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Autore: Panda_chan    05/05/2012    11 recensioni
Una raccolta di 12 one shot, una per ogni mese, con protagonisti Sasuke e Sakura.
Ultimo capitolo! :D
Dicembre, Natale: Incurante delle richieste dei suoi genitori, ha snobbato il pranzo della famiglia – un po’ più povero, quest’anno, per ovvie ragioni – e quasi senza salutare si è fiondata fuori casa.
Nessuno le ha chiesto dove andasse. Lo sanno tutti, in ogni caso.
E disapprovano.
Ma a Natale tutti devono essere più buoni, giusto?
Allora quella è la sua buona azione.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Ebbene, eccoci qui con l’ultimo capitolo di questa raccolta.
Comincio con il dirvi che è collegato al mese del capitolo precedente, Novembre, seppure ambientato in un momento successivo.
Konoha esce dalla terrificante guerra contro Madara, guerra che ha raggiunto anche il villaggio (questa, lo ricordo, è una mia invenzione, non ho assolutamente idea di che progetti abbia Kishi in merito :D).
Sempre secondo la mia bacata immaginazione, Sasuke ha affrontato un processo, da cui è uscito vivo ma condannato per tradimento, ed ora risiede recluso al villaggio semidistrutto in via di ricostruzione.
Come ho già detto in precedenza, non penso proprio che nel mondo di Naruto si tenga conto delle festività che per noi sono fondamentali, ma spero mi perdonerete la licenza poetica di aver inserito il Natale. ^^
Questo è quanto serve sapere per non perdersi, il resto lo lascio a conclusione del capitolo!
Buona lettura! :D

 

Dicembre

 

Il freddo si è fatto da un paio di settimane ancora più pungente, se possibile, e il vento gelido taglia il viso di chi mette incautamente il naso fuori casa, ma come sempre Sakura non se ne cura, ed esce nonostante le proteste di sua madre.
Mentre si stringe nel cappotto e si accomoda la sciarpa attorno al collo per non ammalarsi, pensa che in fin dei conti la mamma non ha tutti i torti a prendersela in quel modo.
È il giorno di Natale e lei, incurante delle richieste dei suoi genitori, ha snobbato il pranzo della famiglia – un po’ più povero, quest’anno, per ovvie ragioni – e quasi senza salutare si è fiondata fuori casa.
Nessuno le ha chiesto dove andasse. Lo sanno tutti, in ogni caso.
E disapprovano.
Ma a Natale tutti devono essere più buoni, giusto?
Allora quella è la sua buona azione.
Konoha è in una condizione un poco migliore rispetto a un mese prima, e grazie agli sforzi di tutti la situazione migliora di giorno in giorno.
Ormai quasi tutte le macerie sono state rimosse, ed anche se i segni della distruzione ci sono ancora il villaggio si sta rialzando.
Sakura cammina spedita per farsi vedere il meno possibile, perché preferisce evitare che la gente mormori, anche se, dato il giorno e l’ora, ci sono ben pochi passanti lungo la sua strada.
Allunga di un poco il tragitto per arrivare ad una botteghina aperta anche il giorno di Natale, e in fretta e furia acquista qualche piatto già pronto scelto con cura.
Tirandosi dietro la borsa riprende a camminare sostenuta fino al quartiere maledetto, e non appena ne ha varcato l’entrata si dirige verso un’abitazione precisa.
I ninja che ancora stanno di guardia – la fiducia in lui non può tornare così velocemente – aprono un varco nella barriera che mantengono costantemente attiva.
Sakura sorride e ringrazia, e con gentilezza estrae dal sacchetto qualche dolcetto che ha comprato appositamente per loro, che devono trascorrere immobili al freddo anche le feste per ordine delle alte sfere. Li posa a terra, così che ciascuno possa mangiarne uno quando è il suo turno di pausa.
Come da prassi – che ormai si sussegue quasi quotidianamente – attende che le richiudano la barriera alle spalle, poi raggiunge la porta e bussa con decisione.
Passa un po’ di tempo prima che la serratura scatti e l’uscio si socchiuda, ma ormai lei non si preoccupa più di rimanere fuori, ha fatto l’abitudine ai tempi da primadonna del padrone di casa.
Entra con una certa baldanza, e nel momento stesso in cui sente il profumo che aleggia sempre in quelle stanze, i vaghi rumori che lui produce muovendosi, il cessare del fruscio dei rami spogli al vento, dimentica la discussione con sua madre, gli sguardi di vago biasimo dei parenti, l’ansia sorda che le annodava il petto fino a poco prima.
Finalmente, pace.
“Sas’ke, sono io!” annuncia a voce alta, con un piglio quasi allegro. “Buon Natale!” aggiunge poi, ripensandoci.
“Non vedo chi altri avrebbe potuto essere” è la lapidaria risposta. “E chissenefrega del Natale.”
Sakura non si scompone, perché si aspettava una risposta del genere. Miracolosamente, non perde nemmeno il buonumore.
Poggia il sacchetto sul tavolo della cucina, poi si dirige in salotto, da dove ha sentito venire la voce di lui.
Sasuke è sdraiato sul tatami, per terra.
Gli occhi ciechi – neutralizzati con il chakra per mantenerlo del tutto inoffensivo fino a quando non si sarà riguadagnato un po’ di fiducia – sono persi nel vuoto, l’espressione è neutra, come sempre.
Ogni suo singolo nervo teso sembra rivolto a farle capire che non è gradita, ma lei non si fa impressionare.
Non è così ingenua da aspettarsi un qualche gesto di gratitudine, o di affetto.
Lui sta decidendo cosa fare ora che sa di non essere condannato a morte, ora che l’intervento di una incredibile Tsunade gli ha garantito, dopo la giusta punizione di reclusione, un processo di reintegrazione graduale nel suo villaggio.
È praticamente certa che non sappia nemmeno lui che cosa prova, non solo nei suoi confronti, ma nei confronti del mondo, della vita.
Però ha anche la netta sensazione che lui si senta meglio ad udirla affaccendarsi lì intorno, quando lo va a trovare. Anche dopo più di un mese, lei rimane, insieme adesso a Kakashi, l’unica persona a cui Sasuke apra spontaneamente la porta.
“Ho portato del cibo, l’ho comprato lungo la strada. Non è propriamente un gran pranzo, ma non credo che sarei stata capace di preparare qualcosa di più elaborato di un riso, quindi ho preferito non rischiare.”
Continua a ciarlare, con tono allegro, incurante del suo silenzio.
È lì, è vivo. Per ora le basta.
“Kakashi è passato ieri da me, dato che stamattina partiva in missione diplomatica urgente, e mi ha detto di portarti i suoi auguri. Credo che sarà di ritorno non più tardi della settimana prossima e-”
“Naruto si è svegliato?”
La interrompe come se non avesse ascoltato una parola di quello che ha detto fino a quel momento, ma lei non se la prende. Sa che non è vero.
Parlare di un membro del team 7 è come parlare di tutto il team, perché sono stati una famiglia, quindi è logico che lui abbia pensato a Naruto.
La domanda è stata noncurante, come se in realtà la risposta non gli interessasse davvero, ma Sasuke non parla mai per nulla.
“Non ancora”, gli risponde. “Ma ogni giorno gli vengono somministrati antidolorifici pesanti. È normale che rimanga addormentato, sarebbe sorprendente il contrario, ma sai che si riprende in fretta. Entro breve si sveglierà.” Termina la frase con tono sicuro. È certa di quel che dice. “Più tardi comunque passerò anche da lui.”
Non ottiene risposta, e nemmeno ci sperava.
Si muove con sicurezza in quella casa, ormai, così senza neanche più chiedergli il permesso apre i cassetti e le credenze, estrae i piatti, i tovaglioli, le bacchette, i bicchieri, e dispone tutto sul tavolino con naturalezza.
Mette a scaldare ciò che va scaldato dei cibi che ha comprato, e quando tutto è pronto sistema le pietanze sui piatti e torna in salotto.
Lui non si è mosso dalla posizione in cui era quando l’ha lasciato.
“C’è il pranzo, se vuoi.”
Muto, lui piano piano si tira seduto, poi in ginocchio. Automaticamente sfiora il muro con una mano, per darsi un riferimento nel buio in cui è immerso, e seguendo la parete attraversa con calma e relativa sicurezza l’intera stanza, fino ad arrivare alla cucina adiacente.
Quando il muro finisce lo vede muoversi con più cautela, misurando meglio i passi, i quattro sensi che gli rimangono in frenetica attività.
Quando ritiene di trovarsi in prossimità del tavolino basso dove pranzano di solito abbassa il busto e allunga un braccio nell’aria, agitandolo con estrema dignità finché non incontra lo spigolo di legno laccato, di cui segue il profilo con le dita.
Quando ha appurato con certezza la propria posizione rispetto al tavolo si avvicina e si siede a terra sulla stuoietta.
Per tutto il tempo Sakura non l’ha aiutato, non l’ha nemmeno toccato, non gli ha parlato, ha lasciato che camminasse da sé.
Solo quando ormai lui è seduto gli si siede di fronte e gli avvicina il piatto, consegnandogli poi direttamente in mano le bacchette per mangiare.
Approfittando del fatto che lui non può vederla, lo osserva con tenerezza, continuando a tacere, mentre lui con la mano libera segue il profilo del piatto.
Lo guarda mente avvicina il viso al cibo, annusando per capire di cosa si  tratta, e poi affonda le bacchette nella pietanza, saggiandone la consistenza.
“Sushi.” Suggerisce telegrafica, sapendo che anche nella sua condizione di indifferenza autoimposta una parola in più lo irriterebbe, perché lo indurrebbe a pensare di essere compatito.
Compiaciuta dal fatto che lui stia iniziando a maneggiare decentemente le bacchette pur senza vederci, anche lei inizia a mangiare, e consumano il pasto in silenzio.
Decisamente l’atmosfera non è festosa, e non può nemmeno dirsi serena.
Ma dopo tutti gli sforzi di Sakura, sta acquisendo un retrogusto di normalità che, spera, porterà almeno al raggiungimento di un qualche equilibrio.
Quando hanno finito di pranzare, Sakura si alza, sparecchia, lava i piatti.
Incurante del fatto che lui è rimasto immobile, seduto, risprofondato nell’apatia più distante, senza chiedere entra nelle altre stanze, apre un po’ le finestre nonostante il freddo, per cambiare l’aria, evitando solo la camera che sa essere stata di Itachi.
Ogni tanto trova sui mobili o per terra qualche oggetto rovesciato che Sasuke non è riuscito a raccogliere, e senza alcun commento lo risistema dov’era.
Con una tranquillità che non ha mai avuto prima entra nella stanza di lui e di propria iniziativa cambia le lenzuola e rifa il letto, passa la scopa sul pavimento, riordina la scrivania.
Risistema gli oggetti che trova sparsi in giro esattamente nello stesso posto ogni volta, così che lui li ritrovi con facilità.
Ha imparato a rimettere tutto ciò che usa come l’ha trovato, in modo che lui non possa confondersi o ferirsi.
Gli abiti lavati che due giorni prima aveva messo provvisoriamente ad asciugare nella stanza di Fugaku e Mikoto – l’unica stanza spaziosa in cui lui non entra e dove quindi non può inciampare negli stendini aperti – sono ormai asciutti, così li ritira e sistema ognuno su di un attaccapanni, che poi appende in fila ordinata nel guardaroba di Sasuke.
Inizialmente si limitava a piegarli e a riporli nel suo armadio, ma ha notato che così lui fatica molto di più a cercare i capi che vuole indossare, così ha cambiato metodo.
Una veloce occhiata al cesto della biancheria le dice che per quel giorno può fare a meno di far partire la lavatrice.
Mentre si affaccendava ha notato che lui si è alzato e si è sdraiato di nuovo in salotto, ad occhi chiusi, sempre muto; finge di dormire, ma lei sa perfettamente che sta seguendo i suoi movimenti ascoltando i suoi passi che si avvicinano e allontanano di volta in volta, e che indovina cosa sta facendo dai rumori degli oggetti che usa. E la lascia fare.
È strano come ora che i loro rapporti sembrano essere molto più lontani di un tempo lei possa prendersi molte più libertà. Strano, o forse no.
Non parlano della – seconda – dichiarazione che lei gli ha fatto il mese prima: non serve, perché entrambi la danno per scontata.
Lui finge che non sia successo nulla e probabilmente deve ancora racimolare, dopo tutto quello che ha passato, sufficiente interesse verso il mondo per pensare seriamente a quanto lei gli ha detto, ma nel frattempo le permette di girare liberamente per casa sua, che è tutto ciò che ha di più caro, e di maneggiare le sue cose.
Lei non si aspetta nulla, non ora, ma provvede quotidianamente a tutte le necessità di lui, come se farlo fosse allo stesso tempo un onore ed un onere che si è assunta, e non c’è niente che ami di più di entrare ogni giorno in casa sua e nonostante il perenne silenzio non sentirsi un’estranea.
Quando ha finito di sistemare le ultime cose, Sakura controlla la dispensa; in realtà, tra le sue visite e quelle di Kakashi che spesso arriva portando ramen d’asporto per entrambi, raramente Sasuke deve ‘cucinare’ e pranzare solo, ma lei preferisce comunque accertarsi che non manchi nulla di ciò che lui mangia abitualmente – ora che finalmente ha smesso di rifiutare il cibo.
Compiuta anche quest’ultima incombenza lo raggiunge in salotto, e senza cerimonie gli chiede “Puoi alzarti, per favore?” mentre estrae dalla tasca del cappotto una cassettina medica.
Anche lui guarisce in fretta, ma la battaglia gli ha lasciato postumi non indifferenti che tende a trascurare.
Sakura controlla le ultime fasciature che gli sono rimaste, ne sostituisce qualcuna.
Controlla le iridi dei suoi occhi per accertarsi che l’immobilità forzata non stia sortendo qualche effetto negativo sulle sue retine già provate dal Mangekyou, infine estrae un paio di boccette di medicinali dalla cassettina.
Si alza per recuperare un bicchiere d’acqua in cucina, e sorride sotto i baffi, sempre senza commenti, quando lo vede con la coda dell’occhio voltare automaticamente la testa verso il rumore dei suoi passi che si allontanano.
Quando torna dosa attentamente alcune gocce del contenuto delle boccette, poi lascia con attenzione il bicchiere nella mano che Sasuke ha già teso, indovinando le sue azioni dal gocciolio sommesso dei medicinali nell’acqua.
Lui beve senza chiederle nulla, e Sakura ha un picco di entusiasmo; potrebbe sembrare che non gli interessi ciò che ingerisce, ma già un paio di volte ha rifiutato di assumere i farmaci che gli erano stati portati perché il medico non gli aveva spiegato cosa fossero.
Probabilmente, conclude Sakura, avergli dimostrato il suo amore in mille modi diversi l’ha convinto del fatto che difficilmente lei gli somministrerebbe per negligenza o di proposito qualcosa di dannoso.
Gli prende di mano il bicchiere quando ha finito di bere e lo riporta in cucina, ripone nella cassetta i suoi strumenti e si infila il cappotto.
Quando lo raggiunge in salotto lui è di nuovo una statua di marmo posata sul pavimento.
“Faresti meglio a raggiungere almeno il letto se vuoi stenderti, lì per terra finirai per prendere freddo e ammaccarti le ossa.” gli dice a voce alta. “Io vado, così passo anche da Naruto prima che termini l’orario di visita. Ci vediamo domani, e auguri ancora.” conclude.
Silenzio.

 

Quando finalmente è fuori dal quartiere degli Uchiha socchiude gli occhi pensosa, mentre cammina, e guarda la città in tenace ripresa, guarda i mucchietti di fiori avvizziti dal freddo accanto alle fosse comuni, guarda le strade che nonostante il periodo di festa sono ovviamente spoglie, ridotte all’osso dalla guerra.
Per Konoha è probabilmente il Natale peggiore che si veda da molti anni a quella parte.
Però qualche colorata e sporadica lucetta fa capolino agli angoli di alcune vie.
Però qualche pupazzo di neve col sorriso di vecchi bottoni campeggia florido a lato dei marciapiedi.
Però lei, per la prima volta in vita sua, ha trascorso il Natale con Sasuke occupandosi di lui senza essere allontanata.
Si riscuote, sorridendo accorata tra sé, felice, e affrettando il passo riparte alla volta dell’ospedale.

 

 

**********

 

Ç_______ Ç
*momento di commozione*
È finita, non posso crederci. La mia prima raccolta. *-*
Il pensiero di dover scrivere un nuovo capitolo mi manca già.
Spero che vi sia piaciuto leggerla quanto a me è piaciuto scriverla. :’)
Grazie infinite a chi l’ha letta, a chi l’ha inserita tra i preferiti, a chi l’ha inserita tra le seguite.
E un grazie speciale a chi mi ha sostenuto con i suoi pareri, di capitolo in capitolo.
A presto! :D

Panda

 

  
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