4.
Staryn era rientrato sano e salvo da
circa una settimana, stando alla missiva che era giunta tramite falco alla casa
di Istrea.
La famiglia reale ringraziava tutto il
villaggio, per l’accoglienza festosa riservata ai due figli del re e al loro
seguito.
Nel messaggio, Ruak e Renke si
complimentavano coi cognati per la bellezza dei gemelli, e si auguravano di
poterli vedere di persona, prima o poi.
Nel replicare alla missiva con un messaggio
di ringraziamento, Aken promise loro che, quando i gemelli fossero stati un po’
più grandi, avrebbero sicuramente accettato il loro invito.
Naell, pur lieta di aver saputo del buon
esito del viaggio del fratello, aveva sospirato infelice nel buio della sua
stanza, sentendosi spaesata più di quanto non si sarebbe mai aspettata di
essere.
Pur avendo desiderato quella vacanza, la
vita nel villaggio le pesava più di quanto fosse disposta ad ammettere e, pur
con tutte le attenzioni di Eikhe e di Aken, le mancavano i suoi genitori.
Il lavoro che aveva svolto fin dal primo
giorno lì a Hyo-den ne aveva minato, più di tutto, le sicurezze perché mai, in
vita sua, aveva dovuto faticare tanto.
Ricoprirsi di sudore e polvere come,
invece, le capitava ogni giorno, non la aiutava a ritemprare il suo ego.
Se in passato aveva creduto che la vita a corte
fosse pesante e difficilmente sopportabile, al villaggio si era dovuta
ricredere alla svelta.
Nessuno le faceva pesare la sua lentezza
nel lavorare, o i suoi modi impacciati, ma bastava già il suo subconscio a
metterla a disagio, specialmente quando le metteva sotto il naso la sua
inettitudine nel lavorare.
Non voleva apparire goffa ma, di fatto, la
era, e questo non contribuiva certo a migliorarne l’umore.
I pianti silenziosi nella sua stanza,
quando nessuno poteva vederla, erano quasi all’ordine del giorno.
Naturalmente, di fronte agli zii e ai
cugini, come al resto del villaggio, non aveva espresso i suoi lamenti, che lei
stessa giudicava infantili.
Non essendo però abituata a convivere la
notte con un lupo, non aveva pensato a quanto, il suo compagno di stanza,
potesse invece comprendere i suoi problemi.
E riferirli di conseguenza al suo amico e
padrone.
Turbato per il malumore della ragazza, Fyn
era sgattaiolato una mattina nei pressi dei frangi-valanghe, dove sapeva
trovarsi Aken.
Dopo aver attirato la sua attenzione, gli
aveva spiegato per sommi capi – e per quanto fosse possibile a un lupo – ciò
che stava passando Naell.
Aken lo aveva ringraziato con una grattata
dietro le orecchie, e la promessa di una bella bistecca per cena.
Ritenutosi soddisfatto, il lupo se n’era
andato nel bosco come in quelle settimane – a turno – ogni membro del branco
stava facendo con insolita puntualità.
Più di un abitante di Hyo-Den aveva notato
con quanta assiduità, i lupi, si recassero nella foresta ma, a nessuno, era
stata data una risposta esauriente.
Affari del branco.
Come se questo potesse dire loro qualcosa.
A turno, una decina di lupi si assentavano
dal villaggio per ripresentarsi solo a sera inoltrata, solitamente col pelo
inumidito o, addirittura, fradicio.
Cosa facessero rimaneva un mistero e, i
pochi che avevano cercato di pedinarli, erano stati ben presto seminati.
Anche quella mattina, mancavano
all’appello diversi lupi e, quando le rispettive padrone ne parlarono durante
la consueta lezione di cucito, Naell si interessò personalmente dell’argomento.
«Anche il lupo di mio zio, ogni tanto,
sparisce. E così pure quelli di Eikhe e di Antalion.»
Liana, che era accomodata a poche sedie di
distanza da lei, asserì a sua volta: «Nak è un vero mistero. Non mi dice mai
nulla e torna a casa quasi sempre col pelo bagnato, neanche si fosse ruzzolato
nella neve.»
Bonariamente, Istrea sorrise tutte loro e
chiosò: «Quando vorranno dirci cosa stanno combinando, lo faranno.»
«Mah…» mugugnò Kalia, prima di sorridere a
Naell, seduta alla sua sinistra, e mormorare ammirata: «Davvero un bellissimo
ricamo, Naell. Sei veloce, nell’esecuzione.»
Con uno sbuffo infastidito, Naell le
spiegò: «Se sapessi quante ore passo a ricamare, ti spaventeresti.»
«Ti prepari da sola la dote per quando
sarai maritata a un principe?» la irrise bonariamente una delle ragazze,
strizzandole l’occhio per smorzare la battuta.
«Qualcosa del genere» sospirò Naell,
ridacchiando senza troppa allegria. «All’attivo, ho già una decina di cuscini
ricamati, una quindicina di copri-letti, non ricordo neppure più quanti scialle,
e fazzoletti per un intero reggimento.»
Tutte le donne presenti sogghignarono di
fronte al suo tono scocciato mentre Istrea, sorridendole indulgente, le
replicava bonaria: «Se non altro, potrai dire di avere le dita allenate.»
«Le dita più allenate del regno, questo è
poco ma sicuro!» esclamò Naell, cercando di mascherare il dolore che percepiva
ai polpastrelli, irritati dal lavoro nella stalla.
Seguendo le istruzioni di Kalia – unica a
sapere del suo problema – aveva ammorbidito la pelle con unguenti alle erbe, e
fatto dei lavaggi con acqua tiepida tutte le sere, prima di mettersi a dormire.
Il dolore, pur se diminuito, non era
ancora scemato del tutto, e anche tenere un ago in mano era fastidioso.
Avvedendosi della sua smorfia, Kalia
intervenne e chiese a Istrea: «Visto che Naell è così brava, credo sia inutile
tartassarla per tre ore di fila con le lezioni di cucito. Mi permetti di
portarla alla nursery dei lupi?»
Con un cenno di assenso, Istrea diede il
suo benestare e Naell, dopo aver fissato grata l’amica, si incamminò con lei
all’esterno della casa della Signora del Villaggio.
Ritrovarsi sotto il sole allegro di quella
giornata agli albori dell’estate, non fu che un sollievo.
L’aria frizzante sapeva di resina di pino,
di erba fresca e di fiori di bosco e Naell, inspirando soddisfatta quella
miscellanea di profumi, sorrise a Kalia prima di dirle: «Non so come
ringraziarti. Ormai davo per scontato che le dita avrebbero cominciato a
sanguinare.»
Afferrata una sua mano per scrutarla alla
luce del sole, Kalia annuì spiacente e sentenziò: «Di questo passo, queste
abrasioni non guariranno mai. Sei sicura di non voler concederti un giorno o
due di pausa, così da permettere alle tue mani di riprendersi?»
«Voi non lo fate» mugugnò Naell,
accigliandosi leggermente.
Kalia rise di quel commento e, avvolte le
spalle della ragazzina con un braccio, continuò a camminare con lei lungo la
via principale del villaggio.
Tutt’intorno a loro, Hyo-den proseguiva le
sue attività senza prestare loro alcuna attenzione.
Uomini armati di ascia erano di ritorno
dai boschi, mentre diverse donne-lupo e figlie sacre, caricati i loro muli da soma,
erano in procinto di partire per raggiungere Marhna.
Diversi bambine e bambini, di età compresa
tra i quattro e i sei anni, erano impegnati a rincorrersi tra di loro nel
vicino giardino dei giochi, controllati a vista da un paio di donne-lupo.
Tutto si svolgeva con regolarità quasi
maniacale, nessuno era in panciolle, ogni componente del branco, fosse esso
umano o animale, aveva un suo ruolo.
Naell non voleva essere da meno, pur
sapendo quante e quali differenze vi fossero tra lei e una ragazza-lupo della
sua stessa età.
Se i primi giorni tutto era stato un
susseguirsi di novità, sorrisi e benvenuti, dopo quasi un mese di permanenza al
villaggio, tutto era sostanzialmente cambiato.
Non necessariamente in peggio, ma era
tutto diverso.
Diverse ragazze, dopo aver visto con quanta
assiduità Kalia si stesse prendendo cura di lei, avevano iniziato a ridacchiare
alle spalle della loro compagna.
Per nulla preoccupata, le aveva caldamente
ignorate, pregando Naell di fare lo stesso.
Certo, a lei non veniva indirizzato alcun
commento, anzi, erano tutte piuttosto sorprese che avesse resistito tanto, ma
le frecciatine a Kalia non erano diminuite con il tempo.
Quel comportamento infantile aveva
iniziato a dare sui nervi a Naell che, irritata, ne aveva parlato apertamente
con l’amica.
Kalia ne aveva riso, replicandole che,
donne-lupo o meno, rimanevano pur sempre donne e le femmine, notoriamente,
avevano l’abitudine di parlare, e sparlare.
Ben presto, tutto si sarebbe ridotto a un
fuoco di paglia, e lei aveva le spalle robuste.
Quattro parole lanciate al vento, non le
avrebbero certo fatto male.
Naell, in ogni caso, non si era ritenuta
soddisfatta di quella visione della situazione.
E, come ogni giorno, sottopose il suo
annoso problema a colei che, ormai, considerava un’amica degna di fiducia.
«Continuo a pensare che il modo migliore
per risolvere il problema, sia affrontarle.»
Nel dirlo, lanciò uno sguardo carico di
fiducia in direzione del viso di Kalia.
«E perdere del tempo prezioso? No, hillan.
Lascia perdere» ridacchiò Kalia, ricorrendo al nomignolo che, quasi subito,
aveva affibbiato a Naell. Fiorellino.
Naell aveva riso, venendo a sapere il suo
reale significato, ma Kalia aveva replicato che il suo viso era talmente carino
da poter essere tranquillamente equiparato alla bellezza di un fiore di
montagna.
Al che, la ragazza era arrossita e
l’amica, ammiccando maliziosamente, le aveva prospettato schiere di principi
pronti a sposarla, solo perché ammaliati dal suo fascino.
Nel sentirle usare quel nomignolo, Naell sorrise
spontaneamente ma ribatté: «Non cercare di blandirmi, Kalia. Ritengo di essere
nel giusto. Se c’è un problema, va risolto. E io non voglio essere il tuo problema.»
Kalia si limitò a sorriderle dolcemente,
indirizzandola poi in direzione di un basso capanno di legno dalle piccole
vetrate.
Una volta raggiuntolo, la ragazza si fermò
e le sfiorò le spalle con le mani, chiedendole: «Non voglio turbarti ma… sai
che due donne posso volersi bene come… beh, come un uomo e una donna?»
Pur arrossendo lievemente, Naell annuì e
mormorò: «Mamma me lo ha spiegato quando le chiesi come mai molte donne
rifiutassero di sposarsi, giunte in età da marito, e preferissero rimanere sole,
o convivere con altre donne. A Rajana non sono ben viste, ma ne conosco
l’esistenza. Perché?»
Sorridendo indulgente, Kalia le spiegò:
«Qui tra le montagne e, soprattutto, tra le donne-lupo, c’è molta più
flessibilità sull’argomento, e non è raro che si scelga di non avere mai un
compagno, preferendo passare la vita con un’altra femmina.»
«A-ha» annuì Naell, sbattendo confusa le
palpebre nell’osservare l’amica.
Un risolino le sfuggì dalle labbra e, con
un vago rossore sulle gote, Kalia aggiunse: «So esattamente chi ha
iniziato a spargere queste chiacchiere su di me, Naell, ma non posso fare niente
per far cambiare idea a quella data persona. La pensiamo diversamente
sull’argomento che ti ho esposto, quindi, il tempo che passo con te, per lei,
equivale a un’offesa personale.»
«Oh» esalò Naell, avvampando in viso prima
di esalare: «Lei vorrebbe che tu… »
«Esatto. Io ho tenuto a precisarle che,
quando lo riterrò giusto, inizierò a guardarmi intorno, ma per cercarmi
un compagno.»
Con un sospiro, Kalia scosse il capo, come
se quella frase fosse stata costretta a ripeterla infinite volte.
«Ora che, però, passi un sacco di tempo
con me, potrebbe aver pensato che, invece, le hai solo mentito, giusto?»
ipotizzò Naell, inclinando un poco il capo.
«Hai centrato il problema. E niente di
quello che le ho detto è servito a farle cambiare idea, quindi, semplicemente,
la ignoro.»
Una spallucciata seguì il suo dire e,
senza più tornare sull’argomento, entrarono nel capanno dove, controllati da
quattro figlie sacre, si trovavano circa una ventina di piccoli lupi, in
compagnia delle madri.
Tra essi, Naell vide anche Symil, la
compagna di Luak.
Impegnata a leccare il musetto di uno dei
suoi cuccioli, sollevò la testa bionda a scrutarla e le lanciò un guaito di
saluto, prima di tornare al suo dovere di madre.
Da quando aveva saputo dei cuccioli appena
nati, Naell non aveva passato giorno senza fare visita alla famigliola che,
fino al giorno prima, era rimasta stabilmente nella stalla a fianco della casa
di Eikhe e Aken.
Dopo avere ritenuto fuori pericolo madre e
cuccioli, la famiglia era stata spostata nella nursery del villaggio, perché i
cuccioli si abituassero alla presenza degli altri lupi e, soprattutto, al
contatto con umani estranei alla famiglia.
Era la prima volta che Naell li vedeva
assieme agli altri e, nel notare quanti cuccioli vi fossero, sorrise spontaneamente
e si appoggiò al basso steccato che racchiudeva le varie famigliole.
«Pagherei oro, per averne uno tutto mio.»
Ridacchiando, Kalia le si mise al fianco,
chiosando: «E’ il sogno di tutti noi, maschi o femmine non importa. Non appena
li vediamo, sentiamo subito il legame con il lupo.»
«Io, però, non sono nata e cresciuta qui.
Perché sento di volerne uno, allora?» chiese in tutta onestà Naell, piegandosi
su un ginocchio per carezzare il musetto canuto di un cucciolo che, più
temerario degli altri, si era avvicinato trotterellando allo steccato.
Muovendo la mano su quel pelo morbido e
folto, la ragazza socchiuse debolmente gli occhi, provando un piacere così
forte da farle quasi tremare le dita.
Avrebbe tanto voluto afferrarlo e
prenderlo tra le braccia e, come se il cucciolo lo avesse compreso, raspò sul
terreno emettendo un guaito infelice finché la madre non si avvicinò a sua
volta per afferrarlo coi denti alla collottola.
Sorpresa, Naell si scostò un poco per
permettere a Symill di sollevarlo agevolmente e, al colmo dello stupore, se lo
vide consegnare tra le braccia con un muto monito nello sguardo d’ambra.
Afferratolo con gentilezza, Naell se lo
strinse al petto con un braccio, esprimendo una gioia infinita nello sguardo e,
con la mano libera, carezzò il muso allungato della lupa.
«Ne avrò cura.»
La lupa annuì e guaì lievemente prima di
tornarsene dagli altri cuccioli.
Osservando Naell alle prese con il
cucciolo che, letteralmente, la stava ricoprendo di leccatine sulle dita e sul
viso, Kalia ridacchiò e le disse: «Non è importante essere nati qui. Hevos è
padre di tutte le creature viventi, te compresa, e lui legge nei cuori delle
persone senza pregiudizi di sorta. Non importa che tu sia o meno una donna-lupo.
Se ti riterrà degna di fiducia, ti darà la Sua fiducia.»
«E questo è il segno della sua fiducia in
me?» domandò con tono sommesso Naell, lasciando che il lupacchiotto le
mordicchiasse un dito.
Una delle figlie sacre presenti nel
capanno si avvicinò a loro, dopo aver ascoltato in silenzio le loro
dissertazioni.
Sorridendo a Naell con fare confidenziale,
accarezzò il lupo che teneva tra le braccia prima di confermare le ipotesi di
Kalia.
«Non tutti possono avvicinarsi ai lupi
così piccoli. Essi non hanno l’addestramento degli adulti, o l’abitudine a
stare tra gli esseri umani. Sono guidati solo dall’istinto e, poiché questo
lupo ti ha scelta nonostante non ti avesse vista che poche volte, significa che
l’occhio benevolo di Hevos è su di te.»
Con un sorriso estasiato, Naell baciò il
naso freddo e umido del lupetto prima di rimetterlo nel serraglio e
sussurrare: «Verrò a trovarti anche domani, se vorrai.»
Rivolgendosi all’anziana figlia sacra,
Kalia le chiese gentilmente: «Naell non potrebbe venire qui, invece che nelle
stalle?»
Arrossendo di fronte all’interessamento
dell’amica, Naell si volse a fissare il volto segnato da rughe della donna che,
coi suoi penetranti occhi d’ambra, la studiò per diversi secondi, prima di
assentire.
«Sarò lieta di addestrarla all’allevamento
dei lupi, se a lei interessa. Mi mancava giusto un’allieva.»
Compiaciuta, Kalia diede una pacca sulla
spalla a Naell, dicendole: «Così non ci saranno problemi.»
«Ma non sarebbe giusto!» brontolò Naell,
pur scrutando avida i cuccioli che saltellavano avanti e indietro per il
serraglio.
«Parlerò io con Istrea del tuo cambio di
mansioni, Naell» le replicò Syanaill, ammiccando al suo indirizzo. «Come figlia
sacra anziana, ho il diritto di scegliermi le allieve e, visto come ti ha
accolto il piccolo Ylar, mi sento in dovere di rubarti alle tue mansioni per
averti qui in pianta stabile. Almeno per il tempo in cui rimarrai a Hyo-den.»
Già, il tempo che sarebbe rimasta a
Hyo-den.
Tornando a gettare il suo sguardo voglioso
sui lupi che si trovavano all’interno del recinto, Naell dovette rammentare a
se stessa che tutta quella libertà, quella mancanza di complessi rituali di
comportamento, ben presto le sarebbero stati strappati come le erano stati
dati.
E lei non avrebbe potuto far nulla per
cambiare quel dato di fatto.
Lei era e restava una principessa, e
neppure Hevos avrebbe cambiato quella realtà, neppure per lei che non bramava
affatto le ristrettezze di palazzo.
Certo, la famiglia le mancava, ma stare lì
le aveva permesso di imparare a respirare in modo nuovo, a scorgere il mondo
con occhi diversi, a sentire le persone con altro cuore.
Nonostante tutte le sofferenze silenziose,
tutti i suoi complessi, amava quel luogo. E amava quelle persone.
Ma forse, tutto ciò appariva così ai suoi
occhi perché non si era mai sentita a suo agio a palazzo o, per meglio dire, le
era sempre parso di essere diversa dalle persone che la circondavano ogni
giorno.
Solo con i suoi famigliari, si era sentita
accettata per quella che era, ma sapeva bene che, presto o tardi, quella realtà
sarebbe cambiata.
Con un gran sospiro, Naell prese fiato e
assentì: «Per il tempo che rimarrò qui, farò del mio meglio per imparare da
voi, Syanaill.»
«Dammi del tu, bambina, e ritieniti
ufficialmente arruolata tra i miei sottoposti» ridacchiò la donna, aprendole il
serraglio per farla entrare. «Kalia, vai a dire a Istrea che, più tardi, le
parlerò di questo cambio di ruoli, va bene?»
«Glielo riferirò.»
Lanciato poi uno sguardo soddisfatto in
direzione di Naell, le promise: «Noi ci vedremo domani alla lezione di
matematica.»
«D’accordo. E grazie» le sorrise Naell,
sinceramente grata alla ragazza per il suo interessamento.
«Di nulla!» ammiccò Kalia, correndo fuori
dal capanno per poi bloccarsi non appena raggiunse la strada.
Lì, appoggiato a uno steccato, trovò Aken
che, sollevato un sopracciglio con aria interrogativa, le chiese: «Com’è
andata?»
«Tutto bene. Il cambio le è piaciuto, e
uno dei cuccioli di Symill si è innamorato subito di lei» gli spiegò Kalia,
mettendosi al suo fianco mentre si incamminavano in direzione della casa di Istrea.
Annuendo soddisfatto, Aken le diede
un’affettuosa pacca sulla spalla, grato per il suo intervento.
«Ti sono debitore per le attenzioni che le
hai rivolto fin da subito, Kalia. E grazie per la soffiata. Anche Fyn mi aveva
avvertito del problema ma, con il tuo suggerimento, le abbiamo impedito di
sentirsi a disagio.»
«Ho solo cercato di mettermi nei suoi
panni, e ho pensato che stare coi cuccioli fosse un lavoro più adatto, che
quello nelle stalle. Non possiamo pretendere che le sue mani, o la sua muscolatura,
si abituino così velocemente, né dobbiamo procurarle delle piaghe tali da
rimandarla a Rajana con un brutto ricordo di Hyo-den» asserì Kalia, con un
sorriso comprensivo.
Aken assentì compiaciuto e Kalia, con
sguardo dolce, aggiunse: «Naell è una brava ragazza, e sono sicura che
diventerà una donna dal carattere forte e indipendente, una volta adulta.
Questo, però, non so se la aiuterà, a palazzo.»
«I suoi genitori sapranno capirla e,
spero, indirizzarla verso la persona più adatta a lei.»
Nel dirlo, sperò con tutto se stesso di
avere ragione.
Nulla l’avrebbe fatto soffrire di più del
sapere che anche la nipote potesse patire i suoi stessi tormenti a palazzo,
lontana da ciò che realmente desiderava.
Kalia si limitò ad annuire, turbata dai
medesimi pensieri.
***
Seduto su uno spuntone di roccia e intento
a osservare con scrupolosa attenzione i suoi figlioli prediletti, Hevos reclinò
il muso per scrutare gli occhi chiari del più vicino tra essi.
Rivoltosi al lupo che aveva di fronte,
chiese: «Come procedono le cose, al villaggio?»
La principessa sembra
aver preso a cuore la causa.
«E le figlie sacre?»
C’è un conflitto, tra
loro, ma non dipende direttamente dalla principessa.
«Quindi, è stata accettata, e lei ha
accettato loro.»
Con un cenno del muso, Hevos parve molto
soddisfatto di ciò che la sua mente aveva percepito dei pensieri dei suoi lupi.
Guardando tutti loro, ammantati della
lieve brina cristallina emanata dal suo corpo animale, il dio dichiarò: «Ben
presto, metterò alla prova entrambe le fazioni, e scopriremo ciò che è di
grande interesse per me.»
Siamo ai tuoi ordini,
Hevos.
Quel coro mentale gli carezzò il corpo
come un tocco di piuma e Hevos, rivolgendosi a Luak, gli chiese: «Sei pronto,
mio lupo?»
Mi fido della
principessa. E mi fido di te.
«Molto bene» asserì Hevos, osservando poi
Fyn con aria incuriosita. «Voglio i gemelli. Portali da me assieme alla
principessa, come stabilito.»
Quando la luna sarà
scomparsa in cielo, ti porterò ciò che chiedi.
«Il Fato sta per compiere un altro balzo.
Dovremo solo attendere di scoprire in che direzione. Ora, miei lupi, tornate
alle vostre case e tenetevi pronti per ciò che presto avverrà.»
Detto ciò, Hevos se ne andò trotterellando
nel buio della notte, svanendo in una nuvola di brina cristallizzata.
Luak e Fyn si fissarono dubbiosi, prima di
riprendere il cammino verso il villaggio assieme agli altri lupi presenti nel
bosco.
I loro manti erano ancora ricoperti di
cristalli che, ben presto, si sarebbero sciolti, lasciando al loro posto solo
lacrime d’acqua purissima.
Sin da quando Hevos era ricomparso, a
sorpresa, nelle loro vite, i lupi si erano ritrovati a venir meno al patto di
alleanza che intercorreva con le donne-lupo per mettersi al totale servizio del
loro dio.
Questo aveva significato non proferire
parola di ciò che la divinità aveva in serbo per tutti loro.
Il fatto che avesse voluto mantenere
all’oscuro di tutto gli esseri umani, li aveva lasciati interdetti ma,
trattandosi di Hevos in persona, non se l’erano sentiti di replicare.
Se una divinità agiva in quel modo, doveva
avere le sue brave ragioni.
A Eikhe e Aken verrà un
colpo, quando faremo sparire i gemelli.
Nei pensieri di Fyn c’era una gran paura
di sbagliare, e il timore fisso di deludere il suo amico e padrone.
Quando sapranno che Hevos
voleva questo, da noi, capiranno. Loro più di altri sanno cosa significa
sottostare alle Sue parole.
Luak cercò di spronarlo ad avere fiducia,
ma neppure lui si sentiva così a suo agio, specialmente in vista di quanto
sarebbe presto avvenuto.
Naell gli piaceva, e sapeva che loro
piacevano a lei, ma questo sarebbe bastato?
E Symill sarebbe stata d’accordo? Non ne
era del tutto sicuro.
Temo che dovrai discutere
di brutto con lei.
Nel creare quel pensiero, indirizzato
all’amico, Fyn lo guardò con occhi colmi di comprensione.
Luak preferì non dare voce ai suoi
pensieri, limitandosi a trotterellare leggero nel bosco al fianco del suo
amico, schiacciando rametti ed erba fresca al suo passaggio.
Era una prova difficile, quella che si
apprestavano a compiere tutti loro, ma ne poteva scorgere il più ampio disegno.
Il punto era un altro; lui e Symill
avrebbero accettato ciò che, dai piani di Hevos, sarebbe venuto?
In ogni caso?
Non ne era del tutto sicuro.
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Temo di avervi confuso ancor di più le idee ma, per lo meno, ora si sa a chi sia dovuto il silenzio dei lupi. Il bandolo della matassa verrà sciolto presto, non temete!