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Autore: Aimondev    16/06/2012    1 recensioni
Jack Parker è un ex bullo, delinquente che mette la testa a posto raggiungendo un certo successo nella sua città, fino a quando non incomincia a fare uso di una nuova droga.
Contemporaneamente la Terra sembra minacciata da una presenza aliena ostile.
Genere: Commedia, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In lontananza udivo gli echi lontani delle sirene della polizia. In diciannove anni di vita in quella cittadina del Michigan, tra aggressioni, risse e furti, la polizia non era mai accorsa così velocemente, né mai in mio aiuto. Doveva arrivare di soprassalto proprio in un momento di tale crisi? 
E' pur vero che avevo combinato un bel macello: solo ora mi rendevo conto che, oltre ad un'intera fiancata di casa distrutta, avevo danneggiato un paio di idranti che ora stavano innaffiando tutta la strada, abbattuto un albero e arato i giardini dell'intero vicinato.
 Ma, dannazione, non potevo farmi riconoscere in quelle condizioni, sembravo un fottuto bambino con la barba!

 Jane continuava a strillare come un maiale che viene macellato, davanti alla nuova forma che avevo improvvisamente assunto e una folla di vicini gridava a gran voce la propria disapprovazione dalle case.
Dovevo scappare.  Non potevo permettere di venire incarcerato, non in un momento simile, non in quelle condizioni. Se fossi stato riconosciuto come Jack Parker sarei stato lo zimbello di tutti, avrei chiuso definitivamente e sarebbe stato davvero arduo poi riguadagnare il rispetto e la fiducia di tutti una volta tornato quello che ero.  Sì, perché in quello stato ero ancora nelle condizioni per poter sperare...Per poter pregare. Cercavo quindi di valutare anche il caso in cui sarei potuto tornare alla mia forma originaria.

 Inutile fuggire verso casa perché mi avrebbero facilmente raggiunto prima ancora che fossi riuscito a trovare una scappatoia.  Ci pensai qualche istante e poi mi decisi. Sapevo dove andare.
Il dottor Kermel avrebbe potuto rimediare un nascondiglio per occultarmi alle forze dell'ordine fornendomi vitto e alloggio. In fondo quel vecchio era in debito nei miei confronti. Me lo doveva.

Il giorno seguente sarei dovuto recarmi da lui in ogni caso. Mi avrebbe dato aggiornamenti in tempo reale sulla mia situazione o magari aveva trovato addirittura una soluzione al mio problema.  Sarebbe stato l'ideale recarsi da lui.
Nella mia totale ingenuità credevo che sarebbe giunto alle conclusioni che avrei sperato, e detto ciò che volevo sentirmi dire.

 Saltai in macchina.

"No...non posso crederci!"  
I pedali erano lontanissimi, ci arrivavo a stento.  Incominciai a sprofondare sul sedile per raggiungerli  sacrificando parte della visibilità. 
"Vai maledetta vai!"
Il motore scalciò un paio di volte e poi entrò in funzione.  Con una manovra ritornai in pista e diedi di gas. Ormai avevo arrecato così tanti danni alla comunità che un inseguimento della polizia non avrebbe certo peggiorato quella situazione ormai abbastanza compromessa in cui stavo sguazzando.
Le volanti mi stavano dietro, alcuni agenti mi incitavano a fermarmi.

"Ferma!  FERMA!  Ma...  La macchina va da sola?  Non vedo nessuno al volante da qui.  Chi stiamo inseguendo?"
"Sta zitto e non perderla di vista, Boris."

 Non potevo fermarmi, non potevo arrendermi in un momento così critico. Questo pensavo.
Eppure, forse se lo avessi fatto sarebbe stato meglio,  forse diventando un caso umano avrei potuto mobilitare scienziati e dottori, molto migliori del dottor Kermel da tutto il mondo i quali avrebbero potuto trovare nuove soluzioni per fermare l'incubo.   Ma fu a causa del mio stupido orgoglio e l'ossessionante paura di intaccare la mia reputazione che scappai quel giorno. Non volevo che una nuova sindrome prendesse il mio nome.

Ogni mio pensiero era rivolto a trovare la fonte del problema e neutralizzarlo, con l'aiuto del dottor Kermel che aveva ideato la ricetta.  Giungere nel suo laboratorio era tutto ciò che mi restava,  una seppur vaga speranza di salvarmi da quell'interminabile incubo.

 Kermel stava in un ospedale poco fuori città. Ad occhio e croce avrei impiegato quindici minuti per arrivarci, considerando la mia velocità e le strade poco trafficate che stavo percorrendo. Sarebbe stato un gioco da ragazzi.
Già, se solo fossi riuscito a vedere qualcosa della strada davanti a me.
 La cabrio andava a zigzag e in certi momenti s'accostava minacciosamente alle auto che mi venivano incontro a tutta velocità.  Mi accorsi che avevo imboccato la strada contromano.

Per evitare i veicoli che incombevano dalla direzione opposta, sterzai verso il marciapiede prendendo in pieno alcune pattumiere e sradicando una dozzina di cassette della posta. Dopo poco riacquistai il controllo.
Quella astrusa situazione mi ricordava quando a nove anni facevo prove di guida con auto rubate. Più o meno le mie dimensioni erano quelle di allora.  Per fortuna quelle esperienze mi tornarono utili ora.
Svoltai di botto lo sterzo evitando un auto, e poi ancora  elusi un furgone.  Alle mie spalle sentii un boato.  Una delle volanti doveva averlo preso in pieno.
Raggiunsi l'highway e lì non trovai altri ostacoli.

 Finalmente vidi il complesso ospedaliero. Svoltai verso il prato ed una volta lì abbandonai il velivolo e corsi più che potevo verso l'edificio. Ero arrivato sano e salvo.
Dalle porte a specchio mi accorsi con orrore che avevo perso molti più centimetri di quelli che mi sarei aspettato, o forse dovevo averne perduti altri durante quel breve viaggio. Solo adesso mi rendevo conto che ogni cosa attorno a me s'era fatta più grande dell'ultima volta che mi ero recato lì. 

Il panico mi sopraffece.  La sostanza diabolica, aveva accelerato ancora il suo processo che ora era velocissimo. C'era rischio che facessi compagnia al pulviscolo prima ancora di riuscire a raggiungere il dottore.
Dovevo rappresentare una veduta impressionante per tutti i presenti visto che adesso probabilmente non raggiungevo il metro e trenta, ma continuavo tuttavia a mantenere le proporzioni e il fisico di grande atleta.   Trovai la situazione assurdamente ironica:  passare da candidato alla NBA a nano armonico nel giro di un mese.  Adesso anche se fossi stato cento volte Muggsy Bogues nessuna società del Basket di sani di mente avrebbe mai potuto anche solo valutarmi.
Ero abbastanza grande però da potermi affacciare al bancone della segreteria.

Dall'altra parte a scartabellare ricette e ricevute c'era Edward, nota checca cittadina.
Dovevo recarmi dal doc ma non avevo né il tempo né la pazienza per attendere che fosse chiamato il turno di tutti i pazienti in sala.  Dovevo inventarmi qualcosa, ed in fretta anche.

Quando ero un bulletto ciò che mi rendeva superiore agli altri della mia specie stava nella mia innata abilità nel fottere cervelli attraverso forbiti raggiri ben articolati, conditi con una buona capacità nel raccogliere informazioni riguardo usi costumi, stili di vita e abitudini della vittima. Cercai di superare me stesso cercando, con quel metodo, di dare a Brad i giusti ragguagli per suicidarsi. 

L'impadronimento delle basi della dialettica e del ben parlare, o meglio, di queste tecniche di violenza psicologica di cui ero e sono un incontrastato maestro,  le dovevo a mio padre.
Lui, professore di filosofia all'università, ha sempre voluto che precorressi le sue orme, ma l'unica cosa che mi aveva realmente trasmesso nella sua squallida e sgradevole esistenza furono queste armi mentali di cui facevo largo uso.
Le fallacie.
Ad hominem circostanziali, ad auctoritatem e ad judicium. Facevo leva nelle falle di quei ragionamenti contorti per volgere la persona al mio volere.

 Edward era diventato alquanto famoso in città per la sua esuberanza e per le sue eccentriche trovate in fatto di cappelli, tuttavia non conoscevo affatto la persona che avevo di fronte, poiché non ho mai avuto motivo di imbrogliarlo, e inoltre frequentavo ben altri ambienti da quelli in cui viveva:  il quartiere dove era solito omosessualeggiare stava da tutt'altra parte del mio.

 Forse però avevo ancora una risorsa.  Edward aveva una cotta per me e non perdeva occasione per farmelo presente ad ogni incontro durante le mie frequenti visite dal medico sportivo. Ero il suo preferito ai tempi d'oro e mi favoreggiava sempre mettendomi in testa alla fila.
Forse questa volta mi sarebbe stato utile accettare le sue avances.

 "Ehi Edward" gli dissi
" mi piace come hai intonato il colore del rossetto con la tintura per le unghie"
"Chi è lei scusi? Ci conosciamo?"
Quello che più temevo...non mi riconosceva.
"Edward, sono Jack.  Devo vedere il dottor Kermel il più presto possibile"
"Jack?... Non la conosco.   Comunque il dottor Kermel è parecchio impegnato al momento e non può riceverla"
"Ho un appuntamento con lui domani, ma la mia situazione si è parecchio aggravata!"
"Beh...Prenda un bigliettino e faccia la fila come tutti gli altri"

 Mi protesi verso di lui e abbassai la voce, ben attento a non farmi sentire dagli altri presenti.

"Edward...Eddy... per favore. Sono io, Jack Parker.  Puoi fare un'eccezione? E' davvero importante per me"
"Par...Oh che scherzo di cattivo gusto!  Lei, Jack Parker?  Jack Parker è..."
incominciò ad arrossire.
"...Lui è...Jackie è... alto, bello, di classe"
Sospirò dolcemente.

Adesso la situazione era diventata fottutamente imbarazzante, però dovevo mantenere la calma. Non potevo permettere di farmi riconoscere anche all'interno dell'ospedale, visto che avevo avuto la fortuna di non essere stato riconosciuto durante l'inseguimento grazie alla mia infima stazza.

Edward intanto stava continuando a civettare da solo.
"...Perciò lei non può essere Jack Parker"  concluse.

 Effettivamente non dovevo apparire gradevolissimo, ero d'aspetto trasandato con occhiaie violacee e barba incolta. Quel periodo non prestai la minima attenzione all'aspetto fisico, e quello ne fu il risultato.  Non che se fossi stato meno negligente sarei stato chissà quale spettacolo, rimanevo comunque un soldo di cacio.

 "Te lo chiedo per favore Eddy. Ti dico che è questione di vita o di morte"
"Non mi chiami Eddy. E poi  le dico che non posso farla entrare senza un appuntamento..."

Ci fissammo per un lungo istante. A quel punto capii di non avere altra scelta e che l'unico modo per poter averla vinta sarebbe stato fare ricorso all'ad baculum,  l'ultima delle fallacie.
...

Mi ritrovai a correre come un pazzo per il corridoio con Edward attaccato ad una caviglia. 
"BRUTTA CHECCA SPINGIMERDA, TI AMMAZZO!"

 "Fermatelo!  Questo-questo nano è pazzo! SICUREZZA!"
Con la gamba libera sfondai la porta del laboratorio 

"KERMEL! Dove sei?" 
controllai il laboratorio da cima a fondo ma non trovai nessuno.   Sopraffatto dall'ira incominciai a  sfracellare provette e alambicchi per terra e distruggere tutto ciò trovassi davani.

 "Fermati"
Edward gridava come una ragazzina.
"Fermatelo, aiuto accorrete"

 "Cosa accade?"  due ciclopici infermieri,  o almeno ciclopici ai miei occhi, entrarono di prepotenza nel laboratorio
"Quel tizio non vedete? Sta spaccando tutto. FERMATELO!"

 La vista incominciò ad offuscarsi,  fui sopraffatto dal panico.  Era la fine. Avrei fatto una fine ben peggiore della morte: sarei SCOMPARSO.  E il mio unico rimpianto sarebbe stato quello di non essermi opposto in nessun modo a quella maledizione.  Quando quell'incubo avrebbe avuto fine? Che cosa avrei dovuto fare?
Gli infermieri mi agguantarono. Tutto attorno a me incominciò a girare  ed a muoversi.  Poi tutto nero.

----

Quel bianco soffitto incombeva su di me come un velo mortuario.  Il mio respiro era accompagnato solo dai suoni scanditi dell'elettrocardiogramma.  Dopo lo svenimento, dovevano avermi portato in una delle camere d'ospedale.

Sentii delle voci.

"Deve avere avuto un calo di pressione. Dice che voleva parlare col dottor Kermel. Aveva un appuntamento. Qual è il suo nome?"
"Non lo so. Dice di chiamarsi Jack Parker, ma stava chiaramente mentendo.  Non l'ho mai visto in città"
"Lasciatelo a me. E' mio paziente. Ci penZo io a lui"  finalmente una voce familiare.
"Oh, salve dottore.  Sicuro che vuole stare solo con lui?  Mi è sembrato un individuo piuttosto violento."

"Non preoccupatevi, zignori."
Alcuni rumori di passi mi fecero capire che adesso eravamo rimasti solo io e Kermel.
Grugnii.
"Do-dottore.  Finalmente!"

 "Non si sforzi troppo zignor Parker. Stia tranquillo, ci sono io adesso. 
Piuttosto, mi vuole spiegare per quale motivo ha combinato tutti quei disastri?  La polizia la sta cercando dappertutto. Dicono che ha distrutto mezza città, e nel portabagagli della sua auto è stato trovato un uomo terrorizzato."
"Brad. Me ne ero scordato..."
"Lei rischia diversi  anni di carcere, zignor Parker"
"Non ho tutto quel tempo."
"No infatti non lo ha. Fortunatamente nessuno è riuscito a riconoscere nelle sue fattezze attuali i caratteri di Jack Parker"

Lentamente incominciai a riacquistare sensibilità e lucidità.
"Perché sono svenuto? Quanto ho dormito?"   

Il soffitto della stanza mi sembrava cosi alto, e non mi ricordavo che i folti baffi del dottore fossero così enormi. E ogni oggetto di quella stanza mi parve innaturalmente grande.

 "Nulla di cui preoccuparsi. E' stata solo una comprensibile crisi di panico, uno shock. Ma è naturale, in questo periodo sta vivendo emozioni molto intense, zignor Parker.
Ha dormito per due giorni ed una notte." 
Il volto del dottore non nascose una vena di preoccupazione.

"Cazzo..."  fu l'unica cosa che la mia mente riuscii a scandire.
"cazzocazzocazzocazzo"  gli echi di quel primo pensiero mi rimbombavano nella testa.
Mi tirai fuori dal letto per ergermi in piedi.
 
"no zignor Parker, no! Potrebbe avere un altro shock. Aspett..."

 Ero già in piedi,  ma la visione che ne ebbi mi lasciò confuso.  In senso che i miei piedi si trovavano effettivamente poggiati al suolo ed il mio corpo era eretto, eppure mi sembrava di stare seduto.  A malapena arrivavo all'altezza dell'ombelico del dottore. La visione che avevo adesso era quella dei primi anni di vita,  quando tutto mi sembrava nuovo e minaccioso.

"Dottore..."  riuscii a proferire con innaturale fermezza.  "Quanto misuro adesso?"
Il dottore ebbe un attimo di esitazione.  "QUANTO?" 
"Novantuno centimetri... " 
La vista mi si appannò nuovamente, e mi accasciai sul letto in preda ad un secondo attacco di panico.

 "No, zignor parker.  Si svegli!.. Non deve dormire o velocizzerà le fasi del processo.   Prima le ho iniettato in corpo delle sostanze che dovrebbero fermare il suo rimpicciolimento, ma se si rimette a dormire vanificherà quegli effetti."

Lo afferrai per il colletto del camice.
"Niente più sostanze sperimentali!"   

"Questa volta è stato necessario, zignor Parker.   Il processo aveva assunto delle velocità così impressionanti che i suoi novantuno centimetri sono già più di quanto mi aspettassi. Se non avessi agito per tempo a quest'ora sarebbe finito in pasto agli acari del letto."

Lasciai la presa, del tutto esausto a causa dello stress.

 "Zignor Parker, io le assicuro che  tornerà tutto com'era prima. Sono riuscito a capire cosa sta succedendo in lei. 
Lei, zignor parker, è il più grande prodigio della storia dell'umanità.  Lei è un esemplare unico su sette miliardi. Lei è la soluzione ad ogni male del mondo e forse la risposta definitiva al senso della vita."  Pareva incredibilmente sicuro questa volta, nel suo entusiasmo

"...Attraverso il suo organismo potremmo estrapolare sostanze in grado di curare i più grandi mali dell'umanità:  virus, tumori, malattie... Il suo organismo è un congegno perfetto!"

Normalmente mi sarei esaltato, ma questa volta non ne avevo la forza, e neppure mi sentivo di dare troppo credito alle divagazioni di quell'uomo. L'unica cosa che mi interessava era tornare come prima.

 "Allora mi vuole spiegare perché sto rimpicciolendo? E spero per lei che abbia trovato una soluzione a questo problema."
"Ci siamo quasi, zignor Parker. Stiamo a buon punto.  Adesso non ci resta che mettere in atto le conclusioni alle quali siamo giunti.  Non posso rivelarle altro qui.  Non abbiamo tempo e inoltre non vorrei che le nostre informazioni trapelassero a qualche orecchio indiscreto. Se diventasse un caso pubblico finiremmo assaliti da orde di giornalisti che potrebbero ostacolare il nostro lavoro."
"Bene. Sono d'accordo" 
"Ora abbia ancora un po' di pazienza ed aspetti alcune ore.  La verrò a prendere e la porterò in un luogo sicuro."
"E poi voglio le risposte che cerco."
"A tempo debito le rivelerò ogni cosa. Adesso attenda qui"
"C'è rischio che rimpicciolisca ancora, durante la sua assenza?"

"Nein!  Gliel'ho detto, le sostanze nel suo corpo rallentano la sua decrescità. Al massimo può scendere di un altro paio di centimetri.  Mi raccomando, però, non si addormenti."
Uscì dalla stanza lasciando solo il silenzio.
Già. Come se potessi addormentarmi, con ogni probabilità m'aveva somministrato anche qualcosa per farmi restare sveglio.

 Rimasi sul letto per un tempo che mi apparve eterno e diversamente da come mi sarei creduto non accadde niente: era come se il mondo si fosse fermato.  Dovevano essere passati secoli, e quel maledetto Kermel ancora non arrivava.  Decisi di farmi un giro nei dintorni dell'ospedale.

Era una sensazione strana e impressionante vedere oggetti comuni formato gigante. Era come essere tornati allo stadio di infante, ma con la lucidità di un adulto.
E anche il fisico era quello di un adulto.

---

Mi ritrovai nel giardino interno del complesso ospedaliero. Il mondo appariva gigantesco, gli alberi erano colossali, l'erba mi arrivava alle caviglie.

 "Guarda, guarda guarda" sentii una voce alle mie spalle. Mi girai e vidi una massa enorme giganteggiare davanti a me,  un grasso individuo con delle bende attorno alla testa.

 Lo guardai meglio e notai  che era il ridicolo bulletto grasso che era stato messo in fuga alcuni  giorni prima dallo scatenato lancio di pietre di John e gli altri.  Una delle pietre doveva avergli provocato una piccola commozione cerebrale, per questo motivo ora avevo la sfortuna di incontrarlo.
Si rivolse agli altri due giganti che dovevano essere i suoi piccoli sgherri.

"Guardate ragazzi, è un nano! Un nano vero! Non ne avevo mai visto uno prima"
"Guarda che barba ispida disgustosa. Fa troppa impressione."
"Facciamogli un video"

 Non avevo tempo di fare da balia a dei piccoli aspiranti Jack Parker. Li ignorai del tutto e cercai di individuare all'orizzonte l'auto del dottore.

 "Ehi ci ignora! Non è felice di diventare famoso?"
"Ragazzi che ne dite di buttarlo di forza dentro lo zaino, e poi gli diamo fuoco. Filmiamo e mettiamo tutto su youtube."
"E se lo buttassimo dal cavalcavia?"
"Oppure prima gli diamo fuoco e poi lo gettiamo dal cavalcavia."
"Non lo so, non mi convince...  Al giorno d'oggi dare fuoco ai barboni o lanciarli da un ponte, è roba old, roba che fan tutti. E quante visualizzazioni sperate di prendere per una cosa così?  Io penso in grande invece."
"Ma è un nano. Questo farà pure qualche differenza sulle visualizzazioni"

Uditi quei discorsi omicidi, decisi che forse sarebbe stato opportuno  tenere a bada quei tre bambocci e mostrar loro con chi avevano a che fare.

Improvvisamente ebbi un tremito, e poi avvertii una sensazione stranissima: nuova e familiare al tempo stesso. Mi stava prendendo un'altra di quelle crisi che mi era presa davanti a Jane.
Ebbi una sensazione di caldo, e poi di freddo.  Il mio corpo si muoveva da solo, mi contorcevo e mi dimenavo in modo impossibile senza sentire alcun dolore.
Poi, finalmente ripresi il controllo di me stesso.

"O CAZZO!" gridava uno sopraffatto dal panico.
"Ma questo è peggio di Freddy Krueger!"
Fuggirono tutti spaventati a morte.
...
"Questo sì che otterrà visualizzazioni. Hai filmato?
"No, cazzo! Mi sono scordato"
...

Inorridii anche io.  Adesso non ero più alto dello zaino che quei ragazzini portavano addosso.
"Jack! Vieni qui!  Entra in macchina."
Gridava il dottor Kermel, che finalmente era arrivato.

GLOSSARIO:
Freddy Krueger: protagonista di un noto horror anni '80-'90 caratterizzato da scene di estrema violenza, negli spasmi e nelle convulsioni delle vittime
Highway:  strada extraurbana statunitense.
nanismo armonico : Il soggetto nell'insieme mantiene le sue proporsioni.  

Il manuale del raggiro di Jack Parker.  (alcune tecniche)

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Fallacie:  sono errori nascosti nel ragionamento che comportano la violazione delle regole di un confronto argomentativo corretto.  I ragionamenti fallaci appaiono come rigorosi e logici ma in realta non sono validi.

Ad hominem circostanziale:  consiste nel tentativo di confutare una tesi portando un attacco alle circostanze di una persona  (religione in cui crede, l'affiliazione politica, valori etici, etc).  Argomento falace perché le prefereze di una persona non hanno alcun nesso logico con la verità di un'affermazione.

Ad auctoritatem (appello all'autorità): Questa fallacia ha luogo ogni qual volta noi rifiutiamo una tesi o l'accettiamo solo per il prestigio o il rispetto che attribuiamo a chi la propone.

Ad judicium: Caso particolare di ad auctoritatem Il gran numero di persone che sostiene la tesi costituisce l'autorità.

Ad baculum (al bastone):  imporre una tesi minacciando di ricorrere alla forza o esercitando qualche forma di pressione all'interlocutore.

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