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Autore: FanficwriterGHC    01/06/2012    6 recensioni
AU- Recandosi a Barnes and Noble per farsi autografare un libro da Richard Castle, Kate Beckett non avrebbe mai immaginato di incontrare sua figlia e di farle da babysitter per il resto del pomeriggio. Quello che accadde in seguito fu qualcosa che non aveva vissuto nemmeno nei suoi sogni più incredibili.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alexis Castle, Kate Beckett, Quasi tutti, Richard Castle | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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CHAPTER 5:



 

“I ragazzi mi hanno detto che te ne sei andata presto lunedì..?”

Kate si voltò e vide Lanie Parish, la nuova assistente medico, appoggiata alla sua scrivania. Avevano preso un caffè insieme qualche volta da quando lei era arrivata. Kate la trovava simpatica, anche se un po’ sfacciata. Era bello avere un’altra ragazza intorno, qualcuno che la incoraggiasse ad essere anche femminile, una volta ogni tanto. Karpowski l’aveva preparata bene e insieme tenevano testa ai ragazzi, ma certamente non era il tipo da pettegolezzi.

“E se l’avessi fatto?” replicò Kate pacatamente.

“Sono solo curiosa di sapere come mai” rispose lei con un’alzata di spalle, sistemandosi la divisa. “Stando a quello che mi hai raccontato, e che gli altri dicono, non stacchi mai presto”.

“Non ho staccato presto, in realtà” ribatté Kate, passando in rassegna i documenti che Egrin aveva finito per lei. Avrebbe dovuto comprargli una bibita. “Per una volta me ne sono andata ad un orario decente”.

“Non fa differenza per te” insistette Lanie, lasciandosi cadere sulla sedia che Kate ed Esposito tenevano in mezzo alle loro scrivanie. “Ed è una giornata tranquilla oggi, niente cadaveri. Quindi.. sputa il rospo”.

“Perché pensi sempre che ci sia dietro qualcosa?” chiese Kate riordinando i documenti “Sarei potuta andare a casa a farmi una dormita. E’ stata una settimana dura”. Era combattuta fra punzecchiare la sua nuova amica e voler mantenere la sua vita privata così com’era: privata.

“Ma non l’hai fatto. Sembri troppo rilassata per non aver fatto altro che dormire per un giorno e mezzo”.

Kate scosse la testa. “Ti rendi conto che non ha alcun senso, vero?”

Lanie rise. “Zitta e sputa il rospo”.

“Sono andata a cena da un amico” rispose lei alzando le spalle. Era vero, o almeno.. era la cosa che più si avvicinava alla verità.

“Quale amico?”

“Perché t’importa?”

“Perché non vuoi dirmelo?”

Si lanciarono un’occhiataccia. “Beckett, dì alla tua amica perché te ne sei andata presto così ce ne possiamo tornare tutti al lavoro in pace, eh? Queste chiacchiere femminili mi stanno facendo venire il mal di testa” brontolò Esposito.

“Chiudi il becco Esposito” risposero Kate e Lanie all’unisono.

“Suscettibili..” mormorò lui.

“Comunque” sorrise Lanie voltandosi di nuovo verso Kate e facendole l’occhiolino. “Chi è il tuo nuovo amico?”

Kate sospirò. Se avesse resistito, Lanie l’avrebbe punzecchiata ancora di più.

“Rick Castle” rispose con calma.

“Scusa?!”

 “Rick Castle” ripeté, lanciando un’occhiata a Lanie “E non ingigantire la cosa”. Per favore, per favore, stai calma e tranquilla e..

“Hai avuto un appuntamento con Rick Castle?!” squittì Lanie.

Kate la incenerì con lo sguardo non appena molti si furono voltati verso di loro. “No” rispose ad alta voce, girandosi verso gli altri poliziotti, che velocemente si ritirarono sulle loro scrivanie. “Davvero, Lanie”.

“Perdonami” sorrise lei “Ma.. sul serio? Hai cenato con lui? Lo scrittore?”

“Ho cenato con lui e sua figlia. E’ stata solo.. solo una cena”. Era stata una cena bellissima che le aveva regalato il sorriso sul volto per giorni. Ma era stata comunque solo una cena.

“Sua figlia? Castle ha una figlia?”

“Si” rispose lei calma “E’ adorabile”.

“E come è successo?”

“Già, Beckett. Per favore, raccontacelo. Muoriamo tutti dalla voglia di saperlo” aggiunse Esposito sporgendosi verso di lei.

“Vuoi che ti faccia le treccine ai capelli mentre lo racconta, o preferisci che ti molli un pugno prima, Esposito?” sbottò Lanie.

Lui indietreggiò e Kate ridacchiò vedendolo lanciare un’occhiataccia a Lanie con trepidazione. “Dai Lanie, andiamo in sala relax. Non è necessario dare dell’altro cibo ai pesci”.

Condusse l’assistente lungo il corridoio fino alla sala relax, e chiuse la porta. “Prima regola? Mai aprire loro una porta. Prenderanno delle pinze e la scardineranno per poter rientrare dopo che l’hai chiusa” disse con un piccolo sospiro.

“Scusa” rise Lanie sedendosi sul divano “Ma dico sul serio, come è successo?”

“Li ho incontrati quando sono andata a farmi autografare il suo libro e ho passato un po’ di tempo con sua figlia, così mi hanno invitata a cena. Ci sono andata, ed è stato bello” disse Kate imbarazzata, in piedi al centro della stanza, spostando lo sguardo dal tavolo scassato all’abissale macchina del caffè.

“Bello?”

“Si. Abbiamo cenato e guardato un film”. Probabilmente minimizzare avrebbe reso l’interrogatorio meno invadente, no?

“Quale film?”

L’incantesimo del lago” rispose Kate, e un sorriso le comparve sul volto.

“Scherzi?” chiese lei ridendo.

“Hey, l’ha scelto una bambina di sette anni”.

Lanie si rilassò sul divano. “Santo cielo, sono passati anni dall’ultima volta che l’ho visto”.

“Vero?”. Kate si lasciò cadere accanto a lei, sentendosi un po’ più a suo agio. A questo servivano le amiche, e doveva cercare di sentirsi bene nel condividere quel genere di cose. Era davvero bello. “E’ stato divertente”.

“Li vedrai di nuovo?”

Kate annuì, giocherellando con le dita e guardando fuori dalla finestra. “Il prossimo lunedì, sempre per cena”.

“Ci andrai ogni settimana?”

Kate incontrò il suo sguardo. “Non lo so. Forse”. Lo sperava davvero, e la giornata tra il lunedì e il mercoledì l’aveva aiutata ad accettarlo; si poteva concedere di essere in trepidante attesa per serate divertenti piene di risate: era una cosa buona per lei.

“Sembri così felice!” le disse Lanie “E come sta il tuo ragazzo, Will? Come l’ha presa?”

“Se n’è andato a Boston” rispose lei, e il suo sorriso svanì. Infatti lui, guarda caso, era partito proprio il giorno prima, anche se lei fingeva di non aver tenuto il conto.

“Oh”

“Quindi.. non è esattamente un problema” rise Kate tristemente.

“Mi pareva ti piacesse molto”.

Kate annuì. “Già”. Era così, e il pensiero le strinse il cuore in una morsa.

“Mi dispiace”. Lanie posò una mano sulla sua gamba, e Kate le rivolse un debole sorriso. “E’ tutto okay. Succede”. Le persone se ne andavano. Era ciò che la vita le aveva insegnato, e nessun pensiero positivo poteva cambiarlo.

“E’ brutto comunque”

“E’ vero. Ma..”. Guardò Lanie. Parlarne non l’avrebbe reso meno brutto, era tempo di cambiare discorso. “Tu piuttosto, come stai?”

Lanie si illuminò. “Ho incontrato un ragazzo carino”

“Oh, davvero?”

“Anthony. Un pompiere”

“Ooooh, era sul calendario?” chiese lei, alzando un sopracciglio con un sorriso malizioso.

“Maggio dello scorso anno”

“Complimenti!”. Kate le diede il cinque. Lanie era semplice, divertente. “Dimmi di più”. I cercapersone di entrambe suonarono nello stesso momento. “Ripensandoci, che ne dici di bere qualcosa insieme questa settimana?”

Lanie annuì. “Domani? Una piccola, falsa festicciola del Ringraziamento?”

Kate sorrise, le sarebbe piaciuto. Era sincera: i sandwiches al tacchino del Distretto non erano niente male. Non le sarebbe importato perdere la vera festa. E comunque non aveva nessuno da cui tornare, specialmente ora che Will se n’era andato. Ma non era il momento di lasciarsi prendere da quello. “Perfetto Lanie. Alle sette domani?”

“Ottimo. Una noia quando i cadaveri si mettono in mezzo, vero?”

“Se così non fosse sarebbe troppo semplice” rise Kate alzando le spalle. Era la loro vita, e sapeva benissimo che Lanie non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo almeno quanto lei.

“Come vuoi tu” ridacchiò Lanie mentre uscivano dalla sala relax e si separavano.

Forse Kate poteva stare da sola. Non aveva più Will, ma aveva Lanie, e lunedì avrebbe avuto Rick e Alexis, e anche Madison era sempre disponibile.. poteva farcela.

 

(…)

 

“Vado io! Vado io! Papà, no! Vado io!”

La porta si aprì davanti al sorriso di Richard Castle. Era bello tanto quanto lo era sulle copertine dei suoi libri, indossando una camicia a righe e un paio di jeans. Avrebbe fatto un quadretto niente male, se non fosse stato per la bambina tenuta a testa in giù sotto il braccio. 

“Ciao Kate”

“Ciao” rise lei mentre Alexis la salutava con la mano e squittiva, le treccine svolazzanti.

“Papà! Mettimi giù!”

“Scusa, che hai detto?” chiese lui facendo un passo indietro per far entrare Kate e poi chiudendo la porta. “Non ti ho sentita..!”

“Mettimi giù!” ripeté Alexis ridacchiando.

“Oh, questo è quello che hai detto! Perdonami”. La rimise dritta e la posò per terra. “Va meglio?”

Alexis sbuffò e incrociò le braccia, guardandolo. “Volevo solo aprire la porta, non dovevi catturarmi”.

Lui rise. “Mi perdoni, signorina”.

“Grazie”. Lei si voltò di nuovo verso Kate che li stava osservando, sorridendo e mordendosi il labbro. Erano così carini. “Come stai Kate?”

“Bene, Alexis” disse Kate, ancora un po’ sorpresa dalla scena “E tu, ora che sei di nuovo dritta?”

“Bene!” esclamò lei “Papà ha portato me e Paige al parco dopo la scuola”

“Paige è una tua amica?”

“E’ la mia migliore amica” sorrise Alexis. Kate guardò Rick, che muovendo le labbra stava silenziosamente specificando ‘inseparabili’. “Facciamo quasi tutto insieme”.

“Beh, mi pare proprio che sia la tua migliore amica” rispose Kate. Anche lei e Maddy erano state così da bambine. “Cosa avete fatto al parco?”

“Abbiamo inseguito i piccioni”

“Davvero?”. L’aveva mai fatto? Non ricordava. Probabile. E’ quello che facevano i bambini che vivevano in città.

“Papà ne ha inseguiti di più”

Oh, sul serio? Kate si voltò verso Rick che stava diligentemente mescolando qualcosa in una pentola. “L’ha fatto?”

“Si. Faceva molto rumore e tutti lo guardavano divertiti. E’ stato imbarazzante” le disse Alexis, e sembrava infastidita.

“Immagino” rise Kate. Quella scena impressa nella sua mente era senza prezzo.

“Hai allestito un bello spettacolo, non è vero?”

Lui la guardò tranquillo. “Devi fermarti un attimo nel mio studio?”

Kate sorrise: autodifesa mascherata da preoccupazione, com’era furbo. “In effetti si”

“Alexis, potresti per favore tirare fuori l’argenteria? Torniamo subito”.

Alexis obbedì felicemente e Rick condusse Kate di nuovo nel suo studio.

“Grazie per essertene ricordato” disse Kate mentre lui apriva la cassaforte e lei estraeva pistola e distintivo. La stanza era in disordine quel giorno, con fogli sparsi sulla scrivania e alcune strane pagine appese con mollette dello stendi abiti. Probabilmente Rick era troppo bravo per il vecchio stereotipo del pannello di sughero. Ma era strano comunque.

Prese la sua pistola e il suo distintivo e li chiuse all’interno. “Non c’è problema. Mi divertirò a farlo”. Si alzò e la guidò fuori dalla stanza prima che potesse chiedere dei fogli.

Kate scosse la testa. “Tanto quanto ti diverti a rincorrere i piccioni?” chiese mentre entravano in cucina, decidendo di concentrarsi sull’obbiettivo a portata di mano: prendere in giro il grande, cattivo Richard Castle, lo straordinario cacciatore di piccioni.

Rick alzò le spalle e andò a spegnere i fornelli. “La cena è pronta. Oh, e non mi pento di nulla, le ragazze hanno riso per un sacco di tempo. Non capisco perché tu fossi imbarazzata”

“Perché era stupido, papà” spiegò Alexis prontamente mentre prendevano posto e Rick cominciava a servire gli spaghetti.

“Spero che gli spaghetti ti vadano bene” disse lui dando a Kate una generosa porzione. “Abbiamo un numero limitato di opzioni” aggiunse, accennando ad Alexis.

Kate sorrise. “Il cibo fatto in casa va sempre bene, e questo sembra fantastico. Che sugo è?”. Aveva un profumo assolutamente grandioso, e, se la cena precedente era stata un indizio, allora avrebbe probabilmente amato qualsiasi cosa cucinata da lui.

“Quella vera” rispose Alexis “Papà non usa sughi già pronti”.

“Sei per caso un cuoco, signor Castle?” chiese Kate alzandosi e prendendo il sugo con il cucchiaio, mentre lui rimetteva la pentola sui fornelli. “Dimmi quando, Alexis”.

“Quando!”

Kate smise di versare e si spostò sul suo piatto di spaghetti. Sugo fatto in casa, che sorpresa. Sapeva che l’avrebbe messa sulla pizza, ma questa volta era diverso. Aveva sempre ritenuto che il sugo fosse la cosa più difficile, perché si poteva rovinare facilmente- cosa che lei solitamente faceva.

“A tempo perso” disse lui avvicinandosi di nuovo al tavolo. “Oh, grazie, sono a posto così” aggiunse, mentre ne versava anche per lui.

Si sedette e cominciarono a mangiare. Il sugo era spettacolare. Non aveva nulla del sapore piccante a cui era abituata. E c’erano anche pezzetti di pomodoro. Quando era stata l’ultima volta che aveva mangiato un pezzo di pomodoro? “Rick, è ottimo”

“Dici?”

“Si” rispose lei prendendone un altro po’.

“Papà lo cucina benissimo. La nonna no” aggiunse Alexis.

“Si, diciamo che la nonna tende ad essere.. creativa, in cucina” sorrise Rick.

“Puzzava di piedi, papà. Non è creativo, è disgustoso”

Rick scoppiò a ridere. “Ha ragione”

“Io non sono capace di preparare il sugo” disse Kate “Quindi mi fido di voi. Ma questo è veramente delizioso”.

Rick la studiò attentamente mentre si puliva una piccola sbavatura di rosso sulla guancia. “Cucini molto?”

Lei alzò le spalle. “Dipende da cosa intendi per molto”. Se ‘molto’ contava quanto ‘quasi mai’, allora si, cucinava.

Lui sorrise. “Regina dell’asporto, eh?”

“A me piace l’asporto” intervenne Alexis “Mi piacciono i pancakes del ristorante cinese”

“Pancakes cinesi?” chiese Kate, troppo presa dall’idea per preoccuparsi dell’occhiata che Rick le stava lanciando per colpa della sua mancata assunzione di cibo fatto in casa. Almeno era uscita e aveva comprato del cibo vero la settimana prima.

“Pancakes al porro” spiegò Rick “Li adora”

“Quelli, e anche gli spaghetti” annuì Alexis “Li prendiamo tutte le settimane”

“Anche a me piacciono gli spaghetti” rispose Kate “Ma anche il maiale Mushu”. Le notti a base di cinese erano le sue preferite, anche se la lasciavano un po’ troppo piena e gonfia il giorno dopo.

“Disgustoso” mormorò Alexis con una smorfia.

Rick fece una risata mentre Kate sorrideva di fronte alla sua onestà. “Non è carino Lexi. A Kate potrebbero non piacere i tuoi cibi preferiti, ma non penso che li definirebbe disgustosi”

“Scusa Kate” disse subito Alexis.

“Non fa niente Alexis. Quali sono i tuoi preferiti, Rick?” chiese lei, voltandosi verso di lui mentre risucchiava uno spaghetto.

“Anche io sono un grande fan del Mushu, e delle costolette” disse, portandosi una mano davanti alla bocca. Kate si domandò se le sue buone maniere fossero altrettanto buone senza la figlia intorno.

“Andresti d’accordo con Esposito” sorrise Kate “Lui le inala, quasi”

“Chi è Esposito?” chiese Alexis.

“E’ il mio.. compagno di squadra? Facciamo insieme quasi tutto al Distretto”. La terminologia era tanto vaga quanto la loro relazione, a metà tra amichevole e giocosamente litigiosa.

“Compagno di squadra, non partner?” chiese Rick.

Kate arricciò il naso. “Mi ucciderei piuttosto che avere Esposito come partner. Ha bisogno di un amico, non di una mamma”.

“Ha la tua età, Kate?” chiese Alexis.

“Più giovane di un anno” rispose Kate “Ma a volte sembra che ne abbia cinque” aggiunse con un sospiro, in parte per effetto, in parte perché era vero.

“So cosa vuol dire” annuì la bambina.

“Davvero?”

“Anche papà è così”

A Rick andò di traverso il suo drink e cominciò a tossire, mentre Kate rideva. “Oh, Rick, non hai speranze con lei, non è vero?”. Sicuramente Alexis comandava in casa sua, e non sembrava che a lui importasse granché.

“No” sorrise Alexis “La nonna dice che l’ho avuto sotto controllo sin dal primo giorno”

Kate le sorrise. “Va bene così, anche io mi comportavo allo stesso modo con il mio papà”. Poteva solo sorridere e suo padre ci sarebbe cascato in pieno. Non aveva mai sfruttato quell’abilità però, e quando avevano cominciato a staccarsi nel periodo della sua adolescenza, le erano mancati i giorni in cui un sorriso aveva il potere di spazzare via tutto il resto.

“Sicuramente” mormorò Rick.

“Zitto, uomo piccione” lo ammonì Kate con un ghigno.

“Oh, dai. Quello no. Tutto, ma non quello!” si lamentò con un’impressionante dimostrazione di petulanza.

“Io penso che suoni bene, tu che dici Alexis?” disse lei facendo l’occhiolino alla bambina.

Alexis ridacchiò. “Si, uomo piccione!”

“Non potete far comunella contro di me, è completamente ingiusto!”

“Perché?” chiese Alexis dolcemente.

Rick spostò lo sguardo dall’una all’altra. “Perché… perché.. ti allei già con la nonna, non puoi avere anche Kate! Anche io devo avere qualcuno dalla mia parte”

“E pensi che io sarei dalla tua parte?” chiese Kate prendendo l’ultimo pezzo di pane all’aglio e offrendolo ad Alexis, che annuì. “Le ragazze stanno insieme, Rick” spiegò, spezzandolo e passandone metà dall’altro lato del tavolo.

“Anche io volevo il pane!” piagnucolò lui.

Alexis sorrise. “Le ragazze stanno insieme papà”

“E tu stai facendo il bambino” aggiunse Kate con una risata, mettendo in bocca un pezzo di pane. Punzecchiarlo era due volte più divertente.

Rick le lanciò un’occhiataccia. “Ti invito a casa mia, ti nutro col mio cibo, e mi ripaghi così? Rubando l’ultimo pezzo di pane e alleandoti con mia figlia?”

Kate finse di pensarci su. “Uh.. si, diciamo di si”

Lui strinse gli occhi. “Ti riavrò indietro”

“Buona fortuna” rispose Kate scoppiando a ridere, mentre Alexis imitava i loro sguardi.

“Devo pulire” annunciò lui ridacchiando alla vista di sua figlia “Voi due trovatevi qualcosa da fare intanto che preparo il dessert. Anche se –di nuovo- non mi sento di dover premiare questo tipo di comportamento”

“Kate ha avuto l’idea” disse subito Alexis.

“Visto come ti voltano le spalle velocemente?” chiese Rick a Kate, alzando un sopracciglio.

“Solo perché hai giocato sporco con lo zucchero” replicò lei. Oh, wow, quello era.. sporco.

Lui sbatté le palpebre. “Avrei molte risposte pronte, e nessuna di quelle è appropriata ora”

Kate rise. Non aveva avuto l’intenzione di dargli quell’opportunità. Ma sembrava proprio che stesse vincendo quella sera, e sicuramente le stava piacendo la competizione. E anche quelle piccole occhiate che lui le continuava a lanciare non erano poi tanto male. “Andiamo Alexis, lasciamo tuo padre in balìa dei piatti”.

Alexis annuì e saltò in piedi, mentre Kate raccoglieva i piatti e li portava sul mobile della cucina. Guardò Alexis correre ed abbracciare Rick da dietro, sbattendo la testa contro la sua schiena.

“Ti voglio bene papà. Anche se Kate dice che le ragazze stanno insieme” sussurrò, tanto flebilmente quanto una bambina di sette anni può sussurrare.

Rick sorrise ed incrociò lo sguardo di Kate. Lei percepì un sorriso dispiegarsi sulle sue labbra mentre Rick si voltava e sollevava Alexis per stamparle un bacio sulla guancia. Le mancava tutto ciò- le mancava suo padre. Era meraviglioso vedere Rick e Alexis insieme, ma le si stringeva il cuore.

“Anche io pumpkin” disse lui a bassa voce.

Alexis sorrise radiosa, e lui la posò di nuovo per terra. Si affrettò a raggiungere Kate e la prese per mano. “Vuoi vedere il sistema solare che io e papà stiamo costruendo?”

“State costruendo il sistema solare?” chiese Kate sorpresa.

Alexis annuì e la guidò su per le scale, la piccola mano calda in quella di Kate. “Torniamo subito papà”

“Fate con calma!” rispose lui.

Kate si lasciò trascinare da Alexis al secondo piano e in fondo al corridoio in quello che pareva essere un altro studio. Non aveva ben compreso quanto grande fosse l’appartamento l’ultima volta che era stata lì. Era enorme. Il secondo piano doveva avere almeno cinque stanze; il suo appartamento aveva solo una camera da letto, ed era considerato grande. Il salotto da solo era un primo reale possedimento, ed era stata fortunata ad averlo trovato ed acquistato con il blocco degli affitti.

Alexis la condusse nel suo studio e Kate sorrise alla vista della confusione che l’accoglieva. C’erano sfere di carta sparse per tutta la stanza, quotidiani ricoprivano il pavimento; c’erano secchi di pittura contro il muro più lontano, ammucchiati accanto alla scrivania di mogano. Immagini dei pianeti coprivano gli scaffali lungo le pareti e Kate scorse un manuale di istruzioni sulla scrivania stranamente pulita.

“Dove metterete questo sistema solare? I pianeti sono grandi” osservò, guardando i diversi pianeti, alcuni pitturati e altri ruvidi e bianchi, che stavano asciugando e attendevano il tocco artistico dei due ambiziosi Castle. Aveva costruito alcuni notevoli diorami da bambina, ma niente di tanto elaborato.

“Sono modellini in scala” le disse Alexis. “Quella è la Terra” aggiunse, additando il terzo pianeta sulla destra “Anzi, sarà la Terra una volta che l’avremo pitturata”

“Quando avete intenzione di pitturare gli altri?” chiese Kate.

“Quando abbiamo tempo” rispose lei con un’alzata di spalle “E’ per divertimento”

“Voi due costruite modellini in scala dell’intero sistema solare solo per divertimento?”. Richard Castle, straordinario cacciatore di piccioni e super papà.. doveva smetterla di essere sorpresa, ma non poteva farne a meno. Quanti altri lati nascosti aveva quell’uomo?

Alexis le fece un sorriso. “Li appenderemo in camera mia e poi papà dice che potremo fare la Via Lattea sullo sfondo, con le stelle che si illuminano”.

Kate si ritrovò per un attimo spiazzata. Certamente Rick era un bravo papà: Alexis ne era la prova vivente. E anche le lucine e l’interminabile pazienza nel guardare film già visti un milione di volte erano dei buoni segnali. Ma stavano costruendo un sistema solare. Era.. era davvero.. al diavolo, Kate non era troppo vecchia per dire che era fantastico.

“E’ fantastico Alexis, da quanto tempo ci state lavorando?”

“Un paio di settimane” rispose lei, rilasciando la mano di Kate per camminare vivacemente sulle pagine dei quotidiani. Si avvicinò ad una delle sfere e la toccò lentamente. “Probabilmente possiamo pitturarle tra un giorno o due. Le ultime dovevano asciugare”.

“Sembra molto divertente” esclamò Kate. Lo era; aveva amato i progetti da bambina, e quello era il paradiso dei progetti.

“Infatti” disse Alexis “Papà pensa sempre ai progetti più belli”

“Tipo?” chiese Kate mentre Alexis le passava accanto ed usciva dalla stanza. Kate spense le luci e la seguì lungo il corridoio bianco con appese copertine di libri incorniciate e posters autografati.

“Abbiamo fatto delle fate il mese scorso e papà ha trovato una ricetta per le torte così io e Paige siamo potute andare al parco e ne abbiamo lasciate un po’ per le fate” raccontò felicemente Alexis.

Si avviò verso la sua stanza e Kate la seguì, cercando di immaginare il grande, virile Rick Castle con addosso una corona e ali di fata. Era un’immagine mentale piuttosto divertente. Entrò nella stanza e guardò Alexis mentre cercava qualcosa nel suo armadio, estraendo un set di ali fatte in casa e certamente fatte bene. Erano viola e fatte di qualcosa che pareva crinolino, e risplendevano alla luce, facendo brillare il tappeto felpato color lilla.

“Abbiamo messo la polvere di fata e tutto il resto” spiegò, portandole le ali e una corona “Papà ha messo i brillantini, ma io ho fatto la corona”

Kate allungò una mano e passò le dita sopra le ali, mentre Alexis gliele porgeva affinché le potesse vedere più da vicino. “Sono magnifiche Alexis. Hai visto le fate nel parco?”

Alexis strinse gli occhi. “Le fate non esistono, Kate”.

“Ma tu hai detto di aver portato loro la torta” disse lei innocentemente.

“L’abbiamo fatto, ma fingevamo, no?”. Fece un sospiro disturbato. “Papà cerca sempre di farmi credere a tutto, ma alcune cose non esistono” disse pazientemente “Anche tu sei come papà?”

“Come papà in che senso?” la incalzò lei, domandandosi dove Alexis volesse arrivare.

Alexis ripose le ali nell’armadio. “Credi nelle cose dei bambini?”

“Quali di preciso?”. Le cose dei bambini abbracciavano un ampio numero di categorie.

“Come le fate e la magia e il vivere per sempre felici e contenti?”

Kate studiò la bambina di fronte a sé. Teneva le mani sui fianchi, le sue treccine le ricadevano davanti, e aveva uno sguardo calcolatore. Era una bambina i cui genitori avevano divorziato abbastanza recentemente, e la cui madre era tutt’altro che perfetta, da ogni punto di vista.

Credeva nella magia? No.

Credeva nel vivere per sempre felici e contenti? No. Non esattamente.

Credeva nel trovare una via di ritorno dalla tragedia ed imparare ad essere felice? Si.

“Penso che ognuno si crei da sé il proprio ‘vivere felici e contenti’” rispose Kate con calma “Penso che ognuno crei la propria magia, e penso che qualunque cosa in cui crediamo sia vera, anche se gli altri dicono che non è così”.

Alexis la squadrò per un attimo prima di sorridere e saltellare avanti per avvolgerla in un abbraccio inaspettato. “Grazie”.

“Per cosa?” chiese Kate sbigottita, toccata e confusa da tutto ciò.

“Per dirmi la verità. Qualche volta papà non lo fa”.

Kate abbassò lo sguardo verso la bambina e sorrise. “Ti dirò sempre la verità, al meglio che posso fare”. La promessa era uscita dalla sua bocca senza ripensarci due volte. Era ciò che sua madre le aveva sempre detto. Non sapeva se Johanna avesse mai rotto quella promessa per proteggerla, ma l’aveva fatta sentire al sicuro per tutta l’infanzia: perché la verità non poteva davvero ferirti, poteva solo aiutare.

Alexis la strinse più forte ancora per un attimo, e Kate si sentì allo stesso tempo oppressa e confortata dalla fiducia che la bambina le dava. Terrificante e magnifica. Non era ciò che sua madre le aveva sempre detto riguardo ai bambini?

La voce di Rick la distolse dai suoi pensieri mentre gridava verso le scale: “Ho fame!”

Kate rise e Alexis la lasciò andare per prendere la sua mano tesa. “Andiamo e facciamo mangiare il dessert a tuo padre, o potrebbe non sopravvivere”.

“Papà è così drammatico” ridacchiò Alexis mentre si avviavano in cucina “Fa sempre rumore e fa finta di morire”.

“Non sempre” controbatté Rick raggiungendole al tavolo, tre scodelle preparate per loro insieme ad un bicchiere di latte. “Qualche volta sono solo ferito”

“O intrappolato in un armadio” aggiunse Kate.

“Anche quello” rise lui consciamente. “Ma, cambiando argomento.. spero ti piaccia la torta biscotto..?”

Kate guardò il miscuglio davanti a lei e sbatté le palpebre. Sembrava un gigantesco biscotto al cioccolato, ma era ovviamente un po’ diverso ed era ricoperto di panna montata. “Io.. uh.. non ho mai mangiato una torta biscotto prima d’ora”.

“Mai?” esclamò Alexis senza fiato “Davvero?”

“Non mangio il dessert molto spesso” rispose Kate “Ma questo sembra buono, sotto la coperta di panna montata”. Avrebbe dovuto cominciare ad allenarsi di più se le serate con i Castle fossero state tutte così.

“Ma la panna montata è la parte migliore!” protestò Rick “Non puoi mai averne mai abbastanza”.

Kate gli lanciò un’occhiata e i loro occhi si incontrarono. Lei arrossì e Rick spalancò gli occhi, mentre le loro menti andavano dritte a quello, dimenticandosi dell’ignara Alexis.

“Uh, sicuro. Come dici tu, Rick” disse Kate dopo un attimo. Guardò di nuovo la sua scodella e si fece coraggio, agguantandone un pezzo con la forchetta e portandolo alla bocca. “Oh, wow, è fantastica!” disse, mandandola giù. Il sapore era esattamente quello che aveva immaginato vedendola. Era a metà tra il disgustosamente dolce e il deliziosamente decadente, come un biscotto al cioccolato inzuppato in pastella per la torta. Ed era deliziosa.

“Ti piace?”

“Piace non rende l’idea. La amo” disse allegra “E’ spettacolare”.

“E’ una ricetta di papà”.

“Saresti disposto a condividere la suddetta ricetta?” chiese Kate guardandolo. Lui aveva già fatto sparire metà della sua.

“Potrei. Ma ti costerà qualcosa”

“Che cosa?” domandò Kate stringendo gli occhi.

“Alexis, hai qualche suggerimento?” la interrogò Rick, e Kate si accigliò.

Alexis rifletté per un attimo, prendendo un pezzo della propria torta. “Deve venire a pattinare con noi la settimana prossima”.

Rick sorrise e si voltò verso Kate. “Ecco la risposta”.

“Quando la prossima settimana? Non sei a scuola, Alexis?” chiese Kate. Non era totalmente contro quell’idea, ma.. i suoi pattini erano.. imbarazzante- alla pari con l’imbarazzo della caccia ai piccioni. E avevano solo cenato insieme due volte.

“La prossima settimana ci sono le vacanze di Natale, Kate” disse Alexis lentamente, come se Kate fosse una completa idiota a non saperlo.

“Già?” chiese Kate voltandosi verso Rick “Così presto?”. Lei era mai uscita tanto presto? Non avrebbe potuto; aveva frequentato le scuole pubbliche fino al liceo, e le vacanze non erano mai così lunghe.

“Scuola privata” rispose lui “Paghi di più, ottieni di meno. E’ strano. Ma significa che l’avrò per più tempo tutta per me, quindi non mi lamento”. Sorrise, tendendo la mano ad Alexis, che la batté con la sua in una strana stretta di mano.

“Quindi andremo a pattinare la settimana prossima” disse Alexis una volta finito quello strano gioco di mani “E se vuoi la ricetta devi venire”.

Quei due ricattatori! Kate guardò padre e figlia e improvvisamente non fu più sicura di se stessa. Le piaceva pattinare, non era tanto male. E non l’aveva più fatto da un po’ di tempo. Alexis era speranzosa e sembrava che Rick volesse veramente che lei andasse con loro, se poteva considerare come indizi il luccichio nei suoi occhi e il sorriso trionfante sul suo volto. Cosa avrebbe ferito? Pattinare pareva divertente. Ed era comunque sicura che sarebbe valso la pena vedere Rick Castle cadere dritto sul proprio fondoschiena.

“Sarei felice di venire a pattinare con voi, Alexis. Però.. se tu.. intendo, io devo lavorare” disse lentamente.

“Il tuo giorno libero è martedì giusto?” chiese Rick.

“Si”

“Perciò, che ne dici se la settimana prossima andiamo a pranzo e a pattinare, invece che cenare insieme?”

Sarebbe comunque andata lì per cena il lunedì seguente. Avrebbe dovuto preoccuparla? Aveva accettato di diventare parte della vita di Alexis, ed era strano ogni volta che ricordava quella conversazione. Dunque realizzò che aveva senso: lui aveva pensato che lei ci sarebbe stata. A lei andava bene?

“Possiamo andare a Mars2112?” chiese Alexis “E’ troppo forte Kate! E’ una nave spaziale e degli alieni servono da mangiare!”

Kate sbatté le palpebre. “Uh.. suppongo di si? Dove si trova?” . Le era uscito dalla bocca prima che potesse fermarlo.

“Non sei mai stata a Mars2112?” chiese Rick atterrito, e il suo sorriso arrivava da un orecchio all’altro. Oh, aveva accettato di andare, non è vero?
“Non ho mai visitato i punti di ristoro legati allo spazio nella nostra leale città, no” rispose lei. Apparentemente sarebbero andati a pranzo e poi a pattinare. Huh.

“Bene, allora dovremo portarti lì. E’ fantastico”.

Kate lo squadrò. “Perché ho la sensazione che tu sia più entusiasta di lei?”

Lui sorrise. “Vieni a mezzogiorno e poi ci avviamo insieme?”

Dire di no a quel punto non era più un opzione, ed entrambi sembravano così eccitati che non ne aveva comunque il coraggio. Avrebbe avuto la mattina per dormire e la sera per rilassarsi; non avrebbe perso l’intera giornata. E avrebbe avuto lunedì sera. I ragazzi al Distretto l’avrebbero tormentata per essersene andata ‘presto’. Quella notte si sarebbe rilassata e avrebbe fatto un bagno.

Martedì, a quanto pareva, sarebbe andata dai Castle. “E’ perfetto”.




--Note dell'autore (FanficwriterGHC)---

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Heilà! Per fortuna sono riuscita a terminare la revisione del capitolo, ci tenevo a postarlo prima del weekend :)
Ho ben poco da dire, se non un grazie a tutti coloro che hanno recensito e che leggono questa traduzione. Sono veramente contenta che la storia vi piaccia e sono felice di poterla condividere anche con coloro che non la conoscono in lingua originale!
A presto con il nuovo capitolo!
Buon weekend a tutti :)

Sara
  
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