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Autore: Shyar    19/06/2012    2 recensioni
"Faccio parte della KSC, alias la Keyblader Search Company. Cerchiamo persone che abbiano il potere di maneggiare il Keyblade."
In un mondo coinvolto in una guerra contro l'oscurità, solo i due prescelti dal Keyblade, Shad ed Angelica, possono sconfiggere il male e riportare tutto alla normalità.
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Titolo: Kingdom Hearts: A New Battle
Personaggi: Shad ed Angelica, personaggi originali
Contesto: Nessun gioco
Generi: Azione, Fantasy
Rating: Giallo
Avvertimenti: AU
Introduzione/Presentazione: "Faccio parte della KSC, alias la Keyblader Search Company. Cerchiamo persone che abbiano il potere di maneggiare il Keyblade."
In un mondo coinvolto in una guerra contro l'oscurità, solo i due prescelti dal Keyblade, Shad ed Angelica, possono sconfiggere il male e riportare tutto alla normalità.

Prologo
 
Chiuse con uno scatto improvviso il libro che stava leggendo, dimenticandosi persino di inserire tra le pagine il suo solito segnalibro. Non era la prima volta che le capitava d’imbattersi in un finale inatteso e sgradito, ma, inspiegabilmente, quello in particolare l’aveva sconvolta parecchio. La storia in generale non le era piaciuta nemmeno molto, perciò non c’era motivo di sentirsi così alterata, decise, ma non riuscì a tranquillizzarsi nemmeno dopo essere giunta a quella conclusione. Passò qualche minuto a giocherellare con la copertina rigida del volume, persa nei propri pensieri; infine sospirò, appoggiando il libro sul comodino lì vicino e si alzò dal letto. Fece qualche passo in giro per la stanza, finché non vide la propria immagine riflessa in uno specchio: i suoi corti capelli castani erano scompigliati dal lungo tempo passato a girarsi e rigirarsi nel letto durante la lettura, ma il ciuffo che le copriva parte dell’occhio sinistro era ancora in ordine. I suoi occhi castani tradivano il turbamento degli ultimi minuti, anche da dietro le lenti dei suoi occhiali da vista blu, spesso e volentieri sua protezione.
Chiuse gli occhi. Rivide di nuovo l’ultimo combattimento del libro: vedeva l’eroina che all’inizio, magnifica nella sua armatura forgiata dai draghi, guardava una farfalla dalle ali multicolore svolazzare attorno a lei, poi, alla fine della battaglia, veniva ferita a morte da un affondo del nemico.
Un violento tuono la distrasse, inducendola ad aprire gli occhi e ad avvicinarsi alla finestra. Il rumore delicato delle gocce di pioggia che battevano sul vetro della sua stanza le strappò un sorriso. Adorava vedere la pioggia scendere dal cielo plumbeo, adorava sentire l’odore che quel fenomeno atmosferico portava nelle strade. Seguì con un dito il percorso di una goccia che stava scivolando sul vetro, con calma, come ipnotizzata, quando un altro tuono, dal suono molto più forte del precedente, la spaventò, facendola arretrare con un salto. Solo in quel momento notò una luce accecante alla fine della strada. Aguzzando lo sguardo e capendo finalmente di cosa si trattasse, ebbe un sussulto.
-Quello non era un tuono.. Ma è assurdo..- mormorò, sbattendo le palpebre, incredula. Sentì di nuovo lo stesso rumore, molto più vicino, e vide delle fiamme uscire dalla finestra di un appartamento accanto al proprio. Tremò, comandando alle proprie gambe di muoversi, ma era inchiodata al pavimento dalla paura.
Un urlo proveniente dalla stanza affianco alla sua le fece ghiacciare il sangue nelle vene. Quella voce...
-Mamma...- mormorò; delle lacrime le attanagliarono lo sguardo e si portò le mani alla bocca per soffocare un singhiozzo. Qualunque cosa stesse succedendo, doveva fuggire.
Prese velocemente il primo paio di scarpe da tennis che trovò, ma non riuscì a mettersele se non dopo svariati tentativi: aveva la vista offuscata e le tremavano le mani. Sentì dei rumori provenienti dall’altra stanza, ma non aveva più sentito urla. Stringendo i denti, corse alla finestra e l’aprì.
Il forte odore di fumo le fece girare la testa per qualche secondo, impedendole di respirare. Si aggrappò allo stipite, cercando di non sporgersi; avvertì un rumore dietro di sé: chiunque ci fosse dietro la porta, stava tentando di aprirla. La ragazza, guardando di sotto, vide un mucchio di lenzuola accatastate a terra proprio sotto la propria finestra. Prese un respiro profondo, lanciandosi poi fuori; atterrò a terra dopo qualche lunghissimo secondo. Nonostante le lenzuola, sbatté la testa e non riuscì a trattenere un breve urlo di dolore.
Si aggrappò al muro e si tirò in piedi, ancora frastornata dal colpo. Lasciò il sostegno, e corse verso l’angolo dove la strada svoltava, ma, arrivata lì, si bloccò.
Tutti i palazzi erano stati bruciati o completamente rasi al suolo, con le macerie ancora fumanti, e tra queste c’erano innumerevoli esserini piccoli e neri, con lunghe orecchie o antenne, e minuscoli occhi gialli senza alcuna espressione. Attorno a loro giacevano uomini, donne e bambini, morti nelle esplosioni oppure a causa delle ferite inferte loro dai mostriciattoli.
La ragazza sentì le ginocchia farsi molli e cadde a terra, senza alcun sostegno a cui aggrapparsi. Non riusciva a distogliere lo sguardo da quel paesaggio di morte e di fiamme, il luogo più simile all’Inferno che lei avesse mai visto. All’improvviso avvertì che alcuno di quei mostriciattoli la stavano circondando. Chiuse gli occhi, attendendo l’attacco..
..che non arrivò. Prima che potesse accadere, un qualcosa tagliò l’aria tutt’intorno a lei, veloce.
Aprì di scatto gli occhi, vedendo una figura davanti a sé, girata di spalle.
-Stai bene, Angelica?- le chiese una voce maschile, dolce e musicale. La castana si alzò, barcollando.
-Forse avresti dovuto stare un po’ più attenta quando ti sei lanciata nel vuoto, ma hai fatto un ottimo lavoro- le disse, girandosi. –Non avremo problemi a lavorare con te, ne sono certo-.
L’uomo che la guardava, il volto una maschera di pura calma, non doveva avere più di trent’anni. Il suo viso bellissimo era incorniciato da capelli neri come la notte e gli occhi azzurri che la scrutavano riflettevano la luce delle fiamme che divampavano attorno a loro.
-Come fa a conoscere il mio nome?- sputò la ragazza, decisa a non mostrare la propria paura. Non poteva averlo indovinato, non era un nome molto comune.. Il moro sospirò, lanciando un’occhiata dietro di sé: altri mostriciattoli stavano arrivando per prendere il posto dei loro compagni.
-Tu hai un potere speciale, in grado di evitare che tutto ciò che stai vedendo adesso si ripeta di nuovo in futuro. E’ in corso una guerra, e solo grazie a voi due potremo vincerla- spiegò, tentando di rendere conciliante la propria voce, e le tese una mano. Angelica lo guardò, ancora più sospettosa, ma il suo istinto le diceva di potersi fidarsi di quell’uomo. Fece un passo avanti, prendendola, mentre gli occhi del moro si illuminarono.
Corsero per dei minuti interminabili attraverso molte strade in preda alle fiamme; molte mani si tesero verso di loro per chiedere aiuto durante il tragitto. L’uomo sembrò in difficoltà ogni volta che ciò accadeva, ma non potevano fermarsi per nessuna ragione.
Giunsero in un campo volo non molto lontano da dove erano partiti, l’unico posto dove le fiamme ancora non erano arrivate. Al cento di quel luogo si trovava un elicottero, sul cui portellone era disegnato uno strano simbolo: due chiavi disposte a croce all’interno di un cerchio.
La castana scivolò sull’erba bagnata, e questo le fece ricordare la pioggia, di cui non aveva più tenuto conto. Si tirò su, sospirando, essendosi dimenticata un’altra cosa..
-Qual è il suo nome?- domandò al moro, che si voltò immediatamente. Nonostante fosse fradicio dalla testa ai piedi, non sembrava accorgersene, e la pioggia lo rendeva ancora più seducente agli occhi della ragazza.
Lui le si avvicinò, le mise un ciuffo di capelli dietro l’orecchio, con un tocco delicato.
-Sight. Piacere di conoscerti, Angelica- si presentò, inginocchiandosi e baciandole la mano. Lei arrossì violentemente, e sentì una risatina provenire dall’interno dell’elicottero. Il moro si tirò su, sorridendole di nuovo, e la fece entrare nel velivolo, chiudendo poi la porta; l’elicottero decollò.
-Aaron, l’ho trovata-.
 
Si fissava oramai da un quarto d’ora nello specchio, incredulo. Colui che era riflesso era un ragazzo di diciott’anni, i cui capelli neri cadevano lisci e gli occhi abbinati lo trafiggevano con un’espressione truce, ma solo perché era lui a voler così, in quel momento. Non riusciva a smettere di guardarsi: anche se era solo un costume, era la prima volta che indossava un completo da cerimonia e questo lo faceva sentire strano.  Era fin troppo elegante per i suoi gusti, non riusciva a credere di essere proprio così...
Si voltò di scatto, si spogliò e cercò nell’armadio i suoi soliti jeans. Infine tirò fuori da un’enorme pila di magliette l’unica completamente bianca. Rivestitosi, si guardò di nuovo nello specchio: ecco, così sì che si sentiva a proprio agio.. dopotutto, mancava ancora qualche mese al suo spettacolo, avrebbe avuto tutto il tempo per abituarsi.
Lanciò un’ultima occhiata ai vestiti che in quel momento giacevano spiegazzati sul letto, sospirando, e decise che sarebbe stato molto meglio metterli via. Piegò tutto meglio che potè, non essendo abituato a quel genere di lavori domestici, stando ben attento a non lasciare pieghe, e li ripose.
Fatto ciò, chiuse l’armadio, soddisfatto, e accese il suo computer, sedendosi poi alla sua scrivania. Mentre il pc si avviava, guardò fuori dalla finestra: il cielo era coperto da nuvole grigie, che molto probabilmente presagivano un bell’acquazzone. Non gli importava molto, non aveva voglia di uscire, specie quando i suoi compagni andavano di bar in bar ad ubriacarsi.
A quel pensiero sospirò, ancor più di cattivo umore, adesso. Appoggiò la testa sulle proprie braccia incrociate, prendendo respiri profondi per evitare di inveire contro qualcuno. Dopo qualche minuto, aveva riacquistato la sua solita calma.
Canticchiando una canzone che aveva sentito poco tempo prima, aprì varie finestre del pc, giocherellando con le varie applicazioni, finché non rumore non attirò la sua attenzione.
-Una notifica?- si chiese a bassa voce, inarcando un sopracciglio. Sgranò gli occhi quando vide che non aveva ricevuto solo un messaggio, ma molti, molti di più.
<< Shad, hai sentito il terremoto? L’epicentro era lontano, ma è stato fortissimo, qui tremava tutto! >> diceva uno di questi. Cominciò a sentirsi nervoso, un brivido spiacevole gli percorse la schiena. Tremò per un attimo, chiedendosi perché si sentisse così strano.
In quel momento sentì un urlo provenire dalla strada e subito dopo il suono di un’esplosione. Era spaventosamente vicina alla sua abitazione, pensò, controllando a malapena il senso il panico che provava. Si alzò in piedi e si avvicinò alla porta della propria camera, rimanendo in ascolto. Non sentiva i propri genitori chiamarlo e questo lo preoccupò molto di più del contrario. Potevano essere.. Si mise velocemente le scarpe che si era dimenticato di mettere via e spalancò la porta. Avvertì subito dei rumori di stoviglie che si rompevano, di sedie rovesciate e di tessuti strappati.
All’improvviso un urlo riempì l’aria per qualche secondo, poi si spense in rantolii; il moro sbarrò gli occhi, correndo giù dalle scale dell’abitazione. Davanti a sé, con un’espressione spaventata dipinta sul volto, si trovava suo padre, morto, disteso supino in una pozza di sangue.
Il ragazzo strinse i pugni, pervaso dalla rabbia, che soffocò subito la tristezza; tentando di rimanere lucido, osservò attentamente quei mostriciattoli neri, che in quel momento stavano circondando sua madre...
A quel pensiero si riscosse, prese una trave e saltò dalle scale, atterrando proprio al centro del cerchio in cui avevano intrappolato la donna.
-Shad..- mormorò la madre con voce soffocata, osservando suo figlio: il suo volto era contratto dall’odio, quasi non riusciva a riconoscerlo. Gli prese una mano, guardandolo negli occhi. Quello sguardo lo pietrificò.
-Fuggi da qui- gli disse lei, prendendogli la trave dalle mani. –Io li distrarrò, tu fuggi- ripeté, ma il ragazzo accennò un debole no con il capo. Lei gli sorrise, cominciando ad agitare l’arma di fortuna. I mostriciattoli neri reagirono, attaccandola immediatamente. Il ragazzo ebbe un sussulto, e chiamò il nome della donna, inutilmente; strinse ancora i pugni, soppresse un singhiozzo e corse di nuovo per le scale, arrivando nella sua stanza. Chiuse a chiave la porta e ansimando vi si appoggiò contro, mentre con lo sguardo cercava una via di fuga: l’unica possibile era la finestra. Scattò verso di essa, la aprì, si issò sulla scala antincendio che si trovava lì affianco e poi richiuse i battenti. Deglutì, spaventato, cominciando a scendere.
Fino a quel momento non aveva pensato a quale fosse la situazione all’esterno, perciò, quando cominciò a sentire le urla, si distrasse, scivolando e cadendo a terra da qualche metro d’altezza. Si rimise in piedi con un gemito, cominciando a correre... verso dove?
‘Non importa, basta che fugga da qui!’ decise, sforzandosi di correre ancora più velocemente di quanto non avesse mai fatto; attorno a lui avvertiva solo macchie sfocate di persone ferite o morte, non sapeva e non voleva immaginare per quale ragione, e delle lingue di fuoco provenienti da ogni dove.
Distratto, andò a sbattere contro qualcuno; rovinò a terra, osservando chi gli stava davanti.
Era un uomo imponente, con spalle larghe e abbastanza muscoloso; aveva lunghi capelli rossi, che erano stati raccolti in una coda bassa di un liscio quasi maniacale. I suoi luminosi occhi verdi mostravano una fiera determinazione.
Quest’uomo si toccò per qualche secondo l’orecchio destro, dove Shad pensò avesse un auricolare, poi sorrise.
-Anche io l’ho trovato. Ci vediamo lì- mormorò, tornando poi a concentrarsi sul ragazzo che aveva davanti. Lo squadrò per un po’ dalla testa ai piedi, poi fece un’esclamazione di soddisfazione.
-Tu sei Francis, giusto? Devi venire con me- disse al moro, con un tono di voce che non ammetteva repliche.
-Mi chiamo Shad, non Francis- lo corresse, alterato. –E come fa a sapere il mio nome? Chi è lei?- domandò, alzandosi e mettendosi in posizione, preparandosi a correre via. Ma l’uomo lo prese saldamente per un braccio, impedendogli la fuga.
-Mi chiamo Aaron, e mi hanno incaricato di trovarti e di portarti via- gli disse, trascinando Shad con sé, -Volente o nolente- sottolineò infine, prima che il ragazzo dicesse qualcosa.
-Perché?- domandò il ragazzo, rassegnandosi. Per un paio di minuti Aaron non rispose, sembrava occupato ad ascoltare delle discussioni all’auricolare, poi sospirò.
-Avrai sentito del terremoto di qualche giorno fa-. Il ragazzo annuì. – E’ accaduto a causa di quei mostriciattoli che hanno attaccato anche questa città. Mentre stiamo parlando, anche un’altra è sotto assedio. Solo tu ed un’altra ragazza potrete sconfiggere colui che è causa di tutta questa distruzione- spiegò.
Nel frattempo erano arrivati vicino ad un elicottero, atterrato in un campo. Il ragazzo inarcò un sopracciglio, ancora scettico riguardo a tutta quella faccenda che gli pareva degna di un film. Ma era la realtà.
Salirono entrambi sul velivolo, il rosso diede alcune istruzioni al pilota ed infine decollarono.


Angolo dell'autrice:

Prima fanfiction su questo sito... >////<
Allora.. riguardo alla storia, non è ambientata nei vari mondi dei Kingdom Hearts, anzi, del videogioco originale ho preso solo le armi e i nemici secondari (ovvero Heartless e Nessuno). Shad, Angelica, Sight, Aaron e tutti gli altri personaggi che inserirò man mano nella storia sono tutti originali...
Se avete consigli o critiche sui vari capitoli, sia su questo che su quelli futuri, sentitevi liberi di dirmeli, così potrò migliorare. ^^
 
   
 
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