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Autore: Mary P_Stark    28/05/2012    2 recensioni
SECONDA PARTE DELLA SAGA DI OCCHI DI LUPO. Gli eventi si svolgono a sei anni di distanza dalle vicende narrate in "Occhi di Lupo". Il branco di lupi del villaggio di Hyo-den sembra preso da una strana frenesia e, mentre la principessa Naell giunge nel piccolo paesino tra le montagne, una antica presenza passeggia nei boschi osservando attento ciò che succede a Eikhe e la sua famiglia. Una breve storia per scrutare ancora una volta nelle vite Antalion, Liana e soci. (riferimenti alla storia presenti nel racconto precedente)
Genere: Avventura, Fantasy, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Occhi di Lupo Saga'
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5.

 

 

 

Il pelo morbido del lupo che teneva tra le braccia era fresco, quasi umido, e intorno a lui aleggiava una nebbia leggera, fatta di cristalli di diamante e di perle d’acqua purissima.

Tutt’intorno a lei, la foresta appariva fitta e spettrale, impenetrabile ai suoi occhi, eppure non ne aveva paura, pur sapendo di avere, come unica compagnia, quella del bianco lupo che stringeva a sé con affetto.

I rumori le giungevano attutiti, quasi il bosco li fagocitasse in sé, non permettendole di fatto di comprendere cosa succedesse tutt’intorno.

Anche di questo, però, lei non si curò.

Era al sicuro, protetta dall’aura benefica del lupo che le sedeva accanto.

Niente le sarebbe potuto capitare, finché fosse rimasta accanto a lui.

«Naell…»

Sbattendo fiaccamente le palpebre, la giovane si ritrovò a fissare, oltre il velo di sonnolenza che ancora la ricopriva, il viso sorridente di Eikhe.

China verso di lei, la stava svegliando per la colazione. O almeno così credeva.

Era stato dunque tutto un sogno?

Guardandosi intorno con aria vagamente accigliata e sì, delusa, Naell si stirò le braccia nello sbadigliare sonoramente e, sorridendo alla zia, le disse: «Sai, ho fatto un sogno davvero strano.»

«Cosa, piccola?» le sorrise a sua volta Eikhe, estraendo dalla cassapanca una delle camiciole della ragazza per poi porgergliela.

«Ho sognato di essere in una foresta fittissima, impenetrabile, assieme a un lupo bianco come il latte e tutto ricoperto di diamanti.»

Afferrata la camiciola, Naell si tolse la veste da notte per poi infilarsi l’indumento di cotone grigio scuro.

«Quello che mi ha colpita di più, però, era che non avevo paura. Anche se c’eravamo solo io e il lupo.»

Sollevato un sopracciglio con evidente sorpresa, Eikhe trattenne per un istante le brache della nipote tra le mani, quasi timorosa di parlare, prima di riprendere a stento a muoversi.

«E’ raro che una persona che non sia un figlio di Hevos per discendenza diretta, sia in grado di sognare il dio-lupo.»

Sgranando gli occhi per la sorpresa, Naell balzò in piedi dal letto ed esclamò: «Era Hevos

Eikhe annuì, chiedendole: «Ti ha parlato? Cos’avete fatto?»

«No, non ha detto nulla. Né abbiamo fatto alcunché» scosse il capo Naell. «Mi limitavo a stringerlo a me e carezzarlo.»

Sempre più sorpresa, Eikhe esalò: «Questa sì che sarebbe una novità.»

«In che senso?» volle sapere Naell, incuriosita dal suo dire.

Con un mezzo sorriso, Eikhe la aiutò con i capelli mentre Naell pensava ad allacciare le brache di cuoio sui fianchi.

Nel passare la spazzola di crine di cavallo nella lunga chioma bruna della nipote, le spiegò: «Che io sappia, nessuno ha mai sfiorato con un dito Hevos. E, da quel poco che so, siamo solo in due, in questo tempo, ad averlo visto. E cioè, io e tuo zio. E credimi, nessuno dei due si è arrischiato a toccarlo.»

«Chissà cosa vorrà dire, questo sogno?»si domandò curiosa Naell, sorridendo tra sé all’idea di aver sognato il dio-lupo.

Questa sì, che era una cosa da raccontare!

«Vedremo. Magari lo incontrerai davvero» le sorrise Eikhe, terminando di stringere la treccia. «Ecco fatto. Pronta per una nuova giornata di lavoro.»

«Evviva!» esclamò Naell, lanciando in aria un pugno.

Era soddisfatta di se stessa, e di ciò che era riuscita a fare in quei due mesi passati a Hyo-den.

Si era irrobustita, la sua pelle aveva preso una bella tonalità dorata e, man mano che i giorni erano passati, il lavoro con i cuccioli le era parso sempre più facile, più leggero.

La soddisfazione provata nel sentire decantare le sue doti di pazienza e gentilezza da Syanaill, si combinava con l’affetto sempre crescente che provava per il piccolo Ylar, uno dei cuccioli di Symill e Luak.

Passare del tempo assieme a lui e agli altri cuccioli, le aveva restituito la fiducia in se stessa.

Durante le prime settimane, aveva perso un po’ della sua autostima, trovandosi dinanzi a un mondo, per lei, così estraneo ma di cui, a tutti i costi, aveva voluto far parte.

Gli zii e i cugini, però, le erano stati vicini, in questo suo processo di crescita.

Nel recarsi al capanno dei lupi assieme a Eikhe e i gemelli – che, da quel giorno, ne avrebbero imparato i rudimenti dell’allevamento – il suo sorriso era radioso.

Zio Aken e Antalion, impegnati nel terminare la casa di quest’ultimo, le avevano augurato buona giornata, prima di scappare fuori dalla cucina con gli attrezzi da falegname e la sporta per il pranzo.

Era difficile credere che lo zio, fino a pochi anni prima, fosse stato impegnato a decifrare scartoffie su scartoffie, piegato dietro la sua scrivania di legno di pino.

Ora, vestito di pelli e con le mani ricoperte di calli per il duro lavoro manuale che soleva fare ogni giorno, sembrava un qualunque abitante delle montagne, non certo un principe di un’antica casata nobiliare.

Eppure, a lui stava bene così e, anzi, era ringiovanito, stando all’aria aperta e assieme alle persone con cui aveva scelto di vivere.

Lei, invece, cosa voleva?

Forse, era davvero troppo giovane per pensarci, ma non le sembrava di avere le idee molto chiare.

La vita al villaggio le piaceva da impazzire.

Non dover indossare le crinoline, o i lunghi abiti di seta e velluto, le scarpine con il tacco – tanto strette in punta! – o acconciarsi i capelli in maniera impossibile, era un sollievo.

Eppure, certe cose le mancavano.

Forse, non era né carne né pesce.

Enyl le sorrise nello stringerle fiduciosa la mano e, con la sua vocina trillante, le disse: «Di solito, sono i grandi che hanno le rughe in fronte.»

«Grazie, tesoro mio» la rimbrottò bonariamente Eikhe, volgendosi a mezzo per guardare nipote e figlia mentre Rannyl, quieto, le camminava al fianco con passo spedito.

Enyl fece un sorrisone furbo alla madre, replicando: «Tu sei bellissima e giovanissima, mamma.»

La madre rise del suo dire, prima di chiedere a Naell: «Tutto bene, tesoro? O hai dei pensieri profondi che ti turbano?»

Con una scrollata di spalle, la nipote mormorò pensosa: «Non proprio. Pensavo che sono incontentabile.»

Un risolino scaturì dalle labbra piegate in un sorriso di Eikhe che, bonariamente, chiosò: «E chi non lo è? A nostro modo, tutti vorremmo il meglio di ogni cosa ma, ben difficilmente, si può ottenere. Credo che neppure gli dèi possano ottenere tutto ciò che vogliono perché, inevitabilmente, devono passare attraverso il filtro del libero arbitrio che ci hanno concesso. Possono consigliarci, instradarci ma non possono obbligarci. E’ un cavillo che, secondo me, si sono pentiti millenni fa di averci donato ma, ormai, non posso guastare ciò che hanno fatto.»

«E’ ironico pensare che gli dèi, pur con tutto il loro potere, devono attenersi a ciò che facciamo noi» constatò Naell, ammiccando divertita. «Ma anche il dio Haaron deve sottostare al libero arbitrio?»

«Sì, se ci pensi bene. Non può obbligare una persona a morire… può solo attendere. E pazientare.»

Il gracchiare di un corvo in lontananza portò Naell a bloccarsi a metà di un passo per cercarne il volo nel cielo ma, nulla vedendo, storse il naso e chiese: «Dove diavolo è?»

Eikhe le sfiorò la spalla con una mano e, indicandogli la casa di Istrea, in fondo alla via principale del villaggio, le spiegò: «Vedi lassù, accanto alla finestra del solaio?»

«Sì» annuì la principessa, intravedendo un trespolo attaccato alla parete della casa.

«Lassù vive Wolan, il corvo di Hyo-den. Quello che hai sentito prima, era lui» la informò la zia, notando la sorpresa dipingersi sul suo volto di bambina.

Sbattendo freneticamente le palpebre chiare, Naell esalò: «E che ci fa un corvo nel villaggio? Non sapevo si potessero addomesticare.»

«Infatti non è addomesticato. Nessuna creatura di Haaron può essere addomesticata. Non sono animali da compagnia come possono essere i lupi. I lupi furono i compagni di Hyo quando ella abbandonò il regno dell’immortalità per tornare tra gli umani. Hevos volle così, per lei. Ma Haaron non ha mai desiderato che i suoi animali facessero amicizia con l’uomo. Dovevano solo essere i suoi occhi e le sue orecchie sul mondo, null’altro.»

Proseguendo verso lo stallaggio dei lupi, la figlia sacra aggiunse: «Lui non ama mettere piede nel mondo dei mortali, perciò si affida ad avvoltoi e corvi, per avere sempre sotto controllo la situazione.»

In quel mentre, un bellissimo corvo dalle ali lucide e nere sbucò dalla finestra lasciata aperta per lui.

Con le zampe arancioni artigliate e il becco leggermente adunco, nero come il resto del corpo, l’uccello caracollò sul trespolo di legno prima di aprire le grandi ali e spiccare il volo in direzione del bosco.

In quel mentre, l’ululato di un lupo si levò fiero, come in risposta alla sua presenza nel villaggio.

Naell ne seguì il volo fino a perderlo oltre la linea dell’abetaia mentre Eikhe, lievemente turbata, mormorò: «Sarà anche una coincidenza, ma…»

«Ti è parso strano che si sia involato proprio mentre il lupo ululava, vero?» terminò per lei Naell, fissando la zia con occhi vagamente impensieriti.

Scuotendo il capo, Eikhe tornò a sorridere, come a voler tranquillizzare la nipote e se stessa.

«Lasciamo stare. Ti stavo spiegando del corvo. Devi sapere che sono loro, a scegliere dove stare, o con chi stare. Istrea, semplicemente, una mattina se l’è ritrovato davanti a casa, intento a beccare contro la porta d’entrata come se stesse bussando per entrare e, da quel giorno, non se n’è più andato.»

«Curioso. Io pensavo che i corvi portassero sfortuna» esalò Naell, sempre più curiosa.

«Non proprio. Sono i messaggeri di Haaron, certo, ma non sono entità negative. Servono al ciclo della vita esattamente come ogni altra creatura. Inoltre, Wolan ha una personalità piuttosto marcata. Ed è simpatico.»

«Come fa, un corvo, a essere simpatico?» ironizzò la nipote, decisamente scettica.

«Lo scoprirai se vorrà onorarti della sua presenza.»

Eikhe ridacchiò, nel dirlo.

«Ricordo che, il giorno dopo la nascita dei gemelli, lui si è messo sul davanzale della finestra della camera, e li ha guardati per tutta la giornata mentre dormivano nella culla. E guai a svegliarli! Si infuriava come un matto! Sembrava proteggerli.»

Naell la fissò come se avesse avuto le corna e la coda ed Eikhe, scoppiando a ridere, esalò: «Ti giuro, è vero!»

«Non ho parole» scosse esasperata il capo Naell. «Solo a voi, succedono queste cose.»

«Forse, era semplicemente curioso perché, di solito, non nascono mai dei gemelli, tra le figlie sacre» le confidò Eikhe, sorprendendola ulteriormente.

«E perché?»

«Sono solo ipotesi, ma pensiamo abbia a che fare con il Marchio di Hevos. Vedi, se il bambino è da solo, riceve il dono per intero dalla madre, ma in caso di un parto gemellare… pensiamo possa dividersi tra i due nascituri, il che li renderebbe più deboli.»

Con uno sguardo a metà tra il preoccupato e l’ansioso, Eikhe fissò i suoi due figli che, imperturbabili, stavano camminando l’uno affianco all’altra senza badare ai loro discorsi.

Almeno in apparenza.

«Visto che il Marchio di Hevos serve soprattutto a scopo difensivo, abbiamo ipotizzato che non siano mai nati gemelli per non togliere difese ai nuovi nati, ma non ne avremo la certezza finché Enyl e Rannyl non saranno abbastanza grandi per sviluppare la freoha

«Quindi, i loro occhi ambrati non vi danno la sicurezza che, un giorno, potranno sviluppare i poteri dei discendenti di Hevos» mormorò Naell.

«No. Stiamo navigando a vista, per così dire» ammise Eikhe, prima di afferrare Enyl, prenderla in braccio e stamparle un bacione sulla guancia e rimetterla a terra. «Ma io sono sicurissima che tutti e due saranno dei potentissimi figli sacri.»

Rannyl ridacchiò nel vedere Enyl sorridere tutta contenta ma, quando vide la madre avvicinarsi per fare altrettanto, svicolò abilmente e disse: «Eh, no, mamma! Non in mezzo al villaggio!»

Eikhe si mise a ridere, scusandosi e replicando: «Chiedo scusa, Rannyl. Hai ragione. Sei troppo grande perché io ti baci in pubblico.»

«Esatto» annuì il bambino, prendendo per mano la sorella prima di dire alla madre: «Corriamo fino al capanno, va bene?»

«Fate pure» concesse loro Eikhe, guardandoli mentre, con movimenti sincroni, iniziavano a correre in direzione del capanno dei lupi.

«Sembrano così perfetti…» sussurrò poi la donna, lasciando scivolare fuori dalla bocca un sospiro tremulo.

«Li sono» ci tenne a precisare Naell, stringendole una mano con affetto.

La donna le sorrise calorosamente, accostandola a sé per un rapido abbraccio, prima di proporle a sua volta una corsa.

Naell accettò di buon grado e, assieme alla zia, divorò la distanza che le separava dal capanno in pochi secondi.

***

Impegnata a ripulire il pelo di uno dei cuccioli con una spazzola di crine di cavallo, Naell sollevò il viso quando percepì accanto a sé la presenza di qualcuno.

Sorridendo spontaneamente nel vedere Luak, gli disse: «Ciao. Cerchi Symill?»

Lui scosse il muso, dandole un colpetto alla spalla con il naso prima di indicarle di seguirlo.

Piuttosto confusa, Naell poggiò il cucciolo a terra perché tornasse dai suoi compagni e, dopo aver riposto la spazzola nel secchio che soleva usare nella stalla, lo seguì.

Vagamente incuriosita, poi, gli domandò: «Dove stiamo andando?»

Ovviamente il lupo non le rispose, ben sapendo che qualsiasi cosa lui avesse detto, Naell non avrebbe potuto comprenderla.

Inoltre, non c’era molto da dire, in quel momento.

Era già complicato fare quanto gli era stato ordinato, senza sentirsi tremendamente in colpa nei confronti di Eikhe e Aken.

Usciti che furono dal capanno, Luak e Naell si ritrovarono nel cortile sul retro, dove si trovavano anche Enyl e Rannyl, impegnati a giocare con il fieno fresco.

Vedendoli comparire, si bloccarono immediatamente e dissero quasi in coro: «Ha chiamato anche te?»

Sempre più confusa, Naell calò lo sguardo a fissare il bel lupo di Eikhe, chiedendosi cosa gli stesse passando per la testa.

Nel prendere per mano i cuginetti, chiese loro: «Vi ha condotti qui lui?»

«Sì. Siamo sgattaiolati fuori senza farci vedere da Syanaill che, sicuramente, ci avrebbe rispediti indietro senza tante chiacchiere.»

Rannyl si guardò intorno circospetto subito dopo aver spiegato alla cugina cos’era successo, come se si aspettasse di veder comparire qualcuno da un momento all’altro.

«Allora, Luak, che succede?» domandò a quel punto Naell, puntando le mani sui fianchi e guardando inquisitoria il lupo.

Lui si limitò ad afferrare coi denti la tunica della ragazza, prima di trascinarla con sé e guardarla con aria di preghiera, quasi la stesse supplicando di seguirlo.

Naell, a quel punto, lo accarezzò sul capo e gli chiese: «Dobbiamo venire con te? Tutti e tre?»

Il lupo annuì, mollando la presa ed Enyl, tutta eccitata, ballonzolò attorno a loro canticchiando: «Andiamo in missione segreta! Andiamo in missione segreta!»

«Temo di sì, altrimenti Luak non ci avrebbe trascinati fuori a questo modo» brontolò Naell. «Non possiamo neppure lasciare un messaggio per Eikhe e Aken? Andranno fuori di testa, non trovandoci.»

Luak scosse mestamente il muso e Naell, con un gran sospiro, si passò le mani in testa con aria esasperata, sbuffando: «Mi ammazzeranno, già lo so.»

Poi, guardati i cugini, chiosò: «E sia…si va in missione.»

Enyl e Rannyl afferrarono subito le mani protese della cugina e, seguendo Luak fuori dal recinto, si immersero nella vicina abetaia senza che nessuno, al villaggio, si accorgesse della loro sparizione.

Naell, però, era più che certa che, nel giro di mezz’ora, Hyo-den sarebbe esploso. E che Eikhe e Aken avrebbero dato di matto.

***

«Come sarebbe a dire che sono spariti?» esclamò Eikhe, gli occhi fuori dalle orbite mentre Syanaill, chiaramente dispiaciuta, la tratteneva per un braccio.

Come da accordi, Eikhe era tornata per l’ora di pranzo per recuperare i figli al capanno dei lupi, prima di condurli alla casa di Istrea per la loro prima lezione di matematica e astronomia.

Quando, però, era entrata nella stalla, aveva trovato le sue sorelle sparpagliate ogni dove e con l’aria di chi si trovasse nel peggiore guaio della propria vita.

Bloccata Syanaill, le aveva chiesto cosa stesse succedendo.

Non appena era venuta a conoscenza della verità, Eikhe era sbiancata, minacciando di svenire, prima di esplodere in un’accorata quando sorprendente imprecazione.

L’attimo dopo, aveva espresso tutta una serie di domande a raffica, cui la compagna non aveva saputo rispondere.

Ora, mentre le altre figlie sacre erano impegnate nella ricerca di qualche indizio in giro per il recinto, Syanaill scrollò leggermente Eikhe, ancora preda di un forte stato di shock.

«Non possono essere andati lontani, Eikhe. Inoltre, manca anche Naell, quindi possiamo dare quasi per scontato che siano insieme.»

Sarcastica, Eikhe replicò: «Non è che questo mi dia coraggio. Naell è una brava ragazza, ma non è cresciuta al limitare di un bosco.»

Syanaill annuì torva, mormorando: «Non capisco davvero cosa sia preso a tutti loro. Avrebbero anche potuto lasciarmi un messaggio, o qualcosa del genere.»

Accigliandosi leggermente, Eikhe le domandò: «Hai notato se c’è stato uno strano movimento di lupi, intorno al capanno?»

«Perché?»

«Sono già parecchie settimane che i lupi si comportano in maniera insensata. Non vorrei che ci fossero di mezzo loro, dietro a questa strana scomparsa» borbottò Eikhe, poggiando le mani sui fianchi e guardandosi intorno con aria inquisitoria.

Le era parso strano fin dall’inizio che i lupi fossero così misteriosi con loro quando, mai prima di allora, v’erano stati segreti tra le figlie sacre e i loro compagni animali.

Ora, invece, tutto si svolgeva alle loro spalle, senza che nessuno di loro sapesse cosa stessero combinando.

Non era normale. Per niente.

«Pensi che qualcuno abbia detto loro di portare via i ragazzi?» ipotizzò Syanaill, aggrottando la fronte.

«Non sarebbe la prima volta che la mia vita viene sconvolta da quel qualcuno in particolare. Quello che mi chiedo è il perché di così tanta segretezza. Inoltre, cosa c’entrano i miei figli e Naell?»

Sospirando esasperata, Eikhe fissò l’amica e aggiunse: «Vado a dirlo ad Aken e Antalion. Tu vedi di trovare Liana e avvertila. Ci serviranno un po’ di sorelle, per dare il via alle ricerche nel bosco.»

Annuendo, Syanaill sbraitò all’indirizzo di  una delle ragazze più giovani presenti nel capanno e la inviò di volata a cercare Liana dopodiché, fissando dubbiosa una delle lupe, commentò: «Pensi che il suo umore sia collegato alla sparizione dei ragazzi?»

Seguendo lo sguardo della donna, Eikhe sollevò lesta un sopracciglio con evidente sorpresa e, confusa, esalò: «Che diamine prende a Symill?»

«Che diamine prende a tutti, oserei dire» le replicò Syanaill, ringhiando un’imprecazione tra i denti.

«Vado. Se resto ferma ancora un po’, rischio di esplodere.»

Detto ciò, diede una pacca sulla spalla a Syanaill e corse fuori dal capanno per dirigersi a grandi passi verso la casa del figlio maggiore.

La mente le ribolliva in cerca di idee, così come delle parole giuste da dire ai suoi due uomini che, di sicuro, si sarebbero accesi come falò, non appena avesse detto loro di Naell e dei gemelli.

***

Le mani allacciate a quelle dei gemelli, Naell si stava guardando intorno circospetta, su di sé gli sguardi dei corvi che, appollaiati sui rami degli abeti, li fissavano con attenzione fin da quando avevano messo piede nel bosco.

Ormai, si erano allontanati da Hyo-Den da più di un’ora.

Man mano che si erano inoltrati nell’abetaia, la foresta si era fatta più fitta, i cespugli più alti e il terreno più accidentato.

Più di una volta era stata costretta ad aiutare Enyl o Rannyl ad attraversare un ruscello, piuttosto che a scavalcare qualche roccia sporgente.

Il tutto, sotto lo sguardo attento di Luak che, neppure una volta, li aveva persi di vista.

A momenti alterni, si era voltato per controllare che tenessero il suo passo, dopodiché aveva ripreso la marcia tenendo il muso verso terra, quasi stesse cercando una pista olfattiva in particolare.

I corvi, nel frattempo, si erano spostati con loro, involandosi da un albero all’altro con un gran sbattere di ali e un gracchiare inquietante a far loro da accompagnamento musicale.

Naell, che aveva studiato con curiosità Wolan, il corvo del villaggio di Hyo-den, cominciò a chiedersi se avesse ricevuto ordini da parte del suo onorato, quanto poco conosciuto signore, Haaron.

Di lui si parlava poco, al villaggio, e si conosceva ancora meno.

Per quel che ne sapeva lei, non esisteva neppure un culto del dio-corvo, pur se la cosa le sembrava per lo meno strana.

Dopotutto, loro seguivano e onoravano i culti della dea della Vita quanto del dio

della Morte, quindi perché questo non avrebbe dovuto replicarsi anche per Haaron? Eppure, non le era sembrato che vi fossero cappelle a lui dedicate, nel paese.

Forse, Haaron voleva in qualche modo vendicarsi sulle figlie sacre, spingendoli nel bosco in quel modo?

Ma allora, non avrebbe utilizzato un lupo, per trarli in una trappola, no?

Vagamente preoccupata, Naell fissò la schiena curva di Luak con una muta speranza nel cuore e, stringendo impercettibilmente le mani dei cugini, disse loro con un tono che, sperò, potesse suonare allegro: «Scommetto che Eikhe si arrabbierà da morire, quando scoprirà che siamo usciti per questa gita senza dirle nulla.»

Enyl ridacchiò e annuì.

«Daremo al colpa a Luak. Dopotutto, è lui che ci ha attirati nel bosco, no?»

«Vero» asserì con convinzione Rannyl, guardandosi curiosamente intorno con i suoi attenti occhi d’ambra.

«Vedremo di rappezzarla in qualche modo» sospirò rassegnata Naell.

L’attimo seguente, lanciò un gridolino spaventato quando, dinanzi a lei, a poco meno di dieci passi di distanza atterrò, con un gran sfarfallio di penne, il possente Wolan.

Anche i gemelli si spaventarono, mollando immediatamente la presa dalle mani di Naell per nascondersi dietro di lei, i piccoli corpi tremanti e i grandi occhi sgranati.

Tutti e tre fissarono sgomenti l’enorme corvo nero che, ritto sulle zampe possenti, li stava osservando con estrema serietà.

Un attimo dopo, dal fitto dei cespugli, una nuvola di brina cristallina si elevò come bruma, precedendo l’arrivo di un possente lupo dal candido pelo.

Dopo uno sguardo d’intesa con il corvo, si andò a mettere al suo fianco prima di accomodarsi a terra ed esordire con voce stentorea: «Il mio più sincero benvenuto, figli diletti e principessa di Rajana.»

Un colpo in testa l’avrebbe stordita meno.

Le ginocchia di Naell gemettero, cedendo di schianto e portandola a crollare a terra insieme ai gemellini che, timorosi, si accoccolarono accanto a lei stringendo convulsamente le manine attorno alla sua tunica di pelle.

«Grazie per essere giunti qui.»

La voce del corvo suonò bizzarra non meno di quella del lupo.

Era metallica, con un accento esotico e scaturì da quel becco scuro strascicata, quasi controvoglia, come se colui che stava parlando lo facesse a fatica.

Enyl affondò subito il viso nel petto di Naell che, protettiva, strinse un braccio attorno alle spalle tremanti della piccola prima di attirarsi vicino anche Rannyl.

Per una volta, quest’ultimo non si lamentò affatto di essere abbracciato stretto.

Luak, che aveva reclinato ossequioso il muso fin da quando il dio-lupo Hevos era apparso dinanzi a loro, disse mentalmente al suo signore: Ho fatto quanto richiestomi. Ora posso avvertire la mia compagna e padrona?Non voglio che Eikhe soffra più del necessario.

Hevos fissò benevolo il suo lupo prima di annuire e dire: «Avverti la figlia sacra Liana, e conducila qui. Desidero parlare anche con lei, prima che Eikhe giunga a prendere i suoi gioielli inestimabili.»

Come desideri. La instraderò da questa parte, e poi parlerò con Eikhe.

Detto ciò, Luak trotterellò via in silenzio, disperdendosi oltre una coltre di cespugli nodosi.

Ancora basita di fronte a quelle due presenze che nulla avevano di normale, Naell non smetteva di sbattere le ciglia, come nella vaga speranza di risvegliarsi da un sogno.

O da un incubo.

«Non avere paura, figlia di Rajana. Nessuno di noi intende farvi del male. Farvi giungere qui era importante per noi, per diversi motivi. Primo tra tutti, volevo sapere se ti saresti fidata a sufficienza di un lupo, pur non comprendendone la lingua, tanto da spingerti a inoltrarti nel bosco, anche senza conoscerne le leggi. Inoltre, ho apprezzato come tu abbia pensato a tenere al riparo i due gemelli, che io e mio fratello amiamo in modo particolare.»

Lo sguardo di Naell, più che mai confuso, si spostò su Wolan e, lappandosi le labbra secche come a trovare il coraggio di parlare, la ragazza mormorò: «Siete il dio-corvo?»

«Sono una sua emanazione. Contrariamente a Hevos, io non posso camminare su questo mondo con le mie vere gambe, o porterei morte e distruzione ovunque. Sono, per così dire, una compagnia pestilenziale

Nel dirlo, il corvo rise con un gracchiare graffiante, che Naell trovò assurdamente ridicolo, tanto da portarla a sorridere divertita.

Hevos tossì a sua volta una risata prima di intervenire dicendo: «Volevamo inoltre parlarti in privato, e difficilmente avremmo potuto farlo, visto quanto le figlie sacre ti tengono d’occhio.»

Arrossendo, Naell asserì: «Non vogliono che io mi faccia male.»

«Encomiabile, da parte loro, ma credo del tutto superfluo. Sei molto più forte di quanto tu non pensi, principessa. E presto lo scoprirai anche tu.»

Hevos la fissò qualche altro secondo, prima di puntare lo sguardo sui due gemelli e aggiungere: «E voi, creature meravigliose… abbiamo trepidato fin da quando abbiamo scoperto che vostra madre portava in grembo un miracolo. Abbiamo pregato perché non vi succedesse nulla, e Haaron ha vegliato su di voi perché la morte non varcasse le soglie di casa vostra, opponendosi strenuamente alle leggi stesse dell’Universo, perché entrambi poteste sopravvivere.»

Enyl e Rannyl si scostarono timorosi da Naell, per lanciare occhiate dubbiose all’indirizzo dei due animali mistici.

Con la sua voce nasale, il corvo soggiunse: «Eravate troppo importanti per i vostri genitori, per l’Universo tutto. Non potevo farvi entrare nel mio regno, anche se qualcuno ha tentato di opporsi a me.»

«Perché sono importanti per l’Universo?» chiese allora Naell. «E chi può tentare di contrastare un dio?»

Hevos si accucciò a terra, e così fece Wolan, sistemandosi le ali sui fianchi prima di infilare il becco tra le piume a cercare un fastidioso parassita.

«La Nuova Via, creata dai genitori di Enyl e Rannyl, aveva bisogno di un nuovo fulcro, ma non potevano essere Eikhe e Aken. Loro sono stati i promotori, ma appartengono alla Vecchia Via, perciò non possono essere loro, il Faro della Luce. Serviva qualcuno legato a loro ma, al tempo stesso, che non lo fosse.»

Naell fissò Hevos con aria aggrottata, cercando di venire a capo di quel discorso fin troppo complesso, per i suoi gusti.

Con una risatina gracchiante, Wolan intervenne dicendo: «Come al solito, parli per enigmi, Hevos. La ragazza non ha capito nulla di quel che hai detto.»

Hevos brontolò a bassa voce con l’emanazione del fratello mentre la ragazza, sempre più confusa, li fissò dibattere come due ragazzini.

«Siete peggio di me e Staryn quando discutiamo!»

Hevos e Wolan smisero immediatamente di borbottare e, a sorpresa, la brina che galleggiava attorno al corpo candido del dio-lupo divenne dorata.

Wolan sghignazzò con tono metallico e commentò: «E’ imbarazzato!»

Schiarendosi la voce mentre la brina tornava bianca e traslucida, Hevos riprese la parola dicendo: «Enyl e Rannyl rappresentano le due colonne portanti di un ponte. Così ti è più chiaro, principessa?»

«Dovevano per forza essere due, perché altrimenti non avrebbe potuto reggere, giusto?» ipotizzò Naell, cercando di immaginarsi i gemelli nel ruolo di colonne. «Il punto è; dove porta, questo ponte?»

«Questo deve ancora essere scritto» asserì Hevos, con tono sibillino. «Posso però dirti che tu rientri nei miei interessi.»

«Devo preoccuparmi?» ironizzò Naell, rammentando più che bene ciò che era successo agli zii,  “a causa” dell’interesse di Hevos per loro.

Hevos ridacchiò, limitandosi a dire: «Ho un dono per te, che sicuramente potrai apprezzare più di tante altre tue coetanee.»

«E cioè?» esalò Naell.

«Ylar diverrà il tuo lupo. Potrai portarlo a Rajana con te assieme agli altri due cuccioli di Symill, che diverranno i compagni dei tuoi fratelli. Questo è il mio dono a voi, che vi siete dimostrati rispettosi nei confronti delle mie figli, e avete permesso loro di ritrovare credibilità e rinomanza nel mondo degli uomini.»

Naell sobbalzò a quelle parole, eccitata all’idea di poter portare con sé Ylar a Rajana, una volta conclusosi quel viaggio avventuroso in un mondo a lei sconosciuto.

Amava già alla follia quel lupacchiotto tenero e dolce, e sarebbe stato bellissimo averlo sempre con sé, amarlo e vezzeggiarlo e non doverlo mai abbandonare.

Un lento, piacevole sorriso si dipinse sul volto della ragazza mentre i due gemelli, fissando Hevos con aria apertamente sconvolta, esalarono: «E Symill? E Luak? Piangeranno!»

«Loro sono d’accordo con me» replicò loro Hevos. «Amano la principessa, e sanno che lei si prenderà cura dei loro cuccioli, a Rajana.»

A Rannyl parve strano e, pur sapendo di dovere il massimo rispetto nei confronti del dio-lupo, ribatté dubbioso: «Ma non sarebbe un po’ strano, per loro, vivere fuori dalla foresta?»

Hevos lo fissò con autentico rispetto, ma si limitò a dirgli: «Sarai davvero una colonna portante di immenso valore.»

Enyl sorrise al fratello, che arrossì copiosamente di fronte a quel complimento, e disse allegra: «Ho un fratello davvero bravo, sì!»

Wolan a quel punto rise e, rivoltosi alla bambina, celiò: «Tu diventerai un’ammaliatrice cui nessuno saprà resistere, Enyl di Hyo-den. Le genti penderanno dalle tue labbra, e la tua saggezza sarà preceduta solo dalla tua avvenenza.»

Fu il turno di Enyl di arrossire e, mentre Rannyl la prendeva bonariamente in giro per tutti quei complimenti, Naell si concentrò su Hevos.

«Succederà davvero? Quello che state dicendo.»

«Il tempo ce lo dirà» gli rispose misterioso il dio-lupo, prima di udire dei passi frettolosi giungere dal bosco. «La nostra ospite è infine giunta.»

Volgendosi a mezzo, Naell sorrise nel vedere giungere di corsa Liana che, lancia alla mano e sguardo omicida negli occhi, si bloccò a metà di un passo non appena si rese conto di chi vi fosse nelle vicinanze dei ragazzi.

Basita, la figlia sacra esalò: «Mio signore Hevos!»

Crollando in ginocchi subito dopo, Liana reclinò compita il capo, mormorando: «Perdonate se sono giunta con le armi levate, ma temevo che i gemelli e la principessa fossero in pericolo.»

«Perdona tu la nostra segretezza, figlia sacra, ma dovevamo conferire con loro in separata sede.»

Levandosi sulle zampe, Hevos le si avvicinò e, sfiorandone il viso con il muso freddo, aggiunse: «Sei stata benedetta, figlia mia, e io sono lieto di vedere dentro di te un frutto di immenso splendore. La Nuova Via avrà combattenti di valente mano e potente anima. Me ne compiaccio.»

Liana sobbalzò a quelle parole e, portandosi una mano sul ventre piatto, biascicò confusa: «Aspetto… un figlio?»

«Di nobile stirpe e di forza inusitata. Sì, figlia diletta. Dentro le tue carni cresce una nuova vita, ed essa sarà preziosa per tutti voi, come lo sono le vite dei gemelli che tanto noi abbiamo atteso e amato fin dal loro primo vagito su questo mondo» mormorò Hevos, lanciando uno sguardo adorante ai due bambini.

Sentendosi prossima alle lacrime, Liana sorrise al suo dio ed esalò: «Potrò… potrò dirlo al mio compagno? Ad Antalion? Potrò?»

«Ne siete i genitori, mia cara. Certo che potrai» asserì Hevos, guardando poi Naell e i gemelli. «Ciò che voi avete udito, invece, a voi soli apparterrà. Non è tempo per simili esternazioni. Ma dovevate sapere, perché siate pronti quando il Fato vi chiamerà a raccolta.»

Inaspettatamente, i due gemelli si inginocchiarono di fronte al dio-lupo, asserendo con tono inaspettatamente maturo: «Ciò che ci hai rivelato rimarrà dentro di noi, te lo promettiamo.»

«Lo prometto anch’io» assentì Naell, prima di chiedere: «Dovrò parlare di Ylar, però.»

«Ciò ti è consentito, principessa. E ora andate. Eikhe e Aken sono in ansia per voi, così come il villaggio tutto. Procedete e sappiate che avete la benedizione mia e di Haaron» terminò di dire il dio-lupo, prima di trotterellare via in una nuvola di brina scintillante.

Liana fissò l’enorme corvo, che era rimasto in silenzio fin dal suo arrivo, ed esalò: «Wolan?»

Il corvo si limitò a gracchiare prima di involarsi in direzione del cielo turchino ed Enyl, osservandolo nel suo volteggiare in cerchi concentrici, commentò: «Haaron è tornato a casa.»

Riscuotendosi, Liana aiutò Naell a rialzarsi e, aspra, disse a tutti e tre: «Noi dobbiamo tornare a casa. Il villaggio è impazzito, da quando abbiamo scoperto che eravate spariti.»

Poi, volgendo lo sguardo in direzione di Luak che, silenzioso, li aveva raggiunti, aggiunse: «E tu… prima o poi, dovrai spiegarci perché siete ammattiti di colpo tutti quanti! Fare sparire così i gemellini e Naell! Volevi vederci morti di paura?»

Luak incassò con un uggiolio pentito e Naell, in dovere di difenderlo, si avvicinò al lupo per avvolgergli protettiva le spalle.

«Hevos aveva ordinato a Luak di accompagnarci qui. E lui, di certo, non poteva rifiutarsi, no?»

Accigliandosi, Liana domandò a Luak: «I vostri ‘affari del branco’, riguardavano Hevos?»

Luak annuì, senza però spiegare null’altro e Liana, scocciata, sbuffò: «Dèi, quanti misteri! Coraggio, in marcia. Si torna a casa!»

Mettendosi al suo fianco, le mani strette in quelle dei gemelli, Naell sorrise a Liana e mormorò: «Congratulazioni. Scommetto che Antalion sarà felicissimo.»

Liana a quel punto arrossì copiosamente e, con un risolino, diede un buffetto sulla guancia a Naell, replicando: «Sempre che non svenga prima per la notizia!»

Naell sorrise, lieta per la novella e felice per entrambi ma, in cuor suo, si chiese turbata perché, in futuro, avrebbero dovuto aver bisogno di colonne portanti e di combattenti dalla forza immane.

Cosa li attendeva? E perché il Fato li avrebbe chiamati a raccolta? E lei cosa aveva a che fare con quel futuro incerto?



  
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