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Autore: ferao    14/05/2012    8 recensioni
Raccolta di missing moments di "Una brezza lieve"!
***
#1: Erano ridicoli, tutti e tre: lei, lui e la situazione in cui si trovavano.
#2: Ci incastriamo alla perfezione, pensò per tutto il tempo che durò quel lungo bacio.
#3: Non pensava ad altro, nemmeno mentre l’odore di lei lo avvolgeva.
#4: È il primo giorno ed è come se ne fossero passati mille.
#5: La amava. La amava da morire.
#6: E tutto ricominciava da capo.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Percy Weasley | Coppie: Audrey/Percy
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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- Questa storia fa parte della serie 'Una brezza lieve'
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Anzitutto: sappiate che mi vergogno di aver scritto ciò. Sì, lo so che non c'è nulla di male, che in giro si trova roba che va molto oltre tutto ciò... ma io mi vergogno lo stesso. Oh.
Se ho pubblicato questo missing moment è stato solo su incoraggiamento (= spintone) di Lau, alla quale quindi vanno indirizzate eventuali critiche/insulti/commenti acidi e derisori.
(Sei sempre un tesoro, mia adorata.)
Sempre a Lau dedico questo mm, perché se lo merita e perché ha scritto questa meraviglia qui che voi, ora, DOVRETE leggere. ORA.

Come ho già detto nello scorso capitolo, è inutile leggere questa ff senza conoscere "Una brezza lieve". Ma l'ho già detto, quindi non starò a sprecar fiato.

Il capitolo si colloca ben prima del precedente, come vi indica già il titolo. Come al solito, sentitevi libere di indirizzarmi critiche, commenti etc. nella maniera che preferite, oppure ignoratemi e basta. Agne non ha trovato errori, quindi mi fido di lei <3

Buona lettura.
(E speriamo di sopravvivere all'imbarazzo.)










 

 

#2: Il primo bacio


Gli uomini come il capo si sentono come se fossero in una vetrina.
Aveva voglia di aprire quella maledetta vetrina. Al diavolo tutto, ecco.
E se non hai la chiave, rompila.

Senza una parola, e con grande sorpresa di entrambi, Audrey baciò Percy.
La musica dentro cessò, la pioggia non smise di cadere.

("Una brezza lieve" capitolo 10)















 

Ci incastriamo alla perfezione.
Fu quello il suo primissimo pensiero, quando Percy la baciò – o forse era stata lei a baciare lui? Non era chiaro. Fatto stava che si incastravano alla perfezione. Lo spazio tra le braccia di Percy sembrava fatto su misura per il suo corpo e anche l’altezza di lui non pareva poi così eccessiva, visto che era riuscito lo stesso ad annullare senza alcuna difficoltà la distanza tra i loro visi.
Si incastravano alla perfezione. Nel momento in cui si abbracciarono non rimasero spazi vuoti: ogni spigolo si adattava alle cavità dell’altro, le forme di lei compensavano la magrezza di Percy in una maniera così naturale da sembrare voluta, studiata con una precisione quasi maniacale. Era tutto un gioco di incastri, di equilibri, che richiedeva anche un certo sforzo – ma alla fin fine valeva la pena di starsene in punta di piedi per baciare quel viso, quel collo, quelle labbra che sembravano, erano fatti apposta per lei.
Le mani di lui le percorrevano la schiena, scendendo dalle spalle e fermandosi sui fianchi, e a tratti la stringevano di più contro il suo corpo come se ci fosse ancora spazio da riempire, tra loro. Come se non combaciassero già completamente.
Ci incastriamo alla perfezione, pensò per tutto il tempo che durò quel lungo bacio.
 
Percy non pensava a niente. Il suo cervello riceveva già così tante informazioni che era inutile sovraccaricarlo: il profumo di Audrey e le sensazioni tattili che tutto il suo corpo gli trasmetteva erano più che sufficienti a saturarlo.
Non aveva mai – mai – osato pensare a come sarebbe stato toccare Audrey, annusarla da vicino, sentirla sopra e tra le labbra; sapeva che se l’avesse fatto si sarebbe sentito mortalmente in imbarazzo, rivedendola al Ministero. In quel momento fu felice di non essersi fatto alcuna aspettativa circa quell’insperato bacio: nessuna sua fantasia avrebbe potuto eguagliare quell’insieme di sensazioni.
Audrey aveva le labbra morbide, un po’ screpolate, e la sua lingua sembrava timida, indecisa sul da farsi. La pelle della guancia era liscia, leggera, pensò, così come quella del collo – anzi, no, non erano nemmeno paragonabili, erano due sensazioni totalmente diverse.
Si accorse che si era messa in punta di piedi, così le venne incontro chinandosi di più su di lei e posandole le mani sulla schiena. Subito gli venne voglia di accarezzarla, di sentire com’era, e ubbidì a quell’istinto senza pensarci due volte.
Le passò le mani sulla schiena, piano, e lei si lasciò sfuggire un piccolo sospiro. Questo lo incitò a continuare, a scendere finché non incontrò la curva morbida dei fianchi, la linea oltre la quale – gli disse ciò che restava della sua parte razionale – non doveva andare.
Non quella sera. Quella sera si sarebbe accontentato del suo sapore, e più tardi avrebbe sognato la sua schiena – nuda, priva della stoffa che la ricopriva e che creava un piacevole attrito tra le mani, ma che costituiva innegabilmente un intralcio di cui avrebbe desiderato molto liberarsi all’istante.
L’avrebbe sognata, ancora e ancora, senza sentirsi in colpa, finché non fosse giunto il momento giusto.
 
Sentì che Audrey stava staccando le labbra da lui, e gli venne voglia di morderle per farle rimanere lì dove si trovavano – sulla sua bocca, com’era giusto che fosse. Si trattenne a malapena dal farlo, frenato dal rimasuglio di imbarazzo che ancora sentiva di possedere; riprese fiato e aprì gli occhi, incontrando lo sguardo di lei.
– Senti… – sussurrò Audrey.
– Sì?
Non rispose subito. Prima si mordicchiò il labbro inferiore con aria pensosa – e a quel gesto Percy non si trattenne più: si chinò e iniziò a morderla in quello stesso punto, con delicatezza, strappandole un altro sospiro di piacere così esplicito che gli diede un brivido.
– Vuoi… ti va di… accompagnarmi a casa? – chiese Audrey in un soffio, non appena quel secondo lungo bacio ebbe termine.
 
Sulle prime Percy credette di averlo solo immaginato. Non era il tipo di frase che un uomo si aspetterebbe di sentire dopo il primo appuntamento; soprattutto, non era il tipo di frase che lui si aspettava di sentire da Audrey. Decisamente no.
Restò qualche secondo senza parlare, incerto e confuso. Audrey, da parte sua, sembrava non avere alcuna fretta di sentire la risposta: lo osservava in silenzio, gli occhi più scuri del solito – o così sembrava alla fioca luce del lampione che illuminava l’ingresso del Ministero.
– Io… – riuscì a dire Percy, dopo qualche secondo. – Io… ecco… non credo sia il caso.
La risposta era piuttosto neutra, dettata da quella parte di Percy che, anche in quel momento, non poteva fare a meno di sottolineargli quanto fosse eticamente scorretto venire subito al dunque con una ragazza che, alla fin fine, conosceva a malapena, e che oltretutto lavorava nel suo dipartimento. Vero era che con le altre due o tre donne che aveva frequentato non si era fatto questi scrupoli, ma… lei era diversa. Lei era Audrey.
E tutto voleva tranne che correre troppo con lei, rischiando di bruciare tutto insieme quella che poteva essere una bella storia.
Audrey incassò la risposta senza battere ciglio, ma un secondo dopo ricominciò a baciarlo, stavolta con minore timidezza. La mente di Percy si annebbiò per un istante, e tanto bastò a fargli dimenticare parte dei suoi scrupoli: cosa importava, in fondo, se era giusto o sbagliato? Per quale motivo non avrebbero dovuto fare l’amore dopo solo uno, anzi due appuntamenti? Solo loro potevano decidere in merito, solo loro ne avevano il diritto… e poi lui la voleva, la voleva tanto. Ad allungare la loro storia avrebbe pensato l’indomani.
– Sono il tuo capo, Audrey – mormorò, spaventato da quella idea improvvisa, ma lei non gli diede il tempo di preoccuparsi ulteriormente.
– Rinuncio a qualsiasi promozione, aumento o agevolazione tu voglia darmi in futuro – rispose. – Lo giuro. Non è per questo che lo faccio, e lo sai.
E un altro dei suoi scrupoli andò a farsi benedire. Era ovvio, Audrey non lo avrebbe mai fatto per la posizione, e lui d’altro canto non l’avrebbe comunque favorita per quello.
Era stupido anche solo pensarci.
Ormai non aveva più molti argomenti con cui poter giustificare un rifiuto; sempre più incerto, Percy affondò il viso nell’incavo tra la spalla e il collo di lei – aveva ragione, era una sensazione a parte, una sensazione di caldo e di casa, di sicurezza – e cercò un altro pretesto per negare a se stesso quello che non osava sperare di avere così presto.
– Non… – fece, sollevando appena la testa ma senza guardare la ragazza negli occhi. – Non ho preso la pozione…
– Non serve, prendo una pillola Babbana.
L’ultima possibile giustificazione svanì nel nulla. Non ne esistevano altre, e comunque la mente di Percy non sarebbe stata in grado di formularne.
– In questo caso, – mormorò Percy sul collo di Audrey, – credo di… non avere più scuse.
– Era ora – gli bisbigliò Audrey in un orecchio, sorridendo felice.







   
 
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