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Autore: Holly Rosebane    30/05/2012    7 recensioni
«Avete ventiquattrore di tempo per arrivare a conoscervi di nuovo, come quattro anni fa.
Per tornare a capire chi siano veramente Harry Styles e Billie Donovan.
Se entro la mezzanotte non ci sarete riusciti, allora rimarrete così per sempre.»

~
Mi toccai i capelli. Morbidi, corti, ricci.
No.
Doveva essere un incubo. Stavo ancora sognando.
Non avevo mai creduto al fantasy soprannaturale, perché iniziare quella mattina?
Ma non c’era altra spiegazione, se non che... sì, per forza.
Ero finita nel corpo di Harry Styles.
Genere: Commedia, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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II
 
 

L'inferno e il paradiso sono tutti e due dentro di noi.
(O. Wilde)

 
 


Billie

 
 
Non poteva esserci altra spiegazione. Ero finita nel corpo di Harry Styles, per chissà quale motivo.
Tornai di nuovo a guardarmi allo specchio, più per farmi del male che per altro. Fissai la faccia di quel balordo del mio vicino di casa restituirmi un’occhiata maligna, di puro disprezzo.
Mi spettinai i riccioli, e l’immagine riflessa m’imitò. Feci una smorfia, tirai fuori la lingua, poi sorrisi. Niente, quella piega delle labbra, le fossette, la luce che pareva irradiare da quel volto appartenevano a lui. Ero Harry Styles.
Ma ancora non demordevo, nel credere che fosse un sogno. Spalancai la porta e corsi in bagno. Mancavo in quella casa da parecchio, tuttavia la disposizione degli ambienti me la ricordavo ancora. Arrivai davanti al lavandino, e aprii il rubinetto. Mi fissai nuovamente, mentre l’acqua scorreva gorgogliando.
 Ficcai le mani a coppa sotto il getto gelido, e mi lavai la faccia, con un colpo secco. Porca miseria. Ero sveglia, decisamente.
 In quel momento, un Harry con i riccioli fradici appiccicati alla fronte e il volto grondante di acqua fredda mi guardava sconcertato.
Nessun sogno.
 Solo la triste e sorprendente realtà.
Era tutto vero.
Mi osservai meglio. Il riccio aveva senza dubbio un bel fisico, torace scolpito, gambe e braccia muscolose, spalle larghe. Passai la mano sugli addominali, assaporando la sensazione di essere fisicamente in forma. Non avevo un brutto corpo, ma un tartaruga come quella me la sognavo di notte. Sussultai, al contatto con la freddezza delle mie dita. Notai un tatuaggio a stella, poco sotto l’ascella destra. Mi chiesi che senso avesse, poi ricordai di avere il volto bagnato, e gocce d’acqua che mi colavano lungo il collo. Afferrai un asciugamano, e ci seppellii il volto dentro.
Ora riaprirò gli occhi, e mi risveglierò nel mio corpo. Quello di donna. Di Billie Donovan.
Posai il telo e mi guardai di nuovo allo specchio. Niente. Ero ancora Harry.
Un momento. Ma se io ero nel suo corpo, allora lui… non feci in tempo a finire di formulare il pensiero, che uno strillo mi perforò i timpani. Proveniva dalla casa di fronte. Eccolo, doveva essersi svegliato.
Corsi alla finestra, alzando la tapparella e spalancando le imposte. L’aria fresca della prima mattina di maggio mi sferzò il volto e il torace, scoperti. Vidi la finestra di fronte aprirsi di colpo, e il mio corpo guardare verso di me, sconvolto.
 Avvertii una stretta al petto, osservando me stessa, nel pigiama rosa con l’orsetto Hunny, i lunghi e fluenti capelli castano scuro vagamente arruffati, gli occhi azzurri e le labbra piene e carnose. Femminili. Mie.
Ma che, in quel momento, erano di Harry.
«Tu!» urlò, protendendosi in avanti. Poi, si rese conto di aver parlato con un tono di voce femminile, e si portò le mani alla gola, sconcertato. Sembrava che gli avessero tirato uno schiaffo in pieno volto.
«No, tu, piuttosto!» strillai di rimando, sporgendomi a mia volta. Oh, mio Dio.
Cos’era quella voce profonda tremendamente sexy con cui avevo appena pronunciato solo tre parole?! Mi coprii la bocca con la mano, di riflesso.
 Harry nel mio corpo si limitò ad indicarmi, e a fare un altro gesto per intimarmi di scendere giù, rifiutandosi di parlare di nuovo. Annuii, e mi precipitai fuori dalla stanza. Scesi di volata le scale, rendendomi vagamente conto di essere mezza nuda, di indossare solo i boxer. Tuttavia, mi sentivo stranamente a mio agio, come se fossi abituata ad andare in giro senza vestiti. Oltretutto, vedere il mondo da un considerevole metro e ottanta di altezza era un’esperienza meravigliosa. Detto da una che rasentava i 165 centimetri scarsi.
Aprii la porta d’ingresso e corsi in strada. Dannazione, avevo i piedi nudi. Rimasi più sconcertata nello scoprire che non mi veniva da vomitare, che dal fatto che stessi camminando scalza sul marciapiedi. Harry, intanto si stava avvicinando dal lato opposto, quasi correndo. Non era abituato ai miei capelli lunghi, lo vidi spingerseli dietro le orecchie ogni volta il vento li agitasse. Avanzai, e ci fermammo a due centimetri l’uno dall’altra. Che impressione vedersi in corpi diversi.
«Che è successo?! Perché mi sono svegliato con un paio di tette, i capelli lunghi e la tua faccia?!» sbottò Harry, pestando i piedi a terra come facevo io quando mi arrabbiavo. Si accorse del gesto che aveva appena fatto e imprecò. «Non pestare i piedi, quando ti arrabbi!» esclamò, irritato dai suoi atteggiamenti femminili e dalla voce acuta. Rovesciai la testa in avanti, e mi scompigliai i riccioli, passandoci una mano dentro. Oh, Dio, che cosa stavo facendo?!
«E tu piantala di toccarti i capelli quando sei nervoso!» risposi, incrociando le braccia per impedirmi di spettinarli ancora. Ero ancora spaventata dal mio timbro di voce, ma cercai di dissimulare.
«Allora? In quale setta satanica sei entrato per fare una magia come questa? Avanti, dimmelo, non ti giudicherò.» dissi, fissandolo negli occhi. Nei miei occhi azzurro ghiaccio, che lui infestava a tradimento. Scoppiò in una risata sarcastica.
«Setta satanica?! Bille, ma ti ascolti quando parli? Io non ho fatto niente!» rispose, passandosi una mano fra i capelli, cercando di non meravigliarsi troppo di quel gesto. Iniziava ad innervosirsi. Lo capivo dal linguaggio del mio corpo. Sospirai. «Io neanche. Ma allora perché sono te?!» gli chiesi, con una punta di terrore.
All’inizio poteva sembrare divertente, ma dopo dieci minuti rasentava l’assurdo. E io odiavo non avere il controllo su quello che mi accadeva. Scosse la testa, pensieroso.
«Non ne ho idea. Credevo che stronzate del genere accadessero solo nei film.»
«Perché è così.»
«E allora come mai sono nel tuo corpo, cervellona?!» sbottò, dandomi una spinta leggera. Lo fissai, scoraggiata.
Non lo sapevo. Mi arrendevo. Quella situazione era più di quanto potessi sopportare. Iniziai a riflettere ad alta voce.
«Allora, cosa abbiamo fatto ieri di strano?» chiesi, ricordando le azioni del giorno precedente. Harry si morse un’unghia. Gli allontanai la mano dalla bocca, con un’occhiata assassina. Impiegavo settimane nella loro cura, mica poteva rovinarmele così!
«Litigato.» rispose, fissando il marciapiede. Mi strinsi nelle spalle.
«Ma quello non è strano. »
«Giusto. Che altro?» domandò, più a sé stesso che a me. «Dopo scuola, sono andato con Niall e Louis alla rampa, poi ci siamo visti con Liam e Zayn al campo di basket… poi sono tornato a casa, e mi sono scontrato con te.» concluse, fissandomi.
«Io sono stata a dare ripetizioni di inglese, ho aspettato per venti minuti che passasse l’autobus, e una volta arrivata a casa, mi sono scontrata con te.» spiegai, a mia volta. Lo vidi scuotere la testa, e i capelli ondeggiarono. Provai un moto d’invidia per quelle ciocche lisce e luminose. Perché non potevo riavere ciò che era mio?!
«No, deve essere stato qualcos’altro. Rifletti, Billie… che abbiamo fatto, prima?» mi chiese, serio. Pensai per qualche istante, poi mi balenò in testa l’immagine di Harry – del corpo che abitavo temporaneamente – che addentava un biscotto al burro, prendendolo dal piattino abbandonato sul banco dei bidelli.
«Il dolce!» esclamammo entrambi, indicandoci a vicenda. Sorridemmo.
«Ecco! Sarà stato sicuramente quello! Come nel video di Jennifer Lopez, dove lei mangia il biscotto, e tutti gli uomini le cadono ai piedi…» dissi, ricordando la canzone e l’introduzione. Harry mi guardò, alzando un sopracciglio. «Billie. Per favore.» commentò, lapidario. Alzai le mani in segno di resa. «Ehi, era solo un parallelismo…» risposi, giustificandomi.
Passarono attimi di silenzio, in cui mi spettinai i riccioli e Harry si passò di nuovo una mano fra i capelli. Certo che una situazione simile era davvero impossibile da credere. Che assurdità. Eppure era tutto vero.
«Senti, ora cerchiamo di arrivare a scuola. Poi, scoveremo Aisha e le chiederemo dei biscotti. Lei sicuramente saprà dirci qualcosa.» propose Harry, mordendosi il labbro inferiore. Annuii, d’accordo con lui. Lo guardai, dentro il mio corpo. Mi sentivo quasi violata. In quel momento, lui aveva accesso a tutti i miei segreti. Non che ce ne fossero di così eclatanti.
 Ricambiò l’occhiata, indugiando sui suoi addominali e i riccioli, per poi fermarsi sul volto. Sospirò, e allargò le braccia.
«Posso…» esordì, titubante. Alzai un sopracciglio. «Posso abbracciarti?» mi chiese, quasi vergognandosi. Scoppiai a ridere, al pensiero di Harry Styles che chiedeva di poter stringere qualcuno. Proprio lui, che casomai si faceva pregare.
Annuii, e circondai le sue spalle con le braccia. Caspita, quanto ero piccola, in confronto a lui. E profumata, morbida. Era come abbracciare Brooke o Mona, solo che la sensazione era leggermente diversa. Stavo toccando il mio corpo, ma ero al di fuori di esso. Quell’idea mi sconcertava.
«Non credere che mi sia fatto prendere dall’emozione», borbottò Harry, sul mio – che poi era il suo – petto.
«Avevo solo bisogno di stringere il mio corpo, sentirlo reale e presente. È snaturante, per un ragazzo, abitare un fisico femminile.»
Ridacchiai, a sentirlo ammettere quelle cose. Gli accarezzai la testa, per un’azione spontanea del corpo di Harry.
«Sapessi quanto lo è per me…»
 
 

Harry

 
 
Che brutta sensazione svegliarsi in un corpo diverso dal proprio.
Ero andato a letto poco prima della mezzanotte, caso strano per uno come me. Quando avevo riaperto gli occhi, però, mi ero trovato in una stanza completamente estranea. Riprendere conoscenza  e vedere prima di tutto il volto di Johnny Depp era qualcosa di traumatizzante.
Dov’erano andati i miei poster dei Beatles, le mie gigantografie dei Queen? E i miei vecchi skate, l’impianto stereo, il collage di foto alla parete? Lì c’erano soltanto quattro mura intonacate di rosa, con immagini di attori o cantanti famosi, riconoscimenti, diplomi, ritratti di personaggi noti incorniciati.
Stranamente, sentivo di conoscere palmo a palmo quella stanza, ma non era la mia. E poi, alzarsi al trillo della sveglia era assolutamente improponibile. Appena mi ero sporto a darle un sonoro colpo innervosito, chiedendomi chi diavolo l’avesse impostata, mi ero accorto di avere delle mani diverse.
 Gentili, eleganti, dalle dita affusolate e, cosa più grave di tutte, con le unghie lunghe laccate di smalto rosso ciliegia. Di sicuro non me l’ero messo io, quello schifo.
 Sulle prime, avevo pensato ad uno scherzo di mia sorella Gemma, che mi detestava quasi quanto le giornate di pioggia e la musica country, ma quelle dita non erano le mie. Che fine avevano fatto tutti i miei braccialetti al polso sinistro?
Quando avevo scostato le coperte, poi, mi ero spaventato sul serio. Al posto delle mie gambe, due cosce femminili da capogiro obbedivano ai miei comandi mentali, strette in un morbido pantaloncino rosa cipria. Rosa cipria? Ma scherziamo?
Ero corso allo specchio, e per poco non c’ero rimasto sul colpo. Quella rompipalle della mia vicina di casa, Miss Perfezione, Billie Donovan, mi restituiva uno sguardo da cerbiatta terrorizzata sull’orlo dello svenimento.
 Mi ero passato una mano fra i capelli e il cuore sprofondato sotto i piedi. Avevo affondato le dita in una massa di morbide e lisce ciocche lunghe castano scuro. Niente più riccioli.
Allora, mi ero guardato il petto. Non avevo mai avuto una terza di reggiseno. Se era per quello, neanche una prima. E cacciai un urlo. Ma non ero stato io a volerlo, bensì il corpo di Billie.
Poi, avevo visto me stesso affacciarsi dalla finestra di fronte, e compresi che durante la notte era accaduto qualcosa.
Per chissà quale strano motivo, ero Billie Donovan, e lei me.
Pazzesco.
Roba da scadente film urban-fantasy per teenagers. Quasi non volli crederci, ma poi avevo parlato. Con la sua voce. Squillante, fresca, femminile. Che voltastomaco. Dov’era il mio bellissimo tono profondo per cui le ragazze cadevano come tessere del domino? Probabilmente nell’altro corpo, che credevo fosse mio.
 Così, eravamo scesi in strada, accusandoci l’un l’altro. Quell’antipatica, fra l’altro, aveva perfino azzardato l’ipotesi che frequentassi una setta satanica.Io. Ma andiamo!
Dopo cinque minuti di vaneggiamenti, eravamo arrivati alla conclusione che, molto probabilmente, alla base di tutto, avesse dovuto esserci il biscotto di Aisha. Quello che avevo – il corpo dove in quel momento albergava Billie senza permesso – mangiato il giorno prima, insieme a lei.
Non mi sembrava assolutamente possibile una cosa come quella, vedere e parlare a te stesso, ma esserne al di fuori. Toccare e abbracciare il proprio corpo, da quello di un altro. Era una sensazione terribile, ma affascinante. Sulle prime avevo creduto di essere in uno degli incubi più allucinanti che avessi mai partorito, ma il dolore al ginocchio smentiva miseramente l’ipotesi tanto sperata.
Rientrai in casa, affranto. Che c’era di peggio, per un ragazzo, di finire nel corpo di una ragazza? Niente. Salii le scale in silenzio, e quando arrivai alla porta della camera di Billie, vidi Tom, suo fratello maggiore, sporgersi fuori dalla sua stanza.
Era assonnato, con i capelli per aria e lo sguardo preoccupato. Alzai un sopracciglio, restituendogli l’occhiata. Perché mi sembrava lì lì per puntarmi un dito contro, urlando “povero sfigato, Harry, sei diventato una ragazza!”?
«Tutto bene, sorellina? Ti ho sentita urlare, prima…» disse invece, sbadigliando. Sentii il cuore accelerare, e deglutii. Sdrammatizzare. Sviare. Mentire. Subito.
«Cosa? Ah, sì, scusami!» esordii, sorridendo. Che impressione. Quella vocina era terribile, in confronto alla mia. «Credevo… di aver visto… un ragno! Già! Un ragno!» sparai, dicendo la prima cretinata che mi passasse per la mente. Lo vidi corrugare la fronte.
«Non hai mai avuto l’aracnofobia, Billie…» rispose, iniziando ad acquistare lucidità. Oh, accidenti. Se non me ne andavo in fretta, combinavo un casino.
«Ehm… le persone cambiano!» sbottai, iniziando ad andare nel panico. «Adesso vado a vestirmi, altrimenti faccio tardi! Ciao ciao!» e gli sbattei la porta in faccia.
 Che situazione. Mi appoggiai all’infisso con le spalle, lasciandomi scivolare fino a sedermi. Sentii Tom borbottare “mah, le donne” e tornare dentro.
Fosse successo a casa mia, avrei anche potuto urlare per ore, e nessuno se ne sarebbe accorto. Anzi, forse mia sorella avrebbe pure festeggiato, sperando che mi fosse accaduto qualcosa. Mia madre e il mio patrigno neanche li contavo. Stavano sempre fuori, e in ogni caso erano otto anni che non si preoccupavano più di me, perché avrebbero dovuto ricominciare?
Invece, da Billie era tutto diverso. Tom si era subito affacciato, e avevo visto la porta della stanza dei suoi socchiudersi, con la coda dell’occhio. Che strano caso, trovarsi in un altro corpo prima, e avere anche gente che  notasse la mia presenza dopo. Mi rialzai, sospirando.
Bene. Mi restava sul serio da vestirmi. Lanciai un’occhiata circolare tutt’intorno, cercando l’armadio. Focalizzai degli abiti ripiegati con cura sulla sedia girevole alla scrivania. Li presi, studiandoli. Una semplice maglietta bianca a mezze maniche con le stampe, e un pantalone rosso acceso. Che noia, che castità! Billie aveva un corpo da urlo, ed era anche molto bella, a mio parere. Ma continuava a vestirsi come un’educanda al college, mai che l’avessi vista osare un po’, scoprirsi o mettere un paio di tacchi.
Sorrisi, malizioso, all’idea che mi era appena venuta. Se ero finito dentro di lei, perché non approfittarne quanto più potessi?
Sbirciai fuori dalla finestra, in camera mia – e del mio vero corpo, dove c’era Billie –. La vidi sollevare con due dita la mia maglietta preferita, quella azzurro carico con i graffiti stampati.
Aveva un’espressione schifata, e degli atteggiamenti così femminili da farmi passare tranquillamente per gay. Mi battei una mano sulla fronte, disperato. Pregai che non si rendesse ridicola. Anzi, che non rendesse ridicolo me.
Lasciò perdere la maglietta, e passò allo skateboard. Se lo rigirò pensierosa fra le mani, e lo mise a terra. Provò a salirci sopra, ma scivolò all’indietro, cadendo con un’esclamazione stupita. Scoppiai a ridere.
«Piantala di provare ad essere me, Miss Perfezione!» le urlai, appoggiandomi al davanzale. Si sollevò da terra, cercandomi con lo sguardo. Quando mi trovò, si rialzò all’istante, arrossendo. Accidenti, ero davvero carino con quelle guance rosse. Ma che cosa andavo a pensare…?! Anzi… era stata la mente di Billie a produrre quell’affermazione. Ma pensa!…
«E tu finiscila di spiarmi, idiota!» rispose, richiudendo di colpo la finestra. Ridacchiai, scuotendo la testa. Forse mi sarei divertito, quel giorno.



Holls' Corner!:

Eccoci al secondo capitolo!! Che bello, ho visto che l'idea folle è stata apprezzata molto!! Vi ringrazio davvero tanto, non me l'aspettavo!!
Beh, stasera abbiamo anche il punto di vista di Hazza... lo ammetto, mi sono divertita troppo a scriverlo. Questa situazione è paradossale, ma spero che comunque vi piaccia!!
Bene, oggi sarò molto rapida. Cercherò di postare regolarmente (almeno questa, hahaha!), ma non vi prometto niente con certezza, almeno fino alla fine della prima settimana di giugno!
Ora passo ai ringraziamenti!! In modo particolare a chi ha recensito il capitolo precedente, e chi ha già inserito la storia nelle preferite/seguite/ricordate!!! Ringrazio anche i lettori tutti, compresi quelli che la leggono e basta!!
Mi farebbe piacere sapere cosa ne pensiate di questo secondo capitolo, se vi sia piaciuto o meno, insomma!!
Vi lascio con una gif Harry/Billie che ho fatto io! Spero vi piaccia!! Un grosso bacio, e alla prossima!!



   
 
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