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Autore: xwishyou    30/05/2012    5 recensioni
[Momentaneamente sospesa]
Ma non si può vivere per sempre dentro il proprio mondo parallelo ed immaginario, no?
Bisogna solo accettare le cose, piangere un po’, e sorridere, andando avanti.
[...] Arrivammo al mio piano ed io lo feci entrare nella mia camera. Proprio quando accesi le luci, mi ricordai dei poster. Dei milioni di poster di Ian che avevo apiccicato un po' ovunque. -Accidenti.- Sussurrai.
-È strano vedere tanti me che mi fissano.- Scherzò.
[...] Poggiai il piccolo diario sul tavolo che mi faceva da scrivania in quella stanza monotona di albergo.
Mi guardai intorno.
Non era casa mia, era una stupida stanza, eppure c'era tanto di mio al suo interno.
C'erano tutti quei momenti che avrei lasciato lì alla mia partenza.
C'era tutto ciò che aveva mai avuto importanza fino a quel momento.
[ pairing: Ian Somerhalder/nuovo personaggio + Paul Wesley/nuovo personaggio ]
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ian Somerhalder, Nina Dobrev, Nuovo personaggio, Paul Wesley
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi sarebbe rimasto un bel ricordo, di quella serata, come no.

Sabato sera.

Ritrovarsi ad essere mezzi ubriachi non era previsto.
Tanto meno era previsto che ci comportassimo tutti come stupidi ragazzini di quindici anni innamorati e con la voglia di divertirsi.
In teoria, era una fase già passata per tutti e quattro.
Anche se io ero quella più vicina ad esserlo ancora.
Fatto sta che, quel sabato sera, eravamo tutti nel salotto di casa Somerhalder, il twister aperto sul pavimento, alcolici ovunque e una bottiglia vuota a fianco della televisione.
 
Sabato pomeriggio.
Ore 15:27.

-Sofi.. è il nostro ultimo sabato.- non c’era bisogno di altre parole.
Anzi, quelle erano abbastanza.
Lei si limitò ad annuire.
Sì, noi stavamo passando il nostro ultimo fine settimana negli Stati Uniti chiuse in una stupida camera di albergo.
Non stavamo perdendo solamente la nostra vacanza, il nostro luogo ideale, uno dei nostri sogni.
Stavamo perdendo IL sogno.
Stavamo perdendo tutto ciò per cui avevamo lottato fino a quel momento e che, finalemente, avevamo ottenuto.
-Beh, Breen, io credo che andrò a casa sua.- disse all’improvviso la mia migliore amica.
-Anche io, sai?- dopo qualche altro attimo di silenzio.
Indossavo un semplice abitino a fiori rosa con delle semplici ballerine bianche.
Presi le chiavi e mi diressi all’uscita dell’hotel, in cerca di un taxi.
In seguito ad una ricerca durata come minimo due quarti d’ora, durante la quale il caldo mi aveva pervaso e si potevano notare alcune gocce di sudore scivolare dal mio collo, trovai, se dio aveva voluto, un taxi.
Diedi l’indirizzo di casa Wesley e mi misi le cuffie.
 
Does anybody miss that?
Having lunch in the park.

Hold my hands in the dark.

What happened to that old school love?
 
-Signorina?- il taxista aveva l’espressione leggermente agitata, segno che non doveva essere la prima volta cercando di svegliarmi da un apparente stato di ibernazione all’interno della musica.
-Scusi?- chiesi confusa.
-Siamo arrivati, ecco, vede?- mi indicò la casa di Paul.
La scorsi con l’occhio e collegai le cose.
Ero arrivata a casa sua. Nulla di che. Perché tutto questo nervosismo?
-Oh.- sbattei le palpebre velocemente un paio di volte e gli allungai una banconota da cinquanta dollari.
-Niente resto.- gli dissi, gentilmente, sorridendo stanca.
-Grazie, davvero.- sorrise a sua volta. Era un simpatico uomo sulla quarantina e aveva due occhiaie ben visibili.
Probabilmente lavorava molto, probabilmente aveva dei figli da accudire, probabilmente la madre. Probabilmente non aveva una vita agevolata. Quel gesto mi sembrò la cosa migliore da fare in quell’istante. So come ci si sente ad essere così stanchi. Anche quell’uomo doveva esserlo.
Dopo qualche minuto mi accorsi di essere ancora all’interno della macchina color giallo, una mano poggiata sulla maniglia della porta socchiusa.
Mi ripresi ed uscii.
Prima di poter chiudere la porta, potei sentire quel simpatico uomo, che un tempo doveva essere stato davvero un bel ragazzo, dirmi “E comunque ha una bella voce, signorina, complimenti” e non potei far altro se non arrossire e sorridere.
-G..grazie.- dissi con ormai la macchina in lontananza.
Mi avviai lungo il vialetto della casa che mi stava di fronte e estrassi dalla tracolla una piccola chiave rifinita in rosa –tipico.
Aprii la porta principale sospirando e.. niente.
Non c’era nessuno al suo interno.
-Paul? Ci sei?- provai a chiedere, più volte, pur sapendo che non avrebbe funzionato; perché non c’era nessuno. N E S S U N O.
Dove cazzo era il mio fidanzato di sabato pomeriggio?
QUEL SABATO POMERIGGIO.
Sentii una strana vibrazione provenire da una qualche parte del mio corpo ed impiegai svariati secondi per capire che si trattava del mio telefono all’interno della tracolla.
-Sofi, sai per caso dove si trova..- cominciai a chiedere leggendo il nome sul display dello schermo.
-..Paul? Sì, lo so.- mi disse con voce affannata.
Aveva corso?
-Hai corso?- chiesi con un tono divertito ed un sopracciglio alzato.
-Sì. Per tutta casa Somerhalder. Per cercare di recuperare le bottiglie di alcool che i nostri fidanzati stanno usando per ubriacarsi.- rispose seria.
-Cosa cazzo stai dicendo?-
-Sto dicendo che i nostri fidanzati sono più depressi di noi perché, sì, si sono dati all’alcool per dimenticare che questo è l’ultimo fine settimana.-
-Arrivo.- mi limitai a rispondere.
-Ecco, brava.- sentii dire, velocemente, mentre chiudevo la chiamata.
Adesso. Come minchia ci arrivavo a casa di Ian?
In quelle strade non passavano taxi.
Contando che casa di Ian era tre strade a fianco, l’unica soluzione che mi rimaneva era quella di camminare.
L’idea non era molto piacevole, ma mi scoprii in grado di arrivare in soli 15 minuti ed, in un primo momento, fui soddisfatta di me stessa.
Suonai il campanello della casa dalla quale fuoriuscivano strani rumori e mi ritrovai Sof con i capelli scompigliati e mezzi vestiti fuori posto?
-Ti hanno stuprata?!- chiesi ridendo e piegandomi per permettere di respirare.
-Divertente.- rispose acida lei.
Si scostò leggermente dalla porta per mostrarmi il soggiorno della casa e non vidi altro se non una confusione colossale.
-CHE MINCHIA SUCCEDE QUA? PAUL?!- cadde un silenzio di tomba.
Vidi spuntare la testa del mio ragazzo dall’arco che stava in fondo al corridoio che separava –immaginariamente- il soggiorno dalla sala da pranzo e dalla cucina.
-A.. amore?- chiese con gli occhi in lacrime.
-Sì, sono io.- dissi moderando la mia voce ed addolcendomi.
-Non mi lascerai, vero? Non te ne andrai con altri ragazzi in Italia, no? Non ti scorderai di me, giusto? Ti prego, non mi abbandonare, non voglio perderti.- non mi diede nemmeno il tempo di rispondere che subito si gettò fra le mie braccia e cominciò a stringermi a sé,  farmi volteggiare, ed a baciarmi –con quella bocca che sapeva, decisamente troppo, di birra.
Lo trascinai sul divano e lo abbracciai forte.
Cominciai a piangere pure io, cercando di tranquillizzarlo, invano.
Fanculo tutto.
Io ho bisogno di bere.
Afferrai una bottiglia di un qualche alcolico a me sconosciuto e bevi per qualche minuto senza staccarmici. Questa sarà una lunga serata.
 
Sabato notte.
Ore 10:13.
 
L’obbiettivo principale era quello di salvare Paul ed Ian dalla loro pazzia, non di prendere a braccetto la loro filosofia.
Ian ubriaco non era una buona cosa.
Sofia ubriaca non era una buona cosa.
Paul ubriaco con un computer in mano alla ricerca di qualche gioco “divertente” da fare tutti assieme non era una bella cosa.
Io ubriaca e depressa non ero una bella cosa.
Dopo una ricerca accurata sul web, Paul se ne venne fuori con uno strano gioco inventato da lui. UN MIX DAVVERO STRANO.
Twister. Spogliarello. Gioco della bottiglia.
Avremmo dovuto giocare a twister.
Dopodiché chi avesse perso avrebbe dovuto togliersi un indumento, girare la bottiglia ed una specie di ruota della fortuna creata sul momento per decretare cosa avresti dovuto fare con la persona sorteggiata.
Dopo ben 8 round, durante i quali avevamo fatto rientrare in gara chiunque, con una scusa, per non perdere il divertimento del gioco, toccò a me perdere.
-Ehi, si vede il culo della mia ragazza.- disse d’un tratto, ingenuamente, Paul.
Mi misi a ridere e non potei evitare la mia caduta.
-Brenda ha perso, lei ha perso, adesso ha perso Brenda.- cantilenava Ian, completamente andato, come un bambino.
-Dai, gira, Breen!- mi intimò la mia migliore amica, indicando la “ruota della fortuna”.
GIRA. GIRA. GIRA.
Bacio. Per 1 minuto intero.
Era il turno della bottiglia.
GIRA. GIRA. GIRA.
…..Ian.
MERDA.
Al posto dei soliti ‘uhuhuh’ di sottofondo che mi sarei ritrovata se fossi stata in una situazione, mi ritrovai nel bel mezzo della confusione di quel silenzio veramente troppo pesante.
-Ehm…- guardai prima Paul, mordendomi il labbro inferiore, e poi Sofi, cercando di decifrare la sua espressione.
Dopo quel round decidemmo che era il momento di concludere quel gioco.
Ci scolammo qualche altra bottiglia di acolici prima di cadere in un sonno profondo, come dei bambini, sul letto matrimoniale.
La mattina dopo mi svegliai con un emicrania apocalittica.
Mi sarebbe piaciuto dire si aver passato un ultimo sabato, negli Stati Uniti, memorabile.
Peccato ricordassi poco o nulla.
STUPIDO ALCOOL.
____________________________________________________________
Questo capitolo, a mio parere, non ha alcun senso. N O S E N S E.
Credo sia più che altro un qualcosa di transizione, perché, sì, belli, stiamo arrivando alla conclusione di questa bella vacanza. çwç
Spero che questa merdina qua vi sia piaciuta.
 
Ce la facciamo ad arrivare a dieci recensioni? Sarebbe magnifico. *°*

Mi scuso per il ritardo ASSURDO, ma non scrivo molto ultimamente, e quindi.. insomma, l’importante è che adesso ho scritto. Che mi dite, ho perso la mia abilità di “scrittrice” o ce l’ho sempre?
Love ya.

BreenWesley.



    

©Tutti i diritti sono riservati alle autrici, provate a toccarli (?) e siete delle persone morte. Taanto ammore.

   
 
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