GLI OCCHI DEL DESTINO
Eccolo…
quel piccolo fagottino addormentato fiducioso tra la sue braccia… la sua vita…
il suo futuro… la sua speranza… il suo mondo.
Suo figlio.
Harry James Potter.
Potter.
Un cognome nel suo destino fin dai tempi della scuola. Ad Hogwarts si era
innamorata di quello sguardo, e in quella scuola aveva scoperto quanto rendesse
felici l’essere amati.
E in
quella stessa scuola aveva scoperto come non esistessero solo lo sguardo di
James…
Lily
chiuse gli occhi, cercando un riposo che la portasse via da quei ricordi, da
quel… tradimento? Era possibile definirlo così?
Sì…
temeva di sì…
Ma amare
era davvero tradire?
James era
il suo unico destino, di questo era stata certa fin dalla prima volta che si
erano baciati. Un brivido l’aveva percorsa, allora, e la consapevolezza di un
futuro con lui l’aveva pervasa. Di un futuro a specchiarsi in quegli occhi così
allegri e così dolci.
… quella
volta però i suoi occhi non la specchiavano… gli occhi del suo destino erano
chiusi…
Erano
andati a far baldoria quella sera… da uno dei loro passaggi segreti erano
andati ad Hogsmeade e si erano dedicati con perizia e precisione mai mostrati
nelle lezioni alla burrobirra e, senza dubbio ad altro, che preferiva ignorare.
Erano
tornati a notte fonda, e non si aspettavano certo di trovarla in sala comune…
In realtà
non sapeva fossero usciti, era lì solo per studiare… ultimamente soffriva di
insonnia e allora occupava le ore notturne tra gli appunti di Lumacorno e
quelli della MacGranitt. Fatto sta che li vide rientrare in un mal riuscito
silenzio attraverso il passaggio del ritratto.
Poggiò il
libro sul divano illuminato dal fuoco del camino, e li osservò benevola. Non
l’avevano notata. Ovviamente. Erano troppo impegnati a ridacchiare e a
sorreggersi a vicenda. Uno era crollato troppo pesto… d’altronde era risaputo
che James non reggesse l’alcol.
Fu lui il
primo a vederla. Ovviamente era il più lucido dei quattro. Mandò con malagrazia
Peter e Remus a letto, e i due, a braccetto salirono le scale. O almeno ci
provarono.
Lui si
avvicinò ad una poltrona e ci posò abbastanza rudemente il bell’addormentato.
-
Cosa
c’era da festeggiare questa volta?
Chiese
sorridendo. Sirius le si sedette accanto massaggiandosi la spalla. James non
era certo un fruscello, e data la condizione degli altri due era probabile che
l’avesse trasportato lui per tutto il tragitto.
-
Cosa
tra uomini… - rispose lui sardonico, e, ad una alzata di sopracciglio di lei,
continuò - … Remus è finalmente riuscito a baciare Rose, quella carina di
Corvonero, hai presente?
-
Ah,
bella impresa… - commentò acida.
Ogni
volta le sfuggiva un commento del genere in pubblico le ragazze della scuola
ridacchiavano, nascoste nei corridoi: Dicevano che lei era gelosa. Dicevano che
fosse possessiva con tutti e quattro, come se le appartenessero di diritto.
Dicevano che uno non le bastasse.
Maledizione
non era vero!
È solo
che… che… o, sì, d’accordo… era gelosa. Ma non come pensavano quelle ochette.
Il problema era che lei li conosceva, e sapeva quanto valevano. Non sopportava,
di conseguenza, l’idea che si accompagnassero a ragazze così… vuote. Le
riusciva davvero intollerabile che un ragazzo intelligente e genuino come Remus
perdesse il suo tempo dietro una come Rose…o che uno come Sirius…
Ecco…quello
era una caso a parte…
Intanto
il ragazzo si era voltato sorridendo malizioso.
-
Non
fare così, rimani tu la reginetta del malandrini, dovresti saperlo…
Lei aprì
la bocca per rispondere, polemica, ma lo sguardo ilare di lui l’aveva bloccata,
facendole assumere quell’espressione contrariata e al contempo complice per cui
era famosa nel gruppetto.
Ridacchiarono
complici alla luce morente del fuoco. Poco distante da loro James dormiva
pacifico.
Era stato
un attimo…
Si era
voltata per vedere come
I suoi
occhi.
Quegli
occhi su cui non si era mai soffermata.
Quegli
occhi la stava osservando, con una intensità che non aveva mia visto. Meglio, a
cui lei non aveva mai fatto caso, poiché per lui era ormai un’abitudine quello
sguardo. Un sguardo che la coglieva in attimi rubati, mentre ascoltava assorta
un professore, mentre litigava con qualcuno, mentre osservava innamorata il suo
migliore amico, mentre rideva felice alle battute di James, alle ingenuità di
Peter, alle proteste di serietà di Remus.
Con lui
non aveva mia riso così. Non era mai riuscito prima di allora a strapparle quel
sorriso contagioso che traspirava da tutta la sua persona per coinvolgere
l’ambiente che la circondava. Per questo aveva trasgredito alla regola che si
era imposto. Mai, mai farle capire che era lui a strapparle quegli attimi di
vita, per custodirli nella sua memoria.
Aveva
fallito nel suo proposito e ora lei era lì, che lo osservava con quegli occhi
interrogativi. E lui non riusciva a distogliere lo sguardo da quella che
avrebbe dovuto essere una sua amica.
Un’amica.
Un amico.
Questo
doveva essere lui per lei. Allora perché quello sguardo non l’aveva sorpresa?
Perché non l’aveva sconvolta quella semplice e pura rivelazione di verità
nascoste?
Perché ne
era consapevole da molto tempo, le rammentò la sua coscienza. Perché in James
aveva da sempre trovato gli occhi del suo destino… ma in quel ragazzo così
singolare, così cupo sotto la corazza scintillante che si era costruito e oltre
cui davvero in pochi avevano l’occasione di sbirciare, aveva trovato occhi
diversi.
In lui
aveva trovato gli occhi della libertà. Della libertà di amare.
James,
forse sognando, si mosse, e fece cadere un cuscino.
Quel
lieve tonfo, quel rumore da nulla che neppure un topolino avrebbe sentito, fu
per loro più intenso di un rintocco di campane.
Le labbra
morbide e umide si separarono allimprovviso ed entrambi videro negli occhi
dell’altro la convinzione definitiva di una scelta.
Nessuno
dei due avrebbe tradito quegli occhi così pacificamente addormentati, nessuno
dei due avrebbe tradito il proprio destino, di moglie e amico. Eppur nessuno
dei due avrebbe mai cancellato dai propri sogni quell’attimo in cui il destino
era scomparso, in cui erano liberi di agire senza scegliere. In cui gli occhi
di un amore impossibile si erano incrociati.