Scusate il ritardo,
mi è partita la connessione e devo aspettare di connettermi da scuola per
pubblicare...
Venerdì dovrei
riuscire comunque, al massimo il nuovo capitolo
arriverà sabato.
Buona settimana.
Remus
sedeva a tavola, pensando intensamente.
Mancavano
solo tre giorni a Natale – si domandò fugacemente se per questo la si poteva definire
Se
non si dava una mossa, tutto quello che avrebbe avuto da offrire sarebbe stato
il suo cuore – e per quanto poetico e romantico fosse, non era certo il tipo di
regalo che avrebbe potuto incartare e mettere sotto l’albero.
La porta
si aprì, e Sirius fece la sua entrata in cucina, ebbro
di spirito natalizio e di qualcos’altro molto più tangibile. Lo sguardo di
Remus si fissò sulla bottiglia mezza vuota di Whiskey Incendiario che teneva in
mano.
“Ti stai
ancora tormentando per Tonks?” chiese Sirius, sedendosi su una sedia accanto al
fuoco e appoggiando la bottiglia sulle ginocchia.
“No. Io
non- Non sto- ” protestò Remus. Poi sospirò. Era inutile protestare, e non ne aveva proprio la forza. “Sì.” Disse poi, appoggiando la
testa ad una mano e Sirius ridacchiò.
Indicò
la bottiglia di Whiskey con una mano, e quando Remus annuì, chiamò a sé un bicchiere e lo riempì. Remus si avvicinò e appoggiò
il bicchiere alla bottiglia.
“Salute.”
“Buon
Natale,” rispose Sirius.
“Sembri
essere di umore festivo,” osservò Remus, bevendo un
sorso di Whiskey e facendo ruotare il resto nel bicchiere, guardando come il
fuoco faceva brillare il liquido, dandogli l’impressione di avere davvero del
fuoco nel bicchiere.
“Mmmh,” borbottò Sirius, “E’ bello avere Harry – tutti – qui.
Vorrei che le circostanze fossero diverse, ovviamente,”
aggiunse, ed il suo volto si rabbuiò leggermente. Remus mormorò qualcosa in
assenso. “Allora,” esclamò, battendo le mani e facendo
sussultare appena l’amico. “Non hai ancora deciso cosa comprarle?”
“E con ‘lei’ intendi...?”
“Non
giocare con me, Moony,” lo ammonì Sirius. “Lo so che
hai una sola donna in testa da mesi, per cui non credo
proprio ci sia bisogno di dirlo ad alta voce.”
Remus
ridacchiò sommessamente fra sé e distolse lo sguardo. Avrebbe dovuto immaginare
che Sirius avrebbe capito nonostante tutti i suoi sforzi per nasconderlo.
“Naturalmente se vuoi che lo dica, è n-i-n-f oh no, aspetta f-a?”
Sirius parve adorabilmente
perplesso per un attimo, poi accantonò con un gesto della mano la sua
incapacità di sillabare. “Comunque. Hai capito chi
intendo. Capelli rosa, occhi scuri, magliette aderenti...”
Remus
lanciò a Sirius un’occhiataccia e questi rise, ma
grazie al cielo non continuò. Remus si passò una mano sul viso ed emise un
lungo sospiro.
“Ti
posso assicurare che ho preso tutti i regali di Natale, tutti tranne uno.”
“E quell’unico che ti manca è il più importante?”
“Naturalmente,” rispose Remus.
“Sai già
cosa le prenderai?”
“Quasi,” disse, accigliandosi al pensiero.
“Beh, è
un progresso,”
“Mmmh,” mormorò l’amico, per nulla convinto.
“Lo è,” lo corresse
Sirius. “Quando te l’ho chiesto ieri, mi hai risposto che non ne avevi la minima idea… ci stiamo avviando verso una
soluzione.”
“Avviando,” disse Remus, “Speriamo di arrivare in tempo, quest’anno,
eh?”
Remus
bevve un altro sorso del suo Whiskey Incendiario, lasciando che l’alcool lo
scaldasse e fissando le fiamme nel caminetto, sperando di ricevere qualche
divina ispirazione natalizia per un regalo.
“Lo sai
cosa le piacerebbe davvero per Natale?” chiese Sirius.
“Un
giorno di ferie e una bella dormita?” tentò Remus, e l’altro alzò gli occhi al
cielo con un sorrisino.
“C’è il
vischio nel corridoio.”
“Cosa di
cui sono perfettamente al corrente,” commentò Remus,
“Dal momento che la maggior parte l’ho evocato io.”
“Perché non ne fai buon uso allora?” esclamò Sirius
esasperato. “Un bel bacio sarebbe un regalo perfetto – se giochi bene le tue
carte – e sono sicuro che non ti chiederebbe la ricevuta.”
Remus
mormorò di nuovo qualcosa, e anche se non poteva negare che l’idea di baciare
Tonks – sotto il vischio o meno – era certamente nella sua lista delle cose da
fare questo Natale, pensava veramente che avrebbe dovuto comperarle
qualcosa, qualcosa di tangibile, qualcosa che non sarebbe sembrato fuori luogo
se presentato di fronte ai ragazzi e Molly Weasley.
Alzò lo
sguardo ed incrociò quello di Sirius. Questi inarcò un sopracciglio speranzoso,
e Remus in risposta aggrottò la fronte.
“Non ti
attira questa idea,” commentò Sirius, “Ok, continuiamo
a riflettere. Cos’avevi pensato fino adesso?”
“Pensavo...
ad essere onesti avevo pensato ad un gioiello.”
“Sei
sicuro di volerle prendere qualcosa di così...” Sirius
assunse un’espressione pensierosa, “Come si può
dire...”
“Costoso?”
Offrì Remus, ma l’amico scosse la testa. “Femminile?” tentò, ma Sirius fece un
altro cenno negativo col capo. Remus cercò di pensare ad un aggettivo che
potesse associarsi ad un gioiello, anche se la sua mente era a corto di parole.
“Ehm... lucente?” offrì, più speranzoso che convinto, alla ricerca di quella
parola che Sirius non trovava.
“No,” sbottò Sirius, allontanando i suoi suggerimenti agitando
la mano. Continuò a pensare
intensamente, la fronte aggrottata in concentrazione, le rughe sulla fronte
sempre più evidenti man mano che il tempo passava, e
poi disse: “Fisso.”
Remus
rimase un momento a pensare – a chiedersi se Sirius non si fosse mangiato mezza
parola, ma non riusciva a pensare ad altro che avesse senso.
“Fisso?”
chiese. “Non cap...”
“Beh,
continua a cambiare, no?” spiegò Sirius. “Hai intenzione di prenderle qualcosa
che si abbini con il rosa, oppure col rosso festivo che sfoggia ultimamente? E ci sono delle volte che i suoi capelli sono – hai capito –
del colore dei capelli, ma altre volte sono verdi, giusto? E tu sai come sono
fatte le donne e tutte le loro storie sugli abbinamenti.”
Remus
tacque, scosso. Certo non aveva tutti i torti.
Si passò
una mano fra i capelli.
Era di
nuovo al punto di partenza. Aveva pensato che fosse già abbastanza difficile
restringere il campo dal concetto astratto di ‘gioiello’ a qualcosa di più
specifico, ma ora era di nuovo al punto in cui tutti i regali erano possibili e
nessuno quello giusto.
Sospirò.
Magari il suo cuore non sarebbe apparso tanto brutto una
volta impacchettato, dopo tutto...
Sospirò
di nuovo vuotando il suo bicchiere, esasperato per il fatto che il suo cervello
non riuscisse a saltar fuori con un’idea decente, ma nel momento in cui Sirius si inclinò verso di lui per riempirgli di nuovo il
bicchiere, il vago fantasma di un’idea si affacciò alla sua mente.
Cercò di
non forzarla, di non spaventarla, e lasciò che si formasse da sola, di proprio
accordo.
Poi
sorrise.
Non era
semplicemente una buona idea – era un’idea grandiosa,
difficile da realizzare nel poco tempo disponibile, ma non avrebbe più potuto
chiamarsi Malandrino se avesse rifiutato una sfida.
“Perché sorridi?” domandò Sirius. “Credevo fossimo depressi.”
“Lo
eravamo.” Lo corresse Remus. “Ma
ora non lo siamo più.”
Riusciva
a malapena a contenere la sua eccitazione, quindi non ci provò nemmeno. Si alzò
dalla sua sedia e piazzò un bacio esagerato sulla fronte di Sirius,
scompigliandogli affettuosamente i capelli.
“E quello per cosa era?” domandò, accasciandosi di nuovo
sulla sedia, asciugandosi la fronte col dorso della mano.
“Perché
tu, Sirius Black, sei un maledetto genio,” rispose
Remus, allontanandosi dal tavolo ed imboccando le scale.
“Sul
serio?” urlò Sirius e sorrise, “Beh, suppongo che lo dicano spesso...”
“Torno
fra un minuto,” urlò Remus di rimando, “Per favore non
svenire mentre sono via – c’è la possibilità che mi serva la tua esperienza.”
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La
biblioteca era deserta e Remus osservò attentamente le mensole. Durante i mesi
trascorsi lì aveva imparato a conoscerle come il palmo della sua mano, e la
madre di Sirius era stata molto meticolosa riguardo
alla sistemazione dei libri, raggruppandoli per argomento e poi alfabeticamente
per autore. Fece scorrere il dito lungo la mensola centrale, che ospitava libri
di vario argomento, passando Il veleno
dell’avvelenatore ed una selezione di volumi che combattevano e
miglioravano la sicurezza, ma trovando un’altra mezza dozzina di libri che
erano perfetti per il suo scopo. Raccolse la pila di volumi e torno di sotto.
Sirius
sorseggiava Whiskey Incendiario dove Remus l’aveva lasciato, e quando vide la
pila di libri che l’amico teneva in mano, alzò gli occhi al cielo.
“Lo
sapevo che avrei dovuto fingere di essere addormentato finché non riuscivo a
capire cos’avevi in mente,” disse.
“Non sai
ancora cos’ho in mente,” replicò Remus.
“Ne so
abbastanza.” Si lamentò Sirius, indicando la torre di libri, “So che ci sono
dei maledetti compiti da fare.”
Remus
soffocò una risata, optando per uno sguardo truce e
posò i libri sul tavolo con un tonfo tetro. Sirius bevve un sorso di Whiskey e
poi si alzò in piedi, facendo il giro della tavola e leggendo i titolo argentato sulla copertina in pelle del primo
volume.
“L’Almanacco dell’Alchimista?”
“Uh
huh.”
Sirius
aggrottò la fronte.
“Hai
intenzione di imparare l’alchimia in due giorni così da permetterti di
comprarle un regalo?” chiese. “Lo so che non sei per niente lento
nell’apprendere, Moony, ma non pensi di voler imparare qualcosa a cui molti non
arrivano nemmeno nell’arco di una vita intera?”
Remus
sospirò.
“Non
voglio imparare l’alchimia, ho solo pensato che potrebbe esserci qualcosa di utile qui dentro.”
Sirius
prese in mano uno dei volumi e soffio via la polvere dalla copertina, tossendo
leggermente alla nuvoletta di polvere e Merlino sa
cos’altro che si era alzata. Pulì la copertina con la manica finché il titolo
non fu visibile.
“Incantare le Pietre per Profitto e per
Piacere.” Lesse. Fissò il titolo perplesso per un
istante, e poi sembrò realizzare. “Devo pensare che a noi interessa più il
piacere che il profitto?”
“Beh, lo
spero,” mormorò Remus. “Pensavo che avremmo potuto
iniziare da questo.
Alzò Pietre preziose e Semi-preziose e la loro
adeguatezza nelle Maledizioni e batté leggermente sulla copertina, prima di
sedersi a tavola ed aprire il libro all’indice, scorrendo con il dito l’elenco
dei capitoli alla ricerca di qualcosa di promettente.
Sirius
scostò una sedia e si sedette sul lato opposto della tavola trascinando le
gambe sul pavimento.
“Non ho
ancora ben capito che cosa stiamo facendo,” disse,
sedendosi con uno sbadiglio.
“Beh, è
come hai detto tu,” spiegò, alzando lo sguardo dal
volume polveroso. “Deve essere abbastanza frustrante per lei avere delle cose
così fisse, così ho intenzione di incantare una pietra che obbedisca ai suoi
comandi,” disse, e Sirius spalancò gli occhi, segno
che era più che impressionato. “Così la può trasformare in qualsiasi pietra lei
voglia – in modo che si abbini ai suoi capelli o
vestiti, ovviamente, ma potrebbe anche proteggerla – le basterebbe cambiarla in
qualsiasi pietra protettiva le serva sul lavoro.”
Sirius
sorrise, ma lui lo conosceva abbastanza per dire che
era compiaciuto, o impressionato dalla sua ingenuità.
“Hai
ragione,” affermò, confermando i sospetti di Remus.
“Sono un maledetto genio.”
Remus
gli lanciò Il Compendio delle Gemme.
“Bene
allora,” disse. “Inizia a leggere.”
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Saltò
fuori che incantare una pietra per profitto o per piacere ere un processo
relativamente facile.
Beh, non
facile nel
senso stretto della parola, pensò Remus. Molte persone, rifletté – persone
normali – avrebbero pensato che stare in piedi fino all’alba a studiare teoria,
concedersi due ore di sonno e quindi fiondarsi a Hogsmeade per essere lì non
appena i negozi avessero aperto, restando una buona mezzora fuori a congelarsi,
senza la compagnia di un affascinante Auror dai capelli rosa a distrarli dai
piedi e mani intorpidite mentre pensavano a quale pendente scegliere, tornare
indietro, incantare la pietra e quindi trascorrere le tredici ore successive a insegnarle tutte le pietre che c’erano in Compendio delle Gemme e Pietre preziose e Semi-preziose e la loro
adeguatezza nelle Maledizioni, fosse in effetti una montagna di lavoro.
Comunque,
pensò, dalla prospettiva di uno che, in gioventù, era rimasto in piedi
settantadue ore cercando di perfezionare un incantesimo punitivo da usare
contro il bastardo che gli aveva fregato la ragazza, non era un’impresa poi
così difficile, e mentre sedeva a tavola, gli occhi un po’ arrossati e la testa
pesante per la mancanza di sonno, osservando il pendente a goccia sul palmo
della sua mano, pensò che ne valeva assolutamente la pena.
Nonostante avesse testato la pietra per tutto il giorno, non resistette alla
tentazione di provarla un’ultima volta, vedere che funzionava, e non era uno
scherzetto della sua mente assonnata.
Ematite,
pensò, immaginando come la pietra sarebbe stata bene
con gli occhi scintillanti di Tonks. La pietra divenne di un nero argentato nel
palmo della sua mano e Remus sorrise.
Zaffiro
rosa, pensò, immaginando in parte quella che avevano
visto nella vetrina del gioielliere, in parte il colore dei capelli di Tonks
quando si erano incrociati a Hogsmeade. Era così perso nel suo sogno ad occhi
aperti, che non notò la pietra cambiare.
Provò un
paio di altre trasformazioni – pietre oscure che
credeva nessuno conoscesse al di fuori dell’autore del libro sulle sue
ginocchia, e quindi, soddisfatto della tenuta dell’incantesimo, chiamò a sé una
scatola di velluto rosso dal balcone, e vi adagiò dentro la collana, sistemando
la catenina nella carta, finché non fu contento della sistemazione.
La
incartò con cura, evocando un nastro verde e qualche foglia finta di agrifoglio da aggiungere al fiocco, e poi osservò la
scatola sul tavolo di fronte a lui.
Appariva
perfetta.
Adesso
tutto quello che doveva fare era trovare il momento perfetto per dargliela.