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Autore: Aelle Amazon    13/06/2012    14 recensioni
Evangeline Smith ha diciassette anni e pensa che la sua vita sia una vera merda. Odia tutti, odia anche se stessa.
Quando scoppia un improvviso temporale le cose cominciano a cambiare. Scopre che gli dèi Olimpi esistono e che sono stati imprigionati dai terribili Titani. Gettati in gabbie sporche, gli dèi hanno deciso di privarsi dei loro poteri per darli ad un mortale prescelto. I Discendenti- così sono chiamati i mortali prescelti- devono risvegliarsi e salvare gli dèi, altrimenti per il mondo sarà la fine.
Ed Evangeline è una di loro.
[STORIA MOMENTANEAMENTE SOSPESA]
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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volcano 3
Ciao a tutti, scusate il ritardo nel postare. Ho avuto problemi con il mio beta-reader. Per problemi vari non è riuscito a correggermi il capitolo, così mi sono arrangiata da sola. Spero che possa piacervi lo stesso!
Ringrazio FallingInLove, AleJackson, La sposa di Ade, Dafne Rheb Ariadne, Tea_Zeus, Aquamaryne e Mnemosines per le stupende recensioni. Ringrazio anche chi l’ha messa tra le ricordate/seguite/preferite e anche chi legge soltanto.
Alla prossima!
Baci,
Aelle
 
Volcano

3

 
 
Il temporale scoppiato all’ora di pranzo sembrava non voler terminare più. Le strade erano ormai ridotte ad un lago, ma la pioggia non smetteva di cadere. Come se questo non bastasse, il vento aveva preso a soffiare con una forza inaudita e sotto quella furia gli ombrelli faticavano a non rompersi.
Come molti in quel momento, Evangeline bestemmiò. Il suo ombrello non voleva saperne di stare aperto e quasi per provocarla continuava a ribaltarsi, con il risultato che la ragazza era fradicia dalla testa ai piedi. Fortunatamente casa sua era vicina alla biblioteca, altrimenti Evangeline non avrebbe avuto il coraggio di avventurarsi sotto quell’acquazzone. Ogni minuto che passava, pareva peggiorare.
Salì i gradini di casa sua con visibile sollievo e un ombrello chiaramente da buttare. Lo gettò a terra con noncuranza e cominciò a trafficare con la borsa. Trovate le chiavi, infilò nella toppa quella che sapeva essere giusta, ma la serratura sembrava essere rotta. Tentò con tutte le altre chiavi, ma nessuna funzionò.
Con l’ennesima imprecazione, Evangeline si chinò all’altezza della toppa per vedere se qualcosa non andava, ma a prima vista nulla era fuori posto. Però, guardando meglio, si accorse che un po’ di ruggine ricopriva il cilindro della serratura.
Ah, ecco perché la chiave non gira. Pensò. Fortunatamente è una cosa da nulla. Posso sistemarla in meno di trenta secondi.
Evangeline respirò profondamente, gli occhi chiusi, e si concentrò. Mentre una piccola ruga le solcava la fronte, uno strano calore iniziò a diffondersi in tutto il suo corpo, partendo dal petto per poi diramarsi verso braccia e gambe. Quando la punta delle sue dita parve scottare, Evangeline aprì gli occhi e soffiò dolcemente all’interno della serratura. Con piccoli scricchiolii, la ruggine scomparve dal cilindro, lasciandolo pulito come se fosse stato nuovo.
Per un attimo Evangeline rimase a contemplare quello che aveva appena fatto con la bocca spalancata per la sorpresa. Poi le parole di Ker si riversarono nella sua mente come una secchiata di acqua gelida, ma la consapevolezza di essere diversa da tutti gli altri suoi coetanei non la fece stare male come si poteva pensare. Certo era che doveva ancora abituarsi ad avere poteri soprannaturali. Ancora di più ad essere la Discendente di un dio greco, Efesto.
Ripromettendosi di ripensarci dopo con più calma, la ragazza spalancò la porta di casa e la richiuse alle sue spalle con una spinta molto poco gentile. Si tolse le scarpe e i vestiti fradici, li gettò con noncuranza sul pavimento e si diresse in reggiseno e mutande in bagno. Una doccia calda era l’ideale per togliersi di dosso il freddo che le era entrato nelle ossa e che la faceva tremare in modo incontrollato.
Fece prima tappa in cucina per bere un bicchiere d’acqua e trovò appeso sul frigo un biglietto di sua nonna che la avvisava di essere andata a trovare la sua amica Mary. Evangeline, con un piccolo sorriso, immaginò anche che la pioggia l’avesse colta di sorpresa e l’avesse costretta a rimanere là. Ridacchiò al pensiero di sua nonna che, ad ottantacinque anni suonati, andava in giro con una vitalità da far invidia ad una ventenne.
-Oh, nonna, sei sempre la solita!- commentò, giusto un attimo prima di gettarsi sotto la doccia.
Viveva con lei da cinque anni, da quando i suoi genitori avevano trovato la morte in un incidente aereo. Era stata male per tanto tempo, ma ci aveva pensato sua nonna, anche se segnata dallo stesso dolore, a tirarle su il morale. Eppure, Evangeline sapeva che quella ferita non si era rimarginata del tutto. A volte la sentiva prudere ed era inevitabile che alcune lacrime le solcassero le guance. Ed era consapevole che tutto quel dolore non sarebbe scomparso col passare degli anni, ma sarebbe rimasto lì a tormentarla fino alla fine dei suoi giorni.
 
Seduta sul suo letto con il portatile in grembo, Evangeline cercava quante più informazioni possibili su Efesto. In biblioteca si era sentita sicura di sé e non aveva finito di leggere il paragrafo riguardante il dio. Ora, invece, aveva mille dubbi e Wikipedia non l’aveva aiutata molto a risolverli. Piuttosto, le stava stravolgendo le poche idee che aveva.
-Uhm, vediamo … dio del fuoco, della tecnologia, dell’ingegneria, della scultura e della metallurgia- borbottò pensierosa –Merda, ma di quante cose è dio?-
Chiuse Wikipedia con la speranza di trovare qualche altro sito, ma nessuno dava informazioni complete. E Google più che altro proponeva immagini di un uomo piuttosto brutto che lavorava, circondato da enormi Ciclopi, in fucine invase dal fuoco.
Fuoco.
Ecco cosa doveva fare. Provare a richiamare le fiamme. Se prima era riuscita a sistemare una serratura senza averlo mai fatto in vita sua, poteva benissimo superare anche questa prova. Era solo un rito di passaggio, così le parole di Ker avrebbero avuto conferma fino in fondo.
Gettò il portatile da una parte del letto e si alzò in piedi con uno scatto felino, correndo in soggiorno. A fare da sottofondo ai suoi passi c’era il ticchettio della pioggia, che imperterrita continuava a scendere.
Frugò negli armadi finché non trovò quello che cercava, ovvero le candele che sua nonna teneva in caso di blackout. Ne prese alcune, domandandosi tra sé perché sua nonna avesse comprato quelle profumate. Quando ritornò in camera aveva il naso intasato dai più vari odori e nessuno di essi era di suo gradimento.
Appoggiò le candele sulla scrivania in modo ordinato, tutte alla stessa distanza, e si posizionò sul letto a gambe incrociate. Rimase immobile per qualche secondo, pensando a come fare, perché effettivamente non aveva alcuna idea al riguardo. Qualche ora prima si era semplicemente concentrata e  la serratura si era sistemata. Il calore che aveva provato le solleticava ancora le dita, impaziente di essere usato. Forse era proprio la concentrazione a far scattare l’accensione dei suoi poteri.
-Ok, proviamo-
Chiuse gli occhi e mise le mani davanti a sé, le dita tese verso le candele. Si concentrò più che poteva, pensando ossessivamente a quello che voleva fare. Il suo obbiettivo era accenderle senza usare accendini o altri aiuti. Desiderava che gli stoppini bruciassero semplicemente con la forza del pensiero. Purtroppo, il primo tentativo andò a vuoto. Quando riaprì gli occhi, le candele erano esattamente come le aveva lasciate. Niente era cambiato, nemmeno un piccolo particolare.
Mentre un sospiro frustrato le usciva dalle labbra, Evangeline si chiese cosa avesse sbagliato. Le sembrava di aver fatto tutto correttamente: si era concentrata e aveva pensato intensamente a ciò che voleva fare, ma qualcosa era andato storto.  Rifletté, accarezzandosi distrattamente il mento, su quello che era accaduto quando aveva riparato la porta. Non era stato un atto casuale. Lei aveva voluto che la serratura funzionasse e così era stato. Il calore l’aveva invasa senza troppe cerimonie e la ruggine era scomparsa. Forse il suo problema era la troppa concentrazione. Doveva pensare poco e agire in fretta.
-Riproviamo. Non costa nulla, no?- si incoraggiò ad alta voce.
Questa volta non chiuse gli occhi, ma si preoccupò di tenerli ben puntati sulle candele. Prese un profondo respiro e focalizzò nella mente la sua idea, imponendosi di essere determinata. Pian piano il suo corpo iniziò a scottare e nel momento in cui il caldo sembrò volerle esplodere sotto la pelle Evangeline mosse leggermente le mani. Con un piccolo pop gli stoppini si accesero e quattro fiammelle si alzarono verso il soffitto della sua camera.
Evangeline sorrise e la sua concentrazione si spezzò, ma non le importò minimamente. Era riuscita a dare conferma alle parole di Ker. Era davvero la Discendente di Efesto. E doveva trovare gli altri. Aveva la netta sensazione che da sola non sarebbe andata da nessuna parte.
 
La porta di casa sbatté sotto la furia dell’aria. Fortunatamente aveva smesso di piovere, ma le raffiche di vento non accennavano ad affievolirsi. Erano le sette e mezzo di sera e il tempo sembrava peggiore di quanto non fosse mai stato.
-Evangeline, tesoro, sei in casa?-
Sua nonna era stanca, la ragazza lo aveva capito solamente sentendola parlare. In fondo, aveva ottantacinque anni e certe situazioni la affaticavano, risucchiandole le poche energie che aveva.
Si precipitò in soggiorno e andò ad abbracciare quell’esile figura tremante. La donna anziana rise e i suoi occhi azzurri si illuminarono per la felicità. Una ciocca di capelli candidi le sfuggì dall’alta crocchia ed Evangeline si affrettò a sistemarla.
-Nonna, ero preoccupata- le disse con una vena di rimprovero nella voce –Perché sei uscita con questo tempaccio?-
La donna si puntò le mani sui fianchi. –Quando sono uscita non pioveva. Il diluvio è iniziato non appena ho messo piede in casa di Mary. A proposito, ti saluta- le rispose –Comunque, sono rimasta là fino ad ora. Poi ho approfittato del fatto che ha smesso di piovere e sono tornata. Però, il vento rischiava di portarmi via!- aggiunse con un’altra risata.
Evangeline alzò gli occhi al cielo e aiutò la nonna a togliersi il cappotto, raccogliendo anche i vestiti che prima aveva gettato a terra. Li ripiegò e li buttò nel cesto delle cose da lavare.
-Cosa vuoi che prepari da mangiare, tesoro?-
La ragazza rifletté per qualche minuto. –Pasta con il sugo?- chiese, esitante.
-E vada per la pasta con il sugo!- sorrise sua nonna.
Si mise subito ai fornelli ed Evangeline le diede una mano apparecchiando la tavola. Ben presto la fame ebbe il sopravvento e la ragazza prese a girare intorno a sua nonna per avere un piccolo assaggio del sugo che tanto le piaceva. Sbuffando, la donna la accontentò.
-Ora che ci penso, mi hanno dato un volantino in centro. L’ho preso perché mi faceva ridere. Aspetta, vado a prenderlo. L’ho lasciato in borsa-
Sgranocchiando un grissino, Evangeline la seguì incuriosita. La osservò frugare finché non trovò un foglietto tutto spiegazzato, che le porse con un sorriso trionfante.
-Ecco qui. Guarda-
Evangeline lo prese in mano e lesse cosa diceva. Era uno spettacolo di danza, di un certo gruppo che lei non conosceva, fissato per la sera successiva alle nove. Non capiva cosa sua nonna trovasse divertente.
-Cosa ti fa ridere? E’ solo uno spettacolo di danza!-
Sua nonna le indicò un nome e scoppiò a ridere. –Questo nome!-
Evangeline guardò ancora il foglio. Il capogruppo era una ragazza, Phoebe Carter. Ancora non capiva che cosa quel nome avesse di strano. Lo domandò a sua nonna.
-Mi ricorda tanto un epiteto di Apollo, Febo. Non è divertente?-
Il grissino le cadde sul pavimento e si spezzò in due. Evangeline cercò di pensare velocemente. Era forse un caso che quella ragazza avesse un nome simile a quello del dio del sole? L’unico modo per scoprire la verità era andare a quello spettacolo di danza.
Phoebe Carter, sei anche tu come me?      


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