Ebbene,
eccoci qui con l’ultimo capitolo di questa raccolta.
Comincio con
il dirvi che è collegato al mese del capitolo precedente, Novembre, seppure ambientato in un
momento successivo.
Konoha esce
dalla terrificante guerra contro Madara, guerra che ha raggiunto anche
il
villaggio (questa, lo ricordo, è una mia invenzione, non ho
assolutamente idea
di che progetti abbia Kishi in merito :D).
Sempre
secondo la mia bacata immaginazione, Sasuke ha affrontato un processo,
da cui è
uscito vivo ma condannato per tradimento, ed ora risiede recluso al
villaggio
semidistrutto in via di ricostruzione.
Come ho già
detto in precedenza, non penso proprio che nel mondo di Naruto si tenga
conto
delle festività che per noi sono fondamentali, ma spero mi
perdonerete la
licenza poetica di aver inserito il Natale. ^^
Questo è
quanto serve sapere per non perdersi, il resto lo lascio a conclusione
del
capitolo!
Buona
lettura! :D
Dicembre
Il
freddo si
è fatto da un paio di settimane ancora più
pungente, se possibile, e il vento
gelido taglia il viso di chi mette incautamente il naso fuori casa, ma come sempre Sakura non se ne cura, ed
esce nonostante le proteste di sua madre.
Mentre si
stringe nel cappotto e si accomoda la sciarpa attorno al collo per non
ammalarsi, pensa che in fin dei conti la mamma non ha tutti i torti a
prendersela in quel modo.
È il giorno
di Natale e lei, incurante delle richieste dei suoi genitori, ha
snobbato il
pranzo della famiglia – un po’ più
povero, quest’anno, per ovvie ragioni – e quasi
senza salutare si è fiondata fuori casa.
Nessuno le
ha chiesto dove andasse. Lo sanno tutti, in ogni caso.
E
disapprovano.
Ma a Natale
tutti devono essere più buoni, giusto?
Allora
quella è la sua buona azione.
Konoha è in
una condizione un poco migliore rispetto a un mese prima, e grazie agli
sforzi
di tutti la situazione migliora di giorno in giorno.
Ormai quasi
tutte le macerie sono state rimosse, ed anche se i segni della
distruzione ci
sono ancora il villaggio si sta rialzando.
Sakura
cammina spedita per farsi vedere il meno possibile, perché
preferisce evitare
che la gente mormori, anche se, dato il giorno e l’ora, ci
sono ben pochi
passanti lungo la sua strada.
Allunga di
un poco il tragitto per arrivare ad una botteghina aperta anche il
giorno di
Natale, e in fretta e furia acquista qualche piatto già
pronto scelto con cura.
Tirandosi
dietro la borsa riprende a camminare sostenuta fino al quartiere
maledetto, e
non appena ne ha varcato l’entrata si dirige verso
un’abitazione precisa.
I ninja che
ancora stanno di guardia – la fiducia in lui
non può tornare così velocemente –
aprono un varco nella barriera che
mantengono costantemente attiva.
Sakura
sorride e ringrazia, e con gentilezza estrae dal sacchetto qualche
dolcetto che
ha comprato appositamente per loro, che devono trascorrere immobili al
freddo
anche le feste per ordine delle alte sfere. Li posa a terra,
così che ciascuno
possa mangiarne uno quando è il suo turno di pausa.
Come da
prassi – che ormai si sussegue quasi quotidianamente
– attende che le
richiudano la barriera alle spalle, poi raggiunge la porta e bussa con
decisione.
Passa un po’
di tempo prima che la serratura scatti e l’uscio si
socchiuda, ma ormai lei non
si preoccupa più di rimanere fuori, ha fatto
l’abitudine ai tempi da primadonna
del padrone di casa.
Entra con
una certa baldanza, e nel momento stesso in cui sente il profumo che
aleggia
sempre in quelle stanze, i vaghi rumori che lui
produce muovendosi, il cessare del fruscio dei rami spogli al vento,
dimentica
la discussione con sua madre, gli sguardi di vago biasimo dei parenti,
l’ansia
sorda che le annodava il petto fino a poco prima.
Finalmente,
pace.
“Sas’ke,
sono io!” annuncia a voce alta, con un piglio quasi allegro.
“Buon Natale!”
aggiunge poi, ripensandoci.
“Non vedo
chi altri avrebbe potuto essere” è la lapidaria
risposta. “E chissenefrega del
Natale.”
Sakura non
si scompone, perché si aspettava una risposta del genere.
Miracolosamente, non
perde nemmeno il buonumore.
Poggia il
sacchetto sul tavolo della cucina, poi si dirige in salotto, da dove ha
sentito
venire la voce di lui.
Sasuke è
sdraiato sul tatami, per terra.
Gli occhi
ciechi – neutralizzati con il chakra per mantenerlo del tutto
inoffensivo fino
a quando non si sarà riguadagnato un po’ di
fiducia – sono persi nel vuoto, l’espressione
è neutra, come sempre.
Ogni suo
singolo nervo teso sembra rivolto a farle capire che non è
gradita, ma lei non
si fa impressionare.
Non è così
ingenua da aspettarsi un qualche gesto di gratitudine, o di affetto.
Lui sta decidendo
cosa fare ora che sa di non essere condannato a morte, ora che
l’intervento di
una incredibile Tsunade gli ha garantito, dopo la giusta punizione di
reclusione, un processo di reintegrazione graduale nel suo villaggio.
È praticamente
certa che non sappia nemmeno lui che cosa prova, non solo nei suoi
confronti,
ma nei confronti del mondo, della vita.
Però ha
anche la netta sensazione che lui si senta meglio ad udirla
affaccendarsi lì
intorno, quando lo va a trovare. Anche dopo più di un mese,
lei rimane, insieme
adesso a Kakashi, l’unica persona a cui Sasuke apra
spontaneamente la porta.
“Ho portato
del cibo, l’ho comprato lungo la strada. Non è
propriamente un gran pranzo, ma
non credo che sarei stata capace di preparare qualcosa di
più elaborato di un
riso, quindi ho preferito non rischiare.”
Continua a
ciarlare, con tono allegro, incurante del suo silenzio.
È lì, è
vivo. Per ora le basta.
“Kakashi è
passato ieri da me, dato che stamattina partiva in missione diplomatica
urgente, e mi ha detto di portarti i suoi auguri. Credo che
sarà di ritorno non
più tardi della settimana prossima e-”
“Naruto si è
svegliato?”
La
interrompe come se non avesse ascoltato una parola di quello che ha
detto fino
a quel momento, ma lei non se la prende. Sa che non è vero.
Parlare di
un membro del team 7 è come parlare di tutto il team,
perché sono stati una
famiglia, quindi è logico che lui abbia pensato a Naruto.
La domanda è
stata noncurante, come se in realtà la risposta non gli
interessasse davvero,
ma Sasuke non parla mai per nulla.
“Non ancora”,
gli risponde. “Ma ogni giorno gli vengono somministrati
antidolorifici pesanti.
È normale che rimanga addormentato, sarebbe sorprendente il
contrario, ma sai
che si riprende in fretta. Entro breve si
sveglierà.” Termina la frase con tono
sicuro. È certa di quel che dice. “Più
tardi comunque passerò anche da lui.”
Non ottiene
risposta, e nemmeno ci sperava.
Si muove con
sicurezza in quella casa, ormai, così senza neanche
più chiedergli il permesso apre
i cassetti e le credenze, estrae i piatti, i tovaglioli, le bacchette,
i
bicchieri, e dispone tutto sul tavolino con naturalezza.
Mette a
scaldare ciò che va scaldato dei cibi che ha comprato, e
quando tutto è pronto
sistema le pietanze sui piatti e torna in salotto.
Lui non si è
mosso dalla posizione in cui era quando l’ha lasciato.
“C’è il
pranzo, se vuoi.”
Muto, lui
piano piano si tira seduto, poi in ginocchio. Automaticamente sfiora il
muro
con una mano, per darsi un riferimento nel buio in cui è
immerso, e seguendo la
parete attraversa con calma e relativa sicurezza l’intera
stanza, fino ad
arrivare alla cucina adiacente.
Quando il
muro finisce lo vede muoversi con più cautela, misurando
meglio i passi, i quattro
sensi che gli rimangono in frenetica attività.
Quando
ritiene di trovarsi in prossimità del tavolino basso dove
pranzano di solito abbassa
il busto e allunga un braccio nell’aria, agitandolo con
estrema dignità finché
non incontra lo spigolo di legno laccato, di cui segue il profilo con
le dita.
Quando ha
appurato con certezza la propria posizione rispetto al tavolo si
avvicina e si
siede a terra sulla stuoietta.
Per tutto il
tempo Sakura non l’ha aiutato, non l’ha nemmeno
toccato, non gli ha parlato, ha
lasciato che camminasse da sé.
Solo quando
ormai lui è seduto gli si siede di fronte e gli avvicina il
piatto,
consegnandogli poi direttamente in mano le bacchette per mangiare.
Approfittando
del fatto che lui non può vederla, lo osserva con tenerezza,
continuando a tacere,
mentre lui con la mano libera segue il profilo del piatto.
Lo guarda
mente avvicina il viso al cibo, annusando per capire di cosa si tratta, e poi affonda le
bacchette nella
pietanza, saggiandone la consistenza.
“Sushi.” Suggerisce
telegrafica, sapendo che anche nella sua condizione di indifferenza
autoimposta
una parola in più lo irriterebbe, perché lo
indurrebbe a pensare di essere
compatito.
Compiaciuta
dal fatto che lui stia iniziando a maneggiare decentemente le bacchette
pur
senza vederci, anche lei inizia a mangiare, e consumano il pasto in
silenzio.
Decisamente
l’atmosfera non è festosa, e non può
nemmeno dirsi serena.
Ma dopo
tutti gli sforzi di Sakura, sta acquisendo un retrogusto di
normalità che,
spera, porterà almeno al raggiungimento di un qualche
equilibrio.
Quando hanno
finito di pranzare, Sakura si alza, sparecchia, lava i piatti.
Incurante
del fatto che lui è rimasto immobile, seduto, risprofondato
nell’apatia più
distante, senza chiedere entra nelle altre stanze, apre un
po’ le finestre
nonostante il freddo, per cambiare l’aria, evitando solo la
camera che sa
essere stata di Itachi.
Ogni tanto
trova sui mobili o per terra qualche oggetto rovesciato che Sasuke non
è
riuscito a raccogliere, e senza alcun commento lo risistema
dov’era.
Con una tranquillità
che non ha mai avuto prima entra nella stanza di lui e di propria
iniziativa
cambia le lenzuola e rifa il letto, passa la scopa sul pavimento,
riordina la
scrivania.
Risistema
gli oggetti che trova sparsi in giro esattamente nello stesso posto
ogni volta,
così che lui li ritrovi con facilità.
Ha imparato
a rimettere tutto ciò che usa come l’ha trovato,
in modo che lui non possa
confondersi o ferirsi.
Gli abiti lavati
che due giorni prima aveva messo provvisoriamente ad asciugare nella
stanza di
Fugaku e Mikoto – l’unica stanza spaziosa in cui
lui non entra e dove quindi non
può inciampare negli stendini aperti – sono
ormai asciutti, così li ritira e sistema ognuno su di un
attaccapanni, che poi
appende in fila ordinata nel guardaroba di Sasuke.
Inizialmente
si limitava a piegarli e a riporli nel suo armadio, ma ha notato che
così lui
fatica molto di più a cercare i capi che vuole indossare,
così ha cambiato
metodo.
Una veloce
occhiata al cesto della biancheria le dice che per quel giorno
può fare a meno
di far partire la lavatrice.
Mentre si
affaccendava ha notato che lui si è alzato e si è
sdraiato di nuovo in salotto,
ad occhi chiusi, sempre muto; finge di dormire, ma lei sa perfettamente
che sta
seguendo i suoi movimenti ascoltando i suoi passi che si avvicinano e
allontanano di volta in volta, e che indovina cosa sta facendo dai
rumori degli
oggetti che usa. E la lascia fare.
È strano
come ora che i loro rapporti sembrano essere molto più
lontani di un tempo lei
possa prendersi molte più libertà. Strano, o
forse no.
Non parlano
della – seconda
– dichiarazione che
lei gli ha fatto il mese prima: non serve, perché entrambi
la danno per
scontata.
Lui finge
che non sia successo nulla e probabilmente deve ancora racimolare, dopo
tutto
quello che ha passato, sufficiente interesse verso il mondo per pensare
seriamente a quanto lei gli ha detto, ma nel frattempo le permette di
girare
liberamente per casa sua, che è tutto ciò che ha
di più caro, e di maneggiare
le sue cose.
Lei non si
aspetta nulla, non ora, ma provvede quotidianamente a tutte le
necessità di
lui, come se farlo fosse allo stesso tempo un onore ed un onere che si
è
assunta, e non c’è niente che ami di
più di entrare ogni giorno in casa sua e
nonostante il perenne silenzio non sentirsi un’estranea.
Quando ha
finito di sistemare le ultime cose, Sakura controlla la dispensa; in
realtà,
tra le sue visite e quelle di Kakashi che spesso arriva portando ramen
d’asporto
per entrambi, raramente Sasuke deve ‘cucinare’ e
pranzare solo, ma lei
preferisce comunque accertarsi che non manchi nulla di ciò
che lui mangia
abitualmente – ora che finalmente ha smesso di rifiutare il
cibo.
Compiuta
anche quest’ultima incombenza lo raggiunge in salotto, e
senza cerimonie gli
chiede “Puoi alzarti, per favore?” mentre estrae
dalla tasca del cappotto una
cassettina medica.
Anche lui
guarisce in fretta, ma la battaglia gli ha lasciato postumi non
indifferenti
che tende a trascurare.
Sakura
controlla le ultime fasciature che gli sono rimaste, ne sostituisce
qualcuna.
Controlla le
iridi dei suoi occhi per accertarsi che
l’immobilità forzata non stia sortendo
qualche effetto negativo sulle sue retine già provate dal
Mangekyou, infine
estrae un paio di boccette di medicinali dalla cassettina.
Si alza per
recuperare un bicchiere d’acqua in cucina, e sorride sotto i
baffi, sempre
senza commenti, quando lo vede con la coda dell’occhio
voltare automaticamente
la testa verso il rumore dei suoi passi che si allontanano.
Quando torna
dosa attentamente alcune gocce del contenuto delle boccette, poi lascia
con
attenzione il bicchiere nella mano che Sasuke ha già teso,
indovinando le sue
azioni dal gocciolio sommesso dei medicinali nell’acqua.
Lui beve
senza chiederle nulla, e Sakura ha un picco di entusiasmo; potrebbe
sembrare
che non gli interessi ciò che ingerisce, ma già
un paio di volte ha rifiutato di
assumere i farmaci che gli erano stati portati perché il
medico non gli aveva
spiegato cosa fossero.
Probabilmente,
conclude Sakura, avergli dimostrato il suo amore in mille modi diversi
l’ha
convinto del fatto che difficilmente lei gli somministrerebbe per
negligenza o
di proposito qualcosa di dannoso.
Gli prende
di mano il bicchiere quando ha finito di bere e lo riporta in cucina,
ripone
nella cassetta i suoi strumenti e si infila il cappotto.
Quando lo
raggiunge in salotto lui è di nuovo una statua di marmo
posata sul pavimento.
“Faresti
meglio a raggiungere almeno il letto se vuoi stenderti, lì
per terra finirai
per prendere freddo e ammaccarti le ossa.” gli dice a voce
alta. “Io vado, così
passo anche da Naruto prima che termini l’orario di visita.
Ci vediamo domani,
e auguri ancora.” conclude.
Silenzio.
Quando
finalmente è fuori dal quartiere degli Uchiha socchiude gli
occhi pensosa,
mentre cammina, e guarda la città in tenace ripresa, guarda
i mucchietti di fiori
avvizziti dal freddo accanto alle fosse comuni, guarda le strade che
nonostante il periodo di festa sono ovviamente spoglie, ridotte
all’osso dalla
guerra.
Per Konoha è
probabilmente il Natale peggiore che si veda da molti anni a quella
parte.
Però qualche
colorata e sporadica lucetta fa capolino agli angoli di alcune vie.
Però qualche
pupazzo di neve col sorriso di vecchi bottoni campeggia florido a lato
dei
marciapiedi.
Però lei,
per la prima volta in vita sua, ha trascorso il Natale con Sasuke
occupandosi
di lui senza essere allontanata.
Si riscuote,
sorridendo accorata tra sé, felice,
e
affrettando il passo riparte alla volta dell’ospedale.
**********
Ç_______
Ç
*momento di
commozione*
È finita,
non posso crederci. La mia prima raccolta. *-*
Il pensiero
di dover scrivere un nuovo capitolo mi manca già.
Spero che vi
sia piaciuto leggerla quanto a me è piaciuto scriverla.
:’)
Grazie
infinite a chi l’ha letta, a chi l’ha inserita tra
i preferiti, a chi l’ha
inserita tra le seguite.
E un grazie
speciale a chi mi ha sostenuto con i suoi pareri, di capitolo in
capitolo.
A presto! :D