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Autore: Najara    12/05/2012    1 recensioni
Quello era il giorno del Torneo, il giorno in cui il popolo dei villaggi e quello dei Clan si univano per vedere i loro migliori guerrieri scontrasi. Quel giorno però assume le tinte del sangue quando il nuovo re dei Clan decide che vuole sposare la figlia del Capo dei villaggi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quarto capitolo: Il Sacrificio

 

L’acqua non era particolarmente calda, ma Rysa ne assaporò comunque il contatto con la pelle. I suoi abiti giacevano a terra poco lontano, un cambio fresco era già appoggiato li accanto. Rysa chiuse gli occhi per un istante mentre una mano le passava sulle spalle.

“Mio padre dovrebbe fare qualcosa.”

“Tuo padre ha ragione Aria, non può chiedere ai duellanti dei Villaggi di ritirarsi.” Aria scosse la testa mentre la mano le scivolava lungo il braccio della Cacciatrice, sfiorando una vecchia cicatrice dovuta alla caduta da un albero, molti anni prima. Rimasero in silenzio, ma Rysa sentiva la sua ira anche se le dava le spalle.

“Aria…” Iniziò, ma un nuovo boato proveniente dall’arena la interruppe, sentì le mani di lei irrigidirsi.

“Non…” Rysa si alzò uscendo dall’acqua, si avvolse nel telo pulito e si voltò, fissando la giovane che cercava le parole da dirle.

“Ne abbiamo già parlato.” Aria assunse un’aria caparbia, ma la voce di Dinal all’esterno della tenda pose fine al discorso.

Rysa, altri due duellanti sono stati uccisi.”

Oramai non c’era più ritegno nell’arena, i Clan seguendo l’esempio del loro re uccidevano gli avversari sconfitti e per vendetta i guerrieri dei Villaggi facevano lo stesso.

“Il Capo cercava di non opporre i duellanti dei Clan a quelli dei Villaggi, ma il re non è uno stupido e ha chiesto di vedere il momento dei sorteggi.” Rysa osservò l’arena vuota senza commentare.

I duellanti rimasti erano dodici, cinque uomini dei Clan e sette dei Villaggi. I morti erano arrivati a cinque, due dei Clan e tre dei Villaggi.

La pausa non durò a lungo, presto i tamburi ripresero a risuonare chiamando due nuovi duellanti. E con la nuova sfida arrivò il nuovo morto, la pausa non era servita a calmare gli animi: il duello era stato cruento già dal primo tocco e in pochi istanti per l’uomo dei Clan era stata la fine.

Rysa che osservò quell’ennesima uccisione si chiese come fosse in battaglia. Gli uomini morivano così in fretta, un duello poteva durare minuti interi oppure risolversi in un istante, ma, come in guerra, anche lì nell’arena la fine implicava la morte di uno dei contendenti, per poi passare al prossimo, sembrava che il sangue chiedesse altro sangue, nessuno era in grado di fermarsi.

Quando fu il suo turno il cuore le batteva di nuovo rapido, Dinal le aveva detto che il suo avversario sarebbe stato l’uomo dei Villaggi che aveva accidentalmente ucciso il fratello del re, scatenando tutta quella carneficina.

Entrò nell’arena ormai silenziosa, i bambini erano stati allontanati e così molte donne, Rysa sapeva che il Capo aveva detto loro di allontanarsi nella foresta. Temeva la violenza che si sarebbe potuta scatenare quel giorno, ogni uomo rimasto sembrava pronto a uccidere e anche il più piccolo rumore avrebbe potuto far precipitare le cose.

Il suo avversario indossava un corpetto di cuoio molto simile al suo, la spada era leggermente più lunga, ma lui la teneva con la punta bassa. Rysa cercò il suo sguardo, ma l’uomo fissava la terra. Rysa fece alcuni passi avanti non appena i tamburi smisero di suonare, ma il guerriero non si mosse.

Quando notò ciò che aveva focalizzato tutta l’attenzione dell’uomo Rysa abbassò la spada. Una chiazza di sangue era ben visibile anche se era stata, in parte, assorbita dalla sabbia.

Finalmente l’uomo alzò la testa per guardarla, la sua spada rotolò a terra e lui si piegò su un ginocchio, la testa china.

“Poni fine alla mia vita e riporta Pace tra noi.” Lo sussurrò appena, ma nessuno nell’arena perse quelle poche parole. Rysa alzò lo sguardo sul Capo che teneva la mascella stretta, ma le rivolse un cenno di assenso appena percettibile. Chiuse gli occhi poi si voltò verso Orsoi, che stava seduto tra i suoi uomini, teso in avanti, un espressione furente gli illuminava il volto.

 

Il cervo alzò la testa attento, un paio di magnifiche corna gli decorava la fronte, gli occhi vivaci si mossero alla ricerca del nemico. Rysa tese la corda dell’arco appena oltre l’orecchio mentre il cervo abbassava di nuovo la testa per mangiare. Riusciva a mantenere l’arco in quella tensione solo per poco, avrebbe dovuto rilasciare la corda e permettere alla freccia di fare il suo dovere. L’animale forse percepì la sua tensione perché la sua testa si alzò di scatto, di nuovo alla ricerca di minacce. Rysa incontrò i suoi occhi neri e lucidi e rilasciò lentamente l’arco, incapace di uccidere una bestia così bella. Un sibilò lacerò l’aria e il cervo stramazzò a terra, l’impennaggio della freccia che usciva dal suo manto chiaro. Rysa corse in avanti raggiunta da Dinal che estratto il pugnale glielo  porse. Rysa passò con rammarico le mani lungo il possente fianco del cervo e Dinal le posò una mano sulla spalla.

“La sua morte permetterà all’intero villaggio di mangiare.”

 

La spada era improvvisamente un fardello pesante tra le sue mani. Rysa fece un passo indietro e l’uomo in ginocchio alzò la testa per guardarla. Occhi verdi, frementi di paura, coraggio, indecisione, fermezza, era combattuto: non voleva morire eppure era in ginocchio davanti a lei, in attesa.

Rysa abbassò l’arma, non poteva uccidere, non così.

“Fallo, prima che la mia famiglia veda le mie mani tremare!” Questa volta fu l’unica a sentire il bisbiglio.

 

“Il suo sacrificio è necessario, poni fine alle sue sofferenze.” Rysa strinse con più forza il pugnale e colpì.

 

Alzò la spada e la calò con precisione. Il guerriero morì in pochi istanti, la tensione che svaniva dal suo volto.

“Vai fratello, che il tuo sacrificio non sia vano.” Rysa alzò la testa verso Orsoi che però non era più al suo posto, i tamburi suonarono e Rysa si allontanò. Un uomo dei Villaggi la stava aspettando all’esterno, aveva i capelli grigi, ma anche se aveva i lineamenti di un vecchio gli occhi erano una copia di quelli che Rysa aveva appena visto spegnersi.

Come il figlio prima anche lui si mise in ginocchio.

“Grazie, guerriera.”

“Non sono una guerriera. Vi prego non ringraziatemi per aver ucciso vostro figlio…” L’uomo scosse la testa, non permetteva a se stesso di piangere, ma era chiara l’emozione nei suoi occhi.

“Vi ringrazio perché è morto con onore, la sua colpa non ricadrà sui suoi figli che potranno vivere in pace.” Rysa gli tese la mano.

“Vostro figlio è tra gli spiriti ora, accolto come Sacrificio.” A quelle parole gli occhi dell’uomo non trattennero più le lacrime, posò la mano sul pugnale poi si voltò andandosene.

“Speriamo che non sia stato invano.” Aggiunse alle sue spalle Dinal.

Nella radura si stavano affrontando due uomini dei Villaggi, uno vinse e tutti e due uscirono dall’arena sulle loro gambe, lo stesso fu per il duello successivo tra due uomini dei Clan, poi entrò Orsoi. Non aveva più assistito ai duelli, indossava la solita pelliccia di orso, ma questa volta aveva una striscia dipinta sul volto. Il suo avversario era un uomo dei Villaggi, che guardava il guerriero nervosamente, come tutti nell’arena si chiedeva se il re dei Clan era ancora alla ricerca di vendetta.

Quando i tamburini cessarono di suonare il re rimase immobile, era la prima volta che permetteva all’avversario di attaccare. L’uomo gli girò attorno poi tentò un timido attacco che Orsoi respinse senza tuttavia attaccare a sua volta.

“Cosa sta facendo?” Aria guardava perplessa l’arena così come la maggior parte degli spettatori.

“Gioca.” Disse Rysa e Dinal aggiunse:

“Come un gatto fa con la sua preda.”

Orsoi schivò ancora qualche colpo e quando l’uomo dei Villaggi iniziò a farsi più sicuro, più spavaldo, il re contrattaccò. In pochi istanti aveva spinto, in un turbinio di colpi, l’avversario contro le tribune. Con un colpo violento gli fece cadere la spada e poi lo trafisse.

Rysa strinse i pugni.

“La pagherà per questo!”

Rysa…” Dinal cercò di fermarla, ma la donna lo ignorò e raggiunse l’entrata nell’arena dove trovò Orsoi. Sul volto ora aveva dipinto una seconda striscia.

“Voi!” L’uomo si voltò, negli occhi c’era ancora la luce omicida, ma la rabbia che la pervadeva le impedì di temerlo. “Il Sacrificio era stato compiuto!” L’uomo indicò le strisce sul suo volto poi indicò con la mano il numero quattro.

Rysa aprì la bocca per urlargli contro la sua rabbia, ma l’uomo si voltò andandosene.

I due incontri successivi portarono alla morte di uno dei contendenti, il Sacrificio era stato vano.

 

  
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