Quarto capitolo: Il Sacrificio
L’acqua non era
particolarmente calda, ma Rysa ne assaporò comunque
il contatto con la pelle. I suoi abiti giacevano a terra poco lontano, un cambio
fresco era già appoggiato li accanto. Rysa chiuse gli
occhi per un istante mentre una mano le passava sulle spalle.
“Mio padre
dovrebbe fare qualcosa.”
“Tuo padre ha
ragione Aria, non può chiedere ai duellanti dei Villaggi di ritirarsi.” Aria
scosse la testa mentre la mano le scivolava lungo il braccio della Cacciatrice,
sfiorando una vecchia cicatrice dovuta alla caduta da un albero, molti anni
prima. Rimasero in silenzio, ma Rysa sentiva la sua
ira anche se le dava le spalle.
“Aria…” Iniziò,
ma un nuovo boato proveniente dall’arena la interruppe, sentì le mani di lei
irrigidirsi.
“Non…” Rysa si alzò uscendo dall’acqua, si avvolse nel telo pulito
e si voltò, fissando la giovane che cercava le parole da dirle.
“Ne abbiamo già
parlato.” Aria assunse un’aria caparbia, ma la voce di Dinal
all’esterno della tenda pose fine al discorso.
“Rysa, altri due duellanti sono stati uccisi.”
Oramai non c’era
più ritegno nell’arena, i Clan seguendo l’esempio del loro re uccidevano gli
avversari sconfitti e per vendetta i guerrieri dei Villaggi facevano lo stesso.
“Il Capo cercava
di non opporre i duellanti dei Clan a quelli dei Villaggi, ma il re non è uno
stupido e ha chiesto di vedere il momento dei sorteggi.” Rysa
osservò l’arena vuota senza commentare.
I duellanti
rimasti erano dodici, cinque uomini dei Clan e sette dei Villaggi. I morti
erano arrivati a cinque, due dei Clan e tre dei Villaggi.
La pausa non
durò a lungo, presto i tamburi ripresero a risuonare chiamando due nuovi
duellanti. E con la nuova sfida arrivò il nuovo morto, la pausa non era servita
a calmare gli animi: il duello era stato cruento già dal primo tocco e in pochi
istanti per l’uomo dei Clan era stata la fine.
Rysa che osservò quell’ennesima uccisione si chiese come
fosse in battaglia. Gli uomini morivano così in fretta, un duello poteva durare
minuti interi oppure risolversi in un istante, ma, come in guerra, anche lì
nell’arena la fine implicava la morte di uno dei contendenti, per poi passare
al prossimo, sembrava che il sangue chiedesse altro sangue, nessuno era in
grado di fermarsi.
Quando fu il suo
turno il cuore le batteva di nuovo rapido, Dinal le
aveva detto che il suo avversario sarebbe stato l’uomo dei Villaggi che aveva
accidentalmente ucciso il fratello del re, scatenando tutta quella carneficina.
Entrò nell’arena
ormai silenziosa, i bambini erano stati allontanati e così molte donne, Rysa sapeva che il Capo aveva detto loro di allontanarsi
nella foresta. Temeva la violenza che si sarebbe potuta scatenare quel giorno,
ogni uomo rimasto sembrava pronto a uccidere e anche il più piccolo rumore
avrebbe potuto far precipitare le cose.
Il suo
avversario indossava un corpetto di cuoio molto simile al suo, la spada era
leggermente più lunga, ma lui la teneva con la punta bassa. Rysa
cercò il suo sguardo, ma l’uomo fissava la terra. Rysa
fece alcuni passi avanti non appena i tamburi smisero di suonare, ma il
guerriero non si mosse.
Quando notò ciò
che aveva focalizzato tutta l’attenzione dell’uomo Rysa
abbassò la spada. Una chiazza di sangue era ben visibile anche se era stata, in
parte, assorbita dalla sabbia.
Finalmente
l’uomo alzò la testa per guardarla, la sua spada rotolò a terra e lui si piegò
su un ginocchio, la testa china.
“Poni fine alla
mia vita e riporta Pace tra noi.” Lo sussurrò appena, ma nessuno nell’arena
perse quelle poche parole. Rysa alzò lo sguardo sul
Capo che teneva la mascella stretta, ma le rivolse un cenno di assenso appena
percettibile. Chiuse gli occhi poi si voltò verso Orsoi,
che stava seduto tra i suoi uomini, teso in avanti, un espressione furente gli
illuminava il volto.
Il cervo alzò la testa attento, un paio di
magnifiche corna gli decorava la fronte, gli occhi vivaci si mossero alla
ricerca del nemico. Rysa tese la corda dell’arco
appena oltre l’orecchio mentre il cervo abbassava di nuovo la testa per
mangiare. Riusciva a mantenere l’arco in quella tensione solo per poco, avrebbe
dovuto rilasciare la corda e permettere alla freccia di fare il suo dovere. L’animale
forse percepì la sua tensione perché la sua testa si alzò di scatto, di nuovo
alla ricerca di minacce. Rysa incontrò i suoi occhi
neri e lucidi e rilasciò lentamente l’arco, incapace di uccidere una bestia
così bella. Un sibilò lacerò l’aria e il cervo stramazzò a terra, l’impennaggio
della freccia che usciva dal suo manto chiaro. Rysa
corse in avanti raggiunta da Dinal che estratto il
pugnale glielo porse. Rysa passò con rammarico le mani lungo il possente fianco
del cervo e Dinal le posò una mano sulla spalla.
“La sua morte permetterà all’intero villaggio
di mangiare.”
La spada era
improvvisamente un fardello pesante tra le sue mani. Rysa
fece un passo indietro e l’uomo in ginocchio alzò la testa per guardarla. Occhi
verdi, frementi di paura, coraggio, indecisione, fermezza, era combattuto: non
voleva morire eppure era in ginocchio davanti a lei, in attesa.
Rysa abbassò l’arma, non poteva uccidere, non così.
“Fallo, prima
che la mia famiglia veda le mie mani tremare!” Questa volta fu l’unica a sentire
il bisbiglio.
“Il suo sacrificio è necessario, poni fine
alle sue sofferenze.” Rysa strinse con più forza il
pugnale e colpì.
Alzò la spada e
la calò con precisione. Il guerriero morì in pochi istanti, la tensione che
svaniva dal suo volto.
“Vai fratello,
che il tuo sacrificio non sia vano.” Rysa alzò la
testa verso Orsoi che però non era più al suo posto,
i tamburi suonarono e Rysa si allontanò. Un uomo dei Villaggi
la stava aspettando all’esterno, aveva i capelli grigi, ma anche se aveva i
lineamenti di un vecchio gli occhi erano una copia di quelli che Rysa aveva appena visto spegnersi.
Come il figlio
prima anche lui si mise in ginocchio.
“Grazie,
guerriera.”
“Non sono una
guerriera. Vi prego non ringraziatemi per aver ucciso vostro figlio…” L’uomo scosse
la testa, non permetteva a se stesso di piangere, ma era chiara l’emozione nei
suoi occhi.
“Vi ringrazio
perché è morto con onore, la sua colpa non ricadrà sui suoi figli che potranno
vivere in pace.” Rysa gli tese la mano.
“Vostro figlio è
tra gli spiriti ora, accolto come Sacrificio.” A quelle parole gli occhi
dell’uomo non trattennero più le lacrime, posò la mano sul pugnale poi si voltò
andandosene.
“Speriamo che
non sia stato invano.” Aggiunse alle sue spalle Dinal.
Nella radura si
stavano affrontando due uomini dei Villaggi, uno vinse e tutti e due uscirono
dall’arena sulle loro gambe, lo stesso fu per il duello successivo tra due
uomini dei Clan, poi entrò Orsoi. Non aveva più
assistito ai duelli, indossava la solita pelliccia di orso, ma questa volta
aveva una striscia dipinta sul volto. Il suo avversario era un uomo dei Villaggi,
che guardava il guerriero nervosamente, come tutti nell’arena si chiedeva se il
re dei Clan era ancora alla ricerca di vendetta.
Quando i
tamburini cessarono di suonare il re rimase immobile, era la prima volta che
permetteva all’avversario di attaccare. L’uomo gli girò attorno poi tentò un
timido attacco che Orsoi respinse senza tuttavia
attaccare a sua volta.
“Cosa sta
facendo?” Aria guardava perplessa l’arena così come la maggior parte degli
spettatori.
“Gioca.” Disse Rysa e Dinal aggiunse:
“Come un gatto
fa con la sua preda.”
Orsoi schivò ancora qualche colpo e quando l’uomo dei Villaggi
iniziò a farsi più sicuro, più spavaldo, il re contrattaccò. In pochi istanti aveva
spinto, in un turbinio di colpi, l’avversario contro le tribune. Con un colpo
violento gli fece cadere la spada e poi lo trafisse.
Rysa strinse i pugni.
“La pagherà per
questo!”
“Rysa…” Dinal cercò di fermarla,
ma la donna lo ignorò e raggiunse l’entrata nell’arena dove trovò Orsoi. Sul volto ora aveva dipinto una seconda striscia.
“Voi!” L’uomo si
voltò, negli occhi c’era ancora la luce omicida, ma la rabbia che la pervadeva
le impedì di temerlo. “Il Sacrificio era stato compiuto!” L’uomo indicò le strisce
sul suo volto poi indicò con la mano il numero quattro.
Rysa aprì la bocca per urlargli contro la sua rabbia, ma
l’uomo si voltò andandosene.
I due incontri
successivi portarono alla morte di uno dei contendenti, il Sacrificio era stato
vano.