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Autore: SparkingJester    03/05/2012    0 recensioni
Nell'antica Babilonia, un abile condottiero siede annoiato nel palazzo reale dopo un estenuante giornata. L'unico modo per farlo addormentare è allietarlo con una favola: un'antica leggenda babilonese.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Astor!»
Mi sentii chiamare.
«Astor, per gli Dei! Vieni subito qua!»
Corsi lungo il corridoio che portava alle stanze private del mio signore. L'armatura pesava, ma nonostante tutto mi teneva al caldo, riparandomi da quella fresca serata primaverile.
Aprii la porta, scostai le tende e giunsi dal mio condottiero, Alessandro Il Macedone. Avevamo appena vinto la battaglia di Gaugamela e superato i Fuochi Eterni di Gugan per giungere in questa splendida metropoli: Babilonia. Una città immensa e lussureggiante, ma al mio signore non era importato molto. Certo era stato soddisfatto d’aver assoggettato il satrapo Mazeo senza perdite di tempo, aveva goduto della splendida visione dei Giardini Pensili e aveva già assaporato una compagnia ben più... intima. In quel momento era lì, semi-sdraiato su un comodo mucchio di cuscini, circondato da arazzi, vino e cibo, caraffe d'oro e d'argento, tappeti pregiati e, alle spalle un enorme, letto circolare. La sala era drappeggiata di rosso ed oro, le uniche chiazze di colore contrastante erano le grigie armature delle sue guardie personali in piedi come cani, o meglio come statue.
«Astor, mi sto davvero annoiando. Sono troppo stanco per alzarmi e ho troppe energie per dormire. Mi sento come quando ero fanciullo... Prima di dormire, mia madre mi narrava sempre una storia. Leggende sulle antiche divinità greche, sulle loro gesta o sulla loro nascita. Stasera voglio sentire una leggenda. Fa portare qua uno schiavo babilonese, uno qualsiasi.»
Non potei che chinare il capo e uscire dalla camera da letto. Mi guardai attorno ma il corridoio era vuoto. A parte le sentinelle sulla porta, nessuno. Mi voltai e ordinai ad una delle guardie di correre a chiamare uno dei servitori, di portarlo con la forza se necessario.
La guardia rispose con un freddo: «Si, Comandante.»
E corse via.

Tornò dopo qualche minuto trascinando per un braccio un giovane.
«Non potete farmi questo nel bel mezzo della notte! Devo riposare o non potrò servire Il Grande domani! Lasciatemi andare, vi supplico!»
Mi venne compassione per quel ragazzo e lo tranquillizzai con tono pacato.
«Sta calmo figliolo, nessuno ti farà del male. Non sei qui per rispondere di alcun crimine, né verrai usato per soddisfare qualche oscuro istinto. Sei qui solo per raccontare una storia.»
«Una storia?»
Annuii e ordinai alle guardie di condurlo nella stanza.
Venne portato di fronte ad Alessandro e costretto con forza ad inginocchiarsi e a chinare il capo in segno di rispetto. Il Conquistatore fece un vago gesto con la mano e ordinò a tutti i suoi uomini di abbandonare la camera. Feci per andarmene ma mi sentii chiamare ancora.
«Tu no, Astor. Resta, fammi compagnia. Non ho voglia di stare da solo.» Disse con tono freddo e stanco.
«Allora, schiavo. Qual è il tuo nome?»
Il servo rispose con voce spezzata:
«Tolias, Mio Signore»
Aveva paura, si sentiva la puzza della paura. D'altronde, era questo che provavano tutti coloro i quali stavano intorno ad Alessandro. Se aveva domato Bucefalo, poteva domare chiunque.
«Bene, Tolias. Hai moglie?»
«Si, Mio Signore.»
«E figli?»
«Uno signore, una femmina.»
«Oh, spero cresca bene e spero diventi una graziosa fanciulla.»
«La ringrazio per la sua benedizione, Conquistatore.»
«Racconti mai qualche storia alla tua bambina? Magari prima che si addormenti, per facilitarle il sonno.»
«Si, Mio Signore. Molte storie.»
«Vorrei sentirne una anch'io. Adesso.»
«Ma, signore... sono storie per fanciulli. Non sono adatte ad un grande condottiero quale siete voi...»
Iniziava a gesticolare e ad agitarsi. Lo assalì il timore di una punizione per non aver saputo intrattenere il Magno Alessandro.
«Dovrai pur conoscere qualche leggenda... Magari una leggenda babilonese.»
Alessandro iniziava ad essere inquieto. Si voltava di qua e di là e il tono della sua voce aumentava ad ogni frase. Stava perdendo la pazienza.
«Volete conoscere le origini della città mio signore? Una storia sui Giardini Pensili, forse? Conoscere le gesta del grande Gilgamesh?»
«NO!»
Il Grande gridò, e il silenzio calò. Momenti interminabili ma infine Alessandro riprese:
«Voglio una leggenda. Una qualsiasi ma che non tratti dei giardini o del tuo dio. Qualcosa di diverso.»
Il volto del servo divenne cupo. Si mordeva continuamente il labbro inferiore e fissava il pavimento con insistenza.
«Proprio niente? Così sia. Astor, uccidilo.»
Ebbi un momento di esitazione nell'estrarre la spada ma ringraziai quell'attimo. Il servo levò la testa e con occhi tremanti supplicò pietà.
«Signore, no! Chiedo perdono! C'è, c'è una leggenda. Una leggenda che ormai pochi ricordano ancora.»
«Che razza di leggenda è se sono in pochi a conoscerla? Sarà una favoletta inventata sul momento... Astor!»
Estrassi la spada e feci per avvicinarmi.
«Mio Signore aspetti! Non l'ho inventata! Ma le nuove generazioni non la conoscono! Solo gli anziani e i sacerdoti conoscono questa leggenda! Ai giovani di oggi non interessano queste 'favole per bambini', così ormai sono pochi coloro i quali rammentano questi avvenimenti.»
«Ricordare avvenimenti? Vuoi dire che è accaduto davvero?»
«Non saprei dirlo mio signore, io sono giovane ma mio nonno ha raccontato questa leggenda centinaia di volte. Era molto attaccato alla tradizione di tramandare storie e io sono uno dei pochi della mia età che la conosce. Si dice sia un avvenimento accaduto realmente, altri invece pensano sia solo una leggenda nata da un beone o da un folle.»
Alessandro sembrò calmarsi. Sprofondò ancora di più tra i cuscini, mi fece segno di rinfoderare la lama e bevve un sorso di vino. Io non avevo nessuna voglia di ascoltare questa fantomatica leggenda ma non avevo scelta, così stetti ad ascoltare.
«Se mi è concesso...»
«Inizia pure, Tolias»>
  
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