Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Evazick    05/06/2012    3 recensioni
Voleva urlare, spalancare la bocca per prendere aria, ma non ce la faceva. Li sentì raggiungere i suoi occhi e entrare nella sua testa, attraversare la sua pelle come se fosse aria per raggiungere le parti più nascoste di sé stessa, e lei rimase completamente immobile, paralizzata e senza poter far nulla per fermare quell’incubo. La parte peggiore, pensò quando divenne cieca e non riuscì più a sentire il crepitio dell’incendio, era sapere che nessuno l’avrebbe salvata.
Da qualche parte in lontananza, un corvo gracchiò.

*
Inghilterra, 1889. Pomeriggio del 13 aprile. In un bosco poco fuori Londra, una ragazza si risveglia. Non ricorda nulla di se stessa, e l’unica cosa che ha con sè è la collana che porta al collo. Vagando in cerca di un indizio sulla sua identità si rifugerà in una villa signorile, dove verrà accolta da uno spaventoso maggiordomo e da un ragazzo sfuggente e arrogante. La ragazza non sa di essere finita all’interno di una trappola tesa da un pericoloso e demoniaco ragno, e si ritroverà inconsapevolmente a far parte di un gioco che metterà in pericolo la sua stessa vita.  
Genere: Introspettivo, Mistero, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alois Trancy, Claude Faustas, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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XX. Epilogo – Futuro.


 

 5 novembre 1889 

Non avrei mai pensato di riprendere in mano un quaderno e una penna per buttare giù i miei pensieri. Credevo di aver lasciato perdere la scrittura sei mesi fa, ma la solitudine si fa sentire sempre più spesso in un modo così forte che l’inchiostro è l’unico amico e compagno di sfoghi che ho e a cui posso confidare tutto.
In parte è colpa mia, lo ammetto. La mia amnesia mi ha resa diffidente verso qualunque persona, persino verso quelle che conoscevo bene in quella vita che non riesco a ricordare. Dicono tutti che avevo un forte legame con Ronald, che ero attaccata a lui come nessun altro Number al proprio Shinigami, ma a me sembra impossibile che stiano parlando veramente di me. Forse è stato quello che è successo nel bosco a cancellare e a cambiare il nostro rapporto, oppure tutto dipende dalla mia nuova percezione del mondo. Non è facile ritrovarsi in una realtà che dovrebbe risultare familiare ma che poi non lo è per niente, e per questo mi sono chiusa sempre di più in me stessa, l’unica persona di cui mi posso fidare e che conosco veramente. I primi tempi alcuni degli altri Number hanno provato a parlare con me per fare di nuovo amicizia, ma si sono arresi quando hanno finalmente capito che io non volevo parlare con loro. Il ragazzo chiamato Twenty-Nine ha insistito più degli altri e continuava a dire che io e lui eravamo davvero amici, ma alla fine ha rinunciato anche lui. Non ho bisogno di nessuno, non voglio nessuno, me stessa e la mia amnesia sono un peso già abbastanza grande da sopportare che non posso dividere con altri.
I medici del quartier generale mi visitano così tante volte e così spesso che ormai ho perso il conto delle visite e l’ambulatorio è diventato la mia seconda casa. Non riescono a capire come mai io non abbia ancora recuperato la memoria: alcuni dicono che la botta che ho preso in testa abbia cancellato tutti i miei ricordi e che io non abbia più alcuna possibilità di recuperarli, altri che vedere la morte di mio fratello mi abbia scioccata a tal punto da farmi dimenticare tutto, altri ancora che io abbia subito qualche shock durante il mese che ho trascorso come semplice umana. Mi fanno domande in continuazione per cercare di capire cosa c’è di sbagliato nella mia testa e per vedere se riesco a ricordare qualcosa di nuovo, ma ogni volta è un nuovo buco nell’acqua. Le uniche cose che ricordo della mia vecchia vita sono la mia morte e quella di mio fratello, nient’altro. Non ho più avuto rivelazioni improvvise o flashback momentanei, niente di niente. È come se la mia memoria fosse una lavagna e qualcuno avesse cancellato tutto quello che c’era scritto sopra con un colpo di spugna: dentro non c’è più niente, zero, il vuoto più totale. L’unica cosa che i medici credono di poter controllare e curare è la cicatrice che mi attraversa la guancia, ma non riescono a fare molto nemmeno per quella: da quanto mi hanno detto, è troppo profonda per potersi rimarginare spontaneamente, se voglio farla sparire del tutto devono operarmi. Io ho rifiutato non molto cortesemente: ho finalmente smesso di coprirla con una benda e lascio che tutti la vedano e che mi indichino per quella strana ferita. C’è chi dice che la sfoggio come se fosse una medaglia o qualcosa del genere, ma non è così. Nasconderla sarebbe come scordarmi tutto quello che mi è successo sei mesi fa, e io non voglio dimenticarlo; è per questo che ogni mattina, davanti allo specchio, seguo con un dito quella lunga linea rossa che un tempo mi spaventava.
 
Lena sentì un rumore provenire dal vicolo poco distante e alzò lo sguardo dalla pagina nello stesso istante in cui Ronald usciva dalla stradina con la Death Scythe chiazzata di rosso. C’erano un paio di macchie anche sulla sua giacca, ma sembrava che non gli importasse molto e continuò a sorridere leggermente mentre si avvicinava alla sua Number. “Un’anima piuttosto tenace?” gli chiese lei mentre tirava fuori dalla tasca dei pantaloni neri una lista spiegazzata e l’apriva.
“Non più del solito,” replicò il ragazzo, togliendosi una ciocca di capelli dal volto. Osservò la ragazza vestita come lui che intingeva la penna nell’inchiostro e le disse: “Bridget Reely, nata ad Edimburgo il 7 agosto 1854, morta a Londra il 5 novembre 1889 per un aborto spontaneo e conseguente emorragia. Nessuna nota.”
Lena cercò il nome corrispondente sulla lista che aveva appoggiato sulle gambe, poi, una volta finito, guardò Ronald dall’alto della spalletta lungo il Tamigi su cui era seduta. Lui continuò a sorridere e, all’improvviso, allungò una mano verso di lei per tirarle uno degli angoli della bocca in un sorriso forzato. Lei rimase un attimo bloccata dalla sorpresa, poi allontanò lentamente ma con fermezza la sua mano e tornò a studiare la lista. Sentì lo Shinigami ridere. “Dovresti sorridere più spesso, Scar Number, altrimenti nessuno vorrà più avvicinarsi a te.”
C’erano molti e molti motivi per cui Lena aveva smesso di sorridere quasi del tutto, e probabilmente lui non li avrebbe mai capiti. Era inutile iniziare una discussione, e quindi si limitò a scrollare le spalle e a cambiare discorso. “Sai che non mi piace quel soprannome.”
Rise ancora. “Bè, è inevitabile che ti chiamino così se continui ad esibire la tua cicatrice come un trofeo di guerra.” Si zittì e tese le orecchie, probabilmente sentendo che c’era bisogno di lui da qualche parte nei dintorni. “Tu resta qui,” disse con voce insolitamente autoritaria alla Number prima di addentrarsi in un altro vicolo. La ragazza aspettò che fosse sparito del tutto dalla sua vista, poi riprese a scrivere sul quaderno che aveva trovato un giorno sotto il suo letto.
 
Scar Number, la ragazza con la cicatrice sulla guancia. È così che adesso mi chiamano tutti, sia Number che Shinigami. Non più Fifty, non più il nome che non ricordo, mai Lena. Penso che nessuno sappia di quest’ultimo nome e, anche se lo conoscesse, forse non lo userebbe mai. Per gli Shinigami è un nome che non ha alcun significato, ma per me è il contrario. Ne ha molto, più di quanto potrebbero comprendere. È per questo che odio quello stupido soprannome, non lo sento mio, non ha alcun maledetto senso per me. Fifty potrebbe averlo, ma Scar Number? È solo un modo come un altro per deridermi a causa di quel marchio che non potrò mai cancellare, al contrario dei lividi sulle mie braccia: ormai sono spariti quasi tutti, ne rimangono solo un paio nascosti vicino alle ascelle. Eppure, nonostante non li veda quasi più, ogni volta che guardo i punti in cui erano ricordo ancora quella stanza da bagno e la domanda a cui non ho saputo rispondere per troppo tempo.
Oggi sarebbe stato il quindicesimo compleanno di Alois. Ricordo che me lo disse durante uno dei nostri pomeriggi trascorsi a perderci dentro la villa o nel giardino, e mi è tornato in mente quando mi sono intrufolata nell’archivio per cercare qualche informazione in più su di lui. Ne ho trovate così tante che tutti i tasselli dell’enigma sono andati al loro posto velocemente, e ho avuto diversi incubi per almeno una settimana. Adesso capisco perché non ha mai voluto parlarmi del suo passato e ha condannato la sua anima per sempre; avrei dovuto capirlo prima per poterlo aiutare davvero, ma ormai è tutto finito. Il passato è già accaduto, non posso tornare indietro per cancellare tutto e ripartire da zero.
Alois è morto poco tempo dopo che me ne sono andata, tradito da Claude, l’unico di cui sui fidava ciecamente. Non ne sono rimasta granchè sorpresa: credo di averlo sempre saputo, in fondo, e forse anche lui lo sapeva, ma era rimasto troppo invischiato nelle sue stesse bugie per poterlo ammettere. Ho chiesto a William se potevo andare io a recuperare la sua anima, ma lui credeva che sarei stata troppo sconvolta psicologicamente per affrontare una cosa del genere. Le cose sono poi precipitate, e il resoconto di quello che è successo in seguito mi ha messo dei brividi spaventosi addosso e ha aggiunto altri incubi allo spettacolo delle mie notti insonni. Dopo qualche tempo mi hanno offerto di andare ad occuparmi di Claude, ma quella volta sono stata io a rifiutare. Non credo che quelli come lui abbiano un’anima e, anche se avessi dovuto ammettere il contrario, non avrei resistito alla tentazione di vendicare me stessa e Alois. Sarebbe stato un comportamento poco professionale, anche se la cosa mi allettava molto – e tuttora continua a farlo.
 
Si voltò per un istante alla sua sinistra, distraendosi, e vide un ragazzo e una ragazza intenti ad amoreggiare vicino al London Bridge, mentre la nebbia si alzava dal fiume e dava all’intera città addormentata una nuova faccia, più inquietante di quella che mostrava alla luce del sole. Lena non potè fare a meno di osservarli a lungo e con curiosità e interesse: le bocche di entrambi, quando non erano impegnate a scambiarsi qualche bacio fugace, erano sempre distese in sorrisi divertiti e sinceri, e le loro dita erano intrecciate e combaciavano perfettamente le une con le altre, come se fossero nate per stare insieme. Non si accorsero mai della ragazza con lunghi capelli neri e vestita come un uomo che li osservava da poco lontano, persi com’erano nel loro amore. Lei li guardò ancora per un istante con un’espressione malinconica in volto, poi ritornò al suo quaderno. Una lieve musica di organetto si diffuse lungo la strada, suonando una vecchia filastrocca per bambini sul Ponte di Londra che cadeva.
 
Tutti credono che la mia vita sia migliorata in questi ultimi sei mesi, ma io sono l’unica a pensare il contrario. Insomma, io e gli altri Number stiamo solamente aspettando che la nostra ora arrivi, non siamo immortali, non abbiamo alcuna immunità da quelle Death Scythes che un giorno prenderanno anche le nostre anime, come possiamo considerarci fortunati? Questa non è una vita, è solamente un’anticamera dell’Aldilà, se esiste qualcosa del genere. Forse sono il mio pessimismo e la mia tristezza a farmi dire questo, ma la verità è che a nessuno importa di noi, e tantomeno di me. Gli altri Number potranno anche essere amiconi degli Shinigami, anche se per loro non sono altro che lo scantinato sotto l’ultimo gradino della scala gerarchica, ma per me il discorso è diverso. Mi sono chiusa in me stessa, non parlo con nessuno, non sorrido più, e stavolta non lo faccio per disorientamento o timidezza: riportandomi qui hanno strappato quella parte di me che credeva di essere ancora viva, lasciandola nel giardino della villa in cui avrei potuto trovare la morte, certo, ma in cui ho sicuramente trovato una nuova vita, un nome, dei ricordi. E tutto questo lo devo ad Alois, l’unico per cui io sia mai stata qualcuno di speciale, anche se suona decisamente strano, conoscendo il suo carattere e le ombre che si nascondevano nella sua mente.
Non ho mai saputo cosa provasse nei miei confronti, e ad essere sincera non so nemmeno cosa provavo io  – e continuo a provare – verso di lui. Credo che lui provasse una specie di affetto per me, ma come faccio ad averne la certezza? E io… bè, dire che era il centro del mio mondo è un po’ esagerato, ma le cose stanno veramente così. Se non fosse stato per lui a quest’ora sarei una persona completamente diversa, cresciuta nel bordello di Lady Nancy e una delle vittime preferite di Andrè. Provo un’immensa gratitudine nei suoi confronti, ma sento che c’è anche qualcos’altro: non è affetto, è qualcosa di ancora più grande. Forse è quello che i vivi chiamano ‘amore’, ma l’idea di baciarlo o di comportarmi come sta facendo quella ragazza laggiù non mi ha mai attraversato la testa. Se è amore, è contorto come era il nostro rapporto, difficile da capire e talvolta doloroso e malato, ma allo stesso tempo bello.
Quanto tempo mi rimane come Number? Se i miei conti non sbagliano adesso dovrei avere cinquantaquattro anni: un sacco, e ancora non so quanti me ne rimangono da scontare come assistente di Ronald. Nella lista che adesso ho in tasca il mio nome non c’è ancora, ma questo non vuol dire niente, magari hanno deciso di non scriverlo per evitare che mi prenda un colpo o qualcosa del genere. Chissà se morire di nuovo, stavolta per sempre, sarà doloroso. Chissà se esiste qualcosa dopo la vita. Chissà se incontrerò Oliver, il fratello che mi sembra di non aver mai conosciuto, e se scoprirò qualcosa in più su chi ero.
Chissà se ci sarà Alois, al di là, e se vorrà di nuovo vedermi.
Domande strane a cui non troverò una risposta per ancora non so quanto e che a volte mi tengono sveglia tutta la notte insieme ai miei incubi. Non sono ancora spariti del tutto, anche se all’inizio pensavo il contrario. Rivedo ancora le braccia di Andrè che mi bloccano, la villa in fiamme, i ragni che entrano dentro di me, e a tutto questo si aggiungono anche alcuni sprazzi del passato di Alois e di quello che è successo dopo la mia partenza. Forse cesseranno solo quando sarò morta del tutto; una bella prospettiva, no?
Io credo veramente che ritroverò Alois, da qualche parte oltre questa vita. Prendetela come un desiderio stupido o irrealizzabile, ma è l’unica speranza a cui mi sto aggrappando. Ho la sensazione che ci rivedremo, prima o poi, e che tutto sarà diverso. Lui riuscirà a capire quello che ho voluto dirgli negli ultimi tempi e quello che ho scritto nella lunga lettera dentro il mio quaderno, e io potrò spiegargli chi e cosa sono veramente. Continueremo ad avere quattordici anni entrambi e avremo tutto il tempo del mondo per parlare e chiarire le cose tra noi due.
Se la morte mi spaventa? Dovrebbe, ma essendo già morta una volta so che è doloroso solo per un momento, poi passa tutto. Un po’ come quando avvicini troppo la mano a un fuoco e ti scotti: accade tutto nel giro di un istante, quello dopo tutto è già tornato alla normalità. Tuttavia certe notti la prospettiva del mio futuro mi toglie il respiro, e inizio a pensare: e se fosse più doloroso? E se non ci fosse nessun maledetto Aldilà? E se avessi perso ogni occasione per spiegarmi con Alois? E se invece fosse a lui a non volermi parlare?
Poi penso: ehi, calmati. Il futuro deve ancora arrivare.
 
Lena scribacchiò ancora un paio di frasi che aveva letto qualche giorno prima su un foglio appeso a un muro, poi chiuse di scatto il quaderno e se lo infilò nella tasca interna della giacca, riponendovi anche la penna e la boccetta d’inchiostro. Saltò giù dalla spalletta mentre Ronald usciva dal vicolo con un’espressione corrucciata in volto e trascinandosi dietro la Death Scythe come se fosse un peso inutile. “Andata male?” gli chiese.
Sbuffò. “A quanto pare, quel Michaelis e il conte Phantomhive non se ne sono andati dall’Inghilterra. L’anima dell’uomo in quel vicolo è scomparsa nel nulla, e ci posso scommettere gli occhiali che l’hanno presa quei due.” Fece una smorfia indignata. “Maledetti demoni. Odio quando si mettono nel mezzo. Adesso dovrò scrivere qualche stramaledetta relazione perché non sono stato abbastanza veloce, e William non ne sarà contento. Come al solito.”
La ragazza sorrise lievemente, forse il primo sorriso da sei mesi a quella parte. Probabilmente era merito dello sfogo sul suo quaderno, ma adesso si sentiva più ottimista. Era come se, dentro di lei, ci fosse la certezza che avrebbe rivisto Alois molto presto, in un altro luogo. Non sapeva ancora tra quanto tempo, ma ormai la pazienza era diventata una sua virtù. “Abbiamo finito per stanotte, allora?”
“Sì, Eric dovrebbe essere già montato in servizio. Andiamo, prima che qualcuno ci veda da queste parti.”
Lena lo seguì mentre si dirigeva verso il vicolo da cui era sbucato poco prima, e prima di entrarvi dentro lanciò un’ultima occhiata al punto in cui fino a quel momento si trovavano i due giovani amanti: non c’era più alcuna traccia di loro, sembravano essere stati inghiottiti dalla nebbia e dalla musica dell’organetto che ancora non era cessata. Lei sorrise, augurando loro tutta la felicità che lei non aveva ancora ricevuto, poi entrò nel vicolo ripensando alle ultime parole che aveva scritto sul suo quaderno.
Tell me the difference between Love and Death / You fear them both as they take your breath.

 
 
 

The End.











È finita? Di già? ç___ç *pianto disperato*
Faccio la stessa scena alla fine di ogni mia storia, faccio una fatica del Diavolo a staccarmi dai personaggi di cui ho narrato le avventure e le disavventure così a lungo. Penso che non mi ci abituerò mai.
Piccola premessa: non odio le storie con un lieto fine. È solo che quelle tristi hanno un fascino particolare, e poi... bè, non si può far finire bene una storia con Alois Trancy come coprotagonista.
Come mio primo esperimento su Kuroshitsuji devo dire che sono abbastanza soddisfatta. Non ho ricevuto molte recensioni, ma quello è veramente il minimo: sono contenta soprattutto che a quei pochi recensori la mia storia sia piaciuta davvero, nonostante la presenza di un OC. Passando ai ringraziamenti, grazie a chiunque abbia messo questa fanfiction tra le seguite, le preferite o le ricordate; grazie a chi l'ha letta soltanto; grazie ai Sum 41, se non avessero scritto "Jessica Kill" (da cui è stata tratta l'ultima frase del capitolo) non sarebbero nate questa storia e il suo titolo; grazie a tutti gli altri musicisti che hanno contribuito alla colonna sonora (Muse, Lacuna Coil, Florence + The Machine, Skillet, Linkin Park, The Used, 30 Seconds To Mars);e infine, un enorme GRAZIE a tutti quelli che hanno recensito: LudusVenenum, Lulu_Rouges, BeaLovesOscarinobello, AnnyChan, LadyGrave, yako_chan, AraneaOxymoron e, ultima ma non ultima, MadLucy, che recensendo mi ha resa enormemente felice. Ancora grazie a tutti quanti *-*
Probabilmente tornerò presto in questo fandom, forse con una long yaoi. Chi può dirlo, ho anche un altro paio di storie in cantiere: non credetevi di esservi liberate di me, però! XD
Alla prossima! *profondo inchino*

xoxo
Eva
  
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