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Autore: Lorelaine86    06/05/2012    2 recensioni
Lei sbatté le ciglia, posando le mani sui fianchi, una gamba morbidamente piegata davanti all'altra.
«Perché?» domandò, il ritratto stesso dell'innocenza. «Le sembro il tipo che può creare guai?»
In quel preciso momento seppi che stavo sbagliando tutto e che prima o poi avrei pagato caro quell'errore. Non avrei mai dovuto lasciarmi convincere da quella donna. Non avrei mai dovuto investirla, accidenti a lei. «Come una bomba a orologeria» risposi in tono truce. «Vorrei soltanto sapere quando ha intenzione di esplodere»
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Alice/Jasper
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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BETATO DA Amy Dickinson

JASPER POV

«Quando non sa cosa dire, lasci fare a me, okay?» bisbigliò Alice mentre percorrevamo il corridoio

rivestito di moquette color perla verso l'ufficio di James Butler. Piegandosi leggermente in avanti, fece olezzare nell'aria una zaffata di profumo che per un attimo mi investì fin nelle cellule cerebrali. Buon Dio, nessun uomo avrebbe potuto resisterle.

«Lasciar fare a lei?» chiesi quando mi fui ripreso. «Se non sa neanche di che cosa voglio parlare!»

«Non fa nulla. So come muovermi, io» assicurò Alice e su questo  dovetti convenire. Sapeva come

ancheggiare, non c'erano dubbi. Non troppo sfacciata, ma neppure compassata. Una indolente e languida via di mezzo che aveva già fatto voltare un paio di impiegati incrociati lungo il corridoio. Ma lei degli impiegati  non   si   curava   neppure.   Alice Cullen  voleva   il   numero   uno,   ed   era   ben   decisa   ad   averlo,   a   quanto sembrava.

A conferma del fatto che neppure i geni sono immuni al fascino femminile, Butler guardò prima

Alice , poi me, poi di nuovo Alice, indugiando nei punti più interessanti della sua figura, che erano

disseminati un po' dovunque lungo la silhouette.

Lei sembrò esitare, quasi imbarazzata, mentre prendeva posto nella poltrona che lui le indicava. Alice si lasciò andare sui cuscini imbottiti con un lieve sospiro. Era assolutamente, completamente soggiogata dalla forza di quell'uomo.

Meno sensibile al fascino virile,  presi a discutere senza tanti indugi del problema che mi stava a

cuore. La ditta di cosmetici da me rappresentata voleva lanciare una campagna pubblicitaria alla grande, che la catapultasse nel giro di poche settimane sulla bocca di tutti. Per ottenere ciò, era disposta a pagare senza battere ciglio le tariffe chieste da Butler. Lui voleva prendere in esame la faccenda ed, eventualmente, abbozzare qualche proposta?

Butler spinse indietro lo schienale della poltrona girevole, si molleggiò un po' avanti e indietro, quindi incrociò le braccia sul petto.

Il tempo a disposizione non era molto e lui era già oberato di impegni. Naturalmente, era stato ben lieto di ricevere il signor Whitlock, presentatogli da un comune amico, ma...

«Siamo ben consapevoli che il suo tempo è estremamente prezioso, signor Butler» intervenne a quel punto Alice, leccandosi lievemente le labbra scarlatte e spingendo un poco in avanti il busto. «Per questo le facciamo una proposta, diciamo... eccezionale. Vede, io lavoro nella pubblicità. Oh, nessuna possibilità di  paragone con lei, naturalmente, ma per quello che posso fare, sono a sua disposizione e intendo darle la mia collaborazione assoluta...»

«Ehm... Forse la signorina non ha...» feci per dire, raggelato dalla sorpresa.

«Sì?» domandò invece Butler, altrettanto stupefatto, ma anche interessato. «Che cosa intende dire,

esattamente?»

Alice fece un risolino che tradì il suo imbarazzo. «Oh, vede, io sono una creativa. Fotografia creativa, per l'esattezza. E anche grafica. Se lei non ha il tempo di occuparsi della campagna pubblicitaria in prima persona, potrebbe darmi qualche consiglio. Sì, insomma, io le sottoporrei delle proposte e lei potrebbe dirmi che cosa ne pensa e come devo comportarmi. Così risparmierò tempo, non deluderà quel suo amico e io avrò l'onore di... Di lavorare accanto a un genio»

Le indirizzai un'occhiata incendiaria.

Che cosa stava combinando quella pazza? Io avevo sudato sette camicie per riuscire ad avere quell'incontro e quella maniaca mi stava mandando a monte tutta la faccenda.

«Signor Butler… » cominciai, schiarendomi la voce in modo minaccioso. «Non mi permetterei mai

di farle una proposta simile. So bene che lei...»

La testa tirata all'indietro, gli occhi brillanti che indugiavano su Alice, Butler si accarezzò il

mento con aria assorta. «Sa, questa è una proposta davvero insolita» commentò.

«Sì, proprio insolita. E mi dica, signorina...»

«Alice» esalò lei con un filo di voce, ancora più spinta in avanti, il seno che quasi appoggiava sulla

scrivania. Ansimava. «La prego, mi chiami Alice»

«Bene... Alice. E tu saresti disposta a starmi molto vicino durante questa collaborazione? Intendo dire, io sono sempre in viaggio e non posso certo seguire il tuo lavoro da lontano...»

«Dovunque!» promise Alice impulsivamente. «Pur di lavorare con lei, signor Butler, verrò dovunque»

Il signor Butler sorrise compiaciuto. «Chiamami James, mia cara»

Guardavo dall'uno all'altra esterrefatto. Stavo di certo assistendo alla più bieca manovra di

seduzione che avessi mai potuto immaginare. Potevo quasi vedere materialmente tutti i sensi di Alice tesi e all'erta e tutti i ferormoni che stavano lavorando a pieno regime. Quella donna sprizzava intrigo, sensualità e seduzione da tutti i pori. E stava funzionando. Perdio, se funzionava!

«Naturalmente, voglio dare un'occhiata a come lavori» aggiunse Butler, quasi per inciso, come se

quello fosse un particolare del tutto trascurabile. «Puoi farmi vedere il tuo portfolio?»

Alice faticava a restare seduta. Ormai oscillava proprio verso di lui, il fiato corto per l'emozione.

«Certamente. Quando vuole»

James fece un gesto vago con la  mano.  Poi  prese un bigliettino  dalla  tasca interna  della  giacca.

«Purtroppo sono sempre molto impegnato. Qui c'è il mio numero privato, puoi chiamarmi a qualsiasi ora, preferibilmente sul tardi...»

Alice tremava come una foglia nel prendere il biglietto. «D'accordo» esalò.

«Allora, rimandiamo il resto della conversazione a dopo il nostro incontro» concluse Butler, non così rimbecillito da non aver presente che il tempo passava, e il tempo era denaro. «Naturalmente i termini economici del nostro accordo saranno discussi in seguito...»

Alice fece un gesto disinvolto con la mano. «Non mi occupo di questo, io sono una creativa» disse con nonchalance. «Il signor Whitlock è qui per questo»

Ah sì?, mi domandai, frenando la collera. Non me ne ero accorto.

«Di solito io ho fiuto» disse Butler, poco modestamente, alzandosi. «E qualcosa mi dice che tu hai dei numeri» concluse girando intorno alla scrivania e avvicinandosi a Alice. Con apparente indifferenza, le mise una mano sulla spalla. Nell'alzarmi a mia volta, vidi nettamente la mano che indugiava sulla stoffa   della   camicetta,   poi   scivolava   mollemente   lungo   il   braccio   e   si   adagiava   sul   fianco,   non   così casualmente come poteva sembrare. Per un attimo fui tentato di gettarmi in avanti. Giù le zampe dalla mia collaboratrice, zoticone, pensai.

Poi mi dissi che quella donna non era la mia collaboratrice. E che a lei andava bene così. A giudicare da come sorrideva, come un sole appena sorto in un cielo luminoso, a lei andava

benone. E forse anche  a me, conclusi. Senza Alice il mio colloquio con Butler si sarebbe concluso in un fiasco. Così, anche se non avevo ancora ragionato sulla faccenda nei particolari, potevo quasi considerarlo un mezzo successo.

Dopo un vorticoso sbattere di ciglia, un ondeggiare ritmico sui tacchi e un dondolare di fianchi a tutto beneficio di James Butler sulla soglia del suo studio, ci ritrovammo fuori della palazzina nella

luce ormai violetta del crepuscolo.

«Oh, mio Dio!» esalò la donna, come se riprendesse a respirare dopo aver trascorso un tempo interminabile in apnea. «Non posso crederci!»

«Neanch'io» grugnii mentre mi apprestavo ad aprire la BMW. «Non ho mai visto nulla del genere, prima d'ora»

Con aria sognante, Alice si lasciò cadere sul sedile. «Vero?» domandò, quasi ansimante per l'emozione.

«È un uomo unico, eccezionale, inimmaginabile. Oh, come sono felice!» E d'impulso si girò verso di me e mi  si   buttò   addosso   circondandomi   il   collo   con   le   braccia   e   stringendomi   a   sé .

 «Devo ringraziare lei per questa opportunità!» riconobbe.

Inondato dal suo profumo intenso, schiacciato dal peso caldo e vibrante del suo corpo, circondato dal suo abbraccio e soggiogato dalla vista delle sue labbra rosso vivo così vicine, non riusciì a rispondere come avrei voluto. Perso completamente il senso di ciò che stava accadendo, le insinuai le mani tra i capelli e la tirai ancora più vicino fino a catturare la sua bocca.

Fu un'esperienza sconvolgente. Il suo sapore aveva qualcosa di piccante ma, allo stesso tempo, di dolce.

Una miscela esplosiva che entrava nel sangue e dilagava in fretta nelle membra e nel cervello, incendiandomi. Tirandosi indietro con uno scatto, ansimando,

gli  occhi  verdi che scintillavano pericolosamente, si sistemò con mani  tremanti  la camicetta. «Io... credo... forse è meglio andare via di qui, adesso»

Scrollai il capo, come per schiarirmi la mente, quindi annuii con un grugnito. «Sì» convenni, mettendo in moto l'auto. Feci inversione e percorsi il vialetto verso l'uscita, immettendomi poi nel traffico serale. «Da che parte stai?» chiesi dopo qualche attimo di silenzio.

«Broadway»

Annuii e continuai a guidare senza aggiungere altro.

ALICE POV

Lo guardai di sottecchi. Il profilo netto e deciso che ricordava una statua greca, il ciuffo di capelli

biondi che gli spioveva sulla fronte, le folte sopracciglia bionde che disegnavano l'arcata sopracciliare con tratti sapienti. Gli occhi, nell'oscurità incombente, sembravano blu e profondi come pozzi di cui non si vede la fine. Che cosa mi era preso di baciarlo, dannazione? D'un tratto era divenuto un uomo diverso, reale, vivo, e terribilmente attraente. Per la prima volta mi resi conto che il sangue mi scorreva più in fretta nelle vene.

Incrociando le braccia sul petto, mi strinsi i seni all'interno in una vaga autopunizione, e sentii che i

capezzoli erano eretti, eccitati. Chissà se se n'era accorto anche lui.

Passò un tempo interminabile, il traffico era caotico e procedevamo piano. Finalmente, gli dissi di

voltare a destra, e poi ancora a destra in una stradina stretta e male illuminata.

«Qui» feci, indicando un cancelletto che immetteva in un giardino piccolo quanto selvatico. Un unico lampione fioco illuminava cespugli incolti. «Abito qui»

Jasper fermò l'auto poco distante dal cancello. Spense il motore e si girò a guardarmi.

Mi  leccai le labbra. «Suppongo che il minimo che possa fare a questo punto è di invitarti a entrare un attimo»

Lui fece un sogghigno.

«Non ho dubbi che saresti molto più entusiasta se ci fosse qualcun altro al mio posto» ribatté, aprendo lo sportello e scendendo a terra. Nella penombra il suo sguardo buio luccicò. «Spiacente, è con me che devi trattare, adesso»

 «Che cosa intendi dire?» domandai, in piedi dall'altra parte della vettura.

Con pochi, rapidi passi, lui mi raggiunse. «Andiamo dentro. Voglio vedere fino a che punto puoi arrivare per avere quello che desideri»

Ansimai. «Ehi, non è come credi!»

Aprii il cancello, che cigolò. Un gatto nero schizzò fuori da un

cespuglio e si dileguò nel buio. I miei tacchi ticchettarono sulle lastre di selce fino alla scala. Jasper si teneva dietro senza farsi distanziare.

Con  il giaccone che mi pendeva da una spalla, aprii la porta d'ingresso, accesi la luce e mi feci da parte. «Puoi stare solo pochi minuti, per metterci d'accordo» lo avvisai, la voce un po' tesa.

Jasper mi scansò ed entrò. «Come sei formale, adesso»

Mi oscurai in viso. Tutta l'audacia che mi aveva sorretta fino a quel momento mi abbandonò di colpo. Non sapevo neppure chi fosse quell'uomo e lo stavo facendo entrare in casa mia. Con tutto quello che si leggeva quotidianamente sui giornali, non sembrava una mossa saggia. Non che fosse stato molto più intelligente buttarsi sotto le ruote della sua auto ma, almeno, aveva portato a qualcosa. Adesso, a che cosa avrebbe portato quell'incontro?

«Così, questa è casa tua» osservò lui entrando in un salotto arredato in modo decisamente originale, un miscuglio di pezzi ultramoderni, con accostamento di forme e di colori a dir poco audaci, ma

nell'insieme   non   spiacevoli.   Fotografie   in   bianco   a   nero   e   a   colori   erano   appese   alle   pareti,   alcune incorniciate, altre semplicemente infilate nella cornice di uno specchio. Immagini

aggressive, forti, che attiravano l'attenzione.

Jasper si avvicinò alle pareti e cominciò a studiarle, mentre buttavo il giaccone su una sedia,

facendolo seguire dalla borsa. «Posso offrirti qualcosa da bere? Uno scotch, o un caffè?»

«Vada per lo scotch, grazie. Uhm... Interessanti queste immagini. Le hai scattate tu?»

Mi strinsi nelle spalle. «Già»

«Allora è vero che lavori nella pubblicità»

«Perché non dovrebbe essere vero?» mi inalberai.

Lui mi gettò un'occhiata. «Dopo averti visto all'opera, non credo a una sola parola di quello che hai detto»

Mi fermai di colpo, il viso teso in una smorfia. «Come sarebbe a dire che non mi credi?»

«Non ho mai incontrato una bugiarda più abile di te» rispose lui, serafico. Completò il giro delle pareti, poi si mise a sedere su un divano di struttura cubica. «Non posso dare torto

a Butler se ti ha creduto. Suppongo che l'avrei fatto anch'io, al suo posto»

«Che cosa intendi dire? Io non ho mentito affatto! Quello che ho detto è tutto vero! Ho solo usato qualche piccolo... espediente per facilitare la situazione. Tutto qui»

Jasper scoppiò a ridere. «Piccolo espediente, lo chiami. In meno di due minuti ti sei trasformata da una perfetta sconosciuta in una mia collaboratrice addetta alla pubblicità. Non solo, hai fatto credere di poter lavorare alla nostra campagna pubblicitaria, cosa che non è assolutamente vera. Non conosci neppure il nome della mia azienda, fino a un paio d'ore fa non conoscevi neppure me, e d'improvviso, sei diventata il punto focale di tutte questa dannata situazione. Per non parlare della trasformazione fisica. Da normale ragazza con i capelli neri sei diventata una specie di virago mangia - uomini dal fascino fatale.  Gesù, se non l'avessi visto con i miei occhi non ci crederei» concluse, lasciando scivolare lo sguardo su di me.

«Eccoti lo scotch» dissi, battendo il fondo del bicchiere su un tavolino di acciaio e vetro a tre gambe. Il piano traballò, ma non me ne curai. «Così, io per te sarei... una ragazza normale?» domandai, lo sguardo acceso e le labbra strette in una smorfia.

«No» smentì subito lui. «No, no, affatto» Deglutì, e si sporse per prendere il bicchiere. «Non è quello che volevo dire»

«È quello che hai detto»

«Intendevo parlare della trasformazione. Era o no una messa in scena riservata al grande Butler?»

Mi strinsi nelle spalle e mi sedetti sul bracciolo di una poltrona dalla struttura metallica, facendo

roteare il  bicchiere  in  modo  che  il   ghiaccio  tintinnasse  e  accavallai  le gambe.   «Chiunque  darebbe  una controllatina al proprio aspetto prima di un importante colloquio di lavoro» dissi, con indifferenza. «Gli uomini si sistemano la cravatta e le donne ripassano il trucco. Che male c'è?»

Jasper si toccò il nodo della cravatta e lo allentò un poco.

«È stata una ripassata efficace»  commentò.  Poi mi guardò dritto negli  occhi.  «Da quanto tempo mi spiavi?»

Sorpresa risposi. «Spiare te? Io? E perché mai?»

«Sei abile, Alice. Ma la fai a “James”, non a me. Non provare a farmi credere che il nostro... incontro è stato casuale. Non ci riuscirai»

Feci un sorrisetto.

«Invece è proprio così. Padrone di credere quello che ti pare. Non sapevo neppure

che esistessi fino a due ore fa»

 «Allora mi hai visto passare e hai tentato la fortuna gettandoti sotto la mia auto? Sei pazza o

disperata?»

Strinsi le labbra. «Tu che cosa dici?»

«Non lo so. Ma ti assicuro che lo scoprirò, e in fretta»

«Che cosa intendi dire?»

Jasper finì il suo scotch e giocherellò con il bicchiere vuoto. «Come conti di portare avanti questa

faccenda, adesso?»

«È evidente, farò quello che ho detto. Prenderò un appuntamento con James e gli sottoporrò delle

idee. Lui mi dirà quello che pensa e finiremo per sottoscrivere un accordo»

«Così semplice?»

«Perché no?» domandai. «Tu hai tutto da guadagnare. James ti stava dicendo senza tanti giri di

parole che non gli interessava occuparsi della tua pubblicità»

«L'avrei convinto, se mi avessi lasciato parlare invece di intervenire con la tua proposta»

«Un cavolo!» sbottai. «Tu non conosci quell'uomo»

«Oh, pare che lo conosca bene tu»

Arrossii. «Io so come è fatto! So che è inavvicinabile. Ho tentato in tutti i modi di parlargli ma non ci sono mai...» mi azzittii di botto, dandomi della stupida.

Jasper annuì con calma. «Così, è da un po' che gli fai la posta»

Mi osservai le unghie con indifferenza.

«È un uomo molto ricco» disse lui.

Scattai in piedi. «Che cosa c'entra questo? Certo che è ricco, è un genio!»

«È anche quello che si definisce un uomo affascinante, immagino...»

«È   divino!»   mi   lasciai   scappare,   il   volto   acceso   dalla   rabbia.   «Dannazione,   che   cosa   stai insinuando?»

«Insinuando?» Jasper rise apertamente. «Non ho bisogno di insinuare proprio niente. Tu hai cercato di abbindolare quel tipo, non dire di no»

«Io... Io...» quasi boccheggiai «Per tutti i diavoli, per chi mi hai preso?»

Lui sogghignò. «Cacciatrice di uomini mi sembra un termine appropriato»

Successe tutto in un secondo. Con un balzo improvviso scattai in avanti, puntando alla sua gola.

  
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