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Autore: icevee    31/05/2012    4 recensioni
- Harry!- Mi lamentai coprendomi gli occhi.
- Cosa?!- Si lamentò lui guardandomi e ridacchiando. Di fianco a me sentì anche la risata di Louis.
- Sei nudo! Di nuovo! E' imbarazzante!-
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Ecco la storia di una fortunata, o sventurata, ragazza che realizzerà i suoi sogni e troverà la forza di crescere in una delle città più magiche del mondo: Londra.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- It all begins -

Otto giugno, finalmente era la fine. Ebbene sì da lì a pochi minuti il caldo soffocante di quell’aula l’avrei abbandonata per tre mesi e finalmente il mio primo anno in quella scuola che per me era stata una scoperta sensazionale era finito.
Mancavano cinque minuti, chiusi gli occhi ripensando a tutto quello che era successo e alle nuove amicizie che avevo fatto in quella classe. Riaprì gli occhi e sorrisi sentendo il mio vicino che faceva un conto alla rovescia alzando sempre di più la voce: - dieci, nove, otto, sei….-.  Ancora poco e…DRIN! Finalmente era finita! L’estate era cominciata e io concludevo il mio primo anno di università con dei buoni voti e avevo raggiunto il mio scopo di fare un maledettissimo esame di inglese per poter studiare all’estero in seconda. Era stato da sempre un mio piccolo sogno, una mia piccola previsione. Ho sempre voluto viaggiare fino a sentire la nostalgia di casa mia o ancora meglio andarmene, fuggire nell’unico posto che mi aveva sempre rubato il cuore fin da piccola: Londra.
Corsi fuori finendo inzuppata da vari gavettoni con tanto di schiuma. Finalmente raggiunsi la mia macchina: una mediocre Panda che però soddisfaceva molto le mie necessità.
Guidai fino sotto casa mia dopo un’oretta di viaggio; nonostante i vent’anni suonati vivevo ancora con mia madre perché non potevo permettermi di studiare e lavorare contemporaneamente. Adoravo mia madre, era da sempre la mia migliore amica. Un po’ meno mio padre con cui non avevo mai avuto grandissimi rapporti.
I miei genitori erano separati da quando avevo sedici anni e se prima con mio padre ci parlavamo solo per insultarci dopo quel giorno lo vedevo solo a qualche pranzo e cena e lui non mi rivolgeva la parola. I miei avevano mantenuto buoni rapporti e tutte le sue cose, tutte le sue ragazze, le venivo a scoprire da mia madre con mio grande rammarico perché avevo sempre voluto che fosse stato lui a dirmele e invece non avevo mai conosciuto nessuna delle sue fiamme.
Entrai nel portone e corsi su per le scale verso il terzo piano. Mia madre doveva avermi sentito perché aveva aperto la porta ai miei due barboncini che mi vennero incontro tutti felici perché ero tornata a casa, li accarezzai ridendo mentre entravo in casa trovandomi davanti mio padre seduto al tavolo della cucina e mia madre che si stava sedendo davanti a lui. Li guardai interrogativa per poi sentirmi dire da lui: - Siediti Alice.-
Lo guardai male per il tono che aveva usato con me, odiavo che mi desse degli ordini così per come lo consideravo veramente un genitore ma lo sguardo di mia madre mi ammonì dal rispondergli male e andai a sedermi a capotavola.
- Ali devo dirti una cosa.- Iniziò mia madre con un sorriso dolce prendendomi la mano. Io la guardai serissima pronta a tirare su delle difese. Non sapevo cosa aspettarmi, cosa poteva dirmi?! Insomma andavo bene a scuola, non bevevo tantissimo, non mi drogavo, ero la copia della figlia perfetta!
- Nell’ultimo mese sono andata da uno psicologo perché ho paura che nella tua crescita e ora che stai diventando sempre più adulta tu abbia avuto nella tua vita troppo la mia presenza e poco quella di tuo padre. Secondo la dottoressa ho ragione e che forse dovresti avere per un certo periodo la possibilità di conoscere anche l’altra figura della tua famiglia.-
Alzai un sopracciglio come ancora più confusa di prima: - E quindi?-. Esclamai guardandola negli occhi.
- E quindi.. sai che papà è tornato la settimana scorsa da un viaggio..-  Iniziò mia madre, io ruotai gli occhi. Lo avevo odiato tanto perché lui era andato a Londra per i fatti suoi, così diceva ma in realtà era per conoscere una donna che aveva conosciuto tramite internet.  
- E lui vorrebbe tornare a Londra per tutta l’estate e abbiamo pensato che potrebbe portarti con se.-
Sgranai gli occhi a quell’idea. Io? A Londra? Da una parte saltavo di gioia dall’altra pensai ai miei amici, a quegli amici che nelle settimane degli esami avevo considerato poco, a quegli amici di spiaggia che mi aspettavano. - Ma non posso.. e Michi? Vero? Fede mi ucciderà!- Iniziai quasi balbettando ma lei mi sorrise mentre mio padre era rimasto in un fastidioso silenzio.
- Saranno sempre qua e potrai chiamarle con il computer.- 
Sospirai lasciandomi cadere sullo schienale della sedia. Guardai mio padre come per dirgli: “Sei pronto a sopportarmi?” Lui mi rispose come se mi avesse letto nel pensiero: - Saranno solo tre mesi, non è così terribile.- Mi sorrise dolcemente cosa che non presi con grande felicità.
Sospirai ancora mordendomi il labbro nervosa da quell’aspettativa. Dovevo pensare e da sola. Non potevo decidere così su due piedi.
Mi alzai di scatto dalla sedia: -Ti farò sapere domani, ho bisogno di pensarci.- Dissi sorridendo prima di correre in camera e rifugiarmi nel mio angolo. Mi raggomitolai sul letto stringendo al petto il mio peluches preferito, era una scimmia di nome Lilli, e guardando come incantata i poster che avevo appeso alle pareti. Foto mie, foto di Londra, delle stelle, dei miei film preferiti. Guardai la mia macchina fotografica pensando al desiderio che avevo sempre provato nel voler fotografare il Big Ben all’alba cosa che avrei potuto fare ora.
Presi il cellulare digitando il numero della mia migliore amica per una chiamata veloce, solo lei poteva aiutarmi a decidere.

All’inizio era rimasta sconvolta dalla notizia e poi aveva iniziato a insistere sul fatto che dovevo andarci approfittando della cosa non tanto per stare con mio padre ma per vivere tre mesi a Londra. A quel punto avevo deciso e in un pomeriggio feci le valigie insieme a mia madre tralasciando i pianti al giorno dopo.
Ci alzammo presto per ritrovare sotto casa le mie amiche che per farmi una sorpresa erano venute a salutarmi e a raccogliere le mie lacrime, sapevo che non stavo andando in guerra e che sarei tornata però era la prima volta che andavo via per così tanto senza di loro.
Nel giro di qualche ora eravamo già arrivati all’aeroporto ed eravamo sull’aereo diretto a Heathrow.

Durante il viaggio mi addormentai con la musica nelle orecchie mentre mio padre mi parlava di questa donna che da lì a poco avrei conosciuto. Quando mi svegliai, stavamo atterrando e anche lui si era addormentato alla fine.
Scesi dall’aereo prendemmo le valigie con mio grande rischio di ammazzarmi sul nastro e facemmo un pranzo veloce per poi prendere un taxi con abbastanza velocità. Non ascoltai la via in cui stavamo per andare, non sapevo nemmeno dove saremmo stati, lui non mi aveva detto niente.

Nel viaggio mi persi a guardare le case di periferia con un infantile stupore nell’associare quelle case a quella di Wendy di Peter Pan, una delle mie storie preferite. Dopo tre quarti d’ora arrivammo davanti ad una casa che aveva poco a che fare con quella della storia con mia grande delusione: era grossa, per i miei canoni, come una piccola villetta e aveva un giardino che circondava l’edificio. Da una delle finestre si poteva vedere un gatto che sembrava guardarci dall’alto, sorrisi immaginando già di coccolare quell’animale nonostante preferissi i cani di gran lunga.
Tempo di oltre passare il cancello del giardino che la porta si aprì mostrando una donna dai capelli scuri e lunghi e un sorriso che sciolse la tensione che avevo accumulato nell’attesa di incontrarla.
Mio padre la salutò con un bacio parlandole poi con un buon inglese, cosa che mi stupì poiché in casa fino allora ero stata io quella più brava nella seconda lingua. Dal mio canto sbiascicai imbarazzata un saluto prima di entrare al suo invito.

 

- Lasciate pure le valigie qui e andiamo in salotto. Avete fame? Siete arrivati prima del previsto.- Ci chiese lei mentre io mi lasciavo guidare verso quella stanza e mio padre rispondeva: - Tranquilla, abbiamo mangiato in aeroporto-.  
Mi guardai intorno mentre sprofondavo in un divano a L che dava su una TV al plasma, i mobili di tutto il salotto e probabilmente anche quelli del resto della casa erano molto moderni. Il mio sguardo cadde dalla TV ai due piccioncini che si erano seduti sul divano accanto al mio, mio padre aveva un braccio intorno alle sue spalle che mi sorrideva ancora e la cosa iniziava a mettermi in soggezione.
Iniziò a farmi domande sul viaggio e su come mi sembrava Londra, all’inizio aveva risposto mio padre al posto mio ma lei lo zittì appoggiandogli una mano sulla gamba. Sorrisi pensando che era un gesto tenero, voleva conoscermi e forse potevo darle una possibilità.
Ad un certo punto sentimmo la porta aprirsi e una voce che subito etichettai dal tono come dolce che chiamò: - Mamma? Sono qui ho finito prima l’intervista.-
Qualcosa nel mio istinto mi disse che avevo già sentito quella voce ma non ricordavo dove al momento.
- Oggi siete tutti in anticipo? Sono qui anche loro.- Rispose la fidanzata di papà mentre io mi voltavo verso l’entrata della stanza curiosa di vedere il nuovo arrivato e, se avevo intuito bene, colui che avrei sopportato per tre mesi. Sentì la donna dietro di me dire a mio padre:- E’ il piccolo voleva rivederti e conoscere lei.-


Tempo qualche minuto e fece il suo ingresso un ragazzo che doveva avere la mia età con in braccio il gatto che era alla finestra. La prima cosa che attirò il mio sguardo furono i foltissimi ricci che mi fecero venire l’istinto di toccarli e poi incontrai i suoi occhi smeraldini e il sorriso sornione come quello della madre incorniciato da delle tenere fossette. Quando guardai nell’insieme il ragazzo che indossava dei pantaloni bianchi e un maglioncino grigio sgranai gli occhi visto che ora avevo riconosciuto chi effettivamente era quel ragazzo.
Alcune delle mie amiche più care, tra cui Vero e Fede, erano fan di un gruppo che avevo conosciuto e sì mi piaceva nonostante non mi considerassi una vera e propria fan. Il gruppo si chiamava: One Direction e davanti a me avevo Harry Styles.
- Ehi ma io ti conosco!- Esclamai guardandolo stupita avanzare e sedersi accanto a me guardandomi con una faccia curiosa dalla mia reazione.
- Quindi non servono presentazioni? Meno male, tu sei Alice vero?- Disse lui usando la pronuncia inglese del mio nome e lasciando che il gatto si raggomitolasse sulle sue gambe.
- Sarebbe Alice, ma fa niente chiamami pure nell’altro modo. – Risposi usando la pronuncia giusta per me guardando il gatto con un sorriso dolce.

 

Passarono i minuti mentre i genitori avevano preso a parlarsi ignorando per quel tempo noi due. Io abbassai lo sguardo, volevo ritirarmi e stare con i miei pensieri, avevo accumulato troppe cose in un giorno. Harry sembrò leggermi nel pensiero perché fece un colpo di tosse per interrompere i fidanzatini:- Allora le faccio vedere la camera di Gemma?- Disse a sua madre che annuì, a quel punto mi alzai veloce mormorando un:- Grazie.- Lui mi rispose con un sorriso, evidentemente neanche a lui piaceva tanto l’ambiente che si era creato prima.
Mi aiutò a portare una delle mie valigie, cosa che apprezzai molto visto che me l’ero immaginato come uno di quelli viziati dal successo. Mi guidò in una camera al piano superiore molto grande rispetto alla camera che mi aspettava in Italia. La camera di Gemma aveva le pareti color violetto e c’era un letto ad una piazza e mezza al centro con la testiera attaccata al muro. All’angolo opposto alla porta c’era un armadio colo crema e vicino una porta-finestra che dava su un terrazzino. Tra il letto e la finestra c’era una porta che probabilmente dava su un bagno comunicante.
Entrai guardandomi intorno a bocca aperta sentendo un forte odore di lavanda. Mia madre adorava la lavanda e quell’odore mi fece pensare a lei e venire la nostalgia, feci per voltarmi verso la finestra dopo aver posato la valigia vicino al letto sentendo un groppo in gola. Come sempre avevo l’ansia del nuovo e mi sentivo terribilmente sola.
Harry sembrò notarlo perché mi arrivò davanti e mi prese per i fianchi stringendomi in un abbraccio. Il suo profumo mi investì e sentì i suoi ricci solleticarmi il viso. Rimasi rigida stupida dal gesto ma poi il calore del suo corpo mi rilassò e ricambiai l’abbraccio.
Rimanemmo qualche minuto così in silenzio finchè non lo allontanai per prima guardandolo con un mezzo sorriso.
- Sembravi bisognosa di un abbraccio.- Mi disse con un sorrisetto molto dolce stampato in viso.
- Non aspettarti questa dolcezza da parte mia in futuro.- Risposi io abbassando lo sguardo. Ero imbarazzata?! La cosa accadeva raramente, solitamente ero quella che se ne fregava abbastanza.
- Sì? Scommetto il contrario, so sciogliere chiunque.- Disse ancora lui abbassando di un tono la voce facendola sembrare quasi roca.
Ruotai gli occhi prima di spingerlo sul letto e aprire la valigia prendendo il necessario per una doccia.:- Ho bisogno di una doccia. A dopo!- Scappai in bagno evitando il suo sguardo. – Ecco di chi era questa puzza!- Mi urlò dietro scoppiando a ridere, io in risposta dal bagno gli lanciai contro la maglia che mi stavo togliendo riuscendo ad evitare di essere vista mezza nuda. Quando mi guardai allo specchio avevo le guance ancora rosse e mi sentivo addosso il suo profumo.

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Salve a tutti! Sono la scrittrice, chiamatemi Nyota. Bè cosa dovrei dire? Ho scritto questo primo capitolo perchè mi sono lasciata convincere da un'amica ed è da molto che non scrivo e spero di riuscire a trovare una fine almeno con questa storia. So che questo capitolo fa schifo e sono sincera, preferisco il secondo che ho già pronto. Se avete consigli fatemi sapere ovviamente!

Nyota

  
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