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Autore: Mary P_Stark    08/05/2012    4 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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4.

 

 


 
 
  Staryn era rientrato sano e salvo da circa una settimana, stando alla missiva che era giunta tramite falco alla casa di Istrea.

La famiglia reale ringraziava tutto il villaggio, per l’accoglienza festosa riservata ai due figli del re e al loro seguito.

Nel messaggio, Ruak e Renke si complimentavano coi cognati per la bellezza dei gemelli, e si auguravano di poterli vedere di persona, prima o poi.

Nel replicare alla missiva con un messaggio di ringraziamento, Aken promise loro che, quando i gemelli fossero stati un po’ più grandi, avrebbero sicuramente accettato il loro invito.

Naell, pur lieta di aver saputo del buon esito del viaggio del fratello, aveva sospirato infelice nel buio della sua stanza, sentendosi spaesata più di quanto non si sarebbe mai aspettata di essere.

Pur avendo desiderato quella vacanza, la vita nel villaggio le pesava più di quanto fosse disposta ad ammettere e, pur con tutte le attenzioni di Eikhe e di Aken, le mancavano i suoi genitori.

Il lavoro che aveva svolto fin dal primo giorno lì a Hyo-den ne aveva minato, più di tutto, le sicurezze perché mai, in vita sua, aveva dovuto faticare tanto.

Ricoprirsi di sudore e polvere come, invece, le capitava ogni giorno, non la aiutava a ritemprare il suo ego.

Se in passato aveva creduto che la vita a corte fosse pesante e difficilmente sopportabile, al villaggio si era dovuta ricredere alla svelta.

Nessuno le faceva pesare la sua lentezza nel lavorare, o i suoi modi impacciati, ma bastava già il suo subconscio a metterla a disagio, specialmente quando le metteva sotto il naso la sua inettitudine nel lavorare.

Non voleva apparire goffa ma, di fatto, la era, e questo non contribuiva certo a migliorarne l’umore.

I pianti silenziosi nella sua stanza, quando nessuno poteva vederla, erano quasi all’ordine del giorno.

Naturalmente, di fronte agli zii e ai cugini, come al resto del villaggio, non aveva espresso i suoi lamenti, che lei stessa giudicava infantili.

Non essendo però abituata a convivere la notte con un lupo, non aveva pensato a quanto, il suo compagno di stanza, potesse invece comprendere i suoi problemi.

E riferirli di conseguenza al suo amico e padrone.

Turbato per il malumore della ragazza, Fyn era sgattaiolato una mattina nei pressi dei frangi-valanghe, dove sapeva trovarsi Aken.

Dopo aver attirato la sua attenzione, gli aveva spiegato per sommi capi – e per quanto fosse possibile a un lupo – ciò che stava passando Naell.

Aken lo aveva ringraziato con una grattata dietro le orecchie, e la promessa di una bella bistecca per cena.

Ritenutosi soddisfatto, il lupo se n’era andato nel bosco come in quelle settimane – a turno – ogni membro del branco stava facendo con insolita puntualità.

Più di un abitante di Hyo-Den aveva notato con quanta assiduità, i lupi, si recassero nella foresta ma, a nessuno, era stata data una risposta esauriente.

Affari del branco.

Come se questo potesse dire loro qualcosa.

A turno, una decina di lupi si assentavano dal villaggio per ripresentarsi solo a sera inoltrata, solitamente col pelo inumidito o, addirittura, fradicio.

Cosa facessero rimaneva un mistero e, i pochi che avevano cercato di pedinarli, erano stati ben presto seminati.

Anche quella mattina, mancavano all’appello diversi lupi e, quando le rispettive padrone ne parlarono durante la consueta lezione di cucito, Naell si interessò personalmente dell’argomento.

«Anche il lupo di mio zio, ogni tanto, sparisce. E così pure quelli di Eikhe e di Antalion.»

Liana, che era accomodata a poche sedie di distanza da lei, asserì a sua volta: «Nak è un vero mistero. Non mi dice mai nulla e torna a casa quasi sempre col pelo bagnato, neanche si fosse ruzzolato nella neve.»

Bonariamente, Istrea sorrise tutte loro e chiosò: «Quando vorranno dirci cosa stanno combinando, lo faranno.»

«Mah…» mugugnò Kalia, prima di sorridere a Naell, seduta alla sua sinistra, e mormorare ammirata: «Davvero un bellissimo ricamo, Naell. Sei veloce, nell’esecuzione.»

Con uno sbuffo infastidito, Naell le spiegò: «Se sapessi quante ore passo a ricamare, ti spaventeresti.»

«Ti prepari da sola la dote per quando sarai maritata a un principe?» la irrise bonariamente una delle ragazze, strizzandole l’occhio per smorzare la battuta.

«Qualcosa del genere» sospirò Naell, ridacchiando senza troppa allegria. «All’attivo, ho già una decina di cuscini ricamati, una quindicina di copri-letti, non ricordo neppure più quanti scialle, e fazzoletti per un intero reggimento.»

Tutte le donne presenti sogghignarono di fronte al suo tono scocciato mentre Istrea, sorridendole indulgente, le replicava bonaria: «Se non altro, potrai dire di avere le dita allenate.»

«Le dita più allenate del regno, questo è poco ma sicuro!» esclamò Naell, cercando di mascherare il dolore che percepiva ai polpastrelli, irritati dal lavoro nella stalla.

Seguendo le istruzioni di Kalia – unica a sapere del suo problema – aveva ammorbidito la pelle con unguenti alle erbe, e fatto dei lavaggi con acqua tiepida tutte le sere, prima di mettersi a dormire.

Il dolore, pur se diminuito, non era ancora scemato del tutto, e anche tenere un ago in mano era fastidioso.

Avvedendosi della sua smorfia, Kalia intervenne e chiese a Istrea: «Visto che Naell è così brava, credo sia inutile tartassarla per tre ore di fila con le lezioni di cucito. Mi permetti di portarla alla nursery dei lupi?»

Con un cenno di assenso, Istrea diede il suo benestare e Naell, dopo aver fissato grata l’amica, si incamminò con lei all’esterno della casa della Signora del Villaggio.

Ritrovarsi sotto il sole allegro di quella giornata agli albori dell’estate, non fu che un sollievo.

L’aria frizzante sapeva di resina di pino, di erba fresca e di fiori di bosco e Naell, inspirando soddisfatta quella miscellanea di profumi, sorrise a Kalia prima di dirle: «Non so come ringraziarti. Ormai davo per scontato che le dita avrebbero cominciato a sanguinare.»

Afferrata una sua mano per scrutarla alla luce del sole, Kalia annuì spiacente e sentenziò: «Di questo passo, queste abrasioni non guariranno mai. Sei sicura di non voler concederti un giorno o due di pausa, così da permettere alle tue mani di riprendersi?»

«Voi non lo fate» mugugnò Naell, accigliandosi leggermente.

Kalia rise di quel commento e, avvolte le spalle della ragazzina con un braccio, continuò a camminare con lei lungo la via principale del villaggio.

Tutt’intorno a loro, Hyo-den proseguiva le sue attività senza prestare loro alcuna attenzione.

Uomini armati di ascia erano di ritorno dai boschi, mentre diverse donne-lupo e figlie sacre, caricati i loro muli da soma, erano in procinto di partire per raggiungere Marhna.

Diversi bambine e bambini, di età compresa tra i quattro e i sei anni, erano impegnati a rincorrersi tra di loro nel vicino giardino dei giochi, controllati a vista da un paio di donne-lupo.

Tutto si svolgeva con regolarità quasi maniacale, nessuno era in panciolle, ogni componente del branco, fosse esso umano o animale, aveva un suo ruolo.

Naell non voleva essere da meno, pur sapendo quante e quali differenze vi fossero tra lei e una ragazza-lupo della sua stessa età.

Se i primi giorni tutto era stato un susseguirsi di novità, sorrisi e benvenuti, dopo quasi un mese di permanenza al villaggio, tutto era sostanzialmente cambiato.

Non necessariamente in peggio, ma era tutto diverso.

Diverse ragazze, dopo aver visto con quanta assiduità Kalia si stesse prendendo cura di lei, avevano iniziato a ridacchiare alle spalle della loro compagna.

Per nulla preoccupata, le aveva caldamente ignorate, pregando Naell di fare lo stesso.

Certo, a lei non veniva indirizzato alcun commento, anzi, erano tutte piuttosto sorprese che avesse resistito tanto, ma le frecciatine a Kalia non erano diminuite con il tempo.

Quel comportamento infantile aveva iniziato a dare sui nervi a Naell che, irritata, ne aveva parlato apertamente con l’amica.

Kalia ne aveva riso, replicandole che, donne-lupo o meno, rimanevano pur sempre donne e le femmine, notoriamente, avevano l’abitudine di parlare, e sparlare.

Ben presto, tutto si sarebbe ridotto a un fuoco di paglia, e lei aveva le spalle robuste.

Quattro parole lanciate al vento, non le avrebbero certo fatto male.

Naell, in ogni caso, non si era ritenuta soddisfatta di quella visione della situazione.

E, come ogni giorno, sottopose il suo annoso problema a colei che, ormai, considerava un’amica degna di fiducia.

«Continuo a pensare che il modo migliore per risolvere il problema, sia affrontarle.»

Nel dirlo, lanciò uno sguardo carico di fiducia in direzione del viso di Kalia.

«E perdere del tempo prezioso? No, hillan. Lascia perdere» ridacchiò Kalia, ricorrendo al nomignolo che, quasi subito, aveva affibbiato a Naell. Fiorellino.

Naell aveva riso, venendo a sapere il suo reale significato, ma Kalia aveva replicato che il suo viso era talmente carino da poter essere tranquillamente equiparato alla bellezza di un fiore di montagna.

Al che, la ragazza era arrossita e l’amica, ammiccando maliziosamente, le aveva prospettato schiere di principi pronti a sposarla, solo perché ammaliati dal suo fascino.

Nel sentirle usare quel nomignolo, Naell sorrise spontaneamente ma ribatté: «Non cercare di blandirmi, Kalia. Ritengo di essere nel giusto. Se c’è un problema, va risolto. E io non voglio essere il tuo problema.»

Kalia si limitò a sorriderle dolcemente, indirizzandola poi in direzione di un basso capanno di legno dalle piccole vetrate.

Una volta raggiuntolo, la ragazza si fermò e le sfiorò le spalle con le mani, chiedendole: «Non voglio turbarti ma… sai che due donne posso volersi bene come… beh, come un uomo e una donna?»

Pur arrossendo lievemente, Naell annuì e mormorò: «Mamma me lo ha spiegato quando le chiesi come mai molte donne rifiutassero di sposarsi, giunte in età da marito, e preferissero rimanere sole, o convivere con altre donne. A Rajana non sono ben viste, ma ne conosco l’esistenza. Perché?»

Sorridendo indulgente, Kalia le spiegò: «Qui tra le montagne e, soprattutto, tra le donne-lupo, c’è molta più flessibilità sull’argomento, e non è raro che si scelga di non avere mai un compagno, preferendo passare la vita con un’altra femmina.»

«A-ha» annuì Naell, sbattendo confusa le palpebre nell’osservare l’amica.

Un risolino le sfuggì dalle labbra e, con un vago rossore sulle gote, Kalia aggiunse: «So esattamente chi ha iniziato a spargere queste chiacchiere su di me, Naell, ma non posso fare niente per far cambiare idea a quella data persona. La pensiamo diversamente sull’argomento che ti ho esposto, quindi, il tempo che passo con te, per lei, equivale a un’offesa personale.»

«Oh» esalò Naell, avvampando in viso prima di esalare: «Lei vorrebbe che tu… »

«Esatto. Io ho tenuto a precisarle che, quando lo riterrò giusto, inizierò a guardarmi intorno, ma per cercarmi un compagno.»

Con un sospiro, Kalia scosse il capo, come se quella frase fosse stata costretta a ripeterla infinite volte.

«Ora che, però, passi un sacco di tempo con me, potrebbe aver pensato che, invece, le hai solo mentito, giusto?» ipotizzò Naell, inclinando un poco il capo.

«Hai centrato il problema. E niente di quello che le ho detto è servito a farle cambiare idea, quindi, semplicemente, la ignoro.»

Una spallucciata seguì il suo dire e, senza più tornare sull’argomento, entrarono nel capanno dove, controllati da quattro figlie sacre, si trovavano circa una ventina di piccoli lupi, in compagnia delle madri.

Tra essi, Naell vide anche Symil, la compagna di Luak.

Impegnata a leccare il musetto di uno dei suoi cuccioli, sollevò la testa bionda a scrutarla e le lanciò un guaito di saluto, prima di tornare al suo dovere di madre.

Da quando aveva saputo dei cuccioli appena nati, Naell non aveva passato giorno senza fare visita alla famigliola che, fino al giorno prima, era rimasta stabilmente nella stalla a fianco della casa di Eikhe e Aken.

Dopo avere ritenuto fuori pericolo madre e cuccioli, la famiglia era stata spostata nella nursery del villaggio, perché i cuccioli si abituassero alla presenza degli altri lupi e, soprattutto, al contatto con umani estranei alla famiglia.

Era la prima volta che Naell li vedeva assieme agli altri e, nel notare quanti cuccioli vi fossero, sorrise spontaneamente e si appoggiò al basso steccato che racchiudeva le varie famigliole.

«Pagherei oro, per averne uno tutto mio.»

Ridacchiando, Kalia le si mise al fianco, chiosando: «E’ il sogno di tutti noi, maschi o femmine non importa. Non appena li vediamo, sentiamo subito il legame con il lupo.»

«Io, però, non sono nata e cresciuta qui. Perché sento di volerne uno, allora?» chiese in tutta onestà Naell, piegandosi su un ginocchio per carezzare il musetto canuto di un cucciolo che, più temerario degli altri, si era avvicinato trotterellando allo steccato.

Muovendo la mano su quel pelo morbido e folto, la ragazza socchiuse debolmente gli occhi, provando un piacere così forte da farle quasi tremare le dita.

Avrebbe tanto voluto afferrarlo e prenderlo tra le braccia e, come se il cucciolo lo avesse compreso, raspò sul terreno emettendo un guaito infelice finché la madre non si avvicinò a sua volta per afferrarlo coi denti alla collottola.

Sorpresa, Naell si scostò un poco per permettere a Symill di sollevarlo agevolmente e, al colmo dello stupore, se lo vide consegnare tra le braccia con un muto monito nello sguardo d’ambra.

Afferratolo con gentilezza, Naell se lo strinse al petto con un braccio, esprimendo una gioia infinita nello sguardo e, con la mano libera, carezzò il muso allungato della lupa.

«Ne avrò cura.»

La lupa annuì e guaì lievemente prima di tornarsene dagli altri cuccioli.

Osservando Naell alle prese con il cucciolo che, letteralmente, la stava ricoprendo di leccatine sulle dita e sul viso, Kalia ridacchiò e le disse: «Non è importante essere nati qui. Hevos è padre di tutte le creature viventi, te compresa, e lui legge nei cuori delle persone senza pregiudizi di sorta. Non importa che tu sia o meno una donna-lupo. Se ti riterrà degna di fiducia, ti darà la Sua fiducia.»

«E questo è il segno della sua fiducia in me?» domandò con tono sommesso Naell, lasciando che il lupacchiotto le mordicchiasse un dito.

Una delle figlie sacre presenti nel capanno si avvicinò a loro, dopo aver ascoltato in silenzio le loro dissertazioni.

Sorridendo a Naell con fare confidenziale, accarezzò il lupo che teneva tra le braccia prima di confermare le ipotesi di Kalia.

«Non tutti possono avvicinarsi ai lupi così piccoli. Essi non hanno l’addestramento degli adulti, o l’abitudine a stare tra gli esseri umani. Sono guidati solo dall’istinto e, poiché questo lupo ti ha scelta nonostante non ti avesse vista che poche volte, significa che l’occhio benevolo di Hevos è su di te.»

Con un sorriso estasiato, Naell baciò il naso freddo e umido del lupetto prima di rimetterlo nel serraglio e sussurrare: «Verrò a trovarti anche domani, se vorrai.»

Rivolgendosi all’anziana figlia sacra, Kalia le chiese gentilmente: «Naell non potrebbe venire qui, invece che nelle stalle?»

Arrossendo di fronte all’interessamento dell’amica, Naell si volse a fissare il volto segnato da rughe della donna che, coi suoi penetranti occhi d’ambra, la studiò per diversi secondi, prima di assentire.

«Sarò lieta di addestrarla all’allevamento dei lupi, se a lei interessa. Mi mancava giusto un’allieva.»

Compiaciuta, Kalia diede una pacca sulla spalla a Naell, dicendole: «Così non ci saranno problemi.»

«Ma non sarebbe giusto!» brontolò Naell, pur scrutando avida i cuccioli che saltellavano avanti e indietro per il serraglio.

«Parlerò io con Istrea del tuo cambio di mansioni, Naell» le replicò Syanaill, ammiccando al suo indirizzo. «Come figlia sacra anziana, ho il diritto di scegliermi le allieve e, visto come ti ha accolto il piccolo Ylar, mi sento in dovere di rubarti alle tue mansioni per averti qui in pianta stabile. Almeno per il tempo in cui rimarrai a Hyo-den.»

Già, il tempo che sarebbe rimasta a Hyo-den.

Tornando a gettare il suo sguardo voglioso sui lupi che si trovavano all’interno del recinto, Naell dovette rammentare a se stessa che tutta quella libertà, quella mancanza di complessi rituali di comportamento, ben presto le sarebbero stati strappati come le erano stati dati.

E lei non avrebbe potuto far nulla per cambiare quel dato di fatto.

Lei era e restava una principessa, e neppure Hevos avrebbe cambiato quella realtà, neppure per lei che non bramava affatto le ristrettezze di palazzo.

Certo, la famiglia le mancava, ma stare lì le aveva permesso di imparare a respirare in modo nuovo, a scorgere il mondo con occhi diversi, a sentire le persone con altro cuore.

Nonostante tutte le sofferenze silenziose, tutti i suoi complessi, amava quel luogo. E amava quelle persone.

Ma forse, tutto ciò appariva così ai suoi occhi perché non si era mai sentita a suo agio a palazzo o, per meglio dire, le era sempre parso di essere diversa dalle persone che la circondavano ogni giorno.

Solo con i suoi famigliari, si era sentita accettata per quella che era, ma sapeva bene che, presto o tardi, quella realtà sarebbe cambiata.

Con un gran sospiro, Naell prese fiato e assentì: «Per il tempo che rimarrò qui, farò del mio meglio per imparare da voi, Syanaill.»

«Dammi del tu, bambina, e ritieniti ufficialmente arruolata tra i miei sottoposti» ridacchiò la donna, aprendole il serraglio per farla entrare. «Kalia, vai a dire a Istrea che, più tardi, le parlerò di questo cambio di ruoli, va bene?»

«Glielo riferirò.»

Lanciato poi uno sguardo soddisfatto in direzione di Naell, le promise: «Noi ci vedremo domani alla lezione di matematica.»

«D’accordo. E grazie» le sorrise Naell, sinceramente grata alla ragazza per il suo interessamento.

«Di nulla!» ammiccò Kalia, correndo fuori dal capanno per poi bloccarsi non appena raggiunse la strada.

Lì, appoggiato a uno steccato, trovò Aken che, sollevato un sopracciglio con aria interrogativa, le chiese: «Com’è andata?»

«Tutto bene. Il cambio le è piaciuto, e uno dei cuccioli di Symill si è innamorato subito di lei» gli spiegò Kalia, mettendosi al suo fianco mentre si incamminavano in direzione della casa di Istrea.

Annuendo soddisfatto, Aken le diede un’affettuosa pacca sulla spalla, grato per il suo intervento.

«Ti sono debitore per le attenzioni che le hai rivolto fin da subito, Kalia. E grazie per la soffiata. Anche Fyn mi aveva avvertito del problema ma, con il tuo suggerimento, le abbiamo impedito di sentirsi a disagio.»

«Ho solo cercato di mettermi nei suoi panni, e ho pensato che stare coi cuccioli fosse un lavoro più adatto, che quello nelle stalle. Non possiamo pretendere che le sue mani, o la sua muscolatura, si abituino così velocemente, né dobbiamo procurarle delle piaghe tali da rimandarla a Rajana con un brutto ricordo di Hyo-den» asserì Kalia, con un sorriso comprensivo.

Aken assentì compiaciuto e Kalia, con sguardo dolce, aggiunse: «Naell è una brava ragazza, e sono sicura che diventerà una donna dal carattere forte e indipendente, una volta adulta. Questo, però, non so se la aiuterà, a palazzo.»

«I suoi genitori sapranno capirla e, spero, indirizzarla verso la persona più adatta a lei.»

Nel dirlo, sperò con tutto se stesso di avere ragione.

Nulla l’avrebbe fatto soffrire di più del sapere che anche la nipote potesse patire i suoi stessi tormenti a palazzo, lontana da ciò che realmente desiderava.

Kalia si limitò ad annuire, turbata dai medesimi pensieri.

                                                            ***                                                          

Seduto su uno spuntone di roccia e intento a osservare con scrupolosa attenzione i suoi figlioli prediletti, Hevos reclinò il muso per scrutare gli occhi chiari del più vicino tra essi.

Rivoltosi al lupo che aveva di fronte, chiese: «Come procedono le cose, al villaggio?»

La principessa sembra aver preso a cuore la causa.

«E le figlie sacre?»

C’è un conflitto, tra loro, ma non dipende direttamente dalla principessa.

«Quindi, è stata accettata, e lei ha accettato loro.»

Con un cenno del muso, Hevos parve molto soddisfatto di ciò che la sua mente aveva percepito dei pensieri dei suoi lupi.

Guardando tutti loro, ammantati della lieve brina cristallina emanata dal suo corpo animale, il dio dichiarò: «Ben presto, metterò alla prova entrambe le fazioni, e scopriremo ciò che è di grande interesse per me.»

Siamo ai tuoi ordini, Hevos.

Quel coro mentale gli carezzò il corpo come un tocco di piuma e Hevos, rivolgendosi a Luak, gli chiese: «Sei pronto, mio lupo?»

Mi fido della principessa. E mi fido di te.

«Molto bene» asserì Hevos, osservando poi Fyn con aria incuriosita. «Voglio i gemelli. Portali da me assieme alla principessa, come stabilito.»

Quando la luna sarà scomparsa in cielo, ti porterò ciò che chiedi.

«Il Fato sta per compiere un altro balzo. Dovremo solo attendere di scoprire in che direzione. Ora, miei lupi, tornate alle vostre case e tenetevi pronti per ciò che presto avverrà.»

Detto ciò, Hevos se ne andò trotterellando nel buio della notte, svanendo in una nuvola di brina cristallizzata.

Luak e Fyn si fissarono dubbiosi, prima di riprendere il cammino verso il villaggio assieme agli altri lupi presenti nel bosco.

I loro manti erano ancora ricoperti di cristalli che, ben presto, si sarebbero sciolti, lasciando al loro posto solo lacrime d’acqua purissima.

Sin da quando Hevos era ricomparso, a sorpresa, nelle loro vite, i lupi si erano ritrovati a venir meno al patto di alleanza che intercorreva con le donne-lupo per mettersi al totale servizio del loro dio.

Questo aveva significato non proferire parola di ciò che la divinità aveva in serbo per tutti loro.

Il fatto che avesse voluto mantenere all’oscuro di tutto gli esseri umani, li aveva lasciati interdetti ma, trattandosi di Hevos in persona,  non se l’erano sentiti di replicare.

Se una divinità agiva in quel modo, doveva avere le sue brave ragioni.

A Eikhe e Aken verrà un colpo, quando faremo sparire i gemelli.

Nei pensieri di Fyn c’era una gran paura di sbagliare, e il timore fisso di deludere il suo amico e padrone.

Quando sapranno che Hevos voleva questo, da noi, capiranno. Loro più di altri sanno cosa significa sottostare alle Sue parole.

Luak cercò di spronarlo ad avere fiducia, ma neppure lui si sentiva così a suo agio, specialmente in vista di quanto sarebbe presto avvenuto.

Naell gli piaceva, e sapeva che loro piacevano a lei, ma questo sarebbe bastato?

E Symill sarebbe stata d’accordo? Non ne era del tutto sicuro.

Temo che dovrai discutere di brutto con lei.

Nel creare quel pensiero, indirizzato all’amico, Fyn lo guardò con occhi colmi di comprensione.

Luak preferì non dare voce ai suoi pensieri, limitandosi a trotterellare leggero nel bosco al fianco del suo amico, schiacciando rametti ed erba fresca al suo passaggio.

Era una prova difficile, quella che si apprestavano a compiere tutti loro, ma ne poteva scorgere il più ampio disegno.

Il punto era un altro; lui e Symill avrebbero accettato ciò che, dai piani di Hevos, sarebbe venuto?

In ogni caso?

Non ne era del tutto sicuro.

 
 
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Temo di avervi confuso ancor di più le idee ma, per lo meno, ora si sa a chi sia dovuto il silenzio dei lupi. Il bandolo della matassa verrà sciolto presto, non temete!

  
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