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Autore: crazy_world    08/05/2012    6 recensioni
Una rivisitazione della storia d'amore tra Joker e Harley Quinn. Il titolo dice tutto!
Leggete se vi va ;)
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO DUE
 
Harleen scrutò con attenzione ogni singolo angolo della cucina, alla ricerca di un segno che potesse significare che il pazzo del giorno prima, si era infiltrato nuovamente a casa sua.
Ma di Joker non c’era traccia; così, ancora con gli occhi incredibilmente vigili per essere solo le sette del mattino, si sedette al tavolo per fare colazione.
Aveva dormito malissimo quella notte: i suoi sogni erano stati popolati da labbra senza proprietari, labbra scarlatte che ghignavano.
Bevve una tazza di latte freddo e ci inzuppò un paio di biscotti, poi corse in bagno per lavarsi e vestirsi.
Una volta che ebbe finito anche di truccarsi, salutò Bud con qualche carezza dietro alle orecchie, afferrò la tracolla piena di libri, quaderni e matite, e uscì dall’appartamento, chiudendo attentamente la porta d’ingresso a chiave.
Il traffico di Gotham City era già scatenato; macchine e autobus riempivano le strade, mentre i pedoni affollavano i marciapiedi.
Herleen raggiunse la fermata del suo autobus e, nell’attesa, estrasse un lettore mp3. Si infilò le cuffie nelle orecchie, e immediatamente la sua canzone preferita le riempì la testa, scacciando ogni pensiero.
Trasalì quando qualcuno le picchiettò sulla spalla.
Si voltò di scatto e si trovò faccia a faccia con Janet, una sua compagna dell’Università.
«Jenny» borbottò sollevata, togliendosi gli auricolari. «Ciao».
L’altra ragazza la guardò preoccupata. «Va tutte bene?»
«Certo!» si affrettò a rispondere la bionda, sforzandosi di cancellare la ruga di preoccupazione che – sapeva – di avere sulla fronte. «Non ti aspettavo qui, ecco tutto» disse con un sorriso tirato.
«E io aspettavo che mi richiamassi ieri» disse l’amica con un finto tono di rimprovero.
«Oh, si… scusa, mi sono addormentata. Ero stanchissima» mentì la giovane.
«Ti sei addormentata alle sei del pomeriggio e poi non ti sei più svegliata?» chiese Janet scettica.
No, certo che no. Ho passato buona parte della serata a rimuovere la scritta dalla finestra e a disinfettare il vetro come un’ossessa. Contenta?
L’autobus arrivò, risparmiando alla ragazza la fatica di trovare una risposta che fosse credibile.
«Andiamo?» chiese a Janet. L’altra annuì sospettosa, assottigliando gli occhi.
Per tutto il tragitto, Harleen fece finta di non notare lo sguardo indagatore dell’amica, osservando fuori dal finestrino.
Quando arrivarono all’Università, biascicò un «Ciao Janet» e si dileguò tra la folla.
 
Di nuovo una giornata estenuante, divisa tra studio, corse a perdifiato per i corridoi dello stabile cercando di non arrivare tardi alle lezioni, e gran finale con tanto di salto mortale per non perdere l’autobus che l’avrebbe riportata a casa.
La bionda aprì la porta dell’appartamento ancora con il fiatone, e si catapultò nell’ingresso.
Si tolse la giacca e le scarpe. Raggiunse il divano e si lasciò cadere a peso morto, sperando di riuscire a dormire almeno un po’.
 
«Allora?»
Joker era seduto su una sedia di legno scomoda e scheggiata, nel suo covo.
Davanti a lui, se ne stavano in piedi due dei suoi scagnozzi. Lo fissavano con timore, spaventati all’idea di vederlo esplodere di rabbia. Era sempre così con lui; non c’era modo di capire se quando rideva era sinceramente divertito, o se quando sbraitava c’era un motivo o se era per il semplice gusto di farlo.
«Ora è a casa. Gli altri la stanno osservando dal palazzo di fronte» mormorò il più basso tra i due.
«Quando la rapiranno?»
«Non appena gli daremo il via» rispose pronto il secondo.
Joker guardò fuori dalla piccola finestra, unica fonte di luce in quella topaia.
«Dai l’okay. Portatela dove vi ho detto di portarla. Ricordate all’idiota coi capelli rossi che deve mettere la sicura alla pistola, anche quando la minaccerà. Poi arriverò io a salvare la dolce Harleen…» ridacchiò.
I due annuirono e cominciarono ad indietreggiare.
«Ah, un’ultima cosa» li richiamò il pagliaccio.
Quelli lo fissarono, i nervi a fior di pelle.
«Ricordategli anche che se la sfiora, basta solo con un dito, io gli taglio le braccia. E sapete quanto mi piacciono i coltelli, no?»
I due annuirono di nuovo, freneticamente.
Farfugliarono qualche smanceria rivolta al loro capo e sparirono oltre la porta dell’ingresso del nascondiglio.
Joker si massaggiò le tempie. Si alzò dalla sedia e si avvicinò all’unico specchio che c’era in quel tugurio.
«Cadrà ai miei piedi» disse al suo riflesso.
Scoppiò in una risata folle e acuta.
«Oh, si, si, si, si» mormorò leccandosi le labbra scarlatte. «Sarà mio quel tesorino. Tutto per me, tutto per me, tutto per me».
 
  
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