mia prima long, e l’ho iniziata
piena di insicurezze;
probabilmente senza la vostra dose settimanale di autostima mi sarei
fermata
parecchi capitoli fa. XD
Ho
ancora un sacco di altre idee,
ovviamente, ma in particolare ho iniziato la stesura di
un’altra storia che ha
per protagonisti Draco e Hermione, una AU completamente diversa da
questa; non
anticipo nient’altro per scaramanzia, ma se vorrete leggermi
ancora ne sarò più
che felice.
Ancora
grazie per avermi dedicato
il vostro tempo!
A
presto,
Contessa