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Autore: Writer96    29/05/2012    8 recensioni
Lui era il ragazzo incredibile, quello bello e dolce e divertente che faceva impazzire le ragazze e che si faceva adorare dagli amici.
Io era una ragazza più o meno come tutte, fatta eccezione per la mia smodata passione per i libri e la capacità di risultare goffa e incredibilmente timida in qualunque situazione.
E puntualmente mi ritrovavo ad ascoltarlo ogni volta che ne combinava qualcuna delle sue.
-Hayley Core, ragazza londinese. Migliore amica di Liam Payne.
O qualcosa di più?
Dal quarto capitolo
Non avrei mai avuto le forze o il coraggio di allontanarmi da Liam solo per smentire delle voci di corridoio.
Avrei sofferto come un cane e probabilmente quelle sarebbero solo aumentate.
Avrei continuato a fare tutto normalmente.
Come se non avessi saputo niente.
Come se avessi avuto le idee chiare in testa.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Liam Payne, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '10 Things I didn't give to you'
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"I keep playing inside my mind all that you said to me"
I Should Have Kissed You, One Direction





Fu quando Liam ed Harry andarono via che capii definitivamente cosa ci fosse stato di sbagliato.
Il modo in cui, per tutto il tempo, il mio naso avesse continuato a bruciare al ricordo delle labbra del mio migliore amico.

E quando Julie mi parlò, poco prima di iniziare a lavarsi i denti, con un’espressione decisamente seria, capii che l’aveva capito anche lei.
-Liam ha portato via la foto di voi due da piccoli...- disse.

Ma io sapevo che quello che lei voleva realmente dire era solo un “Dobbiamo parlare.”.
Avrei dovuto smettere di nascondermi dentro la mia testa.
 
Riuscii ad evitare il terribile discorso per una notte intera.
Mi ero ficcata sotto le coperte e avevo finto di dormire, respirando più tranquillamente che potevo e rannicchiandomi come ogni volta che dormivo profondamente e l’avevo sentita indugiare sulla porta prima di andare via.
Avevo finto. Finto disgustosamente per tutta la notte di dormire.
Avevo finto di non vedere la faccia di Liam così vicina, finto di non irrigidirmi ogni volta che pensavo a lui.
Avevo finto di pensare che non si sarebbe accorto delle mie occhiaie.
Come sentivo vicini Giulietta e Romeo e tutti i loro sotterfugi per stare insieme.
Io facevo il contrario, ma l’effetto era quello.
Cercavo scuse, scappatoie, per non affrontare quel discorso che sapevo prima o poi avrei dovuto fare con me stessa.
E intanto, mi addormentavo, sognando ancora una volta la presenza tranquillizzante di Liam.
 
Quando scesi a colazione c’era silenzio. Forse troppo. Sapevo che Julie c’era, perché la mia macchina era ancora qui e Harry aveva chiaramente detto che quel giorno non sarebbe andato a scuola.
Guardai la punta delle mie pantofole e mi feci una coda con un elastico trovato chissà dove, lasciando però che la frangia coprisse in parte le mie occhiaie.
Non avevo voglia di andare in bagno e di truccarmi e vestirmi come se avessi passato una notte riposante e rinforzante.
Non volevo fingere ancora.
La trovai con una tazza di caffè tra le mani e i capelli raccolti da una molletta. Era ancora in pigiama e mi scrutava da dietro un paio di occhiali da lettura che usava solo di tanto in tanto.
Non sarei fuggita, questa volta.
-Buongiorno...- sbadigliai e incontrai solo il suo sguardo preoccupato. Lei inclinò la testa e mi indicò la tazza di tè alla vaniglia della Twinings  di cui ero solita bere quantità assurde, guardandomi mentre mi sedevo vicino a lei.
Rimanemmo in silenzio, sedute vicine a bere ognuna dalla sua tazza come se fossimo troppo prese dai nostri pensieri.
Per me era così.
Ero di nuovo bloccata, di nuovo paralizzata e mi torturavo il labbro inferiore con i denti, tormentando piccole pellicine che avrebbero provocato tagli mediamente profondi se non avessi smesso subito.
Non che avessi in mente pensieri precisi, sia chiaro.
Avevo iniziato a ripensare a tutte le figuracce che avevo fatto, che ricordavo con estrema chiarezza. Gli altri le dimenticavano subito, segno che non erano cose importanti, ma io no, me le tenevo in mente e mi aggrappavo in qualche modo ad esse per avere una scusa convincente nel caso mi fosse servita.
Mi stavo iniziando a rendere conto che mi ero sempre trincerata dietro a bugie più o meno grandi per sfuggire a me stessa e la cosa non mi piaceva.
Se fino a due giorni prima avrei sostenuto che nel rapporto mio e di Liam non c’era assolutamente niente di strano e che era qualcosa di chiaro, limpido e trasparente, ora lo vedevo così com’era, come quel vetro smerigliato di un bicchiere.

-Vi siete quasi baciati due volte...- esordì Julie, facendomi sussultare.
Gettai un’occhiata all’orologio e pensai che quel giorno non mi sarebbe mancato andare a scuola.
Continuai a guardare l’orologio come se fossi assolutamente interessata al movimento ritmico delle lancette, ma la verità era che non le vedevo neanche e quando distolsi lo sguardo non avrei saputo dire se fossero passati dieci secondi, quindici minuti o un paio d’ore.
-Non ci siamo quasi baciati due volte...- sussurrai, sperando che cogliesse il senso delle mie parole, ma la vedevo difficile perché, effettivamente, non ero in grado di coglierlo nemmeno io. Lei alzò un sopracciglio con aria eloquente e si morse le labbra dall’interno, facendomi intravedere solo la sottilissima linea della bocca.
-No, in effetti no. E’ venuto, ti ha tolto uno strofinaccio da sopra la testa e stava lì a guardarti negli occhi. Se non ci fossi stata io vi sareste saltati addosso, fidati di me, bimba. E quando sono entrata non aveva l’aria di essere uno che vuole solo darti un bacio sul naso dopo averti spettinato i capelli...- mi rimproverò, calcando su quel bimba come a dire che avrei dovuto ascoltarla per bene, perché lei ne sapeva più di me.
Sospirai e abbassai gli occhi, prendendo un biscotto che intinsi nel tè.
Me lo portai alla bocca, sgocciolandomi leggermente sui pantaloni del pigiama.
Guardai la macchiolina che diventava pian piano più chiara e solo quando fui certa che non sarebbero rimaste tracce della sua esistenza decisi di rispondere a Julie.

-Intendevo dire, non ci siamo quasi baciati... due volte.- ripetei, calcando sul “due volte” per farle capire. E lei capì, anche se leggermente in ritardo sulla nostra tabella di marcia.
-Quando altro è successo?- mi domandò, prendendo un biscotto come avevo fatto io poco prima. Mi stava studiando, stava osservando le mie reazioni. E benchè in parte fossi capace di controllare la mia mente, non ero mai stata realmente padrona del mio corpo. Sentii il battito accelerare di poco ed ebbi il disperato bisogno di deglutire. Se avessi parlato, se le avessi detto davvero che a me sembrava un vero quasi-bacio anche quel mezzo scontro, mi sarei rivelata e messa a nudo, in qualche maniera.
Non avrei più avuto possibili bugie come difese.
-Un po’ di tempo fa, a scuola. Ma non è stato niente di che, ci siamo voltati per salutarci nello stesso momento e ci siamo quasi scontrati...- mi rifiutai di ripetere la parola “baciati”, sarebbe stato troppo mettere quella situazione e quella parola nella stessa frase.
Ma del resto, non era così che mi ero sentita?
Come quella volta in cui Jimmy Fake mi aveva baciata dopo una festa e io ero stata in ansia per tutto il tempo, continuando ad arrovellarmi su quale fosse stato il significato reale di quel bacio.
In questo caso, si trattava di una sorta di coincidenza, ma l’effetto che aveva provocato in me era lo stesso dovuto a un bacio vero.
Perché era coinvolto Liam, e come mi suggeriva spesso Julie, quando parlavo di lui tendevo a perdere obiettività.
-Hay. Dimmi che stai seriamente pensando al fatto che tra voi due non c’è niente di definibile con un niente di che. Ascoltami bene. Se quello scontro, come lo chiami tu, fosse stato qualcosa da niente non te ne saresti ricordata, né me ne avresti parlato.- disse, guardandomi negli occhi. Presi un morso del mio biscotto, ormai molto simile ad una strana poltiglia e masticai in silenzio, sentendomi molto simile ad una di quelle mucche che sembrano sempre essere pensierose.
-Infatti all’inizio non te ne ho parlato...- mi difesi. Lei non sembrava pensarla come me e del resto anche io mi sentivo mediamente ridicola.
-All’inizio, appunto. Ma ora sì. Hayley, dimmi che stai capendo. Dimmi che non stai innescando di nuovo quel maledetto meccanismo di auto-difesa nella tua testa e che stai cercando di capire la situazione. Dimmi che stai capendo che fra te e Liam non è tutto come voi due pensate. O, mi sembra di capire, come solo tu ormai pensi.- concluse, facendomi sputacchiare alcune briciole.
Il mio tè aveva smesso di fumare minaccioso e così ebbi una buona scusa per berne un lungo sorso.

-Ieri una ragazzina è venuta a chiedermi se fossi la ragazza di Liam. Le ho detto di no e lei mi ha chiesto se sapessi se era fidanzato. Le ho detto che non erano affari né miei né suoi
e che avrebbe dovuto chiedere a lui, se proprio ci teneva.- commentai e la vidi strabuzzare gli occhi mentre appoggiava la sua tazza di caffè ormai freddo sul tavolo.
Aspettavo l’onda.
Aspettavo il famoso campanello d’allarme.
Aspettavo una mia reazione.
Vennero tutte insieme nell’esatto momento in cui il mio biscotto, tenuto troppo tempo nel tè si arrese alla forza di gravità e a metà strada cadde nel liquido, schizzandomi tutta la manica.
Ecco.
Era esattamente così che mi sentivo.

Mi ero rotta, avevo ceduto.

Sentii quei brividi sulle gambe che mi prendevano solo nei momenti più importanti o commoventi e fissai il biscotto ad occhi spalancati sperando inconsciamente che tornasse su, urlando “Scherzetto” e si ricongiungesse all’altra metà.
Ma lui non faceva che affondare sempre di più, uccidendo ogni possibile schema mentale nella mia testa e ogni possibile scusa.
-Julie, sto combinando un disastro?- sarebbe dovuta essere un’affermazione, ma non ne ero capace.
Avevo bisogno della mia incertezza.

E benchè avessi capito perfettamente qual era la situazione, dentro di me continuavo ad aggrapparmi a piccoli barlumi di razionalità.
Ero stata gelosa di Elizabeth, vero, ma perché lei lo aveva trattato male e lui l’aveva amata comunque e io invece ero costretta ad essere solo un’inutile spettatrice della loro improvvisa felicità e di quella di molta altra gente.
Ero stata scortese con quella ragazza, vero, ma perché mi ero stufata di gente che andava dietro Liam senza neanche conoscerlo.
Avrei voluto baciarlo – me ne rendevo conto alla perfezione in quel momento – ma si trattava di una reazione romantica alle situazioni.
Eppure, tutto questo sembrava aver perso importanza, sembrava sbiadire, di fronte alle immagini colorate di me e Liam abbracciati e vicini.
-Stai combinando qualcosa che le persone non paranoiche chiamano amore.- mi rispose e si avvicinò per abbracciarmi, posando il suo mento sopra la mia testa e accarezzandomi i capelli, da brava mamma.

Quando ci staccammo puntai subito in direzione della mensola dei DVD.
Ne presi un paio di Johnny Depp, passione che condividevano sia Alice che Julie, e li posai accanto alla Tv, buttandomi poi sul mio angolo di divano preferito.
Julie mise su il suo preferito tra i due e venne accanto a me, posando la testa sulla mia spalla.
Passammo la mattinata così, a guardare film che non rivedevamo da secoli.
Ogni tanto Julie mi chiedeva cosa avessi pensato in una particolare situazione, e altre volte io le chiedevo spiegazioni su alcuni miei comportamenti precedenti alla quasi-rivelazione.
Le risposte si assomigliavano tutte e non sapevo se esserne contenta o se esserne spaventata.
Fu quando mi arrivò un messaggio che la situazione degenerò leggermente.
Tirai fuori lo Smartphone, guardando la faccia di Liam che mi sorrideva accanto all’icona del suo messaggio.

“Di’ la verità, ieri sera hai cucinato tu. Oggi non sono andato a scuola nemmeno io e Zayn mi ha detto (a dire il vero penso fosse anche abbastanza arrabbiato) che è stato tutto il giorno da solo perché non c’eravate né tu, né Julie, né Harry...”
Julie prese il telefono dalle mie mani e scrisse una risposta, mentre io mi lamentavo per paura di ciò che avrebbe potuto fare. Quando me lo mostrò, sembrava abbastanza fiera di sé.
-Questo è quello che dovresti mandargli. Ovviamente, tu non lo inviare ma sii diplomatica.- mi disse, mentre leggevo la sua ipotetica risposta trattenendo un sorriso.
“Sarà stata colpa dei tuoi troppi quasi-baci.”
Sbuffai, mentre digitavo in fretta una risposta che non mostrai a Julie.
Non per cattiveria.
Semplicemente, non volevo diventare una di quelle ragazze che sono anche isteriche oltre che innamorate.
“Capra. Sempre pronto a darmi la colpa, tu.”
Aspettai che rispondesse, ignorando del tutto il film alla televisione.
Rispose dopo qualche secondo, battendo qualsiasi record di velocità.
Qualche anno prima avevamo organizzato una gara si scrittura di messaggi ed avevo vinto io per un qualche centesimo di secondo. Lui aveva dovuto offrirmi il pranzo per una settimana e io per una volta non mi ero sentita in colpa nello scroccargli continuamente la merenda.
“Ti darò lezioni di cucina...”
Scoppiai a ridere e feci leggere a Julie il messaggio.
Lei non rise come me, ma si limitò a guardarmi con aria contenta, tirandomi uno dei ciuffetti scampati alla coda.
-Vai tigre.- disse, senza una particolare ragione.
Mi hai fatto venire un’idea. Sai cosa non mi hai mai dato, invece? Lezioni di chitarra.”

Adoravo quando Liam suonava la chitarra. Si concentrava e abbassava le testa, un piede che si muoveva a ritmo e le parole sussurrate a mezza voce.
Era capitato che passassimo tutto il pomeriggio io a canticchiare e lui a suonare, aiutandomi anche con la sua voce.
Mi sentivo stonata. Sempre.
Per quanto avessi fatto parte del coro della scuola per qualche anno, non mi ritenevo né intonata né brava, ma mi piaceva far parte del mondo musicale del mio migliore amico.
“Se riesci a smuovere il tuo catorcio, a me va bene anche se vieni tu qui da me...”
Deglutii e sorrisi di nuovo, limitandomi a digitare una risposta affermativa. Mostrai tutta la conversazione a Julie e lei parve essere soddisfatta della piega che avevano preso le cose.

-Sai, Core, direi che quasi ci stai provando con il tuo migliore amico....- disse e io quasi mi strozzai con la mia stessa saliva, assumendo un colorito rossastro che non c’entrava niente con l’arrossire.
Mi battè sulle spalle e poi scoppiò a ridere.
-Stavo scherzando! E muoviti, vai a vestirti, che il principe azzurro sennò mica ti fa entrare in casa sua...- esclamò, quasi cacciandomi di sopra.
Lei ogni tanto chiamava Liam “il principe azzurro” per come le ragazze in genere parlottavano concitate dopo che lui era passato.
Anche lei aveva riconosciuto, in più occasioni, la sua bellezza, ma con una strizzata d’occhio mi aveva anche detto che preferiva i tipi assolutamente ricci.
Non mi vestii con chissà quale cura stratosferica.

Una felpa dell’università che mi aveva mandato Sam per Natale, un paio di jeans scuri e le Converse bianche che io e Liam avevamo comprato insieme.
Non sciolsi la coda, la lasciai così com’era, un po’ sbilenca, e cercai di truccarmi in una maniera tale che non sembrassi una reduce da una notte in bianco.
Speranza vana.
Afferrai la borsa e uscii, salutando Julie con un bacio sulla testa e dicendole di non distruggermi la casa insieme ad Harry mentre ero via.
Sperai che avesse capito il concetto.

Casa di Liam mi piaceva da morire, perché era semplicissima, ma adorabile.
Più grande di quella mia e di Julie, ma allo stesso tempo più disordinata.
Liam l’aveva condivisa per un po’ di tempo con un suo amico, ma poi i genitori dell’altro ragazzo gli avevano “tagliato i viveri” e lui era stato costretto a trovare un’altra sistemazione.
Adesso era Zayn che ci passava più tempo di tutti. Era sempre lì e probabilmente, se né lui né Liam avessero deciso di trasferirsi per l’università, avrebbero iniziato a dividerla come due bravi coinquilini.
Anche io e Julie pensavamo di fare così.
Nessuna delle due poteva permettersi rette tali da farci andare a Oxford o Cambridge, quindi avevamo deciso di iscriverci all’università migliore che le vicinanze di Londra potevano offrirci, cercando di alternare lavoro e studio.
La casa che avevamo ora era stata comprata da entrambe, con un’equa divisione dei soldi e quindi, a parte bollette e cose simili, le spese erano minime.
I miei genitori avevano messo subito in chiaro che l’università sarebbe stata un’altra cosa e del resto ero stata io ad offrirmi di lavorare per pagare la retta.
Contenti tutti, così.
Sempre che anche Zayn e Liam fossero rimasti, ovviamente.

Suonai alla porta e mi venne ad aprire Liam, sorridente come sempre.
Sembrava solo un po’ più pallido del solito, ma non scottava, come constatai quando lo salutai baciandolo sulla guancia.
Niente febbre, dunque.
-Come mai non sei andato a scuola, tu?- gli chiesi, buttando la giacca e la borsa sopra una poltrona già piena di vestiti di Zayn, che doveva aver lasciato l’ultima volta che era venuto. O magari, erano lì perché Zayn era lì.
Mi inizia a sentire sempre più stupida nel fare questi pensieri e nel constatare che non avevo voglia, in quel momento, di vedere Zayn.
-Non mi sentivo tanto bene, quindi sono rimasto a casa. Ma probabilmente era solo sonno, stanotte ho dormito poco....- commentò, mettendomi un braccio sulle spalle. Io annuii, mentre mi guardavo in giro alla ricerca della chitarra per le lezioni.
-Sì, anche io ho dormito poco...- borbottai, appoggiandogli la testa sul collo, gli occhi chiusi e l’espressione che doveva sembrare rilassata e mezza addormentata. Lo sentii ridacchiare e mi costrinsi ad aprire gli occhi.
Era insopportabile, davvero, l’idea che io potessi stare bene in quel momento in una maniera così diversa da come ero stata bene sempre.
Mi piaceva farmi abbracciare da Liam.
Ma quel giorno mi sembrava la cosa migliore del mondo, e questo mi infastidiva.

-Bene, maestro. Sono pronta alle sue lezioni!- esclamai ridendo. Lui mi mise una mano sulla schiena e mi mostrò orgoglioso la sua chitarra classica color mogano, lucida eppure piena di graffietti superficiali.
Mi fece sedere su una sedia, spiegandomi bene come mettere le gambe e come ruotarmi.
Ogni volta che avvertivo il suo sguardo che passava addosso alla mia figura nel tentativo di decidere se fossi in una posizione decente o meno mi sembrava di rivedere al rallentatore lo stesso biscotto di quella mattina che cadeva e mi inondava il pigiama di tè.
Ecco. Ero inondata dalla presenza di Liam.

Quando cercò di insegnarmi gli accordi basilari mi prese le mani con naturalezza, guidandole insieme alle sue. Questa volta mi controllai, impedendomi di concentrarmi su Liam e preferendo pensare alla melodia che dovevo creare.
Riuscì ad insegnarmi una melodia brevissima, che io riuscivo ad eseguire come un robot metallico e che invece, quando finiva tra le sue mani, sembrava la ninnananna più dolce del pianeta.
-Come fai, me lo spieghi?- borbottai, guardandolo in cagnesco, dopo che aveva suonato di nuovo come se le note fosse lui stesso a pensarle
Lui rise e mi porse la chitarra, guardandomi negli occhi.
-Pensa a qualcosa di bello. Ad un bel ricordo. A qualcosa di dolce.- mi consigliò, senza staccare il suo sguardo dal mio. Ed eccola lì, di nuovo, la paralisi, che forse era solo la timidezza per paura che Liam vedesse il battito del mio cuore che cambiava ritmo.
Il fatto che io non avessi ancora deciso cosa pensare non garantiva anche un’indecisione da parte del mio corpo, come mi suggeriva il leggerissimo tremolio della mia gamba.
Non interruppi il contatto con Liam mentre provavo a suonare di nuovo.

Liam ebbe l’effetto di sempre su di me. La tranquillità che riusciva a trasmettermi con ogni singolo gesto e la capacità di farmi credere che andasse tutto bene semplicemente guardandomi negli occhi.
Quello che venne fuori non sembrò solo un cigolio stonato come aveva fatto prima, ma, anzi, sembrò quasi orecchiabile.
-Mi hai trasformato da un robot in via di decomposizione a un robot mediamente oleato. Sei un mago, Payne...- sussurrai, dopo aver suonato per un tempo che ritenevo essere abbastanza.
Liam mi sorrise e la sua mano si avvicinò alla mia frangia, che stava coprendo tutto l’occhio sinistro, per spostarla.
Stavo iniziando a paragonare la mia vita ad un film fin troppo spesso, ma in quel momento non potei evitare di pensare che di solito il protagonista maschile non rischia di cavarti un occhio nel tentativo di fare un gesto carino.
Sorrisi, mentre Liam si mordeva il labbro in segno di scuse.
Ed eccoci di nuovo lì.

Se fossi stata in Julie avrei detto che stavo perdendo il conto di tutte le volte che ero andata vicina alla paralisi permanente per colpa di Liam.
Ma io, in fondo, ero soltanto Hayley.
Timida, goffa e studiosa, una vita semplice e amici che adoravo.
E, seguendo la buona tradizione dei peggiori clichè, stavo iniziando a rendermi conto di essermi innamorata del mio migliore amico.
 









Writ's corner
Tadààà!
Ed eccolo, il capitolo più lungo tra quelli scritti.
Quello in cui succede una marea di cose.
Quello che prepara, più o meno, allo tsunami del prossimo.
Hay si rende conto di ciò che sente e di ciò che prova e, di conseguenza, è un gran casino per lei e per tutti.
Interrompo volontariamente la scena così, con quella frase da clichè (amo proprio quetsi clichè, eh?) che sospende tutto.
Scappo, nonostante io sappia che dovrei aggiungere milioni di cose.
Grazie, intanto, per le 10 recensioni dello scorso capitolo. u.u

Una sola domanda: non so se scrivere undici capitoli più prologo ed epilogo, o dodici (ma con gli ultimi due più brevi).
COme preferireste voi? Un bacione
Writ
   
 
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