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Autore: TwinStar    25/11/2006    4 recensioni
C’è un’intera realtà
scandita di ricordi
che aspetta solo d’essere vista con occhi nuovi.
Genere: Triste, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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AMARCORD

 

 Bgm: Barlow girl – Never Alone

I cry out with no reply and
I can't feel You by my side
So I'll hold tight to what I know
You're here and I'm never alone.
[1]

 

Nota: Sapevate che nel linguaggio dei fiori la LAVANDA (che dà il titolo a questo capitolo) simboleggia la diffidenza?

 

 

***

 

Se aprisse gli occhi non vedrebbe nulla davanti a sé.

Solo il buio impenetrabile che tiene intrappolato nelle palpebre, con la luce della notte al di là delle persiane chiuse sotto l’oppressione della cappa asfissiante di una calda estate londinese.

Eppure gli è parso d’aver abbassato le ciglia solo un momento, per riposare un istante le pupille incandescenti.

Ora è più stanco di prima.

Neanche gli è stata data la consolazione di un temporaneo oblio, ma la cosa invece d’irritarlo lo conforta. Perché le notti di riposo fanno parte di un passato talmente remoto che sembra non appartenergli nemmeno.

Eppure ricorda ancora il calore delle coperte bianche, e il moto pigro delle tende scarlatte che filtrano i raggi di un caldo sole di primavera tarda, e un sorriso gli squarcia il viso come una ferita amara perché soltanto fino a ieri il rosso non gli ha rammentato altro che la consistenza densa e dolciastra del sangue.

Persino gli odori hanno smesso di tormentarlo. Forse le narici, spossate dalla prolungata mancanza di sonno, hanno semplicemente smesso di catalogare insistenti la realtà marcia e sporca in cui si confonde: non si avverte che un lieve sentore di polvere sopraffatto da un prepotente, stomachevole aroma zuccherino.

La bocca gli si storce sua sponte in una smorfia nauseata.

“Hai esagerato con l’acqua di colonia, appesterai tutta la casa.”

Non c’è risposta alla sua affermazione, cade nel vuoto echeggiante di una casa spoglia in un istante stupito e carico d’attese. Poi dalle sue spalle, soffocata dal fine tessuto di un lenzuolo che gli copre le forme troppo magre, una risata bassa e roca dai toni sguaiati gli vibra contro la guancia attraverso la federa calda del cuscino, così tenera e familiare da sembrar prodotta da se stesso.

“Non è così male.”, risponde una voce carica di compiaciuta, sensuale malizia mentre un anelito diaccio che sa dell’odore piacevole e pungente che già gli risveglia i sensi sale a soffiargli molesto contro l’orecchio, seguendo quel brivido appagante che scivola giù lungo il collo e la schiena.

Non apre gli occhi, lasciandosi guidare dal profumo che ora lo impregna tutto e dai ricordi della prima volta che l’ha sentito che gli si affollano dentro: nella mente uno spicchio di luna sottile, appena un accenno ridente, digrada lenta all’orizzonte gocciolando latte sulla superficie di velluto di un lago nero puntellato di stelle. Fatica a riconoscere in sé quel giovane serio e astuto con gli occhi a splendere vivi dietro le ciglia abbassate e le labbra protese, anelanti.

E’ vero, non è poi così male.

“Cos’è, lavanda?”, sospira appagato.

“No.”, è la replica annoiata. “Qualcos’altro.”

 


[1] Traduzione becera a cura di una che aveva 5 in inglese al liceo: “Ho gridato senza ottenere una risposta e / non riesco a sentirti al mio fianco. / Allora mi aggrapperò con forza a ciò che conosco. / Tu sei qui e io non sono mai sola.”

  
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