5.
Il pelo morbido del lupo che teneva
tra le braccia era fresco, quasi umido, e intorno a lui aleggiava una nebbia
leggera, fatta di cristalli di diamante e di perle d’acqua purissima.
Tutt’intorno
a lei, la foresta appariva fitta e spettrale, impenetrabile ai suoi occhi,
eppure non ne aveva paura, pur sapendo di avere, come unica compagnia, quella
del bianco lupo che stringeva a sé con affetto.
I
rumori le giungevano attutiti, quasi il bosco li fagocitasse in sé, non
permettendole di fatto di comprendere cosa succedesse tutt’intorno.
Anche
di questo, però, lei non si curò.
Era al
sicuro, protetta dall’aura benefica del lupo che le sedeva accanto.
Niente
le sarebbe potuto capitare, finché fosse rimasta accanto a lui.
«Naell…»
Sbattendo
fiaccamente le palpebre, la giovane si ritrovò a fissare, oltre il velo di
sonnolenza che ancora la ricopriva, il viso sorridente di Eikhe.
China
verso di lei, la stava svegliando per la colazione. O almeno così credeva.
Era
stato dunque tutto un sogno?
Guardandosi
intorno con aria vagamente accigliata e sì, delusa, Naell si stirò le braccia
nello sbadigliare sonoramente e, sorridendo alla zia, le disse: «Sai, ho fatto
un sogno davvero strano.»
«Cosa,
piccola?» le sorrise a sua volta Eikhe, estraendo dalla cassapanca una delle
camiciole della ragazza per poi porgergliela.
«Ho
sognato di essere in una foresta fittissima, impenetrabile, assieme a un lupo
bianco come il latte e tutto ricoperto di diamanti.»
Afferrata
la camiciola, Naell si tolse la veste da notte per poi infilarsi l’indumento di
cotone grigio scuro.
«Quello
che mi ha colpita di più, però, era che non avevo paura. Anche se c’eravamo
solo io e il lupo.»
Sollevato
un sopracciglio con evidente sorpresa, Eikhe trattenne per un istante le brache
della nipote tra le mani, quasi timorosa di parlare, prima di riprendere a
stento a muoversi.
«E’
raro che una persona che non sia un figlio di Hevos per discendenza diretta,
sia in grado di sognare il dio-lupo.»
Sgranando
gli occhi per la sorpresa, Naell balzò in piedi dal letto ed esclamò: «Era Hevos?»
Eikhe
annuì, chiedendole: «Ti ha parlato? Cos’avete fatto?»
«No,
non ha detto nulla. Né abbiamo fatto alcunché» scosse il capo Naell. «Mi
limitavo a stringerlo a me e carezzarlo.»
Sempre
più sorpresa, Eikhe esalò: «Questa sì che sarebbe una novità.»
«In
che senso?» volle sapere Naell, incuriosita dal suo dire.
Con un
mezzo sorriso, Eikhe la aiutò con i capelli mentre Naell pensava ad allacciare
le brache di cuoio sui fianchi.
Nel
passare la spazzola di crine di cavallo nella lunga chioma bruna della nipote,
le spiegò: «Che io sappia, nessuno ha mai sfiorato con un dito Hevos. E, da
quel poco che so, siamo solo in due, in questo tempo, ad averlo visto. E cioè,
io e tuo zio. E credimi, nessuno dei due si è arrischiato a toccarlo.»
«Chissà
cosa vorrà dire, questo sogno?»si domandò curiosa Naell, sorridendo tra sé
all’idea di aver sognato il dio-lupo.
Questa
sì, che era una cosa da raccontare!
«Vedremo.
Magari lo incontrerai davvero» le sorrise Eikhe, terminando di stringere la
treccia. «Ecco fatto. Pronta per una nuova giornata di lavoro.»
«Evviva!»
esclamò Naell, lanciando in aria un pugno.
Era
soddisfatta di se stessa, e di ciò che era riuscita a fare in quei due mesi
passati a Hyo-den.
Si era
irrobustita, la sua pelle aveva preso una bella tonalità dorata e, man mano che
i giorni erano passati, il lavoro con i cuccioli le era parso sempre più
facile, più leggero.
La
soddisfazione provata nel sentire decantare le sue doti di pazienza e
gentilezza da Syanaill, si combinava con l’affetto sempre crescente che provava
per il piccolo Ylar, uno dei cuccioli di Symill e Luak.
Passare
del tempo assieme a lui e agli altri cuccioli, le aveva restituito la fiducia
in se stessa.
Durante
le prime settimane, aveva perso un po’ della sua autostima, trovandosi dinanzi
a un mondo, per lei, così estraneo ma di cui, a tutti i costi, aveva voluto far
parte.
Gli
zii e i cugini, però, le erano stati vicini, in questo suo processo di crescita.
Nel
recarsi al capanno dei lupi assieme a Eikhe e i gemelli – che, da quel giorno, ne
avrebbero imparato i rudimenti dell’allevamento – il suo sorriso era radioso.
Zio
Aken e Antalion, impegnati nel terminare la casa di quest’ultimo, le avevano
augurato buona giornata, prima di scappare fuori dalla cucina con gli attrezzi
da falegname e la sporta per il pranzo.
Era
difficile credere che lo zio, fino a pochi anni prima, fosse stato impegnato a
decifrare scartoffie su scartoffie, piegato dietro la sua scrivania di legno di
pino.
Ora,
vestito di pelli e con le mani ricoperte di calli per il duro lavoro manuale
che soleva fare ogni giorno, sembrava un qualunque abitante delle montagne, non
certo un principe di un’antica casata nobiliare.
Eppure,
a lui stava bene così e, anzi, era ringiovanito, stando all’aria aperta e
assieme alle persone con cui aveva scelto di vivere.
Lei,
invece, cosa voleva?
Forse,
era davvero troppo giovane per pensarci, ma non le sembrava di avere le idee
molto chiare.
La
vita al villaggio le piaceva da impazzire.
Non
dover indossare le crinoline, o i lunghi abiti di seta e velluto, le scarpine
con il tacco – tanto strette in punta! – o acconciarsi i capelli in maniera
impossibile, era un sollievo.
Eppure,
certe cose le mancavano.
Forse,
non era né carne né pesce.
Enyl
le sorrise nello stringerle fiduciosa la mano e, con la sua vocina trillante,
le disse: «Di solito, sono i grandi che hanno le rughe in fronte.»
«Grazie,
tesoro mio» la rimbrottò bonariamente Eikhe, volgendosi a mezzo per guardare
nipote e figlia mentre Rannyl, quieto, le camminava al fianco con passo
spedito.
Enyl
fece un sorrisone furbo alla madre, replicando: «Tu sei bellissima e
giovanissima, mamma.»
La
madre rise del suo dire, prima di chiedere a Naell: «Tutto bene, tesoro? O hai
dei pensieri profondi che ti turbano?»
Con una
scrollata di spalle, la nipote mormorò pensosa: «Non proprio. Pensavo che sono
incontentabile.»
Un
risolino scaturì dalle labbra piegate in un sorriso di Eikhe che, bonariamente,
chiosò: «E chi non lo è? A nostro modo, tutti vorremmo il meglio di ogni cosa
ma, ben difficilmente, si può ottenere. Credo che neppure gli dèi possano
ottenere tutto ciò che vogliono perché, inevitabilmente, devono passare
attraverso il filtro del libero arbitrio che ci hanno concesso. Possono
consigliarci, instradarci ma non possono obbligarci. E’ un cavillo che,
secondo me, si sono pentiti millenni fa di averci donato ma, ormai, non posso
guastare ciò che hanno fatto.»
«E’
ironico pensare che gli dèi, pur con tutto il loro potere, devono attenersi a
ciò che facciamo noi» constatò Naell, ammiccando divertita. «Ma anche il dio
Haaron deve sottostare al libero arbitrio?»
«Sì,
se ci pensi bene. Non può obbligare una persona a morire… può solo attendere. E
pazientare.»
Il
gracchiare di un corvo in lontananza portò Naell a bloccarsi a metà di un passo
per cercarne il volo nel cielo ma, nulla vedendo, storse il naso e chiese:
«Dove diavolo è?»
Eikhe
le sfiorò la spalla con una mano e, indicandogli la casa di Istrea, in fondo
alla via principale del villaggio, le spiegò: «Vedi lassù, accanto alla
finestra del solaio?»
«Sì»
annuì la principessa, intravedendo un trespolo attaccato alla parete della
casa.
«Lassù
vive Wolan, il corvo di Hyo-den. Quello che hai sentito prima, era lui» la
informò la zia, notando la sorpresa dipingersi sul suo volto di bambina.
Sbattendo
freneticamente le palpebre chiare, Naell esalò: «E che ci fa un corvo nel
villaggio? Non sapevo si potessero addomesticare.»
«Infatti
non è addomesticato. Nessuna creatura di Haaron può essere addomesticata. Non
sono animali da compagnia come possono essere i lupi. I lupi furono i compagni
di Hyo quando ella abbandonò il regno dell’immortalità per tornare tra gli
umani. Hevos volle così, per lei. Ma Haaron non ha mai desiderato che i suoi
animali facessero amicizia con l’uomo. Dovevano solo essere i suoi occhi e le
sue orecchie sul mondo, null’altro.»
Proseguendo
verso lo stallaggio dei lupi, la figlia sacra aggiunse: «Lui non ama mettere
piede nel mondo dei mortali, perciò si affida ad avvoltoi e corvi, per avere
sempre sotto controllo la situazione.»
In
quel mentre, un bellissimo corvo dalle ali lucide e nere sbucò dalla finestra
lasciata aperta per lui.
Con le
zampe arancioni artigliate e il becco leggermente adunco, nero come il resto
del corpo, l’uccello caracollò sul trespolo di legno prima di aprire le grandi
ali e spiccare il volo in direzione del bosco.
In
quel mentre, l’ululato di un lupo si levò fiero, come in risposta alla sua
presenza nel villaggio.
Naell
ne seguì il volo fino a perderlo oltre la linea dell’abetaia mentre Eikhe,
lievemente turbata, mormorò: «Sarà anche una coincidenza, ma…»
«Ti è
parso strano che si sia involato proprio mentre il lupo ululava, vero?» terminò
per lei Naell, fissando la zia con occhi vagamente impensieriti.
Scuotendo
il capo, Eikhe tornò a sorridere, come a voler tranquillizzare la nipote e se
stessa.
«Lasciamo
stare. Ti stavo spiegando del corvo. Devi sapere che sono loro, a scegliere
dove stare, o con chi stare. Istrea, semplicemente, una mattina se l’è
ritrovato davanti a casa, intento a beccare contro la porta d’entrata come se
stesse bussando per entrare e, da quel giorno, non se n’è più andato.»
«Curioso.
Io pensavo che i corvi portassero sfortuna» esalò Naell, sempre più curiosa.
«Non
proprio. Sono i messaggeri di Haaron, certo, ma non sono entità negative.
Servono al ciclo della vita esattamente come ogni altra creatura. Inoltre,
Wolan ha una personalità piuttosto marcata. Ed è simpatico.»
«Come
fa, un corvo, a essere simpatico?» ironizzò la nipote, decisamente scettica.
«Lo
scoprirai se vorrà onorarti della sua presenza.»
Eikhe
ridacchiò, nel dirlo.
«Ricordo
che, il giorno dopo la nascita dei gemelli, lui si è messo sul davanzale della
finestra della camera, e li ha guardati per tutta la giornata mentre dormivano
nella culla. E guai a svegliarli! Si infuriava come un matto! Sembrava
proteggerli.»
Naell
la fissò come se avesse avuto le corna e la coda ed Eikhe, scoppiando a ridere,
esalò: «Ti giuro, è vero!»
«Non
ho parole» scosse esasperata il capo Naell. «Solo a voi, succedono queste
cose.»
«Forse,
era semplicemente curioso perché, di solito, non nascono mai dei gemelli, tra
le figlie sacre» le confidò Eikhe, sorprendendola ulteriormente.
«E
perché?»
«Sono
solo ipotesi, ma pensiamo abbia a che fare con il Marchio di Hevos. Vedi, se il
bambino è da solo, riceve il dono per intero dalla madre, ma in caso di un
parto gemellare… pensiamo possa dividersi tra i due nascituri, il che li
renderebbe più deboli.»
Con
uno sguardo a metà tra il preoccupato e l’ansioso, Eikhe fissò i suoi due figli
che, imperturbabili, stavano camminando l’uno affianco all’altra senza badare
ai loro discorsi.
Almeno
in apparenza.
«Visto
che il Marchio di Hevos serve soprattutto a scopo difensivo, abbiamo ipotizzato
che non siano mai nati gemelli per non togliere difese ai nuovi nati, ma non ne
avremo la certezza finché Enyl e Rannyl non saranno abbastanza grandi per
sviluppare la freoha.»
«Quindi,
i loro occhi ambrati non vi danno la sicurezza che, un giorno, potranno
sviluppare i poteri dei discendenti di Hevos» mormorò Naell.
«No.
Stiamo navigando a vista, per così dire» ammise Eikhe, prima di afferrare Enyl,
prenderla in braccio e stamparle un bacione sulla guancia e rimetterla a terra.
«Ma io sono sicurissima che tutti e due saranno dei potentissimi figli sacri.»
Rannyl
ridacchiò nel vedere Enyl sorridere tutta contenta ma, quando vide la madre
avvicinarsi per fare altrettanto, svicolò abilmente e disse: «Eh, no, mamma!
Non in mezzo al villaggio!»
Eikhe
si mise a ridere, scusandosi e replicando: «Chiedo scusa, Rannyl. Hai ragione.
Sei troppo grande perché io ti baci in pubblico.»
«Esatto»
annuì il bambino, prendendo per mano la sorella prima di dire alla madre:
«Corriamo fino al capanno, va bene?»
«Fate
pure» concesse loro Eikhe, guardandoli mentre, con movimenti sincroni,
iniziavano a correre in direzione del capanno dei lupi.
«Sembrano
così perfetti…» sussurrò poi la donna, lasciando scivolare fuori dalla bocca un
sospiro tremulo.
«Li
sono» ci tenne a precisare Naell, stringendole una mano con affetto.
La
donna le sorrise calorosamente, accostandola a sé per un rapido abbraccio,
prima di proporle a sua volta una corsa.
Naell
accettò di buon grado e, assieme alla zia, divorò la distanza che le separava
dal capanno in pochi secondi.
***
Impegnata a ripulire il pelo di uno
dei cuccioli con una spazzola di crine di cavallo, Naell sollevò il viso quando
percepì accanto a sé la presenza di qualcuno.
Sorridendo spontaneamente nel vedere
Luak, gli disse: «Ciao. Cerchi Symill?»
Lui
scosse il muso, dandole un colpetto alla spalla con il naso prima di indicarle
di seguirlo.
Piuttosto
confusa, Naell poggiò il cucciolo a terra perché tornasse dai suoi compagni e,
dopo aver riposto la spazzola nel secchio che soleva usare nella stalla, lo
seguì.
Vagamente
incuriosita, poi, gli domandò: «Dove stiamo andando?»
Ovviamente
il lupo non le rispose, ben sapendo che qualsiasi cosa lui avesse detto, Naell
non avrebbe potuto comprenderla.
Inoltre,
non c’era molto da dire, in quel momento.
Era
già complicato fare quanto gli era stato ordinato, senza sentirsi tremendamente
in colpa nei confronti di Eikhe e Aken.
Usciti
che furono dal capanno, Luak e Naell si ritrovarono nel cortile sul retro, dove
si trovavano anche Enyl e Rannyl, impegnati a giocare con il fieno fresco.
Vedendoli
comparire, si bloccarono immediatamente e dissero quasi in coro: «Ha chiamato
anche te?»
Sempre
più confusa, Naell calò lo sguardo a fissare il bel lupo di Eikhe, chiedendosi
cosa gli stesse passando per la testa.
Nel
prendere per mano i cuginetti, chiese loro: «Vi ha condotti qui lui?»
«Sì.
Siamo sgattaiolati fuori senza farci vedere da Syanaill che, sicuramente, ci
avrebbe rispediti indietro senza tante chiacchiere.»
Rannyl
si guardò intorno circospetto subito dopo aver spiegato alla cugina cos’era
successo, come se si aspettasse di veder comparire qualcuno da un momento
all’altro.
«Allora,
Luak, che succede?» domandò a quel punto Naell, puntando le mani sui fianchi e
guardando inquisitoria il lupo.
Lui si
limitò ad afferrare coi denti la tunica della ragazza, prima di trascinarla con
sé e guardarla con aria di preghiera, quasi la stesse supplicando di seguirlo.
Naell,
a quel punto, lo accarezzò sul capo e gli chiese: «Dobbiamo venire con te?
Tutti e tre?»
Il
lupo annuì, mollando la presa ed Enyl, tutta eccitata, ballonzolò attorno a
loro canticchiando: «Andiamo in missione segreta! Andiamo in missione segreta!»
«Temo
di sì, altrimenti Luak non ci avrebbe trascinati fuori a questo modo» brontolò
Naell. «Non possiamo neppure lasciare un messaggio per Eikhe e Aken? Andranno
fuori di testa, non trovandoci.»
Luak
scosse mestamente il muso e Naell, con un gran sospiro, si passò le mani in
testa con aria esasperata, sbuffando: «Mi ammazzeranno, già lo so.»
Poi,
guardati i cugini, chiosò: «E sia…si va in missione.»
Enyl e
Rannyl afferrarono subito le mani protese della cugina e, seguendo Luak fuori
dal recinto, si immersero nella vicina abetaia senza che nessuno, al villaggio,
si accorgesse della loro sparizione.
Naell,
però, era più che certa che, nel giro di mezz’ora, Hyo-den sarebbe esploso. E
che Eikhe e Aken avrebbero dato di matto.
***
«Come sarebbe a dire che sono
spariti?» esclamò Eikhe, gli occhi fuori dalle orbite mentre Syanaill,
chiaramente dispiaciuta, la tratteneva per un braccio.
Come
da accordi, Eikhe era tornata per l’ora di pranzo per recuperare i figli al
capanno dei lupi, prima di condurli alla casa di Istrea per la loro prima
lezione di matematica e astronomia.
Quando,
però, era entrata nella stalla, aveva trovato le sue sorelle sparpagliate ogni
dove e con l’aria di chi si trovasse nel peggiore guaio della propria vita.
Bloccata
Syanaill, le aveva chiesto cosa stesse succedendo.
Non
appena era venuta a conoscenza della verità, Eikhe era sbiancata, minacciando
di svenire, prima di esplodere in un’accorata quando sorprendente imprecazione.
L’attimo
dopo, aveva espresso tutta una serie di domande a raffica, cui la compagna non
aveva saputo rispondere.
Ora,
mentre le altre figlie sacre erano impegnate nella ricerca di qualche indizio
in giro per il recinto, Syanaill scrollò leggermente Eikhe, ancora preda di un
forte stato di shock.
«Non
possono essere andati lontani, Eikhe. Inoltre, manca anche Naell, quindi
possiamo dare quasi per scontato che siano insieme.»
Sarcastica,
Eikhe replicò: «Non è che questo mi dia coraggio. Naell è una brava ragazza, ma
non è cresciuta al limitare di un bosco.»
Syanaill
annuì torva, mormorando: «Non capisco davvero cosa sia preso a tutti loro.
Avrebbero anche potuto lasciarmi un messaggio, o qualcosa del genere.»
Accigliandosi
leggermente, Eikhe le domandò: «Hai notato se c’è stato uno strano movimento di
lupi, intorno al capanno?»
«Perché?»
«Sono
già parecchie settimane che i lupi si comportano in maniera insensata. Non
vorrei che ci fossero di mezzo loro, dietro a questa strana scomparsa» borbottò
Eikhe, poggiando le mani sui fianchi e guardandosi intorno con aria
inquisitoria.
Le era
parso strano fin dall’inizio che i lupi fossero così misteriosi con loro
quando, mai prima di allora, v’erano stati segreti tra le figlie sacre e i loro
compagni animali.
Ora,
invece, tutto si svolgeva alle loro spalle, senza che nessuno di loro sapesse
cosa stessero combinando.
Non
era normale. Per niente.
«Pensi
che qualcuno abbia detto loro di portare via i ragazzi?» ipotizzò
Syanaill, aggrottando la fronte.
«Non
sarebbe la prima volta che la mia vita viene sconvolta da quel qualcuno
in particolare. Quello che mi chiedo è il perché di così tanta segretezza.
Inoltre, cosa c’entrano i miei figli e Naell?»
Sospirando
esasperata, Eikhe fissò l’amica e aggiunse: «Vado a dirlo ad Aken e Antalion.
Tu vedi di trovare Liana e avvertila. Ci serviranno un po’ di sorelle, per dare
il via alle ricerche nel bosco.»
Annuendo,
Syanaill sbraitò all’indirizzo di una
delle ragazze più giovani presenti nel capanno e la inviò di volata a cercare
Liana dopodiché, fissando dubbiosa una delle lupe, commentò: «Pensi che il suo
umore sia collegato alla sparizione dei ragazzi?»
Seguendo
lo sguardo della donna, Eikhe sollevò lesta un sopracciglio con evidente
sorpresa e, confusa, esalò: «Che diamine prende a Symill?»
«Che
diamine prende a tutti, oserei dire» le replicò Syanaill, ringhiando
un’imprecazione tra i denti.
«Vado.
Se resto ferma ancora un po’, rischio di esplodere.»
Detto
ciò, diede una pacca sulla spalla a Syanaill e corse fuori dal capanno per
dirigersi a grandi passi verso la casa del figlio maggiore.
La
mente le ribolliva in cerca di idee, così come delle parole giuste da dire ai
suoi due uomini che, di sicuro, si sarebbero accesi come falò, non appena avesse
detto loro di Naell e dei gemelli.
***
Le mani allacciate a quelle dei
gemelli, Naell si stava guardando intorno circospetta, su di sé gli sguardi dei
corvi che, appollaiati sui rami degli abeti, li fissavano con attenzione fin da
quando avevano messo piede nel bosco.
Ormai, si erano allontanati da
Hyo-Den da più di un’ora.
Man
mano che si erano inoltrati nell’abetaia, la foresta si era fatta più fitta, i
cespugli più alti e il terreno più accidentato.
Più di
una volta era stata costretta ad aiutare Enyl o Rannyl ad attraversare un
ruscello, piuttosto che a scavalcare qualche roccia sporgente.
Il
tutto, sotto lo sguardo attento di Luak che, neppure una volta, li aveva persi
di vista.
A
momenti alterni, si era voltato per controllare che tenessero il suo passo,
dopodiché aveva ripreso la marcia tenendo il muso verso terra, quasi stesse
cercando una pista olfattiva in particolare.
I
corvi, nel frattempo, si erano spostati con loro, involandosi da un albero
all’altro con un gran sbattere di ali e un gracchiare inquietante a far loro da
accompagnamento musicale.
Naell,
che aveva studiato con curiosità Wolan, il corvo del villaggio di Hyo-den, cominciò
a chiedersi se avesse ricevuto ordini da parte del suo onorato, quanto poco
conosciuto signore, Haaron.
Di lui
si parlava poco, al villaggio, e si conosceva ancora meno.
Per
quel che ne sapeva lei, non esisteva neppure un culto del dio-corvo, pur se la
cosa le sembrava per lo meno strana.
Dopotutto,
loro seguivano e onoravano i culti della dea della Vita quanto del dio
della
Morte, quindi perché questo non avrebbe dovuto replicarsi anche per Haaron?
Eppure, non le era sembrato che vi fossero cappelle a lui dedicate, nel paese.
Forse,
Haaron voleva in qualche modo vendicarsi sulle figlie sacre, spingendoli nel
bosco in quel modo?
Ma
allora, non avrebbe utilizzato un lupo, per trarli in una trappola, no?
Vagamente
preoccupata, Naell fissò la schiena curva di Luak con una muta speranza nel cuore
e, stringendo impercettibilmente le mani dei cugini, disse loro con un tono
che, sperò, potesse suonare allegro: «Scommetto che Eikhe si arrabbierà da
morire, quando scoprirà che siamo usciti per questa gita senza dirle nulla.»
Enyl
ridacchiò e annuì.
«Daremo
al colpa a Luak. Dopotutto, è lui che ci ha attirati nel bosco, no?»
«Vero»
asserì con convinzione Rannyl, guardandosi curiosamente intorno con i suoi
attenti occhi d’ambra.
«Vedremo
di rappezzarla in qualche modo» sospirò rassegnata Naell.
L’attimo
seguente, lanciò un gridolino spaventato quando, dinanzi a lei, a poco meno di
dieci passi di distanza atterrò, con un gran sfarfallio di penne, il possente
Wolan.
Anche
i gemelli si spaventarono, mollando immediatamente la presa dalle mani di Naell
per nascondersi dietro di lei, i piccoli corpi tremanti e i grandi occhi
sgranati.
Tutti
e tre fissarono sgomenti l’enorme corvo nero che, ritto sulle zampe possenti,
li stava osservando con estrema serietà.
Un
attimo dopo, dal fitto dei cespugli, una nuvola di brina cristallina si elevò
come bruma, precedendo l’arrivo di un possente lupo dal candido pelo.
Dopo
uno sguardo d’intesa con il corvo, si andò a mettere al suo fianco prima di
accomodarsi a terra ed esordire con voce stentorea: «Il mio più sincero benvenuto,
figli diletti e principessa di Rajana.»
Un
colpo in testa l’avrebbe stordita meno.
Le
ginocchia di Naell gemettero, cedendo di schianto e portandola a crollare a
terra insieme ai gemellini che, timorosi, si accoccolarono accanto a lei
stringendo convulsamente le manine attorno alla sua tunica di pelle.
«Grazie
per essere giunti qui.»
La
voce del corvo suonò bizzarra non meno di quella del lupo.
Era
metallica, con un accento esotico e scaturì da quel becco scuro strascicata,
quasi controvoglia, come se colui che stava parlando lo facesse a fatica.
Enyl
affondò subito il viso nel petto di Naell che, protettiva, strinse un braccio
attorno alle spalle tremanti della piccola prima di attirarsi vicino anche
Rannyl.
Per
una volta, quest’ultimo non si lamentò affatto di essere abbracciato stretto.
Luak,
che aveva reclinato ossequioso il muso fin da quando il dio-lupo Hevos era
apparso dinanzi a loro, disse mentalmente al suo signore: Ho fatto quanto
richiestomi. Ora posso avvertire la mia compagna e padrona?Non voglio che Eikhe
soffra più del necessario.
Hevos fissò benevolo il suo lupo
prima di annuire e dire: «Avverti la figlia sacra Liana, e conducila qui.
Desidero parlare anche con lei, prima che Eikhe giunga a prendere i suoi
gioielli inestimabili.»
Come
desideri. La instraderò da questa parte, e poi parlerò con Eikhe.
Detto ciò, Luak trotterellò via in
silenzio, disperdendosi oltre una coltre di cespugli nodosi.
Ancora basita di fronte a quelle due
presenze che nulla avevano di normale, Naell non smetteva di sbattere le ciglia,
come nella vaga speranza di risvegliarsi da un sogno.
O da un incubo.
«Non
avere paura, figlia di Rajana. Nessuno di noi intende farvi del male. Farvi
giungere qui era importante per noi, per diversi motivi. Primo tra tutti,
volevo sapere se ti saresti fidata a sufficienza di un lupo, pur non
comprendendone la lingua, tanto da spingerti a inoltrarti nel bosco, anche
senza conoscerne le leggi. Inoltre, ho apprezzato come tu abbia pensato a
tenere al riparo i due gemelli, che io e mio fratello amiamo in modo
particolare.»
Lo
sguardo di Naell, più che mai confuso, si spostò su Wolan e, lappandosi le
labbra secche come a trovare il coraggio di parlare, la ragazza mormorò: «Siete
il dio-corvo?»
«Sono
una sua emanazione. Contrariamente a Hevos, io non posso camminare su questo
mondo con le mie vere gambe, o porterei morte e distruzione ovunque. Sono, per
così dire, una compagnia pestilenziale.»
Nel
dirlo, il corvo rise con un gracchiare graffiante, che Naell trovò assurdamente
ridicolo, tanto da portarla a sorridere divertita.
Hevos
tossì a sua volta una risata prima di intervenire dicendo: «Volevamo inoltre
parlarti in privato, e difficilmente avremmo potuto farlo, visto quanto le
figlie sacre ti tengono d’occhio.»
Arrossendo,
Naell asserì: «Non vogliono che io mi faccia male.»
«Encomiabile,
da parte loro, ma credo del tutto superfluo. Sei molto più forte di quanto tu
non pensi, principessa. E presto lo scoprirai anche tu.»
Hevos
la fissò qualche altro secondo, prima di puntare lo sguardo sui due gemelli e
aggiungere: «E voi, creature meravigliose… abbiamo trepidato fin da quando
abbiamo scoperto che vostra madre portava in grembo un miracolo. Abbiamo
pregato perché non vi succedesse nulla, e Haaron ha vegliato su di voi perché
la morte non varcasse le soglie di casa vostra, opponendosi strenuamente alle
leggi stesse dell’Universo, perché entrambi poteste sopravvivere.»
Enyl e
Rannyl si scostarono timorosi da Naell, per lanciare occhiate dubbiose
all’indirizzo dei due animali mistici.
Con la
sua voce nasale, il corvo soggiunse: «Eravate troppo importanti per i vostri
genitori, per l’Universo tutto. Non potevo farvi entrare nel mio regno, anche
se qualcuno ha tentato di opporsi a
me.»
«Perché
sono importanti per l’Universo?» chiese allora Naell. «E chi può tentare di
contrastare un dio?»
Hevos
si accucciò a terra, e così fece Wolan, sistemandosi le ali sui fianchi prima di
infilare il becco tra le piume a cercare un fastidioso parassita.
«La
Nuova Via, creata dai genitori di Enyl e Rannyl, aveva bisogno di un nuovo
fulcro, ma non potevano essere Eikhe e Aken. Loro sono stati i promotori, ma
appartengono alla Vecchia Via, perciò non possono essere loro, il Faro della
Luce. Serviva qualcuno legato a loro ma, al tempo stesso, che non lo fosse.»
Naell
fissò Hevos con aria aggrottata, cercando di venire a capo di quel discorso fin
troppo complesso, per i suoi gusti.
Con una
risatina gracchiante, Wolan intervenne dicendo: «Come al solito, parli per
enigmi, Hevos. La ragazza non ha capito nulla di quel che hai detto.»
Hevos
brontolò a bassa voce con l’emanazione del fratello mentre la ragazza, sempre
più confusa, li fissò dibattere come due ragazzini.
«Siete
peggio di me e Staryn quando discutiamo!»
Hevos
e Wolan smisero immediatamente di borbottare e, a sorpresa, la brina che
galleggiava attorno al corpo candido del dio-lupo divenne dorata.
Wolan
sghignazzò con tono metallico e commentò: «E’ imbarazzato!»
Schiarendosi
la voce mentre la brina tornava bianca e traslucida, Hevos riprese la parola
dicendo: «Enyl e Rannyl rappresentano le due colonne portanti di un ponte. Così
ti è più chiaro, principessa?»
«Dovevano
per forza essere due, perché altrimenti non avrebbe potuto reggere, giusto?»
ipotizzò Naell, cercando di immaginarsi i gemelli nel ruolo di colonne. «Il
punto è; dove porta, questo ponte?»
«Questo
deve ancora essere scritto» asserì Hevos, con tono sibillino. «Posso però dirti
che tu rientri nei miei interessi.»
«Devo preoccuparmi?» ironizzò Naell,
rammentando più che bene ciò che era successo agli zii, “a causa” dell’interesse di
Hevos per loro.
Hevos
ridacchiò, limitandosi a dire: «Ho un dono per te, che sicuramente potrai
apprezzare più di tante altre tue coetanee.»
«E
cioè?» esalò Naell.
«Ylar
diverrà il tuo lupo. Potrai portarlo a Rajana con te assieme agli altri due
cuccioli di Symill, che diverranno i compagni dei tuoi fratelli. Questo è il
mio dono a voi, che vi siete dimostrati rispettosi nei confronti delle mie
figli, e avete permesso loro di ritrovare credibilità e rinomanza nel mondo
degli uomini.»
Naell
sobbalzò a quelle parole, eccitata all’idea di poter portare con sé Ylar a
Rajana, una volta conclusosi quel viaggio avventuroso in un mondo a lei
sconosciuto.
Amava
già alla follia quel lupacchiotto tenero e dolce, e sarebbe stato bellissimo
averlo sempre con sé, amarlo e vezzeggiarlo e non doverlo mai abbandonare.
Un
lento, piacevole sorriso si dipinse sul volto della ragazza mentre i due
gemelli, fissando Hevos con aria apertamente sconvolta, esalarono: «E Symill? E
Luak? Piangeranno!»
«Loro
sono d’accordo con me» replicò loro Hevos. «Amano la principessa, e sanno che
lei si prenderà cura dei loro cuccioli, a Rajana.»
A
Rannyl parve strano e, pur sapendo di dovere il massimo rispetto nei confronti
del dio-lupo, ribatté dubbioso: «Ma non sarebbe un po’ strano, per loro, vivere
fuori dalla foresta?»
Hevos
lo fissò con autentico rispetto, ma si limitò a dirgli: «Sarai davvero una
colonna portante di immenso valore.»
Enyl
sorrise al fratello, che arrossì copiosamente di fronte a quel complimento, e
disse allegra: «Ho un fratello davvero bravo, sì!»
Wolan
a quel punto rise e, rivoltosi alla bambina, celiò: «Tu diventerai
un’ammaliatrice cui nessuno saprà resistere, Enyl di Hyo-den. Le genti
penderanno dalle tue labbra, e la tua saggezza sarà preceduta solo dalla tua
avvenenza.»
Fu il
turno di Enyl di arrossire e, mentre Rannyl la prendeva bonariamente in giro
per tutti quei complimenti, Naell si concentrò su Hevos.
«Succederà
davvero? Quello che state dicendo.»
«Il
tempo ce lo dirà» gli rispose misterioso il dio-lupo, prima di udire dei passi
frettolosi giungere dal bosco. «La nostra ospite è infine giunta.»
Volgendosi
a mezzo, Naell sorrise nel vedere giungere di corsa Liana che, lancia alla mano
e sguardo omicida negli occhi, si bloccò a metà di un passo non appena si rese
conto di chi vi fosse nelle vicinanze dei ragazzi.
Basita,
la figlia sacra esalò: «Mio signore Hevos!»
Crollando
in ginocchi subito dopo, Liana reclinò compita il capo, mormorando: «Perdonate
se sono giunta con le armi levate, ma temevo che i gemelli e la principessa
fossero in pericolo.»
«Perdona
tu la nostra segretezza, figlia
sacra, ma dovevamo conferire con loro in separata sede.»
Levandosi
sulle zampe, Hevos le si avvicinò e, sfiorandone il viso con il muso freddo,
aggiunse: «Sei stata benedetta, figlia mia, e io sono lieto di vedere dentro di
te un frutto di immenso splendore. La Nuova Via avrà combattenti di valente
mano e potente anima. Me ne compiaccio.»
Liana
sobbalzò a quelle parole e, portandosi una mano sul ventre piatto, biascicò
confusa: «Aspetto… un figlio?»
«Di
nobile stirpe e di forza inusitata. Sì, figlia diletta. Dentro le tue carni
cresce una nuova vita, ed essa sarà preziosa per tutti voi, come lo sono le
vite dei gemelli che tanto noi abbiamo atteso e amato fin dal loro primo vagito
su questo mondo» mormorò Hevos, lanciando uno sguardo adorante ai due bambini.
Sentendosi
prossima alle lacrime, Liana sorrise al suo dio ed esalò: «Potrò… potrò dirlo
al mio compagno? Ad Antalion? Potrò?»
«Ne
siete i genitori, mia cara. Certo che potrai» asserì Hevos, guardando poi Naell
e i gemelli. «Ciò che voi avete udito, invece, a voi soli apparterrà. Non è
tempo per simili esternazioni. Ma dovevate sapere, perché siate pronti quando il Fato vi chiamerà a raccolta.»
Inaspettatamente,
i due gemelli si inginocchiarono di fronte al dio-lupo, asserendo con tono
inaspettatamente maturo: «Ciò che ci hai rivelato rimarrà dentro di noi, te lo
promettiamo.»
«Lo
prometto anch’io» assentì Naell, prima di chiedere: «Dovrò parlare di Ylar,
però.»
«Ciò
ti è consentito, principessa. E ora andate. Eikhe e Aken sono in ansia per voi,
così come il villaggio tutto. Procedete e sappiate che avete la benedizione mia
e di Haaron» terminò di dire il dio-lupo, prima di trotterellare via in una
nuvola di brina scintillante.
Liana
fissò l’enorme corvo, che era rimasto in silenzio fin dal suo arrivo, ed esalò:
«Wolan?»
Il
corvo si limitò a gracchiare prima di involarsi in direzione del cielo turchino
ed Enyl, osservandolo nel suo volteggiare in cerchi concentrici, commentò:
«Haaron è tornato a casa.»
Riscuotendosi,
Liana aiutò Naell a rialzarsi e, aspra, disse a tutti e tre: «Noi
dobbiamo tornare a casa. Il villaggio è impazzito, da quando abbiamo scoperto
che eravate spariti.»
Poi,
volgendo lo sguardo in direzione di Luak che, silenzioso, li aveva raggiunti,
aggiunse: «E tu… prima o poi, dovrai spiegarci perché siete ammattiti di colpo
tutti quanti! Fare sparire così i gemellini e Naell! Volevi vederci morti di
paura?»
Luak
incassò con un uggiolio pentito e Naell, in dovere di difenderlo, si avvicinò
al lupo per avvolgergli protettiva le spalle.
«Hevos
aveva ordinato a Luak di accompagnarci qui. E lui, di certo, non poteva
rifiutarsi, no?»
Accigliandosi,
Liana domandò a Luak: «I vostri ‘affari
del branco’, riguardavano Hevos?»
Luak
annuì, senza però spiegare null’altro e Liana, scocciata, sbuffò: «Dèi, quanti
misteri! Coraggio, in marcia. Si torna a casa!»
Mettendosi
al suo fianco, le mani strette in quelle dei gemelli, Naell sorrise a Liana e
mormorò: «Congratulazioni. Scommetto che Antalion sarà felicissimo.»
Liana
a quel punto arrossì copiosamente e, con un risolino, diede un buffetto sulla
guancia a Naell, replicando: «Sempre che non svenga prima per la notizia!»
Naell
sorrise, lieta per la novella e felice per entrambi ma, in cuor suo, si chiese
turbata perché, in futuro, avrebbero dovuto aver bisogno di colonne
portanti e di combattenti dalla forza immane.
Cosa
li attendeva? E perché il Fato li avrebbe chiamati a raccolta? E lei cosa aveva
a che fare con quel futuro incerto?