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Autore: Rin Hisegawa    07/05/2012    3 recensioni
Lui non vorrebbe vederla piangere in quel modo. La guarderebbe con quell'aria di fastidio misto a dispiacere, incerto se abbracciarla o prenderla in giro, e magari alla fine farebbe entrambe le cose. Eppure l'ha scacciata, e lei non può fare a meno di disperarsi, perchè le principesse delle storie si sposano col Principe Azzurro e lei invece si è innamorata del Mago cattivo. [GOLD / BELLE]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino successivo, di buon'ora, Mr. Gold raggiunge l'ospedale di Storybrooke e si siede su una delle tetre sedie di plastica arancione nell'atrio, entrambe le mani poggiate sull'impugnatura argentea del suo bastone. Aspetta, in silenzio, senza domandare niente a nessuno; poco dopo anche Emma e Ruby varcano la soglia, mormorando uno svogliato saluto nella sua direzione.
La ragazza-lupo si siede accanto a lui, lasciandosi cadere sulla sedia. La sua espressione è afflitta, e Gold ne conosce il motivo: Ruby si sta tormentando al pensiero di dover spiegare ad Emily perché non può più abitare da Granny's, e lui non la può certo biasimare. Dover affrontare quegli occhi azzurri pieni di domande, e sensi di colpa, e dispiacere è qualcosa che, personalmente, non vuole essere più costretto a fare.
Emma si allontana, invece, verso il bancone al centro della sala. Si sofferma a confabulare con l'infermiera seduta dietro alla scrivania, che gesticola vagamente in direzione del corridoio e poi le dice di aspettare. Alza il telefono, e inizia a parlare concitatamente mentre Emma se ne torna a sedere in silenzio accanto agli altri due.
Dovrebbe essere un giorno felice, oggi, invece l'atmosfera è talmente tesa da rendere tutti cupi ed imbarazzati per riflesso. Ruby si sente in colpa ed è vagamente in collera con sua nonna per la decisione presa, Lo Sceriffo odia Mr. Gold e non sopporta l'idea di mandare Emily ad abitare con un personaggio simile, ma non ha trovato nessuna alternativa valida e quindi è costretta a lasciarglielo fare; Mr. Gold, dal canto suo, cerca di non lasciar trapelare il nervosismo ogni volta che pensa al momento in cui sarà costretto a spiegare alla ragazza che deve trasferirsi da lui.
E se lei si rifiutasse? Del resto, potrebbe decidere di non fidarsi e accettare di tornare da suo padre, anche se non ricorda niente del suo passato, anche se le hanno detto più volte che il suo unico genitore non ha fatto nulla per impedire che la rinchiudessero e non è mai andato a trovarla nemmeno una volta, in tutti questi anni.
Eppure Emily sembra provare simpatia per Mr. Gold, cosa che certamente non accade nei confronti di Mr. French, e probabilmente i brandelli di ricordi che conserva giocano a favore dell'antiquario. La ragazza lo considera una figura amica, o perlomeno era suo amico qualcuno che ha incontrato tanto tempo fa, di cui non ricorda il nome e l'aspetto, ma che rivede nei suoi gesti e nella sua risata.
Quando finalmente esce dall'ospedale, seguendo docilmente l'infermiera, accetta senza lamentarsi la decisione che è stata presa per lei e sorride affettuosamente a tutti senza dare segno di provare imbarazzo o rancore. Emily è una ragazza forte, dopotutto, e decisa, e non permetterebbe mai a qualcuno di scegliere al posto suo se non sapesse che è la cosa migliore per lei.
- Non preoccuparti, Ruby, e ringrazia Granny per tutto quello che ha fatto finora. Vi capisco benissimo, anche io avrei agito allo stesso modo, - dice alla rossa passandole accanto, e a Mr. Gold sfugge un amaro sogghigno perché sa benissimo che non è così.
La Belle che conosce, che sogna di diventare un eroina e di vedere il mondo, si sarebbe lasciata morire per onorare un impegno preso. E' quello che stava tentando di fare, tanto tempo fa, se solo lui non l'avesse convinta che non ne valeva la pena... se solo non l'avesse costretta ad andarsene, ma questa è un'altra storia.
Emily cammina al suo fianco, immersa nei propri pensieri, mentre lui la conduce verso casa propria, che adesso è anche quella di lei. Non sa cosa dire, Mr. Gold, perché non è certo di che cosa sia esattamente la ragazza che le sta accanto. I suoi capelli, molto più lunghi di come li ricordava, ondeggiano leggermente nella brezza mattutina; i jeans le stanno troppo grandi, e la maglietta (nera, con una rosa rossa stampata sul davanti) la fa sembrare ancora più pallida di quanto non sia.
Eppure, gli occhi sono ancora gli stessi, color acquamarina; e la sua intera persona (così piccola, così minuta, così diversa da come la ricordava) emana un'aura magica che la fa sembrare immensa, un potere che inghiotte tutto il paesaggio circostante così che sembra esistere soltanto lei, una ragazza magrolina che canticchia una canzone mentre si avvia tranquillamente verso casa.
Mr. Gold si ferma davanti ad un enorme edificio vittoriano a tre piani. Tre piani e un'enorme quantità di scale, per niente il luogo adatto ad una persona con un bastone, ma infondo è sempre stato il genere di persona a cui piace farsi del male. L'uomo fa ad Emily un cenno con la mano, fingendo un inchino ed invitandola ad entrare. Lei gli sorride, accenna una riverenza e si fa avanti lungo il vialetto che attraversa il giardino ben curato.
L'ingresso è immerso in una penombra vellutata, che ammorbidisce i contorni delle cose. La poca luce che filtra attraverso la vetrata a mosaico della porta si frammenta in una miriade di verdi, gialli e rossi che sembrano animare gli oggetti dando la sensazione di essere entrati in un gigantesco caleidoscopio.
Emily si guarda attorno, rapita, e potrebbe giurare di aver visto un vecchio candelabro dorato agitare un braccio in segno di saluto. L'intero luogo odora di antiquariato, legno e libri nuovi. Le piace.
- Benvenuta nella mia umile dimora. - Mr Gold le sorride ancora con quel suo sorriso sbieco, e fa un gesto con la mano. - Purtroppo non ho ospiti da molto tempo, quindi mi perdoni se qualche volta dimentico le buone maniere.
La ragazza sorride, scuote la testa, e lo segue in silenzio su per due piani di strette scale scricchiolanti e lungo un corridoio beige e giallo ed accogliente (per quanto possa esserlo un corridoio, almeno). Mr. Gold apre una porta scura, la seconda a destra, e fa cenno ad Emily di entrare. Davanti a lei si apre una stanza dall'aria piuttosto antiquata ma gradevole, con un letto dalla spalliera metallica decorata con un fitto intrico di rose.
Sulla parete opposta rispetto alla porta, una finestra a ghigliottina con la cornice dipinta di bianco. Alle pareti, la carta da parati è di un tetro color verde smeraldo scuro, decorata in un motivo floreale-geometrico, ma l'ambiente è ravvivato da un copriletto color crema e spessi tendaggi dello stesso colore. Sul pavimento, una folta moquette beige, la stessa che c'è anche in salotto al piano terra. Emily si fa avanti, si guarda attorno, ammira i vecchi mobili di legno lucido e nodoso, e si sente a casa.
- Grazie di tutto quello che sta facendo per me, Mr. Gold, - dice semplicemente, un'espressione di sincera gratitudine dipinta sul volto magro.
Lui abbassa lo sguardo, incerto su cosa rispondere. Percepisce un improvviso calore pervadere il suo stomaco, un calore buono che lo fa sentire finalmente in pace, e stranamente (invece di sentirsi orgoglioso delle proprie azioni, e fiero), ha la sensazione di non aver fatto abbastanza, di essere in debito di qualcosa.
E' quello sguardo, quello sguardo affettuoso e pieno di una riconoscenza che già in passato lui non ha saputo accettare. Due occhi azzurrissimi che lo fissano con l'espressione di chi non ha mai conosciuto una persona più buona, ma che (lui lo sa bene), possono trasformarsi in occhi tristi, pieni di risentimento e delusione, un attimo prima che quella sagoma a lui così cara, così pura, così bella nel suo abito semplice color acquamarina, varchi la soglia di un gelido castello verso il mondo là fuori.
Oggi, invece, quell'occhiata gentile è rivolta a lui soltanto, ed una ragazza piccola e fragile di nome Emily si muove come danzando sulla moquette della stanza adiacente alla sua. Mr. Gold alza finalmente lo sguardo, sorride (e non è il solito sorriso sghembo, ma uno più largo, più sincero, che raramente lascia scorgere a qualcuno) e parla con voce bassa, incerto su cosa dire.
- Dovere, - risponde semplicemente, e voltatosi si allontana lungo il corridoio.
Quella sera consumano una cena silenziosa. Mr. Gold si sente improvvisamente imbarazzato dalla presenza di lei, che sembra riempire tutta la piccola cucina al pian terreno. Emily appare invece tranquilla, e si guarda attorno con la sua solita espressione furba e un po' dimessa mentre tenta di finire la sua porzione di spaghetti, troppo grande per un fisico abituato più alle medicine che al cibo.
Non sembra rendersi conto di quello che sta accadendo, e soprattutto non sembra affatto ricordare. Mr. Gold si domanda se per caso non sia a causa del suo volto, così diverso da quello che lei conosceva; così umano... forse meno attraente, ora che è privo del potere e della magia che un tempo lo permeavano?
Magari, adesso che è un comune mortale privo di ogni attrattiva e del suo fascino misterioso, un semplice uomo, magro e con una gamba malata, se per caso Emily ricordasse qualcosa proverebbe soltanto pena per lui. Oppure, trovato finalmente il responsabile della sua prigionia e delle sofferenze a cui è stata sottoposta in tutti questi anni, si limiterebbe a odiarlo ed esserne disgustata. Forse è meglio che non ricordi affatto; in questo modo, Mr. Gold può fingere di non saper nulla nemmeno lui, ricominciare da capo, dimenticare quel bacio e tutto ciò che esso ha significato per entrambi. Possono essere amici, e lei sarà felice, con la sua nuova vita e dei sogni buoni stavolta, non impossibili e sciocchi come quelli di Belle.
Terminata la cena, Emily si alza in piedi per aiutarlo a sparecchiare, ma è troppo stanca, e debole, e sembra sul punto di perdere l'equilibrio ad ogni passo. Mr. Gold vede in lei la ragazza coraggiosa, forte e sana che conosceva, abituata a dare il massimo di sé, che non riesce ad adattarsi a quel corpo mingherlino e così fragile. Ma non se ne lamenta e, stoicamente, tenta di spingersi oltre i propri limiti anche a costo di farsi del male.
- Lasci stare, cara, ci penso io, - mormora, mettendole delicatamente una mano sulla spalla.
Lei si volta, l'espressione sperduta e atterrita, e Mr. Gold per un attimo teme di averla offesa. Ma Emily sorride, annuisce e appoggia i piatti nell'acquaio.
- La ringrazio, - risponde, sincera.
La sua piccola, coraggiosa ragazza. A quanto pare, nel corso di questi anni, ha imparato a riconoscere i propri limiti; non può essere che un bene, per lei. Belle avrebbe insistito fino allo stremo, col sorriso sulle labbra ma l'ostinazione di un mulo, avrebbe continuato per la propria strada e non si sarebbe voltata a vedere cosa stava dimenticando, salvo rimpiangerlo in seguito ma essere troppo orgogliosa per ritrattare.
- La accompagno alla sua stanza, - si offre Mr. Gold, porgendole il braccio come un perfetto gentiluomo d'altri tempi.
- Grazie, - mormora lei una volta raggiunta la porta, un angolo della bocca leggermente sollevato in una specie di sorriso scherzoso.
Non è abituata a tutta quella premura. Non è abituata a nulla, a parte quattro gelide mura di mattoni e un letto umido su cui raggomitolarsi nelle notti piovose. Il suo sguardo è talmente sincero, talmente puro che per un attimo esiste soltanto lei, un fantasma presente e futuro che lo ha seguito per tutti questi anni e continuerà a dargli la caccia finché non troverà pace.
Emily lo scruta, incerta, dal sotto in su. Si piega leggermente in avanti, le labbra rosee che chiedono solo di essere baciate. E in quel momento, nella tranquillità della propria casa, circondato dalla quiete immutabile di un mondo morto, privo di magia, a Mr. Gold sembra quasi una buona idea. Si china su di lei, appoggiando la mano allo stipite della porta per sorreggersi, rimanendo a fissarla negli occhi, il volto a pochi centimetri dal suo.
Emily sorride timidamente, è così vicina, così reale, e lui in un attimo potrebbe riscrivere la storia, fingere che nulla sia successo, approfittare di quella provvidenziale amnesia che l'ha resa un'altra persona, una Belle che non possa odiarlo né provare disprezzo per lui.
- Emily... - dice a bassa voce, quasi parlando fra sé.
E' sufficiente quella parola. La ragazza che ha di fronte non è Belle, almeno non ancora, e non merita di soffrire (di nuovo) per mano sua. Ha il diritto di farsi una vita nuova, è un foglio bianco, al contrario di chiunque altro in Storybrooke possiede alcun ricordo né legame con nessuna delle sue vite passate.
Può ancora essere libera. Mr. Gold fruga nella tasca della giacca, ed estrae un contenitore semitrasparente dal familiare color arancio. Lo porge ad Emily, che lo accetta, confusa, rigirandoselo fra le mani troppo pallide.
- Antidepressivi, - le dice, con un ghigno furbo, allontanandosi di qualche passo da lei - niente tentativi di suicidio, in casa mia.
La ragazza lo guarda perplessa, e di nuovo Mr. Gold teme di averla offesa. Di nuovo, lei sorride: è inutile, non la capirà mai, ma forse (di nuovo) è meglio così. Emily non è Belle, ed il suo corpo non sarà forte come il suo, ma il suo spirito è lo stesso e la magia che scorreva un tempo in quella ragazza è pronta a ridestarsi in un battito di ciglia.
- Non si preoccupi, non ho più intenzione di uccidermi, ora, - risponde allegra, e in men che non si dica, con una risata ed un cenno della mano, è già sparita in camera sua.

A/N: Capitolo pieno di citazioni da La Bella e la Bestia, che ho rivisto di recente. Una è facile e la lascio trovare a voi. L'altra è il «dovere», che è la stessa cosa che la Bestia dice a Belle quando lei lo ringrazia di averla salvata dai lupi. Per il resto, boh, ci sono talmente tanti riferimenti a cose che mi piacciono che mi perderei ad elencarli tutti, quindi ve lo risparmio. Buona notte e grazie per la lettura! RECENSITE! ❤
  
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