6.
Il brusio nella sala delle riunioni
della casa di Istrea, era solo paragonabile a quello che, una volta, Naell
aveva udito durante una seduta del Concilio della Corona.
E quella volta, aveva origliato
attraverso un panneggio dietro cui si era nascosta, non era stava veramente presente alla riunione.
Questa
volta, però, non c’era nessun pesante telo damascato a proteggerla dalle
occhiate di chi, nella sala, la stava guardando a metà tra lo sconvolto e
l’invidioso.
Solo
le mani forti e protettive di Aken ed Eikhe, in piedi dietro di lei, la
consolavano e la trattenevano dal fuggire a gambe levate da quel posto.
Non
che volessero farle del male, ma aveva idea di avere fatto quasi uno sgarbo a
tutte loro, incontrando il dio-lupo a cui loro erano devote quando, a quasi
nessuna del villaggio, era stato concesso un simile onore.
Seduta
accanto a lei assieme ai gemelli, che apparivano stranamente tranquilli e quasi
indifferenti al caos generato dal loro ritorno a Hyo-den, Liana le strizzò
l’occhio.
«Vedrai
che non appena arriverà Istrea, si daranno una calmata.»
«Ho
quasi paura del suo arrivo» brontolò Naell, prima di sorridere benevola ad
Antalion, giunto nella stanza praticamente di corsa.
Scivolando
abilmente tra i corpi di donne assiepate nella sala, raggiunse in fretta la sua
famiglia e, dopo aver dato un bacio ai fratelli e alla cugina, si inginocchiò
dinanzi a Liana.
«Sono
arrivato appena ho potuto. Allora, che succede? Dove li hai pescati?»
Liana
si limitò a sorridergli dolcemente, prima di chinarsi a dargli un modesto bacio
sulle labbra per poi sussurrare: «Erano a passeggiare con Hevos e Haaron.»
Antalion
sobbalzò di sorpresa, fissando i tre ragazzi con aria apertamente sconvolta.
«Miseriaccia!
Entrambi? Siete stati davvero baciati dalla fortuna!»
«Non
ne sono sicura» borbottò Naell, ripensando alle parole di Hevos.
Perché
ci sarebbe stato bisogno di due colonne portanti?
E
perché, i gemelli sarebbero stati i due pilastri di un ponte?
Un
ponte per dove? O per unificare chi?
Cosa
sarebbe successo, nel loro futuro? E perché lei era finita nel bel mezzo di
quella visione-non visione?
Fatto
accomodare Antalion al fianco dei gemelli, Liana gli strinse una mano per un
istante e sussurrò a bassa voce al suo orecchio: «Ora c’è troppa confusione,
per cui te ne parlerò dopo, ma Hevos ha detto una cosa anche a me.»
«Forte!»
sorrise divertito Antalion, dandole un bacio con lo schiocco sul naso, e
tornando serio subito dopo non appena Istrea entrò nella sala, che azzittì
tutti con lo sguardo.
Il
brusio scemò di colpo, facendo piombare la stanza nel silenzio più teso che
Naell avesse mai provato.
Nessuna
osava aprire bocca e, mentre Istrea raggiunse il palchetto su cui avrebbe
parlato a tutte loro, la ragazza percepì distintamente la stretta di Eikhe e di
Aken farsi più forte, sulle sue spalle.
Erano
con lei, in tutto e per tutto.
Naell
levò su di loro uno sguardo grato, prima di udire Istrea parlare per la prima
volta.
«Visto
che i nostri fuggiaschi stanno ovviamente bene…» e, nel dirlo, sorrise ai
gemelli e alla principessa. «… vediamo di capire cosa ci ha riferito Liana e
cosa, Hevos, abbia detto a questi tre fanciulli benedetti.»
Liana
si levò in piedi pur tenendo una mano allacciata a quella del compagno, che le
sorrise fiero.
Con
tono tranquillo, esordì dicendo: «Quando ho raggiunto i ragazzi grazie
all’aiuto di Luak, che mi ha indirizzata verso di loro, li ho trovati in
compagnia del dio-lupo Hevos e dell’emanazione del dio-corvo Haaron che, a
quanto pare, si serve di Wolan per osservarci.»
Questa
prima notizia portò i presenti a un nuovo giro di battute sussurrate e commenti
increduli, che Istrea riportò immediatamente al silenzio con un cenno imperioso
della mano.
«Continua
pure, Liana» la pregò poi Istrea.
Annuendo,
Liana aggiunse con voce stentorea: «Il dio-lupo ha offerto in dono ai figli
della famiglia reale i cuccioli di Luak e Symill, quale segno dell’unione
profonda che esiste a tutt’oggi tra la casa regnante e le figlie e i figli del
branco.»
«Dei
lupi dovrebbero vivere in un palazzo?!» esplose una delle donne, non potendo
trattenersi oltre.
Istrea
levò una mano per calmare sul nascere quella che avrebbe potuto, ben presto,
diventare una discussione più che violenta.
Presa
la parola, la Signora del Villaggio si rivolse direttamente a Naell chiedendole
gentilmente: «Non devi pensare che qualcuno di noi possa avercela con te,
bambina. Dicci quello che Hevos ti ha detto.»
Naell
arrossì lievemente e, schiarendosi la voce, si levò a sua volta in piedi ed
espose i fatti avvenuti nel bosco.
Naturalmente,
omise ciò che Hevos aveva desiderato tenere segreto e, quando ebbe terminato di
parlare, Istrea annuì gravemente prima di permetterle di accomodarsi.
Osservate
subito dopo le sue sorelle e i pochi uomini presenti nella sala, Istrea disse
cupamente: «Se Hevos ha scelto una via diversa da tutti gli altri loro fratelli,
per i figli di Luak e Symill, noi non possiamo che accettare la sua decisione.
E’ più che ovvio che Lui sa cose che noi ignoriamo. I lupi partiranno con te,
quando la tua permanenza qui avrà termine, principessa, e io mi auguro con
tutta me stessa che tu vorrai prenderti cura di loro come hai fatto qui al
villaggio.»
«Più
che sì, Signora» mormorò Naell, reclinando ossequiosa il capo.
Sapeva
benissimo che quella decisione non piaceva a nessuno, pur avendo ascoltato la
voce di Istrea e avendone percepito il tono imperioso, di comando.
Non
una sola sorella, o fratello del branco avrebbe potuto opporsi a quell’ordine,
ma Naell era certa che, per nessun motivo, ciò sarebbe stato accettato con
leggerezza.
Tutti,
al villaggio, amavano i lupi e li onoravano, e l’idea di sapere tre di loro
confinati entro le possenti e fredde pareti di un palazzo, era quasi più
detestabile della loro morte.
Rajana
era vista alla stregua di una gabbia e, con l’esempio di Aken a fungere da
memento vivente, non sarebbe stato facile far comprendere loro che, in quel
luogo, si poteva anche vivere serenamente.
Quando
la seduta fu sciolta, e Naell poté uscire dalla casa di Istrea, la ragazza si
scusò con gli zii e i cugini e, già con le lacrime agli occhi, corse a
perdifiato fino al capanno dei lupi.
Non
voleva che nessuno la vedesse e, soprattutto, non voleva sentire su di sé il
biasimo per una cosa che non aveva scelto, né voluto.
Non
lei era stata a decidere per la vita dei tre lupi, ma Hevos e,
indipendentemente dalle parole cordiali di Istrea, Naell sapeva benissimo
che tutte ce l’avevano con lei.
Dopo
aver aperto di botto la porta del caseggiato e aver scavalcato il recinto con
un balzo, si gettò in ginocchio accanto a Symill, che uggiolò spaventata per la
sua strana reazione.
Abbracciandola
con forza, singhiozzò spiacente e mormorò: «Non l’ho deciso io, Symill. Non è
colpa mia, non è colpa mia…»
Dondolò
avanti e indietro, tenendo stretta a sé la lupa che, a momenti alterni,
uggiolava spiacente e le leccava consolatoria il viso.
I suoi
cuccioli trotterellarono innocenti attorno a loro, e Ylar le morse le brache per attirarne
l’attenzione.
Si
sentiva morire dentro, al pensiero di separare quella famiglia e non capiva
perché Hevos avesse voluto mettere sulle sue spalle un simile peso.
Lei
era solo una bambina!
Non
poteva affrontare una simile prova! Non voleva!
Per
ore e ore rimase lì ad abbracciare la lupa, a piangere tutte le sue lacrime sul
suo pelo morbido.
Quando,
però, la voce di Kaila riuscì a penetrare nella sua mente, Naell si volse con
un sobbalzo e osservò sorpresa il viso dell’amica stagliarsi sull’entrata del
capanno.
La
luce del tramonto tingeva le vette dei monti alle sue spalle.
Era
dunque passato così tanto tempo?
Un
sorriso gentile si dipinse sul volto di Kaila che, entrando con passo
tranquillo, si appoggiò allo steccato e le chiese: «Stai meglio?»
«Insomma»
borbottò Naell, osservandola mentre, agilmente, superava lo steccato per
raggiungerla.
Sedutasi
a terra sulla paglia smossa e profumata di fresco, Kaila le diede un colpetto
contro la spalla, mormorando: «Per la cronaca, nessuno ce l’ha con te. E’ che
non capiamo il volere di Hevos.»
«Alcune
sono gelose del fatto che io, una
straniera, abbia potuto vederlo» ci tenne a dire Naell, storcendo il naso.
«Beh,
allora sono più sciocche di quanto io abbia mai potuto pensare fino a ora. Come
se noi potessimo decidere di incontrarlo, o meno! E’ Hevos ha decidere, non
noi» ridacchiò Kalia, facendo spallucce.
«Sarà
anche così, ma… in fondo, non è il mio dio. Perché ha scelto me, per questo
regalo?»
«Quante
altre principesse reali conosci, qui intorno?» ammiccò Kalia, facendola
sorridere. «Non so cosa spinga Hevos, ma so che tu ti prenderai cura di Ylar, e
so che insegnerai lo stesso ai tuoi fratelli. Ci deve essere sicuramente un
disegno più ampio, in tutto questo, ma noi non sappiamo leggerlo.»
Perché
non posso dirglielo!?, si lagnò tra sé Naell, rimpiangendo di aver promesso a Hevos il totale
silenzio sull’intera faccenda.
Kalia
poggiò una mano sulla sua spalla, scrollandola gentilmente e, con un mezzo
sorriso, asserì: «Porti un grande peso sulle spalle, principessina, ma ricorda
una cosa; non sarai mai sola. L’hai detto tu stessa un sacco di volte. La tua
famiglia ti ama, e qui hai amici e parenti che si farebbero in quattro, per te.
Per quanto il peso del tuo titolo sia abnorme, non dovrai mai portarlo
interamente con le tue sole forze.»
Abbozzando
un sorrisino, Naell le chiese: «Se ti volessi come mia consigliera, un giorno, verresti
da me a Rajana?»
«Chissà,
tutto è possibile…» ammiccò Kaila, alzandosi in piedi e aiutando Naell a fare
altrettanto. «Sono tua amica e sempre lo sarò, hillan. Ricordati questo,
quando ti sentirai sola e sconsolata. E rammenta anche che, una volta che sei
stata toccata da Hevos, non potrai mai, veramente, sentirti abbandonata da
tutti, perché una figlia o un figlio del branco ci saranno sempre, per te.»
Naell
non poté impedirsi di stringere Kaila in un abbraccio caloroso e, poggiato il
capo contro i suoi seni, sorrise grata e sussurrò con decisione: «Avrai sempre
un posto speciale nel mio cuore, amica mia!»
«E tu
nel mio, hillan. Ma ora andiamo. Credo ti aspettino per cena, quindi…»
Naell
rise con lei nell’uscire dal recinto ma, quando si volse indietro per osservare
un momento Symill, il dolore tornò nel suo cuore, pesante come un macigno.
Avrebbe
davvero osato portare via Ylar da quel mondo? Strapparlo ai suoi genitori?
***
Quando
la cena fu consumata e anche l’ultima fetta di torta fu fatta sparire dal
piatto, Liana si levò in piedi e, tossicchiando per attirare l’attenzione di
tutti i presenti, sorrise al compagno e disse: «Come Naell e i gemelli già
sanno, ho qualcosa di molto importante da dirvi.»
Enyl e
Rannyl sorrisero complici a Naell che, deliziata all’idea di sapere già tutto,
aveva le stelle negli occhi al pensiero di ciò che avrebbe detto, o fatto,
Antalion alla notizia.
Era
così bello pensare che, ben presto, suo cugino e sua cugina avrebbero avuto un
bebè da stringere tra le braccia!
Guardando
la compagna con aria divertita, Antalion commentò: «E’ tutto il giorno che
tieni per te questa notizia. Finalmente possiamo essere informati anche noi!»
«Farai
meno il gradasso, tra un po’» scherzò Liana, prima di strizzare l’occhio a
Naell ed esclamare allegra: «Aspetto un bambino!»
Antalion,
che era appoggiato sui piedi posteriori della sedia, sgranò sconvolto gli occhi
prima di perdere l’equilibrio e finire lungo riverso sul pavimento.
Eikhe,
invece, raggiante di felicità, balzò in piedi per abbracciare l’amica ed
esclamare: «Oh, per Hevos! Sono felicissima per voi!»
Cercando
di non badare alle risate divertite dei figli minori e al risolino di Naell, Aken
si levò in piedi per recuperare Antalion da terra, ancora tremendamente confuso
da quella notizia data a bruciapelo.
Presolo
per mano, lo tirò in piedi e lo abbracciò, dicendogli commosso:
«Congratulazioni, figliolo.»
«Grazie…
papà» ansò Antalion, stringendosi a lui per un istante prima di intrecciare lo
sguardo della sua compagna e mormorare: «Volevi farmi morire?»
«Tutt’altro»
ridacchiò lei, abbracciandolo con foga non appena gli fu possibile. «Allora,
sei contento?»
«Contento?
Farai fatica a trovare una persona più felice di me, tra queste montagne»
sogghignò Antalion, prendendola in braccio prima di darle un soffocante bacio
sulla bocca.
«An e
Liana si baciano! An e Liana si baciano!» strillarono in coro i due gemelli,
danzando allegramente attorno alla tavola da pranzo.
Naell
li osservò con un misto di gioia e tristezza assieme e, quando fu sicura di non
offendere nessuno, si scusò con loro e uscì per andare a dormire.
Addusse
come scusa il fatto di sentirsi molto stanca, dopo quella giornata ricca di
imprevisti, e infine uscì sola e triste.
In
realtà, non riusciva a provare la stessa gioia che sentivano loro, e non voleva
guastare la festa a nessuno.
Per
quanto fosse lieta della notizia, l’idea di festeggiare le sembrava assurda.
Non se
la sentiva di essere felice quando sapeva bene che, nel giro di poche
settimane, avrebbe spezzato il cuore di due lupi che lei amava tantissimo.
Luak e
Symill erano adorabili e così pure i loro cuccioli, ma lei non li voleva
separare, non voleva allontanarli dal loro villaggio, da tutte le loro
certezze.
Erano
troppo piccoli! Troppo indifesi!
Non
avevano alcuna voce in capitolo in quella faccenda, e non era giusto!
Detestava
l’idea di essere usata per fini politici, ma sapeva che questo avrebbe potuto
succedere, un giorno, perché lei era nata principessa.
Per
quanto i suoi genitori le volessero bene, il regno era ugualmente importante.
Lei
per prima non si sarebbe tirata indietro, per la sua difesa, in qualsiasi modo
essa avesse dovuto essere fatta.
Perciò
detestava l’idea che creature così dolci e indifese, dovessero subire una sorte
su cui loro non avevano avuto alcun potere, né decisione.
Non
era giusto!
«La
giustizia, spesso e volentieri, non ha a che fare con questo mondo.»
Sobbalzando
per la sorpresa e lo spavento assieme, Naell crollò a sedere su uno dei gradini
della veranda quando, volgendosi a mezzo, trovò a fissarla con molta
comprensione niente meno che Hevos
Due
volte in un giorno? No, era troppo!
Balbettando
uno stentato saluto, Naell lo vide trottare su per le scale fino a raggiungerla
e, a grande sorpresa, sedersi accanto a lei e sfiorarle il viso con il naso
freddo e umido.
«Il
tuo cuore è appesantito dalla scelta, e questo me ne dispiace, ma doveva essere
fatto» le disse ancora Hevos, con tono spiacente.
«Amo
quei cuccioli, ma non meritano di crescere lontano da tutto ciò che conoscono e,
soprattutto, senza che sia loro la scelta» mormorò Naell, stringendosi le
braccia attorno al corpo tremante. «Non voglio che qualcuno soffra a causa mia
e, di sicuro, Luak e Symill soffriranno, checché ne dicano loro… o voi, con
tutto il rispetto.»
Hevos
si librò in una risatina prima di ammettere: «Non posso che essere d’accordo
con te, ma dovevo…era necessario metterti alla prova, principessa.»
«Perché?
Sempre per via di quel futuro oscuro che ci avete prospettato?» domandò Naell,
più che sicura che Hevos non avrebbe risposto.
«Sì»
disse soltanto lui, sorprendendola un po’.
Beh,
insomma, non era una gran risposta, ma non si era aspettata neppure un cenno
con il muso, quindi…
«Posso
dunque rifiutare il vostro dono? Non vi sentirete offeso?» tentennò lei.
«Il
libero arbitrio è molto più di un incontro di parole, principessa. Puoi seguire
il tuo cuore, per ora, ma sappi che un domani questa possibilità non ti verrà
data, e che sarà la necessità a guidarti, non necessariamente i tuoi desideri.
Sei pronta ad accettarlo?»
«Sono
nata principessa. Lo so da quando sono nata» asserì Naell, rizzando le spalle e
guardandolo con fierezza.
«Quindi
accetti il tuo ruolo, senza rimpianto alcuno?»
Vagamente
sorpresa che lui fosse a conoscenza dei suoi tentennamenti, Naell sorrise e
commentò: «C’è qualcosa che non sapete, dio-lupo?»
«Ben
poche cose, in effetti. Non so cosa mangerai domattina per colazione, per
esempio» sentenziò divertito Hevos, facendola ridere sommessamente. «Il Fato mi
è in parte visibile, in parte no. Posso intervenire per consigliare, non per
ordinare, perché i miei figli a me tanto cari, non finiscano nel baratro. A
volte, le decisioni da prendere sono più difficili di altre, perché il futuro
che attende al varco è più funesto di altri,ma tutto è fatto solo per un
motivo.»
«Permetterci
di vivere al meglio?» ipotizzò Naell.
«E’
nei miei intenti. Anche se a volte non posso evitare che certe disgrazie
avvengano» sospirò Hevos, reclinando il muso per poggiarlo sulle gambe della
ragazza, che sospirò di sorpresa per quel gesto davvero inaspettato.
Arrischiandosi
a toccarlo, Naell gli carezzò il capo morbido, avvertendo il freddo della brina
e il calore del suo corpo vivo. Era una strana sensazione.
Hevos
chiuse gli occhi, mormorando malinconico: «Hyo fu l’ultima ad accarezzarmi il
capo come stai facendo tu. Mi manca così tanto!»
Naell
proseguì nella sua carezza prendendo anche le spalle e la schiena e, mentre la
sua mano si bagnava di brina al pari dei calzoni, lei domandò spiacente al
dio-lupo: «Vi è spiaciuto vedere quanta sofferenza le vostre figlie si siano
causate nel corso dei secoli?»
«Molto.
Ma occorreva tempo per tutto, anche perché aprissero gli occhi e tornassero
alla verità che io avevo voluto per loro. A volte è difficile osservare i
propri figli commettere degli errori, e non poter intervenire come si vorrebbe.
Ma occorre dar loro fiducia, perché comprendano da soli» le spiegò
sommessamente Hevos, sempre tenendo gli occhi chiusi e scodinzolando
debolmente.
«Farò
del mio meglio per prepararmi a questo futuro non proprio roseo, ve lo
prometto. Non so ancora esattamente come, ma lo farò» gli promise Naell, con
veemenza.
«Rimani
te stessa e dai voce alla tua anima, in tutte le sue declinazioni. Luak aveva
fiducia in te, e ho visto che è stata ben riposta. Se manterrai questo tuo
cuore saldo e puro, non avrai difficoltà ad affrontare ciò che avverrà nel tuo
futuro» asserì con decisione Hevos, rialzando il muso per guardarla negli
occhi.
«Nessuna
anticipazione?» ironizzò Naell, sorridendo bieca.
«Credi
nel diverso e nello sconosciuto» le disse lui, rialzandosi sulle zampe.
«Diverso
e sconosciuto» annuì Naell, imitandolo.
«Grazie
per le carezze e per la bella chiacchierata» mormorò a quel punto Hevos,
trotterellando giù dalle scale.
«Vi
rivedrò più?» volle sapere Naell.
«Forse.
Per ora, buona fortuna, principessa Naell Yollande di Rajana.»
Ciò
detto, svanì in una nuvola di brina sotto i suoi occhi e Naell, con un sorriso,
sussurrò all’oscurità: «Grazie, Hevos.»
***
Tenendo
in braccio Ylar, che le stava leccando il mento come se fosse stato il più
dolce tra i bocconi, Naell fissò seria in viso Istrea e disse perentoria:
«Rifiuto il dono di Hevos. Il posto dei lupi è qui. Non deciderò mai la
loro sorte. Saranno liberi di fare ciò che vogliono e se, un domani, vorranno
accompagnare il nostro cammino, sarò ben felice di accoglierli a Rajana, ma non
un giorno prima.»
Istrea
la fissò con altrettanta serietà e le replicò gentilmente: «Sai che rifiutare
il dono di un dio, a volte, ci si può ripercuotere contro, vero?»
«Ne ho
parlato con il diretto interessato, e Lui è d’accordo» scrollò le spalle Naell,
facendo sobbalzare tutte le presenti, ivi compresa Eikhe.
Imprecando
senza tanti complimenti, Istrea fissò la principessa con cupo cipiglio prima di
rivolgersi a Eikhe ed esclamare: «Cos’ha, la tua famiglia, da attirare Hevos
come le mosche sul miele?»
«Credo
dovrai chiederlo direttamente a Lui, Istrea» ridacchiò Eikhe, avvolgendo con un
braccio le spalle della nipote. «E’ successo ieri sera, quando sei uscita per
andare a letto?»
Naell
annuì, spiegando loro come si sentisse all’idea di strappare i lupi alla loro
casa e che, pur amandoli tanto, non li avrebbe mai condannati a seguire una
scelta che loro non avevano potuto fare.
Alla
fine, stringendo maggiormente a sé Ylar, Naell lo baciò sul musetto e terminò:
«Non potrei mai vederlo infelice. I genitori sanno della scelta di Hevos e
della mia. Se un domani vorranno dirlo anche ai loro cuccioli, saranno loro a
scegliere se venire da noi, o meno. Ma non sarò io a obbligarli.»
«Questo
ti fa onore, Naell» le sorrise benevola Istrea.
«E’
quello che farebbe qualsiasi figlia del branco» le replicò Naell, arrossendo
leggermente.
«E tu
lo sei, mia cara. Lo sei» annuì orgogliosa Istrea, annuendo in direzione di
Eikhe, che strinse maggiormente a sé la nipote.
I
passi frettolosi di uno dei più giovani figli del branco le interruppe e,
quando videro entrare di corsa e trafelato il piccolo Alistan, Istrea lo
accolse con un sorriso chiedendogli: «Dove corri così di corsa, ragazzo?»
Riprendendo
fiato a pieni polmoni tenendo le mani sulle cosce, Alistan esalò a mezza voce:
«Una missiva… per…la principessa. Da palazzo.»
Naell
impallidì leggermente e, dopo aver messo a terra Ylar, che zampettò accanto a
lei uggiolando per tornare in braccio, prese la lettera dalla mano tremolante
di Alistan.
Era chiusa
dal sigillo in ceralacca con le insegne di suo padre e, perciò, aveva un
carattere dannatamente ufficiale.
Ringraziato
il bambino, spezzò il fermo di cera rossa e infine aprì il messaggio.
«Vedrai
che non è successo nulla di grave» la tranquillizzò Eikhe, sorridendole
benevola.
Naell
annuì, pur leggendo febbrilmente la missiva per comprendere quanto prima il suo
contenuto.
Dopo
aver dato una scorsa alle prime righe, però, si bloccò di colpo, levò uno
sguardo dubbioso all’indirizzo della zia ed esalò: «Sono tutti impazziti, a
Rajana?»
Eikhe,
al pari delle altre donne presenti e del giovane Alistan, che strabuzzò gli
occhi alle sue parole, esalò un sospiro di sorpresa.
Data
una scorsa veloce al contenuto della missiva, sgranò a sua volta le iridi
dorate, dicendo subito dopo: «O sono molto ottimisti, o tuo padre soffre di
demenza senile precoce.»
Scoppiando
a ridere nervosamente, Naell replicò alla zia: «Non dovresti parlare così del
re, neppure tu che sei Eroina del Regno.»
Eikhe
si limitò a scrollare negligente una mano prima di guardare una curiosa Istrea
e spiegare a tutte loro: «I principi Staryn e Meriton stanno venendo qui assieme
a una delegazione del Regno di Akantar …e al suo principe ereditario.»
«Dèi
del Cielo!» esclamò Istrea, impallidendo. «Vogliono vedermi morta! Non possiamo
garantire la sicurezza per così tanti nobili titolati! Per Hevos, tuo padre
vuole davvero farmi venire un infarto prima del tempo!»
Naell
cercò di tranquillizzarla, replicando: «Avranno un intero battaglione a
difenderli, Istrea. Non penso proprio che vengano tra le montagne senza una
buona scorta di acciaio a rinforzo.»
Storcendo
il naso indispettita, Istrea ribatté: «Basta un fosso nascosto dall’erba alta
per far morire un principe. Una zampa di un cavallo messa male e, puff, il principe si spezza il collo nella
caduta e siamo tutti bell’e che fritti.»
«Vero» ammise torva la principessa, chiedendosi
cosa fosse venuto in mente a suo padre.
Da quando in qua lasciava che entrambi i fratelli si muovessero all’unisono fuori dal
palazzo?
E chi era questo principe di Akantar?
Sapeva che quel reame era al di là del mare, e
governato da un sovrano illuminato che suo padre stimava da tempo, ma non aveva
mai saputo che vi sarebbe stata una visita da parte loro.
Quando erano giunti?
Camminando nervosamente avanti e indietro, le mani
strette dietro la schiena e l’aria di chi volesse strangolare qualcuno, Istrea
mugugnò irritata: «Questa me la pagherà, tuo padre, te lo giuro, piccola
Naell.»
«Ne terrò debito conto» ridacchiò la ragazza,
sorridendo complice alla zia, che ammiccò divertita.
Bloccandosi a metà di un passo, la Signora del
Villaggio abbaiò alla figlia con tono da generale: «Manda un messaggio via
falco al comandante delle Guardiane. Le voglio qui non più tardi di domani. Devono controllare i confini di Hyo-den, quindi di’ loro
di portare i loro culi qui al più presto. Vai!»
Selden si guardò bene dal far notare alla madre che
non si potevano dare ordini alle Guardiane quanto, piuttosto, chiedere cortesemente che facessero la loro apparizione dove
necessitava.
Uscì di volata dal capanno tirandosi dietro
Alistan, prima che la madre lo mandasse in giro a dispensare ordini e,
strizzando l’occhio al bambino, gli consigliò: «Stai alla larga da mia madre
per un po’, se non vuoi che ti usi da ambasciatore per tutta la giornata.»
«Farò come dici, Selden. Grazie» ammiccò il
bambino, correndo via di gran fretta.
Selden lo imitò, avviandosi lesta verso la sua casa
per scrivere di volata il messaggio di sua madre in cui, naturalmente, avrebbe aggiunto una buona dose di ‘per favore’
e di ‘potreste’.
Istrea, nel frattempo, guardò accigliata Eikhe e
ordinò: «Fai preparare tutte le figlie sacre tra i venti e i trent’anni in
assetto da battaglia… Liana esclusa, s’intende, visto che è incinta. Dopodiché,
tu e la tua squadra di arciere vi apposterete sui tetti delle case per
controllare la situazione dall’alto, non appena avremo saputo dalle sentinelle
del loro avvicinamento. Non voglio un solo buco libero. Non uno!»
Eikhe annuì tranquilla e uscì con calma dalla casa
matronale, dopo aver lanciato un sorriso a Naell.
Rimasta assieme a Istrea e poche altre, la
principessa le chiese educatamente: «Non credi che sia un tantino eccessivo?»
«Anche se siamo in tempo di pace, mia cara, i
briganti sono comunque presenti tra le montagne, e non voglio di certo che uno
dei tuoi fratelli o questo fantomatico principe ospite siano colpiti per errore
durante una scorribanda. Credimi, niente sarà
eccessivo, quando giungeranno qui» brontolò Istrea, prima di lanciarsi in una
nuova serie di ordini sbraitati a destra e a manca alle sue sorelle.
Vedendosi del tutto inutile, Naell si affrettò ad
uscire dal capanno per tornarsene a casa quando, sulla porta, trovò ad
attenderla i due gemelli che, sorridenti, la presero per mano chiedendole:
«Istrea è impazzita?»
«No, piccoli. E’ solo molto, molto agitata» replicò
loro Naell, sorridendo benevola. «Voi come vi sentite, dopo tutti questi strani
eventi?»
Enyl e Rannyl si guardarono all’unisono prima di
sorridere e ammettere:«Un po’ di paura l’abbiamo avuta, ma non lo dirai al
papà, vero?»
«Il segreto morirà con me» promise loro Naell.
C’erano un po’ troppe cose che doveva tenere
nascoste ma, in fondo, una in più che differenza faceva?
N.d.A.: Domandina: cosa faranno i lupacchiotti?