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Autore: FairySweet    13/05/2012    2 recensioni
Perché ora? Perché proprio in questo momento? Che aveva fatto di male a Dio per ritrovarsi incastrata in un mondo che non le apparteneva più?
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cristina Yang
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Cri e Burke 1
                                                               Ti Farò del Male







“Hai intenzione di evitarla per sempre?” sorrise senza nemmeno alzare gli occhi dal foglio “Ha ucciso qualcuno?” ma l’ironia le scivolò addosso costringendola a sorridere “Allora non ho bisogno di vederla” “Perché?” “Teddy cosa ...” “Non vuoi vederla? È tua moglie! Potrebbe essere morta o avere un tumore o ammazzare con il bisturi chiunque e non te ne importerebbe niente!” “No” puntualizzò ridendo “Credi davvero che se stesse male io non ..” “Dov’è?” sbottò gelida piantando gli occhi nei suoi, avrebbe voluto risponderle davvero ma qualsiasi tentativo era vano, il cervello continuava a urlare “Esci dall’ufficio e evita il discorso!” sarebbe stato facile, dopotutto, bastava solo muovere un passo e poi un’altro e invece continuava a restare inchiodato lì, accanto a quella scrivania con la speranza più folle che Teddy gli raccontasse qualcosa di sua moglie “Non sai dov’è, non sai come sta, non sai niente Owen! Credi che vedere la mia studentessa arrancare per colpa tua mi faccia stare bene? Credi che costringerla a dormire un po’ dopo giorni folli in sala operatoria possa giovare alla sua formazione?” “Mi dispiace d’accordo? Non so cosa farci se passa tanto tempo qui dentro!” “No!” sbottò gelida picchiando i pugni sulla scrivania “Non funziona così! Non ti lascio libero di distruggerla Owen! Ha gli esami tra pochi giorni e non ha bisogno di altre distrazioni! Che diavolo hai fatto per ridurla in questo stato?” scosse la testa sospirando mentre la biro picchiettava ritmicamente sulla cartellina, non riusciva nemmeno ad accettarlo lui come poteva pretendere di spiegarlo a lei? Fece un bel respiro cercando di stamparsi in faccia un sorriso idiota “Direi che questi non sono affari tuoi sai?” “Oh io invece direi di si!” esclamò giocherellando con i lunghi capelli chiari “Sono affari miei da quando l’hai assegnata a me! Sono affari miei da quando ha operato con me la prima volta, sono affari miei da quando ha operato mio marito e lui è morto! Ha talento, più talento di qualsiasi altro specializzando qua dentro, non ti permetto di buttarla all’aria chiaro?” “Cosa?” ribatté ironico lasciando cadere la cartellina sulla scrivania “Tu non hai alcun diritto di metterti in mezzo Teddy! È mia moglie! La mia famiglia e quello che accade tra noi non sono affari tuoi!” ma lei sorrise incrociando le braccia sul petto  “Non funziona così sai? Non più da quando i problemi che avete si riflettono sul lavoro!” “Ha sbagliato qualcosa?” “No ma ...” “Ha ucciso qualcuno? Non mi pare né tanto meno è scappata piangendo!” “È questo che aspetti?” urlò piantando gli occhi nei suoi, la conosceva bene, troppo bene per fingere che quello sguardo non nascondesse milioni di parole “Aspetti che scappi? Perché se è questo, se davvero stai aspettando una cosa del genere non ci vorrà molto!” “Oh andiamo!” “Mi credi davvero una scema?” si bloccò di colpo, paralizzato da quella vena ironica che le traspariva dalla voce “È stato solo sesso oppure sei innamorato di quella donna?” il cuore mancò un colpo mentre il respiro accelerava “Tu come ...” “Le gemelle siamesi si proteggono a vicenda  non lo sapevi? Credevi davvero che Meredith fosse rimasta a guardare mentre le facevi del male?” “Oh andiamo! Meredith è sempre sull’attenti! “Se vuoi dare la colpa a lei va bene, non mi interessa ma ti dico una cosa ...” gli occhi concentrati nei suoi e un leggerissimo sorriso a colorarle il volto “ ... se la vedo piangere ti faccio del male” “Hai voglia di scherzare vero?” ribatté sarcastico “Sei arrabbiata con me? Tuo marito è morto! Non è stata colpa di nessuno, era malato ed è morto! Smettila di incolparmi per ogni cosa! Te l’ho lasciato fare fino ad ora perché ne avevi bisogno, perché ti voglio bene e non voglio vederti triste e se incolparmi ti faceva sentire meglio allora andava bene, ma ora, ora basta!” “Credi davvero che sia per questo? Non mi importa più niente Owen, non voglio riportare a galla il passato ma sto semplicemente pensando al presente. Lo sai perché non riesci più a sapere niente di tua moglie?  Perché le do turni estenuanti, la costringo a dormire qui, lontano da casa, lontano da tutto il caos che ha dentro! Vive in ospedale e tu nemmeno te ne accorgi! Cosa credi che accadrà quando si fermerà a riflettere? Quando avrà un attimo per riordinare le idee?” “Quando arriverà il momento allora ci penseremo” Teddy scosse la testa sospirando “Non stavo scherzando prima. Se la vedo piangere allora ti farò male Owen perché lei è la mia allieva e proteggo i miei allievi!” non disse una parola di più, abbandonò il suo ufficio lasciando solo il silenzio a fargli compagnia.






 “Tempo?” sollevò lo sguardo dal paziente soffermandosi pochi secondi sull’orologio “Un’ora e dieci” Teddy sorrise “D’accordo, siamo in perfetto orario” ma lei non rispose, si limitò a concentrarsi di nuovo sul cuore del paziente, un cuore malato che aveva bisogno di tutta la sua attenzione “Inizia a suturare, tira bene il filo altrimenti avremo l’effetto opposto” afferrò l’ago e senza dire una parole iniziò le suture.
C’era solo gelo lì dentro, gelo e niente di più ma lei cosa poteva farci? Era stanca, sfinita eppure, nonostante questo, continuava a stare in piedi, a cercare interventi lunghi e complicati, continuava a ritirare esami, a preparare interventi con al sicurezza di avere affianco il suo mentore “Hai mangiato qualcosa?” “Come?” domandò confusa sollevando appena lo sguardo “Oggi hai mangiato qualcosa?” “Si, prima, in mensa” “Cristina!” “Ho mangiato e ho  anche dormito ok?” ribatté ironica “Lo sai, queste domande continue non sono tranquillizzanti! Ho già una madre, purtroppo per me ce l’ho, non ho bisogno di un’altra ...” “Divertente” mormorò ridacchiando “Davvero divertente ma vedi, siccome sei la mia speranza per il futuro mi prendo cura di te quindi, continuerò a romperti le scatole in questo modo” “D’accordo” tirò il filo posando l’ago “Perfetto, le suture tengono” il cercapersone iniziò a suonare “Dottoressa è il suo” Cristina annuì appena “Viene dal pronto soccorso, ha un trauma in arrivo” “Oggi non sono in traumatologia” Teddy la fissò guardinga “D’accordo vai, qui posso finire da sola” “Ma che ..” “Cristina vai! Se è importante e chiamano te probabilmente vogliono il meglio” “Si ma ...” “No” esclamò ridacchiando “Niente scuse, vai e poi fammi rapporto soldato” sbuffò abbandonando gli strumenti “D’accordo, ma se è una perdita di tempo me la prendo con te” scoppiò a ridere divertita da quell’improvviso colpo di ironia mentre guardava la sua specializzanda lottare per restare sé stessa.

“Dottoressa Yang” la ragazza sorrise passandole una busta chiusa “Mi avete chiamato per questo?” domandò gelida ma l’infermiera scosse leggermente la testa indicando con la mano la sala traumi tre.
Era uscita dalla sala operatoria, aveva abbandonato un intervento pazzesco per cosa? Uno stupido caso da pronto soccorso? “D’accordo, meglio che sia ...” il cuore mancò un colpo mentre due occhi scuri come la notte la trapassavano da parte a parte “Tu cosa ... perché sei ...” “Potresti iniziare con il salutarmi e poi potresti chiudere la porta, cosa ne pensi?” scosse leggermente la testa cercando di ricordare come  respirare mentre la porta si chiudeva lentamente alle sue spalle “Ehi ...” la mano dell’uomo si posò sulla sua spalla mentre un sorriso delicato prendeva il posto dello stupore “ ... guarda che se continui così dovrò chiamare un’altro medico per prendersi cura di te” “Tu sei, hai ...” “Ho bisogno che tu mi aiuti a fare una cosa” annuì appena o almeno, era quello che avrebbe voluto fare ma rivederlo lì, rivivere quel ricordo tanto a lungo celato faceva un male terrificante “Perché sei qui?” l’altro sorrise tornando a sedersi sul lettino “Beh dottoressa Yang, direi che il motivo è semplice” un leggero cenno della testa ad indicare la busta che reggeva tra le mani “Puoi aprirla sai? Non te l’ho data per ricordo” “So già cosa c’è qui dentro” mormorò tremante “So cosa dice questa lettera e se ora la stringo tra le mani so che ... Burke non hai ...” “Ho un angiosarcoma Cristina, non può essere operato e non voglio essere operato insomma, a che pro?” si sedette di fronte a lui, le mani strette così forte attorno alla busta da far scricchiolare la carta chiara “Ho sempre avuto paura di questo” “E io no secondo te?” ribatté ironico sollevandole il viso “Hai tra le mani il mio futuro dottoressa Yang” un debole sorriso a colorargli il volto “Ricordi? Non importa dove saremo, non importa quando accadrà, non importa in che modo” “Già” si passò una mano in viso cercando di sorridere o almeno, cercando di fingere di farlo ma non riusciva nemmeno a convincere il cervello “Va tutto bene Cristina, è tutto ok” “Morirai! Va davvero tutto bene?” “Non è quello che ...” “No!” esclamò alzandosi di colpo “Non puoi chiedermi di odiarti anche per questo! Ho passato mesi interi a farlo solo per quelle stupide nozze! Ho cercato in tutti i modi di cancellarti dalla memoria e non ci sono mai riuscita e ora, ora vieni qui e mi chiedi di prendere questa decisione per te, mi chiedi di aprire questa busta e fingere che tutto vada bene e io ... io non voglio farlo!” le mani dell’uomo si strinsero con forza attorno alle sue spalle mentre, oltre i vetri, gli sguardi curiosi delle infermiere ne studiavano i movimenti “Non ti chiedo di scegliere per me Cristina! L’ho già fatto io, non ho bisogno che qualcuno scelga al posto mio, sono grande sai? Ti sto chiedendo solo di essere qui, di essere con me quando accadrà perché nonostante tutto resti sempre la persona di cui mi fido!” la sentiva tremare, ansimare per quell’esplosione di rabbia giusta e naturale “Mi dispiace” sussurrò sfiorandole il volto “Mi dispiace averti fatto soffrire, mi dispiace averti costretta ad essere qualcosa che non sei e, probabilmente, la rabbia e l’odio che hai provato e provi per me mi accompagneranno per sempre ma ora, ora ho bisogno che torni ad essere la persona di sempre, ho bisogno che tu sia la donna che per anni ho avuto vicino” chiuse gli occhi qualche secondo lasciando che quelle parole le  entrassero nell’anima “Io non ti odio” sospiri regalati all’intimità di quell’attimo “Non ti odio perché farlo mi distrugge e ora, in questo momento non ... tu sei ... Hai bisogno di cure” “Ho bisogno che la stessa donna che firmò quel foglio sia vicino a me alla fine di questo percorso” la guardò negli occhi, gli stessi occhi che per anni si erano svegliati insieme a lui, le mani strette più forti attorno alle sue spalle “Sarai qui?” “Da quanto lo sai?” “Come?” domandò confuso “Sei venuto qui con una diagnosi, da quanto lo sai?” ma l’uomo sorrise “Questo non è importante” “Ah no?” esclamò in lacrime sciogliendosi da quella presa bollente “Sono sempre stata qui Burke! Non mi sono mai allontanata da Seattle, sapevi che ci sarei stata nonostante tutto e vieni qui solo ora! Che diavolo ti passa per la testa?” “Perché?” ribatté ironico “Mi avresti salvato? Avresti operato un miracolo? Perché se è così allora mi darò dell’idiota per l’eternità!” forse incolparlo l’avrebbe fatta sentire meglio, forse, lasciare che scaricasse su di lui ogni fottuto sentimento l’avrebbe aiutata a capire “Pensi che non sia terrorizzato? Pensi che morire sia quello che sognavo da quando ero bambino? Non posso cambiare il futuro Cristina! Non posso farlo e credimi, non c’è altra cosa al mondo che desidererei ma non posso!” si passò una mano in viso ridendo “Avevo dei piani! Avevo deciso ogni cosa, sapevo come sarebbe stata la mia vita e ora, ora sono qui a supplicarti di essere forte! Ti sto chiedendo di essere quella di sempre!” “Tu non hai diritto di chiedere niente! Non puoi ... tu non puoi ...” la tirò a sé stringendola con forza, voleva liberarsi da quell’abbraccio forzato, voleva allontanarsi il più possibile da lui, da quella stanza maledetta e invece, tutto quello che riusciva a fare era restare immobile, paralizzata in quel calore che da troppo tempo le mancava “Sarai qui per me?” non rispose, non si mosse, nascose il viso sul suo petto mentre le mani si aggrappavano con forza a lui.
Era fragile, distrutta da un marito che al momento sembrava più lontano di Burke, non riusciva a respirare, non riusciva nemmeno a pensare, stretta tra le sue braccia lasciava che quel dolce senso di protezione le rinfrescasse l’anima allontanandola da tutto il resto, da Owen e dall’odio che leggeva nei suoi occhi.

  
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