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Autore: Alexandra_ph    01/06/2012    2 recensioni
Una sfida: stesso titolo e stessa frase finale. Due racconti, due autori diversi: Pilgrim81 e Alexandra
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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E se...

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Alexandra

Era steso sul divano e i pensieri gli affollavano la mente. Una dopo l’altra, le immagini di oltre nove anni di vita gli scorrevano davanti agli occhi, accompagnate da un turbinio di sensazioni,  emozioni e senso d’impotenza, nonché la terribile convinzione d’aver sbagliato tutto quanto e per troppo tempo.

Era quello, più di ogni altra cosa, a farlo stare così male.

A fargli accusare quell’opprimente senso d’ansia e di angoscia e a farlo sentire come se stesse precipitando a poco a poco nel buio.

Lui la voleva.

L’aveva sempre voluta. Anche quando non lo sapeva ancora con certezza.

Ma oramai era troppo tardi. Su quel volo per Londra era salito solo.

Si agitò sul divano, come se il suo corpo, al pari della sua mente, rifiutasse il dolore di quella perdita e cercasse di ribellarsi all’idea di una vita senza di lei.

Mesi prima, su una spiaggia, dopo che lei aveva saputo che l’uomo che credeva d’amare e col quale, ne era certo, stava cercando di punirlo, le aveva mentito vergognosamente fingendosi morto, lui le aveva detto che, quando fosse stata pronta, avrebbe potuto tornare a cercarlo.

E, invece, lei non lo aveva fatto. Neppure quando avevano saputo che sarebbero stati separati da oltre cinquemila miglia di distanza.

In quei tre giorni dopo la comunicazione che le loro rispettive assegnazioni erano state cambiate,  l’euforia per la promozione e per la nuova sfida che lo attendeva in Europa erano state attenuate, se non addirittura smorzate, dall’idea di doverla lasciare.

Era stato anche a casa sua, con la speranza di riuscire a parlarle, ma non ne era stato capace: l’aveva vista, nonostante tutto, pronta a cominciare una nuova vita a S.Diego e decisamente molto meno turbata di lui all’idea che non avrebbero più lavorato assieme e non era riuscito a dire nulla.

Nulla. Neanche una delle cose che aveva nel cuore e che lo tormentavano da giorni, se non da anni. E che lo avrebbero tormentato per sempre.

Non aveva voluto turbarla, se per lei separarsi non era un problema. Aveva preferito, come sempre, lasciare che le cose rimanessero com’erano.

Lei non aveva fatto neanche un passo verso di lui ed egli l’aveva odiata per questo.

Anche se, in fondo in fondo, non poteva biasimarla: del resto, la colpa era stata quasi sempre sua. Era lui che si era sempre tirato indietro e che non aveva mai avuto il coraggio di buttarsi e amarla come desiderava fare e come sapeva che lei avrebbe voluto.

E anche quando le aveva fatto capire quanto era importante per lui, non era stato né esplicito né diretto: aveva giocato ancora una volta con le parole e gli sguardi, augurandosi che il legame che li aveva sempre uniti da solo le facesse comprendere i suoi veri sentimenti, dimenticando, o fingendo di dimenticarsi, che lei aveva bisogno di sentirsi dire che l’amava.

Aveva sprecato così tante occasioni…

Più ci ripensava e più se ne rendeva conto.

Oh, e se…

E se lei non fosse stata l’esatta copia di Diane? Forse allora sarebbe riuscito a vederla da subito come la splendida e sensuale donna che in realtà era e non avrebbe avuto paura di lei.

Allora, forse, l’avrebbe baciata molto prima… L’avrebbe fatto fin dalla  loro prima notte trascorsa assieme, a dormire abbracciati in un giaciglio improvvisato sui monti Appalachi, mentre cercavano di sfuggire ai bracconieri…

Oppure sarebbe tornato a casa con lei, anziché riaccompagnarla solo al Jag, dopo quell’avventura durante il ricevimento all’ambasciata sudanese. Lei era stupenda con l’abito blu notte che indossava e che sottolineava le sue curve seducenti…

Magari non l’avrebbe fatta andare via con Dalton Lowne e non avrebbe permesso che rassegnasse le dimissioni dal Jag, senza prima almeno dirle quanto la desiderava…

O forse sarebbe stato capace di dirglielo prima di tornare a volare, chiedendole di aspettarlo: era certo che lei lo avrebbe fatto, al contrario di Jordan, che diceva d’amarlo, ma  che invece lo voleva soltanto se era come lo desiderava lei.

E in Australia non l’avrebbe di certo rifiutata, quando lei gli aveva chiaramente fatto capire di volerlo.

E se per tutti quegli anni non avessero litigato tanto?

E se lui non avesse avuto altre donne?

E se lei non si fosse rifugiata nell’amore di altri uomini?

E se quando l’aveva stretta e baciata sul portico dell’Ammiraglio, durante la sua festa di fidanzamento con Brumby, non l’avesse lasciata andare? Se non le avesse permesso di staccarsi da lui, dalle sue labbra, dal suo abbraccio, ma l’avesse stretta di più a sé, dicendole quanto l’amava…

Allora, forse, tutto quanto sarebbe stato diverso tra loro.

Lei non sarebbe fuggita…

Oh, se solo non avesse tergiversato quando lei gli aveva chiesto se avrebbe lasciato Renèe per lei, e le avesse detto subito “Sì, certo che lo farei. Lo farei eccome”… lei avrebbe sentito le sue parole e forse tutto sarebbe stato diverso.

Avrebbe potuto rendere tutto diverso anche dopo il JAGATHON: anche in quel caso avrebbe potuto dirle la verità, ossia che con Renèe tutto era finito anche per causa sua, perché si era reso conto di non voler più altre donne, ma lei soltanto.

E invece non aveva detto nulla.

Nulla… Finché lei non stava per partire con Webb per quella missione in Paraguay che avrebbe potuto costarle la vita.

Glielo aveva domandato pure lei: “Perché ti accorgi di me solo quando sono un passo fuori dalla tua vita?”.

Quante cose sarebbero potute essere diverse…

Il cuore gli si era stretto in una morsa quando l’aveva vista su quel tavolo da tortura, alla mercé di quegli animali e non aveva esitato un attimo a fare fuoco e ad uccidere chiunque minacciasse di farle del male.

Ma non era bastato.

Aveva rischiato la vita e la carriera per lei, ma ormai era troppo tardi… Lei non lo voleva più.

C’era Webb nella sua vita.

Aveva odiato quell’uomo ogni istante in cui lo aveva visto accanto a lei, prima in Paraguay e poi anche a Washington.

Quando l’aveva vista baciarlo si era sentito morire…

E se Webb e Galindez non fossero arrivati in quella stanza d’albergo?

Sarebbe riuscito finalmente a confessarle il suo amore?

L’avrebbe finalmente baciata come desiderava fare da tempo, fino a farla sciogliere tra le sue braccia in una notte appassionata e dolcissima?

Sarebbe stato bellissimo fare l’amore con lei.

Oh, dannazione, e se…

E se…

All’improvviso si sollevò e si mise a sedere, prendendosi la testa tra le mani, in un gesto disperato: quelle immagini lo ossessionavano, trasmettendogli un’ansia indescrivibile… ogni volta gli sembrava di soffocare, di scivolare in un baratro senza fine che era la sua vita…

Scosse la testa, ancora turbato.

Mise a fuoco ciò che lo circondava e si rese conto d’essersi addormentato sul divano, mentre cercava di rivedere degli appunti per il giorno dopo.

E aveva sognato.

Ancora una volta quel sogno terribile.

Lo stesso sogno. Lo stesso incubo.

Per quanto tempo avrebbe continuato a tormentarlo? Quando, finalmente, avrebbe smesso di sentirsi tanto angosciato?

Si alzò dal divano e raggiunse la camera da letto, ancora intontito e turbato. Ma ciò che vide lo fece ritornare immediatamente al presente. Un presente, per sua fortuna, meraviglioso.

Nel letto c’era lei, con il loro bambino di pochi mesi tra le braccia. Dormivano entrambi beati.

Osservò l’espressione dolce di Mac e poi guardò suo figlio accoccolato accanto a lei, e quell’immagine, come sempre gli accadeva quando li osservava insieme, gli riempì il cuore di tenerezza.

Facendo attenzione a non svegliarli, si coricò accanto a loro, fregandosene di tutti i manuali di puericultura che sostenevano l’importanza che un neonato dormisse fin da subito nel proprio lettino.

Domani…

Domani lo avrebbe messo nella sua culla. Per ora lo avrebbe lasciato lì, in mezzo  a loro due, limitandosi a riempirsi gli occhi e il cuore di quella dolce immagine.

Sorrise e si rese conto di formulare un pensiero, quasi una preghiera…

Dio, quant’è bella la vita!

 

  
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