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Autore: Echo90    27/06/2012    6 recensioni
Non esiste paradiso, per chi è morto scontando la sua pena sulla terra. Ma. Ma adesso avrebbero avuto l’eternità per loro e avrebbero dimorato in ogni pianta, in ogni foglia, in ogni goccia fresca di rugiada, in ogni rivolo d’acqua che veniva giù dai monti scoscesi. Ora sino alla fine del tempo e dello spazio. Cenere alla cenere. E quella foto mezza ricoperta di terra sarebbe diventata polvere ma il luccichio dei loro occhi innamorati sarebbe rimasto per sempre. Nell’aria satura dell’odore di pioggia, nell’alba che più d’una volta guardarono assieme dopo aver fatto l’amore, nella fiamma di ogni candela che avevano acceso in quel luogo le notti in cui avevano paura.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Non esiste paradiso, per chi è morto scontando la sua pena sulla terra. Ma. Ma adesso avrebbero avuto l’eternità per loro e avrebbero dimorato in ogni pianta, in ogni foglia, in ogni goccia fresca di rugiada, in ogni rivolo d’acqua che veniva giù dai monti scoscesi. Ora sino alla fine del tempo e dello spazio. Cenere alla cenere. E quella foto mezza ricoperta di terra sarebbe diventata polvere ma il luccichio dei loro occhi innamorati sarebbe rimasto per sempre. Nell’aria satura dell’odore di pioggia, nell’alba che più d’una volta guardarono assieme dopo aver fatto l’amore, nella fiamma di ogni candela che avevano acceso in quel luogo le notti in cui avevano paura.
 
Non lo sapeva ancora, eppure quel giorno la sua sorte sarebbe cambiata. In meglio, in peggio, chissà. E avrebbe sofferto, avrebbe trascorso notti insonni a pregare per la sua vita e, soprattutto, ad amare disperatamente sul proprio letto sfatto implorando qualcuno affinchè il domani non venisse mai. Perché era difficile sopravvivere.
Pensò che avrebbe dovuto appendere un cappio ad una trave e porre fine alla propria lenta ma inesorabile agonia molto tempo prima. Prima di cadere da quelle dannate scale, prima di battere il ginocchio, prima che esso si rompesse in mille pezzi come una bomboniera di cristallo… Prima che Dave arrivasse a casa sua e la trovasse a terra prima di sensi. E quando si sarebbe svegliata egli avrebbe saputo che quella bellissima giovane donna non stringeva alcun brandello di speranza fra le mani e l’avrebbe fatta sua, approfittandosi di lei, della sua bellezza innocente.
Lei disse solo “Non posso fare altrimenti” e piangeva, nel suo letto d’ospedale, di fronte a lui che annuiva. Poi lasciò andare la testa sul cuscino piegando il capo in modo che lui non potesse incontrare i suoi occhi. Poco dopo aver sentito la porta della camera venir sbattuta violentemente dal ragazzo che usciva, si addormentò. E nel lungo sonno nero e senza sogni trovò qualcuno a tenerle compagnia.
 
I
 
Era bella, dicevano alcuni, eppure lei non lo vedeva. Guardandosi allo specchio vide solo una ragazzina impaurita dalle troppe notti trascorse a fare a gara col fato, a dimenarsi, a fingere di non essere chi non era, di provare ciò che non poteva mai provare con loro. Che non aveva mai provato. Che avrebbe sentito con Lei. Solo con Lei. Lei. Che sarebbe diventata la sua vita. Lei, che sarebbe entrata di notte da quella porta e avrebbe incatenato gli occhi ai suoi. Lei che non conosceva ma che era inciampata nella sua vita, ferendosi terribilmente. E il senso di colpa non l’avrebbe mai abbandonata perché, sebbene fosse consapevole che per lei non vi fosse più alcuna speranza, quella giovane donna avrebbe potuto vivere se non l’avesse mai incontrata. E forse sarebbe anche stata felice.
I suoi occhi chiari apparivano spenti, io mi sono spenta, ormai, si disse. Si guardò e non si vide, non si riconobbe. I capelli biondi ricadevano morbidi sulla spalle e incrociò le braccia appena sotto il seno nudo mentre i suoi occhi scorgevano i segni delle unghie che quell’uomo aveva lasciato sul suo ventre.
Cosa ho fatto di male? Qual è la mia colpa? Dio, io non ho fatto nulla. Eppure mi ritrovo a respirare quest’aria in ogni notte e piango invece di dormire. E questo il prezzo da pagare per vivere?
Qualcuno bussò alla porta. Ma essa rimase chiusa come sempre.
“Brittany, la so che hai finito adesso con Joe ma preparati, stà per arrivare un altro cliente. Il tempo di una doccia va bene?”. Non le rimase che sospirare. Va bene, mormorò senza distogliere lo sguardo dallo specchio.
“Brittany? Mi hai sentito?” ripetè la voce autoritaria al di là della porta. E in quell’attimo penso che ben presto anche quel momento sarebbe passato e finalmente, finalmente le lacrime avrebbero rotto gli argini donandole refrigerio.
“Sì, Dave, ti ho sentito. Dammi dieci minuti, sono quasi pronta.” Disse tirando indietro i capelli. Chiuse gli occhi: ogni notte era la sua croce.
 

Dave puliva un bicchiere con uno strofinaccio. Era alto, massiccio. Era un barista. E soprattutto era il barista nel proprio bar. Perché Karofsky non viveva che per sé stesso.

Il soffitto era logoro, da qualche parte pendeva una ragnatela e la sua trama lucente proiettava un ombra in un angolo, muovendosi di tanto in tanto ad un soffio di vento quando la porta del locale si apriva e un cliente entrava. La porta che avrebbe segnato la morte del Prima e l’avvento del Dopo. E della speranza. Perché da quella porta sarebbe entrata Lei e sarebbe entrata mentre implorava un dio qualunque, affinchè quello che temeva non avvenisse. Pur non credendoci, pur non credendoci più.

“Smythe, buonasera, dove ti eri cacciato, eh?” chiese Dave sorridendo al ragazzo che era appena entrato realizzando dopo un momento che non fosse da solo.

“Guardate che bella gattina ho incontrato venendo qui!.” Aveva un ghigno sul volto e con un braccio circondava la gola della ragazza. E lei. Lei era bella. Dio, quanto lo era. Nonostante un rivolo di sangue le solcasse il volto passando per le lunghe ciglia, nonostante il labbro spaccato e il livido che cominciava ad intravedersi sullo zigomo destro. Non aveva pianto e il dolore che avrebbe provato in quella notte senza luna non sarebbe stato vano anzi, sarebbe stato come morire e rinascere, morire e avere un'altra possibilità per essere felice. Perché la sua felicità, avrebbe scoperto, non si trovava né in un uomo, né in un microfono, nè nella carta di credito che suo padre le aveva messo a disposizione.

Dave aggrotto la fronte. “E sentiamo, cosa vorresti farne?” chiese pur conoscendo la risposta.

“Me la voglio scopare, no?” rispose lui con una scrollata di spalle. “Come se non mi conoscessi…” Il barista sorrise scuotendo il capo. “Hai per caso un buco libero dove possiamo sistemarci?” Dave alzò lo sguardo.

“In camera Brittany sta intrattenendo un cliente”

“Beh nessun cliente avrebbe da ridire se condividessi con lui questa piccoletta.” Rimasero a scrutarsi per un attimo. Il giovane posò lo strofinaccio, posò il bicchiere e si sporse più avanti sul bancone.

“Sebastian, non voglio casini però.” Per chi mi hai preso, disse l’altro sogghignando, stringendo più forte la ragazza e avviandosi verso la porta in fondo al corridoio. Avrebbe varcato un'altra porta quella notte, e altre ancora, e avrebbe avuto paura, avrebbe pianto e avrebbe gridato, implorando qualcuno di porre fine all’umiliazione, alla sofferenza, all’incombente presagio di morte.

Il vento soffiava forte quella notte. Così forte che avrebbe raccolto la loro pena trasportandola sin sulla luna e ancora più su, oltre i pianeti del sistema solare e ancora, verso l’etere e il paradiso. Dove posto per loro non c’era. Non c’era. Non c’era mai stato. 

   
 
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