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Autore: shadowofthemoon    07/05/2012    6 recensioni
E' la mia personale continuazione del primo episodio della seconda stagione di Sherlock. Ho voluto immaginare ciò che non c'era stato fatto vedere nell'episodio. Ovviamente da leggere solo se si è visto l'episodio. Direi che è di genere avventuroso-romantico. Ho cercato di non tradire troppo il carattere dei personaggi ( anche se Irene forse è un po' out of character, per me giustificato dalle situazioni che la coinvolgono), ma temo di non esserci sempre riuscita.
E' sulla coppia Irene- Sherlock.
Anche i disegni presenti nei capitoli sono fatti da me.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC e di Sir Arthur Conan Doyle. La mia storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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XIII

 

Quando John fece ritorno a Baker Street, carico di buste della spesa ed esausto, il salottino era deserto.
Posò tutto sul tavolo della cucina e si avvicinò alla porta della stanza di Sherlock, socchiudendola leggermente. Lo vide riverso sul letto completamente vestito, profondamente addormentato. Questo era davvero strano anche per lui,  pensò che era meglio lasciarlo riposare, visto lo strano umore dei giorni precedenti la sua partenza per andare a trovare Harry.
Richiuse la porta, prese i propri bagagli e salì in camera a riposare.
Dopo qualche ora fu svegliato dal suono del violino. Evidentemente Sherlock era tornato operativo. Scese al piano di sotto e lo trovò alla finestra. Non suonava niente di specifico, solo pezzetti di melodie, ma almeno non si trattava di roba triste. Non si voltò neppure quando John entrò nella stanza “ Mangio qualcosa e scappo al lavoro, ho dormito troppo…”
“ Solo tè per me grazie.” Gli rispose, interrompendo l’esecuzione e posando il violino sul divano. “ Spero solo che arrivi qualche nuovo caso, comincio davvero ad annoiarmi”
“ Oh per l’amor del cielo, non cominciare! Trovati qualcosa da fare, chiama Lestrade, fa ciò che vuoi ma niente crisi isteriche!” ribatté dalla cucina, mentre finiva di preparare il tè.
“ Ho anche una tremenda voglia di fumare. Maledizione. Tutta colpa di Mycroft. Ah, a proposito, mio fratello è passato per parlare con te. Come mai?” disse saltando sulla propria poltrona e rannicchiandosi stringendo le ginocchia con le mani.
“ E che vuoi che ne sappia io? Sono appena tornato a casa! Lasciatemi almeno il tempo di sedermi prima di mettermi in mezzo ai vostri bisticci tra fratellini.”
Sedette anche lui in poltrona mentre addentava un pezzetto di pane tostato.
“Quindi tua sorella ha ancora problemi con l’alcool e avete anche litigato di nuovo!”
“ Già. E’ seccante a volte non poter tenere niente per se stessi. Comunque tutto sommato il mio soggiorno non è stato troppo negativo”
“Quindi tornerai presto a trovarla?” gli chiese con un ghigno.
John sorrise beffardo di rimando “Non ci penso neppure!” Si alzò dalla poltrona, prese la giacca, si voltò verso di Sherlock prima di uscire “ Bevi il tè prima che diventi freddo e mangia qualcosa. A stasera.”
Mentre si recava allo studio medico, telefonò a Mycroft per capire il motivo della sua precedente visita, ma alla fine non c’era niente di nuovo. Il terribile fratello maggiore era come sempre semplicemente preoccupato per il suo fratellino, ma totalmente incapace di comunicare con lui in modo sano e di proteggerlo in modo normale. Quindi cercava ancora una volta di capire da lui come andavano le cose e come fosse l’umore del giovane Holmes. Lo rassicurò dicendogli che a parte la noia sembrava essersi ripreso dalla questione “ Irene Adler”, e che era il solito Sherlock. Chiuse la conversazione e si precipitò a lavoro, visto che stava facendo tardi.
 
In Baker Street intanto Sherlock aveva indossato camicia e completo scuro, preso tutti i documenti che potevano collegarlo alla missione di salvataggio e alla nuova identità della Adler, ed era uscito scendendo velocemente le scale. Salì in taxi e si diresse in banca, quella in cui teneva la sua cassetta di sicurezza personale, di cui nessuno era a conoscenza. L’unico modo per evitare che il fratello ficcasse eccessivamente il naso nei suoi affari. Prese la chiave della cassetta di sicurezza, la aprì e ci infilò velocemente la cartellina con tutti i documenti. Richiuse e uscì.
Prima di rincasare dovette andare in cerca di una camicia identica a quella che La Donna aveva tenuto per sé. Fu costretto a girare ben tre negozi prima di trovarne una identica, ed era davvero seccato quando finalmente riuscì a rimettere piede a casa.
Ripose immediatamente la camicia nell’armadio e si liberò delle prove dell’acquisto.
Poi si mise in poltrona a guardare la televisione. Si sentiva davvero patetico.
Sapeva che Lei non si sarebbe fatta sentire a lungo. Forse mai più. In parte questo pensiero lo consolava, perché tutto sarebbe tornato come era prima, e lui sarebbe tornato completamente se stesso. Anche se ricevere quei messaggi era stato un gioco piacevole, per questo decise di tenere tutti i vecchi messaggi salvati nel proprio telefono. Forse era un po’ troppo sentimentale anche lui in fondo.
Poco dopo rincasò John con la cena e lo trovò al tavolo del salotto intento in qualche lettura. “Tutto bene?” gli chiese dalla cucina. Non aveva motivo di chiederlo, non era successo assolutamente niente di rilevante. Chiaramente era ancora preoccupato per lui. John si preoccupava sempre, e spesso troppo. Ma era comunque una sensazione piacevole, sapere di avere qualcuno di cui fidarsi e su cui poter sempre contare.
Chiuse il libro e alzò lo sguardo verso di lui “Perché non dovrei? E’ successo qualcosa? Mycroft ti ha detto qualcosa?”
“ Assolutamente no. Chiedevo tanto per sapere, visto che in questi giorni non ci siamo visti molto…”
“Non è successo niente di niente. Che si mangia ?” disse alzandosi e entrando in cucina, cercando di troncare la conversazione lì dov’era.
“ Spero che tu abbia voglia di cibo cinese stasera.“
 
Erano passate parecchie settimane, più di sei sicuramente. Era un giorno piovoso, e Sherlock era seduto al tavolo della cucina, intento in uno dei soliti esperimenti. Niente di particolarmente esaltante, ma non c’era molto da fare in quel periodo visto che l’ultimo caso, un omicidio a Leeds era evidentemente banale, per lui almeno.
Non aveva notizie de La Donna da momento in cui l’aveva lasciata per tornare in Inghilterra. Ma non si preoccupava per lei, sapeva che se ci fosse stato qualche problema la notizia gli sarebbe arrivata immediatamente.
All’improvviso sentì i passi di John per le scale, non era neppure ancora entrato dalla porta ma capì che aveva chiaramente della novità dal ritmo con cui saliva le scale. Bagnato dalla pioggia, probabilmente come gli accadeva spesso era uscito senza ombrello. Era agitato, e strano. Immediatamente rispose che non si trattava del caso ma di Irene Adler. Di Lei? Gli chiese se era tornata a Londra. Poteva essere tanto folle da tornare in città senza la sua copertura?  John disse di aver parlato con Mycroft, che era sotto ovviamente al telefono. Alzandosi gli chiese ancora se era tornata a Londra. Non riusciva a concentrarsi più su quello che stava facendo, doveva sapere cosa sapevano.
John rispose che non era a Londra. Quando gli fu davanti scrutò il suo volto. Era strano, sembrava agitato. Fece una pausa prima di dirgli che La Donna era in un programma di protezione in America. Evidentemente Mycroft aveva saputo che era morta, e aveva preferito montare questa storia per evitare di dirgli la verità. Perfetto. Pensavano che fosse morta. Quindi era al sicuro.
“ Beh sai…” continuò John.
“So cosa?”
“ Beh non potrai più vederla” era chiaramente preoccupato della sua reazione alla notizia
“ E perché dovrei volerla rivedere?” E non era una bugia. Non c’erano motivi per cui avrebbe dovuto volere un incontro con Lei. Perché avrebbe mai dovuto volerlo?
“Non ho detto questo…”
Mentre tornava a sedersi al microscopio “ Quello è il suo dossier?”
Sapeva benissimo che lo era, aveva già visto il contenuto della busta e aveva notato che conteneva il famoso telefono.
“Si, stavo per riportarlo a Mycroft…vuoi…”
“No” rispose secco e brusco, ricominciando a guardare fisso nel microscopio.
John sembrò colpito dalla sua reazione. Tacque per un attimo, guardandosi in giro come faceva spesso prima di parlare. Fece un passo nella sua direzione “ Ascolta, in effetti…”
“ Ma prenderò comunque il telefono” disse tendendo la mano aperta verso di lui. All’improvviso aveva sentito nascere il desiderio di tenere per sé il telefono. Un desiderio forte che non riusciva a dominare. Probabilmente anche lui aveva bisogno di un souvenir, un ricordo da tenere custodito solo per se stesso.
“ Non c’è più niente dentro, è stato svuotato…”
“ Lo so, ma” sapeva perfettamente che non c’era più niente da scoprire al suo interno, ma non era per quello che lo voleva per sé. “ io lo terrò comunque.”
Mantenne la mano tesa e aperta, senza staccare però lo sguardo dal microscopio. Non riusciva a guardarlo in questo momento, temeva di non riuscire a controllare la propria emotività.
“Devo ridarlo a Mycroft, non puoi tenerlo.” Non ricevendo nessuna risposta continuò” Sherlock, devo ridarlo a Mycroft, è del Governo, ora.”
“Per favore.” Fu l’unica cosa che riuscì a dire, tendendo ancora di più la mano verso di lui. Desiderava tenere quel ricordo, non gli importava del resto, né di Mycroft né del governo.
John si bloccò, non disse nulla per qualche istante, poi infilò la mano nella busta con i documenti, prese il telefono e lo posò nel palmo della sua mano.
Sherlock strinse delicatamente la presa sul telefono e se lo infilò in tasca.
“ Grazie.” Non aveva niente altro da dire, quindi tacque.
“ Beh sarà meglio che riporti questo” disse riferito alla documentazione nella busta. E fece qualche passo verso la porta.
“Si.”
Il dottore però non uscì, si fermò pensoso per qualche istante. Probabilmente si stava chiedendo se gli stava sfuggendo qualcosa. Si girò nuovamente verso di lui e gli chiese
“ Ti ha mandato altri messaggio dopo…tutto quella storia?”
La risposta fu sincera, non aveva nessuno motivo di mentirgli, né voleva farlo.
“ Una volta, mesi fa.”
“Che diceva?”
“ Addio, Mr. Holmes” ricordava benissimo quel messaggio e il momento in cui era stato inviato.
John sembrava voler dire altro, cominciò a passeggiare sul posto, ma non disse nulla e uscì, scendendo le scale.
Rimasto solo distolse immediatamente lo sguardo dal microscopio, e prese il proprio telefono. Si alzò e si diresse verso la finestra. Scorse tutti i messaggi scambiati con Lei, che conservava ancora tutti, fino ad arrivare a quell’ultimo messaggio.
Tornò col pensiero al momento in cui era stato inviato, a quella notte nel deserto. Rivide La Donna in ginocchio in attesa della morte, che gli spediva quell’ultimo pensiero. Rivide le sue lacrime, e il momento in cui chiuse gli occhi, pronta a morire.
E ricordò l’eco del suo gemito e l’attimo in cui si rese conto di essere in salvo, perché lui era lì per salvarla.
Non riuscì a non sorridere mentre la sua mente tornava a quella sera e a tutto ciò che era avvenuto da lì in poi.
L’unica Donna che era stata in grado di tenergli testa e di catturare la sua attenzione, era salva. Non sapeva se si sarebbero rivisti, non era quello che lo preoccupava, la cosa importante è che fosse in vita e fuori pericolo. Solo questo gli interessava al momento. Rise ed estrasse il telefono dalla tasca dei pantaloni, e lo fece volteggiare in aria. “ La Donna.” Disse e infilò il telefono nel cassetto della scrivania. Ma prima di chiuderlo si fermò un attimo. Ripensò a Lei e al rispetto che in cuor suo comunque le portava, alla sua grande intelligenza e si corresse “ LA Donna.” L’Unica. Chiuse il cassetto e si voltò, tornando al lavoro e alla propria vita.
 

FIN

  
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