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Autore: Emily Kingston    27/06/2012    11 recensioni
Cosa succederebbe se Ron avesse un incidente e perdesse la memoria? E se non ricordasse tutto ciò che è accaduto dopo i suoi undici anni? Riusciranno Harry ed Hermione a fargli di nuovo ricordare di loro?
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“Purtroppo vostro figlio ha riportato una lieve forma di amnesia, probabilmente causata dall’incidente.”
“A-amnesia?” Molly si portò una mano alle labbra.
“Non ricorda niente di ciò che è successo dopo i suoi undici anni.”
Alle spalle dei coniugi Weasley, i ragazzi sussultarono, guardando automaticamente verso Ron.
I due ragazzi sconosciuti lo fissavano con aria spaventata.
“Ehi, io sono Ron, ci conosciamo per caso?”
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger, Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
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Saalve! :) 
Dopo una settimana passata nella mia amata Londra (*-*) eccomi qua con l'ultimo capitolo!
In realtà questo sarebbe dovuto essere il penultimo però, dopo aver notato che era un capitolo davvero troppo corto (una pagina e mezzo scarsa... -.-) ho deciso di unirlo all'ultimo. Perciò: la storia è finita gente!
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno seguito questa storia, chi l'ha recensita e chi l'ha solo letta. Davvero mille, mille grazie! :)
Mi farebbe davvero molto piacere sapere cosa ne pensate di questo capitolo, dato che non mi convince al massimo. Di nuovo grazie a tutti, 
Emily. 





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Quando Harry tornò in ufficio, trovò Ron seduto dietro alla propria scrivania, con gli occhi fissi su alcuni documenti.
“Allora?” disse, guardandolo.
Ron non rispose, continuando a guardare i documenti sparsi sulla scrivania con aria triste.
“Merlino, Ron, ti hanno mangiato la lingua?” ridacchiò Harry.
“Gliel’ho detto.”
Harry lo guardò, esortandolo a fornirgli i dettagli della cosa, ma Ron non accennava a voler parlare.
“Non può essere andata così male.”
Finalmente Ron alzò lo sguardo, guardandolo con le sopracciglia inarcate.
“O forse sì.”
Ron sbuffò, passandosi le mani tra i capelli.
“Ha iniziato a blaterare che ora sta con Christopher, che è meglio così e un sacco di altre cose stupide,” disse, frustrato. “Cosa devo fare, Harry?”
Harry sospirò, sistemandosi gli occhiali.
“Be’, il vecchio Ron non si sarebbe fatto scaricare. Piuttosto avrebbe preso a pugni il Viktor Krum di turno pur di riavere Hermione.”
Ron lo guardò senza capire.
“Ma io sono il vecchio Ron.”
Harry fece un sorrisetto. “Appunto.”
 
Quando Hermione aprì la porta, si ritrovò davanti un Ron trafelato con le guance arrossate a causa della corsa.
“Ron, ch-che ci fai qui?” balbettò.
Ron la sorpassò, avanzando all’interno dell’appartamento.
“Non me ne frega un accidente di Christopher, Hermione,” disse, guardandola negli occhi.
La ragazza lo guardò, alzando il mento e gonfiando il petto.
“Be’, a me importa,” ribatté, piccata.
E Ron sorrise, perché quella sua aria inviperita gli era mancata così tanto.
“Mi sei mancata da morire,”
Hermione arrossì, ma non demorse.
“Ron, io sto con Christopher.”
Ron si avvicinò di un passo ed Hermione arretrò.
“Non puoi comportarti così,” continuò la ragazza. “Non puoi farlo!”
Ron si avvicinò di un altro passo ancora ed Hermione si trovò con le spalle contro la porta d’ingresso ed il respiro affannato.
“Eppure sono qui, Hermione. Ed ho una paura del diavolo, ma sono qui comunque.” Deglutì, passandosi una mano tra i capelli. “Lo sai che non sono bravo con le parole, ma io-“
Hermione chiuse gli occhi, strizzando forte le palpebre.
“Ti prego, non farmi questo,” lo implorò. “Non sai quanto sia stata dura imparare a stare senza di te, rassegnarsi al fatto che non saresti stato mai più lo stesso, ma ci sono riuscita e tu…tu non puoi rovinare tutto!” urlò, riaprendo gli occhi. “Ho imparato a non amarti, Ron e tu non puoi mandare tutto all’aria con un paio di belle parole, non ne hai il diritto! Tu non-“
Ma Ron non seppe mai cos’altro non aveva il diritto di fare, perché quelle labbra gli erano mancate così tanto e per così tanto tempo che non era riuscito a resistere.
Sentì le mani di Hermione intrufolarsi tra i suoi capelli ed il corpo della ragazza avvicinarsi di più al suo, cozzando contro di lui. E in quel momento, con le labbra di Hermione tra le sue ed il corpo di lei così vicino ogni tassello tornò finalmente al suo posto e tutte quelle risposte che un tempo non gli erano state date gli vorticarono nella testa come se fossero state sempre lì. Tutte quelle sensazioni, che per anni aveva cercato nei soffitti delle stanze, adesso avevano un odore, un sapore, un odore, un perché.
Hermione si staccò lentamente dalla sua bocca, ansimando. “Cosa stiamo facendo?”
“Qualunque cosa sia, mi piace.”
“Non dovremmo, Ron, io…” Ron la baciò di nuovo, accarezzandole la schiena.
“Dammi un buon motivo per smettere,” le sussurrò all’orecchio. “Solo uno.”
Hermione si morse le labbra, sentendo la bocca di Ron scendere lungo il suo collo.
Ci sarebbero stati almeno dieci motivi per dirgli di smettere, almeno dieci motivi per spingerlo via e fare finta che non fosse successo niente.
Con un sospiro, Hermione afferrò il colletto della camicia di Ron e lo riportò alla propria altezza, stampandogli un lungo bacio sulle labbra mentre lui la trascinava lungo il corridoio.
Ci sarebbero stati almeno dieci motivi per dirgli di smettere, ma Hermione, in quel momento, non riuscì a trovarne neanche uno.
 
Don’t let go
I’ve  wanted this far too long
[…]
Please, show me what I’m looking for
(Show me what I'm looking for - Carolina Liar)

 
Hermione aprì gli occhi, infastidita dalla luce calda del tramonto.
Stordita, si rigirò tra le lenzuola per qualche minuto, cercando di ricostruire ciò che era successo nelle ultime ore. Solo quando le sue mani incontrarono il calore della parte sinistra del letto, Hermione fu in grado di ricordare ciò che era successo.
Avvampando, si strinse forte il lenzuolo contro il corpo, non osando guardare al proprio fianco dove, sicuramente, fino a pochi minuti prima c’era stato qualcuno.
“Finalmente ti sei svegliata.”
Hermione raggelò, sentendo la voce di Christopher raggiungerla dalla soglia della stanza.
Nella sua vita, Hermione Granger era sempre stata preparata ad un sacco di cose, ma non le era mai capitato di essere stata scorretta con qualcuno – e non riusciva proprio a credere che, come al solito, lui l’avesse portata sulla cattiva strada – quindi non aveva proprio idea di come comportarsi a riguardo.
“C-Chris,” balbettò, fissando il soffitto, “quando sei arrivato?”
Christopher abbozzò un sorriso, appoggiando la spalla allo stipite della porta.
Aveva incontrato Hermione una mattina di pioggia di due anni prima quando lei, inavvertitamente, gli aveva versato del caffè su una camicia appena comprata.
Si erano conosciuti in maniera un po’ banale, in effetti, ma dopo averlo inzuppato di caffeina, Hermione si era offerta di pagargli il pranzo ed avevano mangiato insieme a bar babbano vicino al Ministero, parlando di Hogwarts e dei loro interessi.
Hermione si era rivelata una piacevole conversatrice ed una ragazza davvero intelligente e carina e per Christopher era stato quasi naturale, se non ovvio, innamorarsi di lei.
Ma, nonostante tutto l’amore che Hermione gli avesse dato, lui sapeva che un giorno sarebbe arrivato il misterioso ragazzo dai capelli rossi che era ritratto in tutte le foto che Hermione nascondeva nel cassetto del comò e sapeva che, quando ciò fosse accaduto, inesorabilmente, Hermione sarebbe tornata da lui.
Lo sapeva e l’aveva accettato.
Per questo la guardava dalla soglia della stanza con un sorriso sulle labbra, senza rancore o disprezzo. La guardava con rassegnazione, la stessa che aveva rivolto a Ron quando lei glielo aveva presentato. Ecco, aveva pensato, quando il ragazzo dai capelli rossi era spuntato fuori dalla folla, ci siamo.
“Dopo che lui è andato via.”
Hermione si sentì avvampare e, timidamente, voltò lo sguardo verso Christopher.
“Chris, io…mi dispiace davvero tanto.”
Se fosse potuta scomparire, Hermione l’avrebbe fatto volentieri.
Non era da lei avere comportamenti così immaturi ed irrazionali e, soprattutto, non era da lei tradire la fiducia delle persone che le volevano bene; per questo non riusciva a guardare Christopher negli occhi, faceva troppo male.
“Non devi dispiacerti,” rispose il ragazzo, rimanendo sulla porta. “In fondo, sapevo che alla fine sarebbe successo.”
Hermione inarcò le sopracciglia, confusa.
“Cosa intendi dire?”
“Intendo dire che sei stata tentata di aprire il cassetto del tuo comodino per anni e io sapevo che, prima o poi, l’avresti aperto e allora sarebbe finito tutto.”
Gli occhi di Hermione s’inumidirono.
“Sapevi dell’album di fotografie?” non sembrava una domanda, ma Christopher annuì comunque.
“Ci ho anche dato una sbirciatina, se devo essere sincero,” ridacchiò, ripensando a quando aveva aperto di nascosto il comodino di Hermione e aveva finalmente sfogliato il misterioso oggetto dei suoi tormenti: un comunissimo album di fotografie piene di immagini in movimento che immortalavano i momenti della sua adolescenza.
“Io sto con te adesso, posso…posso…”
Christopher sorrise, scuotendo il capo.
“No,” disse. “Sapevo che lui sarebbe tornato e che tu saresti tornata da lui, ero preparato. Ti ho avuta per un po’ e questo mi basta. Tu però adesso ti vestirai e andrai da lui, io non ti parlerò per un paio di mesi perché ho una dignità da difendere ed un ego sgonfiato da rigonfiare e poi tutto tornerà alla normalità.”
Hermione sorrise, gli occhi lucidi e le guance arrossate.
Avrebbe voluto dirgli tante altre cose che, per una ragione o per l’altra, in quel momento non riusciva a dire.
“Grazie,” biascicò.
Forse Christopher aveva ragione, anche lei, nel profondo del suo cuore, aveva sempre saputo che prima o poi Ron sarebbe tornato e che, inevitabilmente, lei sarebbe tornata da lui.
“È meglio che vada, adesso,” disse il ragazzo. “Ci vediamo in giro,” le fece un cenno con la mano e poi le dette le spalle.
Percorse il corridoio a grandi passi e, dopo aver lasciato la sua copia delle chiavi dell’appartamento di Hermione sul tavolo della cucina, si chiuse la porta d’ingresso alle spalle.
Quando fu fuori rilasciò un sospiro e sentì qualcosa di fastidioso pungergli gli occhi. Li stropicciò in fretta e si avviò verso le scale.
Prima di scendere dette un ultimo sguardo al numero venti attaccato alla porta di Hermione.
Sospirò: era preparato, ma faceva male lo stesso.
 
Ron sbadigliò, buttandosi malamente a sedere sul divano.
Quando la serratura della porta scattò ed il volto occhialuto di Harry fece capolino nell’ingresso, sua sorella Ginny saettò fuori dalla cucina e, in un battito di ciglia, si buttò tra le braccia del ragazzo, baciandolo sulla bocca.
Ron, il quale aveva seguito tutta la scena dal divano, grugnì, borbottando tra sé che certe cose avrebbero dovuto tenersele per sé, perché lui non aveva proprio intenzione di assistere alla procreazione dei propri eventuali nipoti.
“Com’è andata con Hermione?” domandò Harry che, liberatosi dalla stretta di Ginny, lo stava raggiungendo in salotto.
Ron alzò le spalle.
“Non so se si possa definire una buona riuscita,” disse, ripensando al loro incontro.
Certo, erano stati a letto insieme, e se sul momento quella gli era sembrata davvero una grande riuscita, poi era stato costretto a pensare che quello non voleva necessariamente dire che Hermione era ancora innamorata di lui e che aveva deciso di lasciare quel suo fidanzato superperfetto.
Harry abbozzò un sorriso e gli batté una pacca sulla spalla.
“Vedrai, presto o tardi tutto tornerà al suo posto,” disse, allontanandosi verso il piano superiore per fare una doccia.
Ron rimase in silenzio qualche secondo poi, sporgendo la testa verso le scale, gli disse. “Dire queste frasi filosofiche non ti renderà fico come Silente.”
Harry sorrise, scuotendo il capo, e sparì al piano superiore.
Con un sospiro, Ron tornò ad appoggiare la testa sui cuscini del divano. Stava quasi per addormentarsi quando, inaspettatamente, qualcuno bussò alla porta.
“Ron! Puoi aprire tu?”
Ron grugnì, alzandosi di malavoglia dal divano e dirigendosi verso l’ingresso.
Quando spalancò la porta qualsiasi imprecazione contro chi aveva disturbato il nascere del suo pisolino serale gli morì in gola, o meglio, morì negli occhi scuri e umidi di Hermione.
“Hermione, cosa ci fai qui?”
La ragazza non rispose, si limitò a fare qualche passo avanti, sorpassando la soglia.
“È successo qualcosa? Stai bene?”
Hermione annuì. Rimase in silenzio per qualche minuto poi, come mossa da una furia improvvisa, iniziò a prendere a pugni ogni parte di Ron che le capitava a tiro.
“Sei un grandissimo idiota!” gli urlò, colpendolo. “Proprio il più stupido idiota che abbia mai conosciuto!”
Ron indietreggiò, cercando di schivare i colpi della ragazza.
“Questa l’ho già sentita,” borbottò, coprendosi il viso.
“Sei così enormemente stupido e insensibile e infantile e…e non so cos’altro dire per offenderti!” continuò ad urlare Hermione, colpendolo sempre più forte. “Piombi qui dopo tre anni e ti aspetti anche che io…che io…oh, vai al diavolo!”
Finalmente, dopo minuti di lotta – durante i quali Ginny si era varie volte affacciata dalla cucina con un sorrisetto – Ron riuscì ad afferrare i polsi della ragazza, mettendo fine alla sua scarica di colpi.
“Mi spieghi che cosa ho fatto questa volta?”
Hermione lo guardò in cagnesco.
“E me lo chiedi anche?!” esclamò. “Sei piombato a casa mia e hai…hai…”
Entrambi arrossirono e la frase di Hermione rimase sospesa nel silenzio, incompleta.
“Mi dispiace,” sussurrò Ron ed Hermione abbassò lo sguardo. “Mi dispiace davvero tantissimo.”
Le lasciò le braccia ed arretrò di qualche passo.
“Non sarei dovuto venire a casa tua e non avrei dovuto insistere, ma lo sai che sono impulsivo e faccio un sacco di stupidaggini, però ora me ne vado di sopra e me ne sto buono buono in camera mia, così tu puoi parlare con Ginny e-“
Gli occhi di Ron si abbassarono sulla mano di Hermione che, timidamente, aveva afferrato il suo braccio.
“Non andare,” disse, tenendo lo sguardo basso. “Non te ne andare mai più. Già una volta hai promesso che non l’avresti più fatto e invece è successo di nuovo. Ma ti giuro che se te ne vai ancora è la volta buona che ti ammazzo Ronald!”
Ron sbatté le palpebre, avvicinandosi a lei di qualche passo.
“Sarebbe a dire che mi perdoni?”
Hermione alzò lo sguardo su di lui.
“Può darsi…”
Ron sorrise, avvicinandosi al volto di Hermione.
“Sai, mi è appena tornata in mente una cosa che diceva sempre Luna.”
Hermione sospirò, allacciandogli le braccia attorno al collo.
“E sarebbe?”
“Diceva sempre che le cose a cui teniamo di più trovano sempre il modo di tornare da noi,” disse.
La ragazza sorrise, ad un passo dalle labbra di Ron.
“Per una volta, direi che Luna aveva proprio ragione.”
 
“Dici che dobbiamo avvertirli che è pronta la cena?” domandò Harry alla sua fidanzata, sbirciando Ron e Hermione che si baciavano in corridoio.
Ginny sospirò, appoggiando una ciotola piena di passato di zucca sul tavolo.
“No, non credo che gli interessi la cena, al momento. Forza, vieni a tavola.”
Harry non rispose, continuando a guardare i due di nascosto.
“Non credi che Ron si offenderà se finiamo tutto il passato senza dirgli niente?”
Ginny sbuffò.
“Lascia stare, vieni a tavola e basta.”
La ragazza mise la cena nei piatti, mentre Harry, pensieroso, osservava Ron e Hermione.
“Magari anche Hermione ha voglia di mangiare del passato di zucca...”
“Merlino Harry, ma sei ancora lì?!”

   
 
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