Capitolo
2: Ubriachezza
molesta
Guardai
la
sveglia, mentre i passi di Adam rimbombavano pesanti sulle scale. Le
tre e
venti di notte. O di mattina, da un altro punto di vista. Non ero
riuscita
minimamente a chiudere occhio. La mano mi pulsava. Lo sentii entrare in
camera
e buttarsi sul letto. Sbuffai. Mi alzai e scesi in cucina per prendere
un pacco
di surgelati da mettermi sulla mano. Quando tornai in camera mia non
feci caso
ad Adam seduto sul mio letto. “Posso dormire con
te?” mi chiese semplicemente.
Non risposi. Chiusi la porta e mi avvicinai al letto. “Ti fa
ancora male?” mi
chiese notando la busta gelata sulla mia mano. Annuii. “Vuoi
che ti porto in
ospedale?” “No” dissi sedendomi accanto a
lui. “Non riesci a dormire?” gli
chiesi con voce rauca. “No” disse semplicemente. Mi
sdraiai sul letto e lo
tirai leggermente per la manica della felpa verso di me. Mi accoccolai
sul suo
petto, come un gatto ubbidiente e lui prese ad accarezzarmi i capelli.
Per un
momento mi sembrò di ritornare alle dolci serate con Jamie,
nel suo
appartamento. Ma Adam non era Jamie. Adam non sapeva di sigaretta mista
a caffè
macchiato con panna. Non mi accorsi nemmeno che stavo piangendo. Mio
fratello
si tirò su a sedere e mi abbracciò.
“Sfogati” disse solo, coccolandomi tra le
sue braccia. Mi avvinghiai a lui come un koala e piansi tutte le
lacrime che
avevo in corpo. “Vuoi parlare?” mi chiese
premuroso. “Voglio solo dimenticare”
dissi asciugandomi le lacrime dal viso.
“D’accordo” disse lui, avvicinandosi
pericolosamente a me. Risi e lo spinsi dolcemente indietro
“Stupido”. Ma lui
sembrò quasi rimanerci male. Gli accarezzai una guancia e
per l’ennesima volta
mi persi in quegli occhi azzurri, così limpidi e
così.. “Hai bevuto?” gli
chiesi d’un tratto, notando il suo sguardo annebbiato.
“Un po’” rispose lui con
voce impastata. Ritornai di fianco a lui e lo feci sdraiare.
“Vedi di dormire,
idiota” dissi ridendo. “Buonanotte
frignona” rispose intrecciando la sua mano
nella mia sana. Cadde in un profondo sonno. Io, invece, non riuscivo a
muovermi. Perché il contatto con la sua mano mi faceva
battere il cuore così
forte? E’ tuo fratello, cazzo .La
voce nella mia testa aveva ragione. Ma non riuscii a dormire nemmeno un
minuto
quella notte. Rimasi ferma, a sentire il respiro di Adam sul collo, la
sua mano
stretta nella mia, il suo corpo vicino al mio. In una cosa Adam aveva
ragione:
ero un’invasata. Quando lo sentii muoversi, doveva essere
già mattina, anche se
non c’era un barlume di luce nel cielo. Istintivamente chiusi
gli occhi. Lo
sentii stiracchiarsi. “Ma che cazzo?”
bisbigliò, probabilmente notando dove
aveva dormito e con chi aveva dormito. Il mio cuore batteva come un
tamburo e avevo
paura che nel silenzio lui potesse sentirlo. Di riflesso,
involontariamente,
gli strinsi più forte la mano. Lo sentii sospirare e
mugugnare un “E’ tua
sorella, coglione”. Poi sciolse la sua mano dalla mia e
uscì dalla mia camera.
Aprii gli occhi e feci un respiro per calmarmi. Mi diedi un leggero
schiaffo
sulla fronte, come per allontanare un pensiero dalla mia mente. In quel
momento
riuscii ad abbandonarmi tra le braccia di Morfeo.
“Pochi giorni fa mi sono giunte delle
voci,
da fonti molto attendibili” L’uomo davanti a me,
basso e calvo, mi squadrava
come se fossi una serial killer. La mia mente si svuotò
completamente mentre il
mio cuore accelerava i battiti. Sapevo già dove voleva
andare a parare. Ero in
apnea da pochi minuti quando lui ricominciò a parlare
“Ho sperato che queste
voci si sbagliassero, ma dopo appurate ricerche ho constatato che era
tutto
vero” Appurate ricerche. Effettivamente era il rettore di una
delle facoltà di
giornalismo più facoltose d’America.
“Signorina Doherty, immagino lei sappia di
cosa io stia parlando e immaginerà anche cosa sono costretto
a fare” Non dirlo,
non dirlo. Ti prego, non farlo. “Devo chiederle di
abbandonare immediatamente
la facoltà” lo disse con voce tombale.
“Io..” tentai, sapendo di non avere
nulla a mio favore. “Mi dispiace” disse solo,
mentre sentivo il pavimento sotto
ai miei piedi aprirsi e inghiottirmi. Mi indicò la porta e
io uscii a testa
bassa. Avevo mandato tutto a puttane. E per che cosa? Per amore.
Aprii
gli
occhi. Sperai che fosse stato solo un incubo, ma guardandomi intorno mi
accorsi
che era stato tutto vero. Che quello che mai pensavo mi potesse
succedere, era
accaduto. La porta si aprì di scatto.
“Jamie” sussurrai, forse sperando di
trovarlo davanti a me. Ma gli occhi di Adam mi perforarono.
“Hai detto
qualcosa?” mi chiese, senza capire. “No”
dissi solo, sdraiandomi nuovamente e
mettendomi un braccio sugli occhi. “Hai intenzione di restare
lì a vegetare
ancora per molto?” mi chiese, gelido. Era tornato il solito
Adam. Non gli
risposi. Non ero in vena di discussioni. Volevo solo starmene da sola.
E la sua
presenza di certo non dava man forte alla mia solitudine.
“Che vuoi?” gli
chiesi, nella stessa posizione. “Alzati!” mi
ordinò. Si avvicinò al mio letto.
“Lasciami
stare” dissi stanca. “Reagisci, cazzo!”
sbraitò, stringendomi per un braccio e
tirandomi su, come se pesassi mezzo chilo. Lo guardai ad occhi
spalancati. “E
levati dalla faccia quell’espressione da
deficiente” disse puntando i suoi
occhi nei miei. “Vuoi un altro pugno?” gli chiesi
con un mezzo sorriso. “Vatti
a lavare. Ti porto a fare un giro” disse uscendo dalla mia
stanza così come era
rientrato. Sospirai. Ormai decideva tutto lui. Mi feci una doccia
veloce e mi
vestii
svogliata. Lo raggiunsi al piano di sotto. Lui mi squadrò
dalla testa ai piedi.
E sospirò, evidentemente senza speranze. “Dove
andiamo?” gli chiesi in
macchina. “A bere” mi disse semplicemente.
“Io non bevo” lo informai. “E invece
oggi lo farai” disse divertito. Parcheggiò la
macchina e scendemmo. Essendomi
addormentata quando ormai era mattina, mi ero svegliata che era
già sera.
Entrammo in un tipico pub inglese. All’entrata vidi un uomo
che vomitava l’anima
in un cespuglio. Probabilmente avrei fatto quella fine, alla prima
birra.
Seguii Adam attraverso i tavolini. “Ehy, Adam! Siamo
qui!” una voce femminile
aveva sovrastato il casino nel pub. Mi voltai verso quella voce e vidi
una
delle ragazze più belle che mai avessi visto. Alta, snella,
mora, occhi grandi
e castani. I jeans le stringevano le gambe lunghe. Ai piedi indossava
un paio di
scarpe dai tacchi vertiginosi. Aveva solo una canottiera nera a
fasciarle il
suo addome piatto e il suo seno abbondante. In quel momento mi venne in
mente
che forse Savannah aveva ragione: ero lesbica. Adam mi tirò
per il braccio,
risvegliandomi dai miei pensieri. Raggiungemmo un gruppo di ragazzi e
ragazze
seduti a bere. Occupavano circa tre tavoli e molti di loro erano
già ubriachi.
La ragazza che aveva chiamato mio fratello mi guardava curiosa.
“E tu chi sei?”
mi chiese, dal suo metro e ottantacinque. “Hayley”
risposi, come se fosse la
risposta più ovvia che doveva aspettarsi.
“E’ mia sorella” disse Adam, prima di
baciarla sulla guancia. “Oh, ma che carina!” disse
lei, con fare troppo
espansivo abbracciandomi. Guardai terrorizzata mio fratello, che si era
già
accomodato lasciandomi nelle mani di quella pazza mezza ubriaca.
“Io sono
Lauren” il suo alito alcolico mi entrò nelle
narici, stordendomi. Poi si voltò
verso gli altri ragazzi “Lei è Hayley!”
esclamò ridendo. Mi sedetti vicino ad
Adam, che non provava nemmeno a tenermi compagnia. Mi sentivo a
disagio. Poi un
ragazzo, il più sobrio del gruppo, mi si avvicinò
“Sei quella di New York?” mi
chiese. “Già” risposi semplicemente.
“Piacere, Dave” disse stringendomi la
mano. Era molto carino. Viso curato, occhi castani incorniciati da
occhiali da
vista alla moda, capelli biondi spettinati. In quella compagnia, mi
ritrovai a
pensare, erano uno più bello dell’altro.
“Bevi” disse Adam, mettendomi sotto al
naso un enorme boccale di birra. “Non mi va” dissi
acida. “Tutto” sibilò
gelido. Sospirai. E se bere mi avrebbe davvero fatto scordare quanto la
mia
vita fosse una colossale montagna di merda? Presi il boccale gigante
tra le mie
mani e buttai giù tutta la birra. Il sapore amarognolo mi
disgustava ma bevvi
fino all’ultima goccia. Ed essendo a pancia vuota,
l’effetto dell’alcol iniziò
subito a farsi mostrare. Non ero una che faceva amicizia molto
velocemente. Ma
in quell’occasione consideravo ogni persona che veniva a
parlarmi come un mio
amico di vecchia data. Adam mi passò tre cocktail che
inghiottii senza fare domande.
Potevo considerarmi una ex-astemia. E una futura alcolista anonima. Mi
piaceva
l’effetto che l’alcol aveva sul mio corpo e sulla
mia mente. Era riuscito a
farmi scordare tutto quanto. “Voglio rimanere ubriaca per
sempre” dissi a mio
fratello mentre mi accompagnava fuori dal locale per farmi prendere una
boccata d'aria, dato che la situazione stava degenerando. Aveva bevuto
più di me,
eppure riusciva a stare in piedi senza barcollare. Io, invece, senza il
suo
supporto, sarei caduta a terra sfracellandomi contro
l’asfalto del marciapiede.
Lo sentii ridere. Mi fermai di botto e presi a fissarlo.
“Devi vomitare?” mi
chiese, spostandosi leggermente a destra. “No”
dissi “Volevo solo guardarti”
ammisi. Se non fossi stata ubriaca, probabilmente non avrei preso ad
accarezzargli il viso. Probabilmente non mi sarei avvicinata
così a lui.
Probabilmente non gli sarei saltata in braccio. Probabilmente non avrei
tentato
di baciarlo. “Hayley” disse, indietreggiando un
po’ la testa. “Tu non mi vuoi”
dissi, più a me stessa che a lui. “Siamo
fratelli” “Noi non siamo fratelli”
dissi acida. “Perché dobbiamo litigare
sempre?” sbraitai come se fossi stata
posseduta dal diavolo. Non mi ero nemmeno accorta che stavo camminando.
“Dove
cazzo vai?” disse, prendendomi con forza il braccio.
“A casa. A vomitare”
dissi, facendo forza sulla sua mano con la mia per fargli lasciare la
presa sul
mio braccio. “Non sai nemmeno dove siamo”
“Prima o poi troverò casa nostra”
“Entra
immediatamente” disse, come se fossi stata una bambina,
indicandomi il pub.
Gliel’avrei fatta pagare. Gli avrei fatto pagare il suo
rifiuto nei miei
confronti. “Fottiti. Troverò qualcuno di meglio di
te lì dentro” e barcollando,
rientrai nel locale. Ma non tornai dai suoi amici. Guardai il bancone,
dove
erano appostati un sacco di altri ragazzi. “Chi mi offre da
bere?” chiesi
sfoggiando la mia miglior faccia da gatta morta in direzione di tutti
loro.
Meno di dieci minuti dopo mi ritrovai accerchiata da un branco di lupi
famelici
che mi offrivano ogni tipo di intruglio esistente. Bevvi tutto. Non
tralasciai
nemmeno un bicchiere. Mi voltai verso il gruppo di Adam. Il mio cuore
perse un
battito. Poi un altro. E un altro ancora. Baciava Lauren. Sentii la
testa
girarmi. “Tutto bene?” mi chiese Dave,
l’occhialuto amico di mio fratello. “Puoi
accompagnarmi a casa?” gli chiesi, sperando di non iniziare a
piangere. Mi
aiutò a salire nella sua macchina. Involontariamente tiravo
delle leggere
testate contro il finestrino del passeggero. Lo sentivo ridere. Ogni
tanto mugugnavo
qualcosa, in risposta alle sue domande che non mi
importavano.
“Grazie” dissi, prima di
scendere dalla macchina. Lo baciai sulle labbra, lasciandolo sorpreso.
Fu un’impresa
riuscire ad aprire la porta. Jodi mi aveva dato un mazzo di chiavi,
stracolmo
di pupazzetti e oggetti metallici che, essendo ubriaca marcia, pensavo
potessero aprire magicamente la porta di casa. Mi trascinai in camera
mia e mi buttai a peso morto sul letto.
Il mio
fegato reclamava pietà e il mio stomaco era sottosopra. Mai più alcol. Non sapevo se
mi fossi addormentata o quanto tempo fosse passato, ma quando
riaprii gli occhi sentii dalla camera di Adam strani suoni. Mi alzai di
scatto
dal letto e aprii le orecchie per capire che stava succedendo. Posai la
testa
contro la parete che separava la mia stanza dalla sua. Gemiti e
sospiri. Stava
facendo sesso. La ragazza rise. Lauren. Puttana. Barcollando uscii
dalla mia
stanza e spalancai la porta della camera di Adam. “Potete
abbassare la voce?!
Mi scoppia la testa!” sbraitai prima di sbattere la porta.
Vidi solo i suoi
occhi, sgranati, azzurri. Andai in bagno e iniziai a vomitare,
più per il
nervoso che per la voglia di smaltire tutto l’alcol che avevo
in corpo. E’ tuo fratello, stupida. Non
riuscivo
a smettere di insultarmi. Perché mi importava tanto di lui?
Io lo detestavo,
non lo sopportavo, lo odiavo. Bugiarda.
Avevo provato a baciarlo. Una ragazza con tutte le rotelle al loro
posto, non
avrebbe mai provato a baciare suo fratello. Cosa c’era che
non andava in me?
Vomitai ancora, e ancora. Più pensavo ad Adam e
più vomitavo. Sentii una mano
tra i capelli. Il mio stimolo per vomitare mi guardava un po’
imbronciato
mentre mi accarezzava la testa. “Fammi bere ancora e giuro
che ti uccido” dissi
prima di chiudere gli occhi.
Ok. Secondo capitolo terminato. Immagino che il motivo per cui la nostra protagonista si sia trasferita a Londra, lo abbiate capito tutti. Avevo pensato di dedicare un intero capitolo a questo inciucio amoroso politicamente scorretto. Bene iniziamo con i ringraziamenti. GRAZIEEE!!!!! :D
@ barrYs: eccoti soddisfatta! Capitolo appena sfornato per la tua gioia (ma de che? XD). Grazie mille per aver lasciato una recensione.. è stato bellissimo vedere che almeno qualcuno abbia apprezzato questa storia XD
Grazie anche a chi ha aggiunto "Posso amarti?" tra i preferiti, tra le storie seguite o ricordate... mi avete fatto un piacere immenso :D Non vi deluderòòòòò muhauahuahauhauh XD
Un bacio,
Kiki