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Autore: Afaneia    25/06/2012    1 recensioni
Chi è Luisa? Un tempo non era nessuno, era solo una piccola ragazza di provincia, una piccola allenatrice di Borgo Foglianova partita all'avventura come tanti, come tutti. E ora? Ora è la Campionessa di Kanto e Johto, dopo aver superato sfide e pericoli e aver sconfitto, dopo anni di viaggio e allenamento, Lance e Rosso, il Presidente della Lega Pokémon e il vero Campione delle due regioni.
Ma la vita continua a cambiare. La piccola ragazza di provincia ora è quasi una donna e i suoi nemici (Rosso, Argento, quel ladro che conobbe il primo giorno del suo viaggio) stanno cambiando e le loro relazioni mutano con loro. E soprattutto, ciò che cambierà definitivamente la sua vita sarà l'arrivo di Ho-Oh, la fenice di fuoco delle leggende, che discenderà dal cielo ad annunciarle una grande verità...
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Lance, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga della Prescelta Creatura'
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Le giornate seguenti trascorsero lentamente, scandite dai pasti e dalle visite di qualche amico o di qualche Pokémon leggendario. Luisa si riprendeva a poco a poco. Quattro giorni dopo la Lega, si alzò e andò a fare colazione in sala, aggrappandosi al braccio di Argento per supplire al tremito delle proprie gambe. Quel giorno il professor Oak venne a trovarli accompagnato da Blu.

Gli era passata la febbre, al bel Capopalestra, ma c’era ora un nuovo dolore nel suo sguardo piagato. Era qualcosa di più antico e profondo, questa volta: qualcosa che si rivelava nei suoi occhi e nel suo modo di muoversi, nella nuova esitazione prima di parlare. Si ritrovava in tutto il suo atteggiamento, una sorta di rassegnazione, un insensato tentativo di una nuova vita in cui era il primo a non credere.

Quando arrivarono, Luisa era seduta su un puff della biblioteca ad ascoltare la voce di Lance, monotona e rilassante, leggere per lei la Storia della Lega Pokémon: Dalla fondazione dell’Impero al cambio della guardia. Joy venne ad annunciare l’arrivo dei due e Lance, scambiando in un secondo un pensiero coi suoi fratelli, le disse di farli entrare. Luisa si ricompose rapidamente prima che entrassero.

Veniva prima il professore, seguito a poca distanza, con passo più lento e quasi strascicato, dal giovane nipote ch’egli amava tanto (forse quasi quanto lo amava Rosso).

“Siamo venuti a trovarvi” disse il professore appena entrato. “E a vedere come sta la nostra Campionessa.”

“Benone, professore, grazie mille” rispose Luisa, con un sorriso luminoso che fece dimenticare il curioso spettacolo delle sue labbra esangui, appena pochi giorni prima. “Oggi ho camminato!”

“È tutto merito del tuo dottor Jude, immagino” disse il professore, mentre Lance faceva loro cenno di sedersi. Luisa sorrise.

“Non sarei qui senza il dottor Jude” replicò lentamente. Si strinse la vestaglia sopra il petto fasciato e si rivolse a Blu. “Come stai, tu?”

Blu sorrise, ma d’un sorriso amarissimo e triste, chinando il capo, e rispose lentamente: “Me ne sto facendo una ragione. Mi ci vorrà un po’, ma…prima o poi…” Strinse la mano del nonno e proseguì con più forza. “Il nonno mi dà una mano in questi giorni. Dovete ringraziare lui se non mi hanno ritrovato sugli scogli dell’Isola Cannella!”. E si mise a ridere, ma nessuno ebbe il coraggio di seguirlo, perché rideva come un pazzo, insensatamente.

“Devi ricordarti, Blu, che di qualunque cosa tu possa aver bisogno, puoi rivolgerti a noi” gli disse Lance a bassa voce, ma diretto e convinto.

“Voi parlate sempre al plurale, come se foste un’entità unica” gli rispose Blu, in tono distaccato. “Ve ne siete mai accorti?”

Luisa non gli diede retta. “Blu…sai dove si trova Rosso, ora?”

Per un istante la domanda lo lasciò sorpreso. Poi, alzando le spalle con gli occhi lucidi al cielo, disse con voce tremante: “Non lo so, che cosa importa? Mio Dio, sarà a cercarsi un’Ala d’Iride, probabilmente. O a fondersi i neuroni a forza di chiedersi come abbia potuto perdere… oh, cavolo, non lo so! Personalmente, spero davvero che stia morendo!”

Tremava. Il professore se lo strinse contro e Blu, respirando a fondo, finì per calmarsi: “Scusatemi tanto. Mi controllo male in questi giorni… è vero che spero che muoia, ma non intendevo parlare in questo modo. Mi dispiace…”

“Ma tu non vorresti mai che morisse!” mormorò Oak stringendolo con più forza.

“Oh, sì che lo vorrei!” gemette Blu con rabbia. “Ha perso, e ora vorrei che morisse, è uno stupido, come lo odio! Per colpa sua ho perduto anni interi della mia vita, anni a inseguirlo, a cercare di superarlo e poi a capirlo, quando ho compreso di non poterlo superare… anni a inseguire il suo fantasma! Ho rovinato tutto per colpa sua! Tutto, la mia vita, la sua, tutto!”

“Ti riprenderai” gli disse il professore. “Ti stai già riprendendo, Blu, ma hai bisogno di un po’ di tempo per accorgertene.”

“Ma certo che andrà così” mormorò tristemente il ragazzo. Sapevano tutti che non era vero, ma nessuno lo disse. “Tornerò in palestra tra qualche giorno, Lance, e voglio starci per almeno una settimana di seguito” proseguì, con voce un po’ più alta, ma con gli occhi ancora lucidi. “È un buon inizio, no? Non credi che mi farà bene? Mi ci farò chiudere dentro se occorre, ma ci resterò per tutta una settimana…anche la domenica, eh? Che cosa ne pensi?”

“Un segno di profondo impegno da parte tua” rispose Lance.

“Oh, sì, mi sto impegnando davvero, sai? E non farò vincere nessuno quest’anno, te lo prometto. Oh, non temere! Sandra perderà anche quest’anno abbastanza volte da riempire l’Altopiano Blu di mocciosetti presuntuosi che si crederanno chissà chi per aver battuto la principessa dei Pokémon Drago. Cielo, Lance, lo so che è tua cugina e la nipote del Maestro, ma dovresti frenare tutto questi nepotismo dilagante!”

Non era Blu a parlare, era qualcuno con la faccia di Blu, la voce di Blu, lo stesso dolore di Blu, ma non era affatto Blu. Era come trasfigurato, e ora, mentre parlava, era visibile in lui il suo turbamento.

“Blu” gli disse Luisa. “Ascolta, Blu… non ti dirò nulla che suoni anche vagamente come ‘chi non ti vuole non ti merita’ o qualcosa del genere: non è il tuo caso, questo. E non ti dirò nemmeno di pensare a come sarebbe stata la tua vita insieme a lui… ma io credo che Rosso non sarà mai completamente felice, perché ovunque sarà gli mancherà qualcosa. Quando sarà con te, penserà di aver perso la sua occasione; e quando cercherà Ho-Oh, per avere la sua approvazione, si struggerà di non essere con te…”

“Da anni va avanti così” disse Blu tristemente.

“Sai, Blu, forse combattendo così è qualcosa di unico che cerca di ottenere: qualcosa che sia contemporaneamente te, e Ho-Oh, e la Prescelta Creatura…”

Blu tacque, dopo aver udito queste parole, per quasi un minuto intero. Quando parlò, era di nuovo il Capopalestra di Smeraldopoli, la creatura nobile e malinconica del vulcano vuoto dell’Isola Cannella.

“Il più grave difetto di Rosso” disse lentamente “E lo è sempre stato, da quando lo conosco, è la sua ambizione smisurata… che lo porta alla difficoltà di scegliere, all’occorrenza, l’una via o l’altra a parità di rischio… vuole e vorrà per sempre la scelta più difficile, quella più lunga e più redditizia, per quanto assurda, sempre inscindibile dai suoi ideali. Per questo non può accontentarsi di avere solo me, o solo il suo sogno: lui vuole una terza alternativa, quella difficile, quella che non è un compromesso. E purtroppo è così che è andata: vuole avere entrambi…”

“E non avrà niente” disse Argento. Blu annuì:
“Potrebbe avere me, se la sua ambizione non gli suggerisse di puntare più in alto. La cosa, ovviamente, sta diventando frustrante… ma chi sono io per competere con la sua ambizione?”

Si alzò in piedi e si avvicinò al puff dove Luisa sedeva. “Vorrei parlarti un momento. Voi altri volete scusarci?”

“Andiamo per un minuto da una parte” rispose Luisa pensando alla vastità della biblioteca. Blu annuì e, senza attendere risposta, la sollevò tra le braccia perché non dovesse camminare. La ragazza si aggrappò a lui per non rischiare di cadere, ma senza protestare si lasciò trasportare in un angolo appartato della biblioteca, dietro una serie di librerie.  Blu la fece sedere su una seconda poltrona e s’inginocchiò accanto a lei, appoggiandosi a un bracciolo per parlarle.

“Volevo chiederti scusa a nome suo di quello che ti ha fatto” disse a bassa voce. Luisa sorrise.

“Ascolta… tu non sei responsabile di quello che combina il tuo ragazzo.”

“Era per me che era disperato.”

“Non preoccuparti, Blu… nessuno di voi due ne ha colpa. In effetti, non è colpa di nessuno. È stata una fatalità, Blu.”

“Se ora lo incontrassi, cosa pensi che gli diresti?”

Luisa sospirò. “Gli direi che è un gran cretino, a lasciarsi scappare così un bel ragazzo come te. Gran Dio, io starei bene attenta a evitarlo! Anzi, ti marcherei stretto…”

“Ti prego, te lo sto chiedendo seriamente!” la implorò il ragazzo.

“Ascolta, Blu… è questo quello che gli direi. Forse non in questi termini, ma è pur sempre questo. Non si è mai abbastanza amati a questo mondo, Blu… ed è stupido, accidenti, a buttare via l’amore di uno come te per inseguire la scia di una leggenda!”

“Diglielo, se lo vedi” mormorò Blu. “Forse detto da te lo capirà.”

“Sai” proseguì dopo qualche momento di silenzio. “Sai qual è la cosa che odio più di tutto in questa storia? La cosa che…che…”

“Che cos’è?” gli chiese Luisa.

“È che Rosso non capirà mai che io posso amarlo molto di più di quanto lo ami quel suo stupido sogno” disse Blu. “La sua ambizione non lo amerà mai profondamente, assolutamente, completamente come lo amo io, non gli darà la stessa devozione, lo stesso affetto stupido e cieco… la sua ambizione non farà altro che tradirlo, è una puttana la sua ambizione! Ma lui continuerà per sempre ad amare lei più di me. E sai qual è la cosa più terribile, invece?”

“No. Che cosa, Blu?” domandò la ragazza con le lacrime agli occhi.

“Che qui l’imbecille sono io. Perché se proprio ora venisse qui da me a darmi un bacio, io sarei tanto stupido da dirgli baciami, prendimi, tutto quello che vuoi, ma ti prego, non mi lasciare più. E ragionando così…alla fine la puttana sono io, capisci, e non la sua ambizione. Perché la sua ambizione è molto meno lasciva di me, capisci!”. E Blu si mise a ridere, disperato. Luisa lo prese per le spalle e lo scosse. Gli disse: Ma la sua ambizione è molto meno innamorata di te!”

“Dio, quanto sono patetico…!” borbottò Blu. Luisa lo strinse dolcemente a sé e gli disse: “Dio, quanto sei innamorato! Veramente sei straordinario… Ma come fai ad amarlo così tanto da impazzire? E se penso che ami così tanto un debole sognatore senza forza di vivere che non fa altro che ignorarti…”

“Bisogna proprio essere stupidi” mormorò Blu.

“Che tu ci creda o no, ti ammiro” rispose la ragazza. “E non sai neppure quanto!”

Finalmente Blu sorrise, e alzandosi in piedi le disse: “Grazie di avermi ascoltato, Luisa, sai… so che tu lo conosci molto bene, che forse non sei dissimile da lui, dal suo carattere…”

“Spero che non siamo troppo simili” rispose la ragazza.

“No… non troppo” disse Blu, ma non specificò quel troppo. “Grazie di tutto questo, comunque. Tutti voi siete stati buoni con me… e io vi ringrazio molto per la gentilezza che mi avete usato, per l’aiuto che mi avete dato e per la comprensione che mi avete usato.”

“Torniamo di là, ora” disse Luisa; ma questa volta volle alzarsi con le sue gambe, e camminare da sola. Blu l’aiutò solamente.

A quel punto, il professore si riportò a casa il nipote. A Biancavilla, i due si separarono sulla piazza del paese e si diressero ciascuno a casa propria, ragionando, ciascuno per sé, sui propri problemi.

Blu rincasava lentamente, ancora stanco di quelle notti insonni trascorse piangendo, stanco di quel dolore antichissimo che da anni si portava dietro come un considerevole peso. Rientrato in casa, trovò la donna delle pulizie che, finito il proprio lavoro, si accingeva a uscire.

“Signore” disse amorevolmente quando lo vide entrare. “Come sta? Va un po’ meglio? Non avrà più la febbre!”

“Sto meglio” rispose Blu, anche se non era completamente vero.

“Ne è sicuro? Vuole un po’ di compagnia, o qualcos’altro?”

“La ringrazio tanto, signora” mormorò Blu “Ma davvero non ce n’è bisogno. Grazie comunque, sa.”

“Le ho lasciato da mangiare qualcosa di caldo. Ma se…”

“Non si preoccupi” disse Blu. “È tutto a posto. Vada pure a casa.”

Uscita la donna, Blu salì al piano superiore per cambiarsi d’abito e mettersi comodo per la serata. Si disse che, per ingannare il tempo, avrebbe compilato la contabilità della palestra e avrebbe stilato il programma d’allenamento dell’anno corrente. Ma quando, dopo essersi lavato, scese in cucina, trovò di non aver fame e di non voler mangiare affatto il minestrone bollente che la signora delle pulizie gli aveva lasciato. Con questo caldo, si disse svuotando il piatto nel lavello. Ma la signora faceva per bene in fondo, pensando alla febbre che aveva avuto qualche giorno prima.

Andò in salotto per rilassarsi una mezz’ora prima di andare a lavorare. Pensava alla promessa che aveva fatto a Lance… una settimana in palestra! Sarebbe stata dura, un radicale cambio d’abitudini: forse, dopo Rosso, sarebbe ritornato un bravo ragazzo…

Accese la televisione e fece zapping per un paio di minuti, ma per quanto cercasse gli era difficile trovare un programma che non parlasse della recente Lega o che addirittura non ne trasmettesse la più celebre sequenza. Ma chi poteva avere ancora voglia di vedere una ragazza dissanguarsi sotto gli occhi di migliaia di persone? E perché spesso la telecamera passava sul suo avversario disperato, che non faceva che gridare? O su di lui addirittura – ma che cosa importava al mondo di lui- e sui suoi occhi languidi che brillavano di febbre e di pianto?

Proprio mentre si alzava per spegnere la televisione, sentì il campanello suonare dall’ingresso. Sarà il nonno, pensò andando pigramente ad aprire. Avrà da dirmi qualche altra cosa riguardo Rosso… ma perché pensano che non possa farcela da solo?

Aprì la porta senza neppure chiedere chi ci fosse dall’altra parte… e quale non fu la sua sorpresa quando vide che non era suo nonno che aveva bussato, ma che c’era Rosso davanti a lui!

“Che cosa vuoi?”

Rosso guardava in basso con occhi cupi. Disse: “Non l’indovini?”

“No” rispose Blu, non senza una certa asprezza. Rosso non demorse. “Ho bisogno di parlarti… non potresti farmi entrare?”

“Puoi parlare qui.”

“Ma se tuo nonno ci vede, non mi lascerà parlare con te.”

Blu rimase immobile.

“Va bene” disse infine. “Vieni dentro.”

Si fece di lato per farlo entrare. Rosso entrò timidamente in quella casa, ma non fu invitato ad accomodarsi. Rimasero piuttosto immobili nell’ingresso, l’uno di fronte all’altro.

“Scusami.”

“Di che cosa?” replicò Blu in tono aspro.

“Di tutto, del male che ti ho fatto, di tutto il dolore che ti ho… è da imbecilli scusarsi così, chiederti scusa ora non cancellerà tutti questi anni…”

“Infatti.”

“Ma mi dispiace…”

“È inutile venire qui a dirmi che ti dispiace prima di tornare ad allenarti come un pazzo.”

Rosso rimase in silenzio a lungo, prima di rispondere: “Non tornerò ad allenarmi.”

“E perché no?”

“Io ho… deciso di arrendermi.”

“Che cosa?” gridò Blu scosso.

“Ho capito che tutto questo è inutile. Basta, ora.”

Blu era a bocca aperta. Lo guardava incredulo, senza capire, senza parlare.

“Che cosa ne dici?” domandò Rosso cautamente.

Finalmente Blu trovò la forza per rispondergli.

“Fuori. Vai fuori.”

“No, aspetta, ascolta!”

“No, tu vai fuori. Fuori! Esci! Fuori!” esclamò Blu, senza ascoltare le sue proteste. Non capiva nulla, non vedeva nulla. Lo spingeva ciecamente verso la porta.

“Ascolta, Blu, ascolta…”

“No! Vai fuori, fuori! Vattene!”

“Aspetta, Blu, ma perché…”

“E me lo chiedi? Va’ fuori, vattene!” urlò Blu, gonfio com’era di frustrazione e pianto e rabbia. Spalancò la porta e a spintoni lo cacciò fuori; ma nel momento in cui cercava di chiudergli in faccia, Rosso infilò un piede contro lo stipite. A quel punto Blu uscì fuori a fronteggiarlo in giardino.

“Ti prego, Blu, non hai capito, lascia che…”

“NO! Ti dico io qualcosa oggi!” gridò Blu. Aveva la voce stridula, altissima e isterica e urlando piangeva. “Sono anni che ti sto dietro, Rosso, a te e al tuo stupido sogno e mio Dio, sa il cielo se non ne posso più!”

“Blu…”

“Ti ho aiutato e sopportato e aspettato e adesso, proprio quando sto cercando di scordarmi di te, mi viene a dire che è stato inutile aspettarti, che dopotutto non era così importante quello che facevi, che era inutile, che in fondo non era poi così… o, se tu morissi adesso!”

Ora Rosso si era arreso e restava in silenzio, con gli occhi bassi, le braccia molli contro i fianchi, ascoltando senza protestare quello sfogo disperato.

“Mi hai fatto buttare va la parte più bella della mia vita, ho buttato via tutto per te, tutto! Ma perché l’ho fatto? Per che cosa? Per qualcosa che in fondo, dopotutto, non era molto utile, no? Potevi farne a meno, potevi tornare quando te l’ho chiesto… Sì, potevi tornare quando l’anno scorso sono venuto a cercarti per chiedertelo… ma no, era necessario aspettare un altro anno, fare le cose in grande stile, organizzare una pubblica sconfitta e mettere tutto in piazza, umiliarci entrambi davanti al mondo intero, per capire che in tutto questo c’è qualcosa di inutile?”

Occhi iniziavano a brillare nell’oscurità mentre Blu urlava: vicini e vicine che scrutavano, da una siepe o dall’ombra di una persiana, quella scena isterica. Rosso se ne accorse e cercò, assai inutilmente, di far ragionare il ragazzo. “Blu, andiamo dentro… ci stanno guardando…”

“Non me ne frega un cazzo che ci stanno guardando, Rosso! Credi che non lo sappia tutta Biancavilla come stanno le cose? Anzi, credi che non lo sappia tutto il mondo? No, non mi sto rendendo più ridicolo di quanto già non lo sia! Non lo sai che per tutti io sono la signorina che ti sta dietro alle sottane? Oh, ma lo sapresti se sul Monte Argento avessi letto qualche gossip! Io sono stanco di essere l’ombra di un pazzo, Rosso, sono molto stanco!”

“Ma io ti giuro che ti amo, Blu… ho capito di avere sbagliato, solo questo ti chiedo, di perdonarmi…”

“Fatti perdonare da Ho-Oh” urlò Blu dandogli le spalle e dirigendosi verso casa a passi barcollanti. “È lui il tuo vero amore, non io!”

Rosso riuscì ad afferrarlo prima che aprisse la porta e a frapporsi tra lui ed essa. Ormai lo sfogo rabbioso era passato e a esso era seguito un accesso di pianto e tra i suoi singhiozzi Rosso ebbe modo di dirgli quello che doveva.

“Ascolta, sono stato uno stupido… sì, è la verità, ma ora ho capito e giuro, giuro che non commetterò più quell’errore di credere che una vita divina, ma senza di te, sia una vita…”

E forse queste parole colpirono profondamente Blu e rimasero a lungo scolpite nel suo animo; ma subito non ci pensò.

“Ho capito” gli disse. “Basta. Vattene ora.” E lo spingeva da parte per entrare in casa.

“Ti prego, ti amo!”

“Vai via!” rispose Blu. Entrò e si barricò dentro, perché non voleva farsi veder piangere oltre.

Trascorre qualche minuto accasciato, addossato contro la porta sul pavimento. Poi si alza bruscamente, bianco e rosso di pianto, e si scaglia contro la porta. Spalancandola, si getta di corsa attraverso il giardino, lungo la strada, domandandosi dove sua andato, perché l’abbia fatto, cercando di sentire di nuovo dentro di sé la consapevolezza di quelle parole: quell’errore di credere che una vita divina, ma senza di te, sia una vita…

Ma dov’è andato? D’un tratto gli pare di vederlo, è sulla spiaggia, la spiaggia della fine della loro amicizia, la spiaggia che si staglia verso l’Isola Cannella, stagliato contro l’oscurità, gli corre incontro…

Qualche minuto dopo, essi erano abbracciati sulla cima del vulcano a parlottare dolcemente e a scambiarsi baci e promesse…

Ma il mattino dopo Rosso non c’era più.

 

 

   
 
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