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Autore: Lizanna    01/05/2012    2 recensioni
Il suo essere sottomessa da sempre pensava l'avrebbe fregata. Che interesse poteva esserci nel dialogare anche se per iscritto, con qualcuno che non poteva avere proprie opinioni e temeva una qualsiasi lamentela? Eppure quando ricevette l'ennesima risposta insperata dal contenuto ancora più inaspettato del precedente, dovette iniziare a prendere il coraggio che mai aveva posseduto realmente, o forse si era auto imposta di non manifestare mai.
-Io ho risposto perché mi annoio, non per ricevere scuse. E finiscila di essere così triste, non avevi scritto di voler anche se in un pezzo di carta, essere te stessa? Anche se non capisco il divertimento che puoi trovare in un pezzo di carta ed una fottuta penna ingestibile. Comunque ti prometto che un giorno sarai tu a provare piacere nel vedere messi male i tuoi padroni-
Fu un riflesso incondizionato quello di sbarrare gli occhi e mettersi una mano sulla bocca spalancata. Sia per la maleducazione del suo interlocutore che aveva spento una sigaretta sul foglio, e sia per la minaccia finale che augurava ai suoi padroni. In teoria doveva essere lei ad augurare cose brutte verso quelle persone, eppure non ne trovava il coraggio, era davvero schiava anche moralmente.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Insinuava seriamente che lei potesse divertirsi in quel momento? Se era il suo modo di farle comprendere che non era poi così mostruosa, c'era sicuramente riuscito... anche se, credeva fosse solo un illusione dettata dalla differenza di crudeltà fra di due. Ma infondo, lei che sapeva realmente di ciò che aveva compiuto? Non si rammentava nulla perciò potrebbe aver compiuto atti peggiori di quelli a cui aveva appena assistito. In più era incredula dalla reale indole di quell'uomo a cui scriveva da mesi e mesi. Indubbiamente non era convinta che stesse corrispondendo con un gentiluomo, ma neanche con un killer dagli strani poteri trascendentali. Quei vestiti distinti erano sin troppo costosi per il piccolo lavoratore senza smanie che affermava di essere, così come l'aspetto curato ed elegante accompagnato da quei lunghi capelli raccolti da un nastro di seta. L'unica cosa che non era mutata dalle sue supposizioni a proposito di esso, era l'accanimento verso il fumo, anche in quel macabro momento non si era proibito di accenderne una intanto che aspettava la sua risposta, come se avesse intuito che avrebbe dovuto pazientare un po' prima di riceverla.
 
Cosa dirgli? Era così ovvio che in quella circostanza non trovava nulla di cui allietarsi, così logico che replicare con un semplice “no” lo trovava superfluo.
 
-Per quanto ancora ancora cercherai di trattenermi?-
 
Quella voce che sembrava essere riuscita a mettere da parte, invece riemerse per obiettare all'ennesimo tentativo di auto convincimento. Sì, tentava a stento di frenare una risata di cui lei stessa non comprendeva la natura, ma era anche vero che quel disgusto misto a inquietudine di sé stessa la inondava senza sosta.
 
-Mi dica perché dovrei essere divertita da tutto ciò- rispose con un tono che non ammetteva più scherzi, duro e rauco a causa dell'agitazione che non accennava a darle tregua.
 
Lo fissò intensamente, mettendo le mani che prima portava al ventre sul freddo pavimento di legno, i cocci del vetro frantumato sul suolo si infilarono tra le sue carni ma non ci fece quasi caso, si lasciò sfuggire sono un leggero ansimo di dolore che svanì in brevissimo tempo. Lui la imitò, lasciò la posizione genuflessa di fronte a lei per sedersi comodamente, tenendo la schiena un po' curvata lontano dalla sua interlocutrice, ma con lo sguardo così fisso ed intenso da non farle percepire la differenza di divario fra di loro, poi iniziò a ridere, ma quel tono non era per nulla confortante... anzi sembrava una sghignazzata di pura malvagità, indice di un forte godimento su di un qualcosa di oscuro che gli fece persino cadere la sigaretta dalla bocca, la quale finì nell'unico posto in cui non doveva precipitare: la vecchia lampada a petrolio che usava la sera per stare a scrivere era sempre saldamente collocata nel suo tavolino. Era probabilmente caduta durante quella carneficina ma fortunatamente la fiamma era spenta, tuttavia l'età di quell'oggetto non aveva retto l'impatto al suolo versando del liquido infiammabile sulla superficie. Quando la cicca della sigaretta si posò proprio su quel liquido non ebbe neanche il tempo di urlare o semplicemente chiudere gli occhi per lo spavento. Il fascio di luce rosso che la inondò fu talmente violento da rapirla con un abbraccio infuocato, si sentiva morire non tanto dal bruciore ma dal respiro che mancava per tanta violenza che quell'elemento della natura era riuscito a scatenare, forse anzi, sicuramente era la punizione che ella si meritava, eppure non si scottò. Poteva ancora osservare quel colore fulvo infuriato le cui onde parvero aggredirla perfino sotto il punto in cui era seduta, ma nulla arrivava contro la sua pelle se non una leggera percezione di calore.
 
-Qualche tempo fa mi è stato detto che avevo paura degli umani, da quel giorno ho capito quanto in realtà fosse ridicolo, e come loro servissero solo per puro diletto. Ucciderli è gratificante, l'unico sentimento in loro che vale la pena osservare è l'angoscia, perciò mi sono sentito attratto da te poiché non sono mai riuscito a vederti in preda al terrore. Adesso, vedendo cosa sei in realtà comprendo anche il perché di tanta forza ma allo stesso momento mi domando perché tu gli resista, a quella parte di te che sono sicuro, tu abbia compreso quanto sia forte. E' inutile che tu gli tenga testa, quando egli prenderà possesso di te sarà ancora più doloroso. Però se vuoi proprio tentare quest'impossibile impresa, finché lo vorrai mi sporcherò io le mani per te... poiché è un buon passatempo osservare le tue reazioni inaspettate, da quando ho perso tutti i miei amici e non posso giocare a poker, non ho altro di meglio da fare se non fare scommesse sugli umani... sì facciamo che ti considero ancora di quella specie, sennò sarebbe meno incoraggiante per te-.
 
Non solo era presa in giro da sé stessa ma ora anche da un perfetto sconosciuto, perché sì quello non poteva essere la stessa persona che le scriveva. Voleva alzarsi, prenderlo a schiaffi e andarsene via da quel posto che ormai era divenuta una sorta di sfera rossastra senza sfondo alcuno se non le fiamme, ma era conscia del fatto che non ne aveva la forza psicologica né fisica. Si sentiva in colpa tanto che i suoi muscoli parevano giudicare le sue azioni ed impedirle ogni movimento se non quello degli occhi e delle labbra, perfino lingua e gola non volevano muoversi se non sotto forte sforzo. Nonostante la parte di lei in preda alla rabbia di volerlo malamente mandare a quel paese, quella sottomessa al solo pensiero di toccarlo con violenza rabbrividiva, contratta dai ricordi passati su quei fogli di carta che per lei erano più veritieri di ciò che viveva fuori da quei brevi seccati racconti. Anche se le avrebbe causato dolore, voleva sapere se era la stessa persona che la spronava a reagire o se era un personaggio ben costruito per ingannare e ferire un anima che già di per sé era fragile.
 
-E' realmente la stessa persona che scambiava parole con me, oppure era solo una menzogna costruita ottimamente? - decise di provarci, quel dì aveva perso tutto ciò che possedeva, che esso fosse negativo o positivo. Persone, abitazione, convinzioni, ideali, tutto sfumato tra il sangue e le fiamme, perciò se insieme ad esso fosse svanita anche l'unica cosa a cui teneva concretamente, probabilmente ne sarebbe rimasta meno delusa. Sapeva che non doveva lasciarsi ingannare troppo eppure, ci era cascata... forse erano quelli i sentimenti che pensava di non avere? Quella misteriosa forza irrazionale che non ti concede di farsi dominare?
 
 
Maledetta. Era stata senz'altro maledetta da qualche spirito ultraterreno che l'aveva spinta a compiere peccato, ma forse era lei così codarda da non volersi vedere come una colpevole. Non si era mai permessa di compiere un qualsiasi tipo di reato, e non comprendeva come si fosse spinta tanto oltre in così poco tempo. Da donna che mai si era permessa anche solo di lambire con lo sguardo qualcosa che non le appartenesse, era finita con le mani nel proibito, anche se non pregiato, cortile dell'enorme villa in cui era serva. Dalla piccola finestrella della sua mansarda era semplice aggrapparsi all'imponente albero di quercia accanto. Quei rami enormi e sicuri non le diedero poi tanto timore, cosa strana per chi non usciva quasi mai da quelle mura se non per compiere qualche lavoretto nel giardino. Si aggrappò con le esili mani ai tronchi più alti, tentando di prendere l'equilibrio per poggiare anche i piedi, decise di farlo scalza, quei vecchi scarpini di raso non l'avrebbero di certo agevolata in quell'impresa tutt'altro che semplice. Quando riuscì ad immergersi nel basso cuore della quercia le fu semplice allungarsi verso la pianta che le era accanto, ovvero quella d'arancio. Non ricordava in quale libro ma era certa che fosse uno degli alimenti più salutari che esistessero, pieno di vitamine di cui i nomi non le erano entrati in testa. Mentre leggeva la replica del misterioso uomo che la rispondeva ormai da una settimana, si era un po' immedesimata in quel bambino la cui precaria salute andava di pari passo con una poco sana crescita, non che volesse dare la colpa a quello sconosciuto, dato che il fumo poteva solo immaginare quanto fosse un vizio intenso, ma si sentiva in dovere di aiutare anche se con poco quel suo simile. Strappò i frutti che le erano più vicini, purtroppo non poteva salire sulla pianta che non dava l'aria di essere salda come quella in cui si lei poggiava. Mise tutto su un fazzoletto che si era congiunto ai fianchi come un grembiule e tornò nella sua stanza facendo cautela a non precipitare o ancora peggio attirare l'attenzione del cane che sotto fortunatamente pareva assonnato. Un grosso sollievo la pervase quando mise i piedi sul suolo 'amico', per una volta quel brutto odore di vecchio ed umido la fece star bene.
 
 
-Quel volgare che lei... cioè tu utilizzi dovrebbe essere modificato, non il mio cortese, dato che sto parlando ad un perfetto sconosciuto che non ha avuto neanche il garbo di presentarsi. Sa che è l'uomo il primo a doverlo fare? Ma è anche vero che io diritti non ne ho, anzi dovrei cancellare queste righe e andare accapo, ma le lascerò così che possano in qualche modo rappresentare un mio vano tentativo di esprimermi da persona non dico piena... ma almeno dagli accennati sentimenti... ma probabilmente sono abile nell'arte di illudermi. Perciò v.. ti lascio un dono, lo faccio solo perché... mi avanzavano. E non voglio avere sulla coscienza un bambino che come me non può avere la felicità più innocente. Sarà un'inezia, certamente con queste non salterà dalla gioa e benessere acquisiti, ma sono certa, o almeno penso che stare con delle brave persone lo aiuterà. Non che ti trovi così buono, insomma ti immagino più come qualcuno che ci mette l'impegno ma spesso sbaglia, un po' come fai con queste lettere piene di errore e odore di fumo che impregna persino i miei, di polmoni.-
 
L'aveva riletta così tante volte che i suoi occhi si erano gonfiati di un viola poco confortante. Non era per nulla certa di quello che aveva scritto, sembrava un altra persona, oppure era lei? Forse in quelle poche righe aveva avuto il coraggio di tirare fuori quella che era la sua personalità? Doveva ammettere che quell'acidità non le piacque tanto, ma era pur sempre una partenza, seppur difettosa. Lasciò tutto sul solito posto, prima di sistemarsi un po' davanti allo specchio per non risultare trasandata senza alcun motivo. Era sorta da poco l'alba perciò non era normale vederla malconcia senza aver lavorato. Si sistemò i lunghi capelli con la vecchia spazzola in legno che era riuscita a trovare in uno dei tanti scatoloni dimenticati da tutti. Se non fosse per quell'oggetto ora i suoi capelli sarebbero certamente un covo di nodi, specialmente perché teneva una chioma di natura indomabile e fragile, difatti poteva iniziare a scorgere i primi cenni di doppie punte, non si tagliava i capelli da molto, troppo tempo ma era pur vero che non aveva alcuna utilità se non sentirsi ordinata, cosa che sarebbe durata il tempo di tornare a lavoro e rovinarsi ancora. Sembrava quasi che glielo facessero apposta, ogni volta che tentava di curarsi in qualche modo veniva riportata alla normalità del suo stato, sporcata pulendo il camino, sradicando le erbacce a mani nude, o semplicemente picchiata in malo modo perché non si aveva altra mansione indegne da assegnarle. Era così abituata che non sentiva più dolore, i lividi e le cicatrici sul suo corpo erano normali come gli occhi, il naso, la bocca o qualsiasi parte del suo corpo il quale così candido faceva notare ancora di più i segni del maltrattamento. Ma sapeva di non potersi lamentare, oltre agli abusi violenti di quella famiglia non le era stato negato un posto dove riposare, del cibo anche se scarso e la possibilità di vivere anche se forse, era per lei più un obbligo inculcatogli da quella gente sin da piccola. Ella non era nessuno, non aveva il diritto di pensare quando non le era richiesto, anche solo sperare in una morte rapida era un peccato che le sarebbe costato caro. La paura che le venne messa sin da piccola era così grande che fino a quel giorno all'età di ventidue primavere, non osò mai contraddirli anche solo immaginandoselo. Da quel timore era passata persino a studiare, dialogare con qualcuno di esterno utilizzando un tono non sottomesso ed infine a rubare.
 
-Possibile che quell'ebete debba sempre alzarsi così tardi?-. Odiava quella voce, era come puntarle al collo un affilato coltello con sguardo minaccioso. Benché ormai non ne avesse più inquietudine poteva carpire tutto l'astio attraverso le sue parole di ghiaccio.
 
-Se si venisse a sapere che abbiamo una servitù così sprovveduta ne andrebbe della nostra nomea, il giorno del ballo non è tollerabile!- Ed eccola, la seconda voce capace di metterle soggezione, forse più della prima. Erano Sibylle e Ditrich Herrmann, i coniugi che sin da piccola l'avevano comprata senza troppi sforzi. Lei era figlia di un noto medico delle alte caste tedesche, mentre lui un promettente imprenditore d'auto che dopo aver dominato in Germania con moglie a presso, decise di trasferirsi in Inghilterra, prendendo subito dopo lei, ancora bambina.
 
Volevano conquistare il territorio straniero per potersi beare sempre di più del potere che Dio gli aveva concesso. Non aveva mai sopportato il loro modo di pensare, né la loro ossessione per il vile denaro e potere. Erano aridi, tanto che mai si era stupida se quella donna fosse sterile, non che glielo volesse mai auspicare, ma da soggetti così attaccati all'esteriorità non poteva crescere nulla di buono.
 
Aprì la scricchiolante porticella della sua mansarda e scese giù con il solito umore indescrivibile, senza alcun espressione a poterlo rappresentare. Si sarebbe presa il castigo della mattina, cosa che sarebbe accaduta in ogni caso. Quando si alzava prima di loro la scusa abituale era quella di fare troppo rumore, perciò optò per alzarsi dopo, almeno si sarebbe potuta beare di qualche ora in più di riposo.
 
-Possiate scusarmi, ero convinta che oggi vi sareste alzati in tarda mattinata per essere più riposati durante l'importante ricevimento di questa notte-. Bugia.
 
Era conscia del fatto che tutto fosse assurdo. Quella donna non compieva azione alcuna se non strillare e sperperare i soldi del marito, che riposo esigeva tutto ciò? Inoltre quell'uomo sì lavorava, ma solo nello sfruttare i suoi operai prendendosi ogni merito del saper manovrare abilmente quel 'giocattolo' come lo chiamava lui. Era assurda la vita dell'alta borghesia, l'unica cosa che trovavano stancante era l'ascesa persistente ai piani alti, un ossessione che sarebbe durata per tutto l'arco della loro vita.
 
Entrambi la guardarono con il solito disgusto. Era una schiava che portava ovviamente stracci, era di classe inferiore se non inesistente e non era nemmeno tedesca. Era uno degli sporchi inglesi che tanto volevano mettere in secondo piano su di loro, e come tale meritava solo espressioni negative.
 
-Che cosa vuoi saperne tu, sudicia? E' proprio per questi eventi che bisogna iniziare i preparativi il prima possibile!-.
 
Ovviamente erano le sarte a doversi alzare prima e non lei, era così ovvio che per poco non trattenne una risata, sintomo di una troppa acidità tirata fuori poco prima nella lettera.
 
-E poi cos'è questo odore che porti? Agrume? Quando mai ti è stato permesso di mangiare qualcos'altro oltre al pane?-
 
Era disdegnata, furiosa tanto da spingere contro la parete della stanza la schiava la quale sapeva di non poter opporre resistenza, si lasciò crollare sbattendo le spalle contro il rigido muro. Era così stupida da non averci pensato, ma anche se ne fosse stata conscia non aveva nulla con cui cambiarsi, l'unica riserva era a lavare... o almeno ciò che assomigliava di più ad un lavaggio.
 
La donna puntò il tacco della sua luccicante scarpa nera contro di lei, finendo per schiacciarlo sulle carni del ventre. Non sentiva più dolore perciò si sforzò di farle credere che stesse soffrendo per non far durare a lungo quella sua noiosa sete di vendetta incomprensibile. L'unica cosa che le dava fastidio erano i tanti lividi che la segnavano, nessuno se non quelle persone li avrebbero mai osservati, ma non poteva far a meno di auspicare che un giorno la sua pelle non ne ricevesse altri. Erano la firma di quelle persone che le ricordavano anche in assenza, la sua schiavitù serrata.
 
Fortunatamente però, il marito andava di fretta così non rimase neanche ad assistere alla scena, si era risparmiata qualche contusione in più.
 
-Non rispondi? Bene vorrà dire che troverò i resti e te li farò mangiare a forza, anche se putridi. Così capirai che le tue rivoltanti mani non devono contaminare il nostro cibo-.
 
A quelle parole sentì qualcosa di sconosciuto. Era forse dalle prime botte subite da bambina che il cuore, non le batteva forte, ma quelle pulsazione erano superiori. Era assurdo quanto quel muscolo potesse reprimerle la respirazione e agitare ogni angolo del suo corpo, non aveva la forza di alzarsi e incontrare il volto di quella donna che scopriva il suo segreto. Al solo pensiero si sentiva in apnea, le pareti e gli ornamenti della sfarzosa cucina parevano sparire annebbiandosi sempre di più davanti a lei che rimaneva immobile senza vita. In quel momento capì che non era vuota ma solamente riponeva quei sentimenti di cui aveva così timore su carta, era così ingenua da farsi rapire subito da due discorsi sgrammaticati e abbozzati con poca voglia? Non sapeva dirsi di no, anche se ciò la faceva sentire così dannatamente stupida.
 
-Dovevo immaginare che una poveraccia come te, non avesse lasciato nemmeno la scorza! Comunque sia farò chiudere la finestra così che possa entrarti solo un filo di luce e nient'altro-.
 
Lo disse con un tono così infuriato che se non fosse per l'agitazione che la infestava, si sarebbe messa a ridere di goduria, perché non aveva trovato le prove che tanto sperava, ciò nonostante avrebbe incassato una punizione che forse sarebbe stata la sua rovina. Come poteva ricevere le lettere o darle se non si poteva più entrare dalla finestra... e soprattutto, come aveva fatto ad entrare in così poco tempo, prendere tutto ed uscire? Era stata sfacciata fortuna, non c'era altra risposta che potesse trovare sensata se non vi inseriva anche i fenomeni sovrannaturali che tanto si era imposta di non tirar mai fuori.
 
-Ora vai a dare una mano alle sarte e alle truccatrici, per le diciotto in punto voglio che tutto il necessario per me sia pronto-
 
Sì, era fortuna quella che oggi la guidava in una danza silenziosa.
 
**
Soffocava, e questa volta non era a causa di una comune emozione ma del busto che le sarte l'avevano convinta ad indossare. Non ne era per nulla certa, ma quando le graziose cameriere decisero di servirsi anche di lei per dare una mano, anche se in un angolino oscuro della sala, la obbligarono insieme alle sarte a darsi anche un aggiustata, per quanto fosse sobria e con pochi ornamenti, naturalmente. Non aveva afferrato molto di ciò che le era stato fatto se non una rammendata ai capelli che ora aveva raccolti ed una strana polvere che le aveva coperto i segni sulla pelle ed il volto, che non appariva più stanco ma lucido, come se avesse dormito più delle sue classiche cinque ore. Le era stato fatto indossare lo stesso abito delle cameriere, una semplice tenuta di pizzo color crema ornato da qualche nastro di seta che ne facilitavano la comodità di quella gonna così gonfia che la fece sentire quasi nuda, abituata com'era alle gonne vuote, che accarezzano le gambe in ogni movimento. Infine per renderla più attraente a detta loro, era stata fornita anche di un busto, che lei trovò più doloroso di ogni tortura. Sicuramente il suo girovita ora si era ridotto di almeno dieci centimetri ed il suo seno era così in alto da renderle faticoso qualsiasi movimento col timore che nulla fuoriuscisse. Si sentiva ancora più goffa di quanto non potesse già esserlo, e quando ruppe un bicchiere si sarebbe tanto voluta infilare nei suoi vecchi stracci e ritirarsi a fare i suoi lavoracci. Oltre uno sguardo scandalizzato di qualche madame che prontamente aveva nascosto ogni labiale con mani guantate o ventagli di pizzo eccentrici, tutti tornarono ai loro monotoni balli e risate senza senso, condite di falsità di volersi bene o solo apprezzarsi, o forse era l'unica a capire che era un mare di finzione?
 
Uno schiaffo secco e silenzioso la tramortì prima ancora che potesse creare un qualsiasi ragionamento sul come la menzogna fosse tanto di moda. Sicuramente in quella villa la violenza era ancora più abituale della prima citata, e la sua guancia scottante ne era le prova. Le ciocche imprigionate dai tanti ornamenti per capelli si erano spostati da quanto era stato forte l'impatto, ora aveva la vista color castana e sicuramente stava tornando al suo abituale stato di poca eleganza.
-Tu! Mi chiedo chi diavolo ti abbia messo a lavorare qui, dovresti marcire nel tuo stanzino senza cena!- la voce irritata a denti stretti dell'uomo di casa la fece trasalire dei suoi pensieri futili, per farla tornare al solito vuoto che sentiva ogni qual volta veniva maltrattata. Non si era neanche resa conto di essere caduta sui cocci di vetro del bicchiere rotto, e benché si stavano facendo strada tra le vesti della gonna, non muovette di un millimetro le gambe neanche quando arrivarono alle carni, pungendole. La fortuna con cui aveva danzato era svanita concedendo probabilmente un ballo ad un altra donzella più elegante di lei. Si interrogò sul perché durante quell'effimero tempo, avesse deciso di accompagnarla, forse voleva sbeffeggiarla?
Guardò l'uomo con sguardo spento, non lo voleva pregare ma si augurava che mettesse presto fine a tutto questo deludente ballo con la sorte. Non faceva per lei provare ad essere anche se solo di un grado, superiore a ciò che le era stato costretto a diventare, essere e restare in eterno, così quando vide quel pugno arrivarle ne fu sollevata, sapeva che era il colpo di grazia per quella serata, e poi sarebbe finalmente ritornata ai suoi lavori abituali, perciò serrò chi occhi ma con leggerezza, aspettando quel destino che seppur doloroso per il suo fisico, mai lo sarebbe stato così tanto per la sua anima che sanguinava. Lo attese, per un tempo indefinito ma mai sentì nessuna parte del suo corpo impattare con le nocche ed i sfarzosi anelli dell'uomo, in compenso poté comprendere dal silenzio improvviso nella sala, che qualcosa era accaduto, e li aveva lasciati privi di qualsiasi vocabolo.
Così decise anche se incerta, di riaprire gli occhi. Il pugno era a pochi centimetri dal suo volto, tanto che dovette spostare lo sguardo altrove per poter avere una visuale concreta della situazione. Il polso del suo padrone era stretto da una mano molto più scura della sua candida nordica. Era quella che poteva definire latina, probabilmente non era neanche inglese e si era permesso di fermare quell'uomo che odiava tutto ciò che non era tedesco. Ciò era un po' divertente, si era fatto beffare da chissà chi, ma per poterlo fare in quel modo doveva di certo ricoprire una carica considerevole... e per uno così, che senso aveva salvarla?
-Qualsiasi festa non dovrebbe coprirsi di sangue e violenza, sinceramente trovo noioso che tutta l'attenzione vada su questi gesti poco eleganti-.
Fissò per un breve istante la persona che parlava, era pura curiosità ma non voleva osservare troppo quella figura che aveva così tanta differenza di rango, solo con un occhiata poteva offenderlo. Era giovane, sicuramente non superava di molto la sua età, eppure dai vestiti così costosi da sembrare di avere il prezzo ricamato su di essi per ribadirlo ai più ignoranti... aveva i capelli corti, cosa che in quel periodo era assolutamente fuori luogo. Era bizzarro, soprattutto quel riccio capello color ebano che nonostante fosse tirato indietro, gridava per essere liberato e coprirgli la fronte, assolutamente se lo avrebbe visto in abiti normali, non lo avrebbe etichettato come nobile che presumibilmente era.
-Tenga usi questo per alzarsi, così che i cocci del bicchiere non la feriscano.-
Aveva lasciato sia la presa dal suo padrone che un guanto di pelle che probabilmente, anzi certamente valeva più della sua stessa misera esistenza. Non sapeva che fare, ma decise di accettare il gesto per non offendere la gratitudine di quell'uomo, infilò il guanto molto più grande della sua taglia e con la mano si tirò su, fuggendo subito nella sua stanza. Probabilmente era così ferita da aver sporcato quell'abito e sarebbe stata una vergogna farsi ancora vedere dopo quella imbarazzante scena. Però si sentiva in colpa, non aveva avuto il tempo né la forza di rispondere a quella persona, la differenza di casato era stato come un mattone buttato da alti piani, pesante, intollerabile per le sue corde vocali. Ammetteva che quel breve ricordo del suo volto, lo avrebbe per sempre attribuito alla fortuna con cui il giorno aveva danzato, e che pareva ugualmente volerla lasciare in fine serata, con un dubbio non del tutto positivo. Appena riuscì ad entrare nella sua stanza, sopra al suo tavolino trovò la lampada a petrolio accesa, cosa che non aveva fatto dato che non era riuscita a metterci piede in tutta la giornata. Nel pavimento, sul tavolo... ovunque era cosparso di cicche di sigaretta, tanto da farle poggiare una mano sul volto, quella ancora coperta dal guanto, il quale puzzava tremendamente di fumo, o forse si era semplicemente fatta contagiare da quell'enorme cumulo di sporcizia puzzolente?
 
-Pensavo di aver fatto un passo falso molto grosso il giorno che ci siamo incontrati, in quella noiosissima festa da ballo in casa tua... anzi, dovrei dire la tua passata dimora-.
Dopo quell'affermazione si accese l'ennesima sigaretta, mentre sembrava che quella palla di fuoco si stesse spegnendo accompagnata da un leggero abbassamento di essa, come se stesse precipitando nel vuoto più assoluto.
Era davvero lui il volto della fortuna con cui aveva ballato? Doveva ammetterlo... la sbirciata che gli aveva dato era stato così fugace da lasciare poco alla memoria, ma una cosa ricordava, ed era l'odore di fumo. Non sapeva che ogni marca producesse un odore diverso, ma se fosse stato così non avrebbe più avuto modo di negarsi che quella persona era la stessa con cui scriveva, con cui viveva quello straccio di vita sincera, e che persino l'aveva salvata ma, aveva in poco tempo scombussolato la sua intera esistenza. Una parte di lei trovava tutto chiaro, il come potesse entrare nella sua stanza anche se sigillata, la pregiata carta che usava per scriverle e le parole così volgari che utilizzava insieme a quel modo di pensare forte di una carica alta, intoccabile. Ma proprio per quest'ultima parte non si spiegava perché parlasse di povertà e diritti strappati, di giocate a poker e piccoli furti, di lavori faticosi e dolori in ogni dove, di come odiava dover fare i compiti a qualcun altro o sentirsi prendere in giro perché poco acculturato. Era assolutamente un controsenso, un impossibile descrizione di un nobile che non poteva permettersi di essere volgare, ladro ed incolto. Era anche vero che lei era l'opposto, nonostante non avesse diritto aveva una cultura se pur non paragonabile a quella dei nobili o borghesi figli che frequentavano istituti prestigiosi. Ma lei lo faceva di nascosto, mentre lui non poteva coprire il non studiare... anche se, l'uomo che l'aveva salvata era così elegante e gentile, con uno splendore così candido da opporsi contro quel nero acceso che pareva emanare l'uomo dinnanzi a lei.
-Non può essere la stessa persona!- ribatté con tutta la forza che le era rimasta. Quella figura denominata da lei fortuna non poteva essere la stessa carestia che si era abbattuta ora con quell'impeto violento.
-Perché no?- nonostante la sua interlocutrice fosse pervasa dai sentimenti, lui rimaneva freddo, forse un po' stralunato e sorpreso dalle domande che gli venivano poste. Era stata in mezzo ad un omicidio, aveva visto la sua mano trapassare un uomo, mangiargli il cuore. Il suo sangue colava di nero, le fiamme improvvise non l'avevano colpita ed ora navigava nel nulla, in una sfera d'aria... eppure, si opponeva a quell'unica risposta che sapeva darsi, forse tormentata dal fatto di essersi avvicinata troppo alla soffocante morte che lui era. Quel briciolo di bianco che gli restava, sembrava volerlo convincere di lasciarle quella menzogna intatta per affidarle un po' di forza. Ma dopo quella trasformazione, anche se temporanea sarebbe servito a qualcosa? Assolutamente no, il Conte sarebbe arrivato ad istanti ed infine tutto sarebbe tornato a riva più doloroso che mai. Se proprio doveva saperlo, era meglio dalla sua voce, così avrebbe per lo meno potuto osservare una probabile ed ennesima reazione contro ogni scommessa.
-Perché lei è un rozzo ed ignorante, che nulla può aver a che fare con l'eleganza e la gentilezza dell'uomo che cita!- lo sfidava con lo sguardo, pronta a trovare nei suoi occhi quel segnale di cedimento che lo avrebbe tradito. Non si intendeva molto di persone, ne aveva conosciute poche nella sua breve esistenza, però... la bugia la intuiva da pochi gesti, parole e sguardi, quelli che erano ancora assenti nei modi di fare di lui, che era così dannatamente naturale.
Aveva i capelli lunghi, raccolti in una classica coda che tanto va di moda tra i nobili, proprio quel dettaglio che mancava all'uomo che l'aveva salvata. Era passato piuttosto tempo, forse se li era lasciati crescere... ma ormai non aveva altro a cui aggrapparsi per auto convincersi di non avere dinnanzi lo stesso.
Si abbassò un po', porgendo la mano alla donna la quale rimase confusa. Che voleva dire quel gesto?

-Mi conceda questo ballo, così che io possa rettificare l'impressione che le ho dato di me-.
 
Era serio? Trovava che questo fosse il momento giusto per darsi ad una danza, nel bel mezzo di un discorso in un luogo indefinito? Eppure volle fidarsi, forse era un modo per lasciarsi andare e parlarle della realtà. Alzò la mano, osservandola leggermente per poi togliere le schegge di specchio che aveva, rimase stupita quando notò che non ne trovava più così come il dolore e le ferite. Lasciò perdere qualsiasi ragionamento perché sapeva che la fila era ben più lunga, ed ora doveva trovare per lo meno una risposta. Afferrò la sua mano tesa con una stretta incerta, in queste situazioni non sapeva bene cosa fare, forse doveva solo poggiarla? Aveva utilizzato la presa giusta? O forse non doveva proprio toccarlo? Lui non sembrò ridere del suo atto, perciò intuì che non fosse così errato.
Si lasciò accompagnare dalla leggera spinta verso l'alto che la fece tornare in piedi, subito la mano libera di lui si posò sulla sua schiena, delicatamente... quasi a volerla accarezzare con timore.
Divenne quasi un tronco, la sua schiena era così contorta nell'agitazione che si era raddrizzata come non mai. Non era abituata ai tocchi gentili, soprattutto di un uomo ed in certe zone, su cui aveva dovuto sempre percepire torture di ogni sorta. Doveva ammettere che nonostante l'imbarazzo trovava piacevole quel piccolo contatto per quanto fosse freddo, come il suo modo di fare ed il suo sguardo divertito, come se stesse scavando dentro di lei e sapendo tutto ciò che ella provava in quell'istante si sentisse già vincente, o forse felice di averla fatta emozionare, dopo i suoi tanti insistenti messaggi in cui descriveva la sua anima illusoria o il suo carattere in fin di vita. Era riuscito a smentirla in ogni riga da lei scritta ed ora con eleganza, voleva concludere il tutto con una danza della verità, che prendesse il posto di quella fortunata di tanti mesi fa. La fece volteggiare intorno a sé stessa per qualche istante, non provò a fare nulla di complesso se non muoverla come una bambolina ed osservarla con ardore di chi era consapevole di aver tra le mani un giocattolo acquisito con tanta fatica. E lei si sentiva idiota, a lasciarsi muovere così, senza opporre resistenza o per lo meno tentare di fare qualche passo con il suo cervello. Non sapeva neanche immaginarsi un ballo, figurarsi compierlo soprattutto quando il suo cavaliere pareva saperlo fare in maniera così naturale, mandando a bruciare tutti gli insulti vani sul suo conto. Per saper ballare non bisognava essere di certo nobili, ma quel suo modo di fare così dannatamente disinvolto non lasciava spazio ad alcun dubbio, cullandola con dolcezza forse all'inferno, perché era troppo surreale per potersi concludere bene.

-Ora...-
 
Si fermò di scatto, senza preavviso alcuno portando il volto a pochi centimetri da quello di lei, ancora frastornata dai tanti giri. Era ancora più divertito di prima, i suoi occhi fulvi parevano risplendere ancora più di prima, diventando due pietre di quarzo citrino incastonate, che mai aveva trovato così luminose dalle descrizioni dei libri. Era ovvio che si sollazzava, era come se quel colore glielo volesse comunicare senza vergogna alcuna, anzi orgoglioso di essersi svagato con lei per quei pochi istanti macabri. Forse la stava sfidando a comunicare anch'ella con il suo sguardo, ma non vi riuscì perché per la prima volta in quella giornata si sentì cadere. Non aveva più quella mano sulla schiena, e sentiva quella parte poco prima coperta gelarle la pelle. Era incapace di muoversi, e subito capì che stava precipitando, sotto la risata di lui che forse si stava godendo il massimo del piacere. Forse ora doveva provare paura?

***


Ho deciso di aprire un piccolo angolo dello scrittore per chiarire due cose che anche se non mi vengono domandate, sono certa che nella mente di chi legge, frullano :P

Beh la prima è senz'altro... ma la OC di questa fanfiction ha un nome? Ebbene sì lo ha, solo che lo saprete nel prossimo capitolo.

E perché nel prossimo? Questa fanfiction è impostata in maniera differente da una tipica. Come avrete notato sto descrivendo il presente inserendovi dei ricordi, i quali piano piano faranno capire il rapporto tra i due protagonisti di ora. Non volevo iniziare la storia con soli ricordi, trovavo che così avrebbe preso un andamento troppo lento e poco curioso, svelando subito ogni carta in gioco si perde anche il gusto di leggere, secondo me.

Se pensate di avere tutto chiaro riguardo alla storia... Beh per non deludervi vi dico che amo far credere qualcosa al lettore, non un inganno eh... mi piace solo sorprendere. Vi sembrerà forse banale, una delle tante OC con quel potere oscuro (non lo dico ma penso sia ovvio xD) ma... forse non lo è? O forse sì?

Narro sempre da punti di vista differenti? Sì ma per ora mi focalizzo su loro due, dando un capitolo a testa. Non amo avere un solo protagonista ma tanti, senza dargli però troppa soggettività. Mi piace esprimere cosa pensano/provano senza lasciare una linea confusa macchiata dai loro sentimenti, ovvero usando la prima persona penso di non rendere oggettivo il tutto. Perciò nonostante manterrò sempre la terza persona il punto di vista sarà sempre girato.


 

Boh per ora non ho altro da chiarire, ringrazio Momoko Nuirene che mi leggono e apprezzano pubblicamente, vi sono debitrice, state insabbiando la mia insicurezza xD alla prossima ^^

  
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