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Autore: Seren_alias Robin_    03/06/2012    9 recensioni
Chiedimelo.
Se ti fa stare così male,allora chiedimi di rimanere.
Per qualche strana coincidenza del destino Ron quasi la sentì,come una telepatia del cuore.
“Come posso chiederti di rimanere con me? Si tratta della tua vita.”
Hermione cercò i suoi occhi,combattendo con l’istinto di piangere. “Ma anche tu sei la mia vita adesso.”
***
La continuazione di "Nuvole Bianche".
Come nella mia prima ff si parla ancora del rapporto tra Ron e Hermione,e i nomi dei capitoli sono le canzoni che mi hanno ispirato.
"Ah la musica,una magia che supera tutte quelle che noi facciamo qui!" Non diceva così forse il più grande mago di tutti i tempi?
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Era la mattina di Natale.  Puntuale  e precisa come ogni anno. Ma stavolta sotto il suo albero non c’erano regali. Era come se uno sconosciuto avesse deciso di rubarglieli tutti per puro dispetto.
Hermione si era svegliata molto presto, disturbata da un forte mal di testa dovuto a tutte le lacrime che le avevano tenuto compagnia tra le pieghe del cuscino in quella notte interminabile. Gli incubi l’avevano tormentata tutto il tempo, eppure non trovava sollievo nel risveglio.
Era rimasta paralizzata qualche minuto in una finta apatia, cercando disperatamente una prova che tutto quello che era successo la sera prima fosse solo un altro stupido incubo. Ma la realtà beffarda e cruda era davanti ai suoi occhi ancora addormentati. La lettera di Victor era sul pavimento, illuminata dai primi raggi di luce che filtravano candidi nella piccola stanza. Parole sconosciute e apparentemente innocenti che attendevano di essere lette. Qualcosa dentro di lei le faceva venir voglia di prendere quel pezzo di carta e strapparlo con le sue mani in tanti piccolissimi pezzi, di non lasciarne traccia di pensiero. Distruggerlo con la sua bacchetta non le avrebbe dato la stessa soddisfazione.
Si strofinò piano gli occhi con le dita e li trovò ancora umidi. Non se ne stupì. Sentì il dolore salire di nuovo, come un flusso di emozioni avanzate che ancora dovevano venir fuori. Ma non aveva più tempo per piangere, ne voleva trovarne. Era delusa e amareggiata, impotente e stanca. Ingoiò dolorosamente i suoi sentimenti e si alzò dal letto. Si passò una mano tra i capelli scompigliati dal sonno passando di fronte allo specchio. Aveva un aspetto terribile. Si allontanò dalla sua stessa immagine, odiandosi per essere tanto fragile.
 Si piegò e raccolse la pergamena da terra. La aprì, notando come le mani stranamente le tremassero appena. Fece un bel respiro per calmarsi raccogliendo quando più aria poteva nella pancia, e iniziò a leggere. Erano poche e semplici righe scritte in un inglese sconnesso ed elementare, una scrittura disordinata che recava i più sentiti auguri di Natale.
 E anche di qualcos’altro…
Un’improvvisa rabbia travolse Hermione come un uragano.
Voleva uscire il prima possibile da quella stanza.
L’orologio di legno appeso sul la parete segnava le sei e un quarto di mattina, ma lei non lo vide neppure.
Si smaterializzò direttamente in camera sua. Da quando la guerra magica era finita erano decisamente diminuiti gli incantesimi di sicurezza e di difesa. Per lei poi, erano del tutto inesistenti. Era solo per cortesia che si smaterializzava dietro la porta ogni volta che andava alla Tana. E non era dell’umore giusto per essere cortese.
 Una volta lì notò che la finestra della camera di Ron era spalancata, nonostante fosse dicembre. Il vento penetrava liberamente spostando le tende con movimenti lenti, e il freddo che aveva riempito la stanza provocò dei forti brividi sulla pelle scoperta dei piedi di Hermione, ma lei non se ne curò.
Osservò il ragazzo addormentato profondamente sotto le coperte. I capelli gli ricadevano sul viso liberi e ribelli, coprendo gran parte della fronte. La sua espressione non sembrava affatto beata e tranquilla. Il suo sonno era agitato e nervoso, e avvicinandosi ancora di più Hermione notò che aveva il viso sudato. Forse quella brezza di vento freddo gli aveva causato la febbre.
Preoccupata, si affrettò a chiudere la finestra, seppur con cautela per non svegliarlo da quel sonno già poco sereno. La rabbia che prima l’aveva invasa le era scivolata di dosso fluida come acqua. Si sedette piano sul letto affianco a lui, stringendo di nuovo la lettera, indecisa sul da farsi.
Avrebbe voluto sbattergli in faccia la verità e lasciarlo da solo con la sua stupidaggine. Voleva farlo sentire un idiota, e poco importava se poi avrebbe sofferto. Voleva che soffrisse almeno la metà di quanto aveva sofferto lei.  Voleva che si rendesse conto almeno un minimo di cosa significasse la parola fiducia.
Ma il volto di Ron batteva le sue difese. Rompeva i muri del suo orgoglio. Distruggeva i suoi scudi.
Quel volto avrebbe potuto mettere in dubbio ogni certezza.
Tranne una.
La gelosia continuava a far danni, eppure non avrebbe vinto nemmeno stavolta.
I suoi occhi non riuscivano a staccarsi da Ron e forse fu questo a portare via il ragazzo dai suoi incubi. Si svegliò di scatto, spalancando gli occhi. Per un attimo sembrò spaventato, poi sollevato, e l’attimo dopo ancora ferito, e furioso. I begli occhi assonnati tradivano ancora delle lacrime. I ricordi della sera prima si erano fatti spazio nella sua mente e diventavano man mano più nitidi con lo scorrere del tempo.
Si tirò un po’ su, mettendosi quasi a sedere, poggiandosi sui gomiti.
“E tu che diavolo chi fai qui?”disse in un sussurro.
Hermione tremò appena. Si avvicinò di più a lui e gli mise una mano sulla fronte. Bruciava, eppure fu sollevata dal fatto che Ron non la allontanasse da sé.
“Non dovresti dormire con la finestra aperta, sciocco! Ti sei ammalato.”rispose, guardandolo teneramente negli occhi.
“No che non mi sono ammalato!”rispose lui alzando un poco la voce. Allungò una mano e prese la piccola sveglia sul suo comodino e strabuzzò gli occhi “ma ti pare orario di presentarti a casa mia Hermione? Non mi alzo così presto dai tempi della scuola forse…  e di certo mai a Natale”
Natale. Era Natale.
Calò uno strano silenzio rotto solo dallo sbattere di ali di Leo che si era svegliato e si muoveva frenetico nella sua gabbia cantando a squarciagola.
“Silencio” ordinò Hermione allontanando la mano dalla fronte di Ron e lanciando un incantesimo tacitante all’animale, che la guardò, se possibile, anche peggio di Ron.
La ragazza si girò verso di lui, ancora muto e corrucciato.
“Guarda che non ho lanciato l’incantesimo tacitante anche a te, Ron Weasley.” Cercò di metterci un po’ di risentimento in quelle parole, ma non ci riuscì. Il ragazzo le sembrava sempre più pallido.
“Cosa ci fai qui? In pigiama in camera mia e soprattutto all’alba?”
“Scusami tanto se non ho messo l’abito migliore” ribattè lei, stizzita. Abbassò lo sguardo sulle sue mani.
Ron sospirò.
“Hermione, sono ancora troppo stanco per arrabbiarmi seriamente con te, dunque parla ora.”
Hermione gli lanciò un’occhiata e prese fra le mani la lettera di Victor.
“Mi dispiace averti svegliato, davvero. Avevo solo voglia di prenderti a calci. Sai un po’ di sano esercizio fisico di prima mattina.” E gli porse la lettera con eccessiva energia.
Ron rimase qualche secondo a fissare quelle righe con odio. Immaginò la mano di lui scivolare su quel foglio, quelle mani che avevano osato anche solo sfiorareHermione, e si ripromise di spezzargli le dita una ad una non appena se lo fosse trovato davanti. Un po’ per questo, un po’ per la scarsa luce della stanza, faceva fatica a leggere. Prese la bacchetta e illuminò la pergamena. La sua espressione mutò ad ogni parola man mano che leggeva. Hermione nel frattempo si era alzata per dare da mangiare a Leo che da qualche minuto cercava di richiamare la sua attenzione come meglio poteva. E forse, soprattutto per non guardarlo in faccia.
Sentì le molle del letto vecchio di Ron cigolare. La voce del ragazzo stavolta era vicinissima.
“Non mi importa. Io sono geloso e basta di quel maledetto bulgaro.”
“Perché sei un idiota senza precedenti.” Rispose, mentre due grandi braccia la abbracciavano da dietro. Non le uscì neanche un po’ di acidità dalle labbra, mentre avvertiva il calore di Ron su di sé.
“Maledizione Hermione! Se Lavanda mi mandasse un biglietto per augurarmi Buon Natale nonché il nostro fidanzamento, cosa faresti tu?”
Lei si girò verso di lui, che però non la lasciò scivolare via dal suo abbraccio. “Niente Ronald! Niente! Cosa dovrei fare? Non sono una folle furiosa che si scatena per una sciocchezza simile”
Ma non riusciva a guardarlo negli occhi. Sapeva benissimo che non era vero.
“Hermione…”
“Va bene si! Penso che imparerei ad usare l’Ardemonio e la disintegrerei, ma non è questo il punto! Io quella gallina ho dovuto sorbirmela per mesi, mentre ti baciava, ti accarezzava, ti stritolava, ti…”
“Si,si… ho capito il concetto.”rispose lui mettendola a tacere con un bacio.
“Ennò Ronald!”si staccò lei non appena fu lucida abbastanza da opporre resistenza a quelle labbra. “Stavolta non te la scampi così facilmente. Macchè, scherziamo? Hai idea di come sono stata male questa notte?”
“Non è che io me la sono passata benissimo eh.”
Un semplice sguardo mostrò ad Hermione quanto fosse vero. Il suo viso anche se rilassato e sereno era ancora molto pallido e stanco. Si lasciò prendere dalla tenerezza e gli sfiorò le labbra con un bacio.
“Torna a letto Ron.”gli sussurrò sulle labbra fredde.
“Solo se resti con me.”rispose lui, baciandola ancora.
“Come faccio?”rise. “L’hai detto tu, sono in pigiama all’alba in camera tua.”
“Ecco, a quest’ora bisogna dormire. Quindi dormiamo...” e la trascinò di forza a letto, sdraiandosi lentamente vicino a lei. La osservò con un ghigno. Amava quella sua espressione contrariata, quando aggrottava le sopracciglia e si mordeva ripetutamente il labbro in attesa di trovare le parole giuste. Ma non le permise di dire niente. Cercò la sua mano tra le lenzuola, sotto quelle coperte calde, e la strinse forte fra le sue dita.
“Mi dispiace averti fatto arrabbiare.”
“Lo fai sempre maledetto Weasley. Non voglio farci l’abitudine.” Si girò dall’altra parte dandogli le spalle per qualche secondo, poi tornò in sé. “E va bene, resto. Ma solo per un’ora. Se mio padre non mi trova nel letto si arrabbia, dico sul serio.”
“Si, si.”rispose lui, avvolgendola in un abbraccio. “E a me non pensi? Sono malato. Lo hai detto tu.”
“Vuoi che mi ammali anche io? Mal comune mezzo gaudio?”rispose, solleticandogli il collo con il suo respiro fresco. Era una sensazione estremamente piacevole. Per un po’ non si dissero niente. Il respiro di Ron si era fatto più lento e profondo. Hermione capì che doveva essersi addormentato di nuovo. Sorrise fra sé. Avrebbe voluto sapere come fare per odiarlo un po’. Nessun libro glielo avrebbe mai insegnato. Si strinse ancora di più per sfiorare con le guancie quelle pelle calda. Sembrava stesse meglio ora.  Aveva risposto alle sue domande. Poteva anche tornarsene a casa.
Alzarsi da quel letto non fu facile. Fece i salti mortali per non svegliarlo, e fu quasi doloroso alzarsi da quel calore e poggiare i piedi sul pavimento freddo.  Avrebbe almeno potuto indossare un paio di ciabatte. Lanciò un ultimo sguardo a Ron sfiorandolo con le sue labbra per l’ultima volta e scomparve nelle prime luci del sole delle sette.
 
***
 
“Hai preso tutto Hermione?” le chiese sua madre dalla cucina.
“Si, mamma. Ora per favore, lasciami andare”rispose sorridendo la ragazza per la terza volta, dopo aver infilato il cappotto grigio. Erano le 11 e lei era in ritardo per il suo appuntamento natalizio alla Tana. Carica di una moltitudine di pacchetti, salutò i genitori e si incamminò verso la porta. Percorse la strada per un po’, finchè non fu sicura di essere sola, e si smaterializzò. Questa volta però, fuori dalla porta d’ingresso.
Tra un po’ passerò più tempo qui che a casa mia, sorrise tra se.
Bussò due volte, mentre dall’altra parte sentiva dei passi correre verso di lei. La porta si aprì e si ritrovò Ginny, con uno splendido maglione rosso e un cappello da babbo natale ad attenderla, il tutto addobbato da uno splendido sorriso che le ricordava tanto Ron.
“Buon Natale Hermione!”
“Anche a te, Gin”rispose abbracciandola forte. “Quanto sono in ritardo?”
“Pochissimo, è solo che tu sei troppo puntuale. Harry non è arrivato e Ron sta ancora dormendo beatamente”annunciò allegra, aiutandola con i pacchi e guidandola in cucina, dove trovarono la signora Weasley alle prese con il tacchino e una moltitudine di patate che si stavano sbucciando da sole.
“Hermione cara!” le venne incontro e la strinse forte. “Passata una bella vigilia?”
“Oh si, grazie. È andato tutto bene.” Sorrise a Ginny che le lanciò uno sguardo interrogativo, senza farsi vedere dalla signora Weasley.
“Ron sta ancora dormendo. Ti dispiacerebbe andare a svegliarlo?”disse la donna ignara dei segni muti tra le ragazze.
“Nessun problema. Posso, ehm…”arrossì furentemente “posso salirgli un vassoio con la colazione?”
Il sorriso della signora Weasley si tese. “Oh ma certo cara. Preparagli quello che vuoi.”
Ginny dovette trattenere le sue battutine, perché lo sguardo di Hermione non ammetteva repliche. Si limitò a ridacchiare sotto i baffi, rubando di tanto in tanto pezzi della colazione che la ragazza stava preparando con tanta dedizione.
“Mi sembri già una mogliettina.” Le sussurrò Ginny a un orecchio mentre la madre si allontanava un attimo dalla stanza.
“Stupida. È che l’ho visto giù di tono prima e quindi…”
“Prima?”la guardò stupita senza capire. “Prima quando scusa?”
“Prima, prima.”rispose Hermione sorridendo beffarda, cercando di rimanere il più possibile sul vago. Sapeva benissimo che il dubbio l’avrebbe fatta impazzire.
“Andiamo, ti decidi a parlare? È esasperante.”
Hermione rise. “Hai resistito decisamente poco per i tuoi standard, Ginevra.”
“Maledetta mania di chiamarmi con il nome intero.”sospirò. “Va bene, me lo farò dire da Ron più tardi.”e uscì dalla cucina anche lei.
Hermione terminò di preparare la colazione e salì lentamente le scale fino alla camera di Ron. La porta era semichiusa, la camera esattamente come l’aveva lasciata lei poche ore prima.  Perfino al posizione di Ron non era cambiata. Dormiva beato piegato da un lato abbracciando il nulla, con un sorriso accennato sulle labbra. Hermione lasciò il vassoio con la colazione sul comodino affianco al letto e sfiorò la sua fronte con la punta delle dita, allontanando un ciuffo ribelle di capelli rossi. Era ancora un po’ caldo, ma non era più sudato come prima. Si tranquillizzò vedendo che stava decisamente meglio.
“Ron…”lo chiamò con dolcezza sdraiandosi affianco  a lui, sotto quelle coperte che portavano ancora il suo odore. Il ragazzo non si mosse, in preda al più profondo dei sogni, beatamente addormentato. Era un peccato strapparlo da chissà quale bel sogno.
“Ron”provò ancora, questa volta sfiorandogli il braccio. Sembrò avvertire subito il contatto. Si stiracchiò un poco e alla fine le sorrise, abbracciandola.
“Alla fine sei rimasta allora.” le disse sbadigliando. Non aveva ancora notato i capelli perfettamente in ordine di Hermione e i vestiti che indossava.
La ragazza rise.
“Ovvio, cosa credevi che ti avrei lasciato da solo?”
Ma nel gesto di accarezzarle il viso, e forse anche un po’ perché le tracce di sonno stavano scomparendo, Ron notò che c’era qualcosa di diverso in lei. La indicò con fare colpevole. “Bugiarda!”
“Andiamo Ronald, come potevo restare? E poi tu eri così beatamente addormentato che non ti sei minimamente reso conto della mia assenza”rispose Hermione fingendo malamente del risentimento. Ron la guardò male tirandosi a sedere. I suoi occhi caddero sul comodino.
“Hai portato la colazione piccola. Brava. Forse ti perdono.”e allungò il braccio per prendere il vassoio.
“Perdonare?” sbottò Hermione alzandosi anche lei. “Perdonare tu? Ronald Weasley, se c’è qualcuno che deve perdonare qui sono...”
“Buonissime queste uova tesoro” la interruppe, con la bocca piena di cibo.
“Sei il solito idiota. Basta, scendo giù ad aiutare tua madre.”
“Ma dove credi di andare?” la prese velocemente per un braccio, rischiando di far cadere tutta la colazione sulle lenzuola del letto. Hermione non oppose troppa resistenza. Non era arrabbiata nemmeno un po’ con lui.
“Ricominciamo da capo ok? Tanto la mamma non ha bisogno di te ora. E anche se ne avesse io ne ho più bisogno.”
La ragazza lo guardò con aria interrogativa, chiedendosi cosa avesse in mente stavolta, ma lasciò che lui continuasse a parlare. Ron prese un gran respiro, poggiò la colazione e prese le mani di Hermione tra le sue.
“Buongiorno amore mio. Mi dispiace davvero per quello che è successo ieri sera. Mi dispiace se a volte reagisco male  e senza usare il cervello, come fai tu. Mi dispiace soprattutto del fatto che tu possa credere che io non abbia fiducia in te.”
Aveva centrato in pieno i tormenti di Hermione. Ancora una volta non disse niente. Ron non aveva ancora finito.
“Mi dispiace perché so che hai pianto anche senza guardarti in faccia, e per quanto tu possa essere bella anche quando piangi, non voglio vedere il tuo viso lucido. Mi dispiace e davvero, scusami se sono un idiota senza precedenti.”e allungò il collo per baciarla. Hermione rispose al bacio beata da quel momento, dimenticando perfino l’argomento della discussione. Dei passi la fecero sussultare; qualcuno stava salendo velocemente le scale. Si affrettò a scivolare dal letto e risistemarsi velocemente i capelli.
“Andiamo Hermione che sarà mai!”
In quel momento la maniglia della porta si abbassò ed entrò Ginny, sorridente e anche un po’ strafottente.
“E tu ancora a letto sei? Hermione sei totalmente inutile! La mamma ti ha mandato su per svegliarlo, non per metterti a dormire appresso a lui.”
“Questa simpatia mattutina è dovuta allo spirito natalizio, Ginny?”le chiese il fratello mentre finiva la colazione.
“Forse, sbrigatevi. Sono arrivati Bill e Fleur, ed Harry sarà qui a momenti.” e detto questo, diede le spalle ai due ragazzi e uscì dalla stanza, i capelli che svolazzavano liberi sulle spalle.
“Scendo anche io.”dichiarò Hermione. Si avvicinò per baciarlo sulla guancia stavolta fresca, poi seguì Ginny giù per le scale.
Ron terminò la colazione e si lasciò cadere ancora una volta a letto, sdraiandosi. Il profumo di Hermione era rimasto intrappolato tra quelle coperte. Chiuse gli occhi per potersi concentrare solo su quel particolare. Un lungo capello riccio era rimasto sul suo cuscino, dimenticato lì per caso. Ron lo prese qualche secondo tra le mani, sorridendo al pensiero di quanto era fortunato di poter sfiorare quei capelli ogni volta che lo desiderava.

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Se volete picchiarmi, ignorarmi, insultarmi, ne avete tutto il diritto. Anche perchè mi sono fatta tornare l'ispirazione proprio nel bel mezzo degli esami di stato. Ma abbiate pietà di me, che vi voglio tanto bene.
Ho aggiornato si, con un capitolo quasi di passaggio. Ma che spero non vi deluda. 
Ho un nuovo profilo su facebook in ogni caso, se volete insultarmi per bene:3 A presto, forse:D
http://www.facebook.com/profile.php?id=100003908719497
   
 
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