Okei.
E' passata una vita- dabbero una vita- ma questa storia è
ancora in
piedi. Non l'ho aggiornata per tanto tempo, me ne rendo conto, ma spero
lo stesso che i lettori che l'avevano inserita tra le storie seguite,
preferite o che semplicemente leggevano siano ancora qui.
Mi spiace
ma ... Non ho idea del perché questa storia sia finita nel
mio
dimenticatoio. A me piace. Posso dire di poche mie storie che
" mi
piacciono" , ma per questa è così. E' stata la
mia prima long su KH e
la prima Roxas/Sora/Roxas che abbia mai scritto.
Quindi nulla, adesso sono tornata e spero vi piaccia ancora.
Il
capitolo è semplice, comunque. Nel tempo ho cambiato stile
ma ho
cercato di mantenere quello vecchio, giusto per non cambiarlo
all'improvviso.
Finalmente iniziamo a vedere un capitolo un po' più
concentrato sulla coppia, con l'aggiunta di Axel e dei suoi sentimenti.
Buona lettura e scusate il ritardo colossale.
Mel.
T h e n e x t d a y ( capitolo 4 )
L’assordante sveglia di
Roxas risuonava per la casa,
facendo sobbalzare Sora nel suo letto.
Il moretto in questione aprì gli occhi, sbattendo le
palpebre per almeno un
minuto. Era una sua impressione oppure la sveglia era suonata
maledettamente presto
quella mattina?
Si arrampicò sopra alla testata del letto, facendosi leva
per mettersi seduto.
Sonno, sonno e ancora sonno. Non riusciva nemmeno a
tenere gli occhi aperti, sentiva la bocca impastata e le mani
formicolare.
Spostò lo sguardo verso la sveglia e cercò di
mettere a
fuoco l’orario che lampeggiava sul piccolo schermo.
Le 5:20?
Strinse forte i pugni, arrabbiato. Tutto il sonno che
sentiva fino a poco prima era sparito lasciando posto alla rabbia.
Si scaraventò giù dal letto, finendo con la
faccia
schiacciata contro al pavimento.
Non se ne curò molto; si alzò da terra con la
stessa velocità con la quale era
sceso dal letto poco prima e si mise a correre verso la stanza del
fratello.
«Roxas sei un uomo morto.» urlò contro
la porta chiusa,
sbattendoci sopra i pugni.
Solo dopo un po’ di strepitio si rese conto che la porta
era aperta, dandogli la possibilità di entrare.
Infuriato come un mastino – se si fossero trovati in un
cartone animato avrebbe
avuto persino la bava alla bocca- entrò nella stanza,
saltando sopra al letto
del fratello.
Che fosse sveglio o meno non aveva importanza. L’unico scopo
che Sora aveva era
quello di uccidere il gemello, magari soffocandolo.
Sfilò il cuscino da sotto la testa di Roxas e lo
lanciò a
terra. Poi afferrò il biondo per le orecchie e
tirò più forte che poteva. Si
interruppe solamente quando l’urlo di Roxas non gli
fracassò le orecchie.
Il biondino, sotto il fratello, aveva il respiro affannato, le orecchie
paonazze e lo sguardo spaventato.
Solo quando si rese conto del fratello sul suo letto e delle sue mani
sopra le
sue orecchie, la sua espressione si trasformò diventando
rabbiosa.
«Si può sapere che diavolo vuoi,
deficiente!?»
«Cosa voglio io? IO? Cosa vuoi tu che mi fai svegliare a
quest’ora, diamine!»
«Uh?»
Roxas tramutò nuovamente la sua espressione, mentre con
lo sguardo vagava per la stanza in cerca di un orologio.
Oggi il biondo avrebbe potuto battere il suo record di
espressività se
continuava così.
«Sì Roxas, fai pure finta di non capire. Sono le
5:20 della
mattina. Le CINQUE!» piagnucolò il maggiore,
sporgendo il labbro inferiore.
«Ah, è vero. Axel.» esclamò
dopo Roxas, sbattendosi una
mano sopra la fronte.
Sora, che ancora manteneva la sua espressione offesa,
osservò il fratello.
«Che centra Axel?»
«Oggi devo incontrarmi con lui fuori da scuola per una
cosa » borbottò spintonando il fratello lontano da
lui per poter scendere dal
letto.
Sora saltellò da un piede all’altro per non
perdere
l’equilibrio e poi controbatté «Che cosa
dovete fare?»
«Cos’è questo tono
inquisitorio?» chiese il biondo,
afferrando una maglietta da dentro l’armadio e valutando se
indossarla o meno.
«Voglio solo saperlo, tutto qui.»
«E io non te lo dico.» concluse Roxas indossando la
maglietta azzurra che aveva in mano, convinto della sua scelta.
Poi si avventurò nell’armadio, cercando tra
centinaia di pantaloni quelli più
adatti da abbinare.
Se Sora aveva uno stile più da “ ragazzo da
campagna”, Roxas ne aveva uno molto
più ricercato come quello di un ragazzo viziato. Stava
attento ad abbinare i
colori giusti e non usciva di casa se non si sentiva a proprio agio con
quello
che indossava.
«Perché no?! Dovete combinare qualche
danno?»
«E anche se fosse?» ,proruppe il biondo,
riaffiorando
dall’armadio con in mano dei jeans bianchi .«Non
sono comunque affari tuoi.»
Sora si imbronciò, portando entrambe le mani al petto.
«Tu sei affar mio, Roxas»
Il gemello più piccolo si girò
sorpreso verso di lui, arrossendo lievemente sulle gote.
Deglutì a vuoto per un attimo,
imbarazzato. Stupide dimostrazioni di affetto; non servivano ad altro
che
metterlo in imbarazzo e a farlo cedere.
«E va bene … Te lo dico.»
«Me lo dici?»
«E’ quello che ho detto, mi pare.»
sbottò, lanciando un
occhiata in tralice al moro.
Sora saltellò eccitato sul letto, mettendosi poi seduto a
gambe incrociate. Tamburellò la mano destra sopra al
materasso, dicendo a Roxas
di sedersi vicino a lui.
«Dai, dai. Dimmi che dovete fare»
«Ieri abbiamo fatto una foto, come posso dire … Sconveniente a due nostri professori e
oggi dobbiamo appenderle in tutte le classi. Se facciamo in tempo
»
«Oooooh» fece Sora, ammirato. «Allora
erano quelle foto
che stavi stampando ieri sera, eh?»
Il biondino annuì, compiaciuto.
«Posso venire con voi?»
«Certo che no.» sbottò Roxas, quasi
inorridito all’idea. Insomma,
erano lui e Axel. Non lui, Axel e Sora.
Così come a casa erano solo i due gemelli e non il
migliore amico. Punto.
«Fratello deposta e
crudele.»
«Almeno sai cosa vuol dire quello che hai
appena detto?» domandò il biondo con un sorriso
sbieco sulle labbra, mentre con
gli occhi cercava il paio di scarpe azzurre che aveva visto il giorno
prima.
Possibile che sotto al letto ci fosse un mostro ghiotto di scarpe?
Si voltò verso il fratello che strepitava
un qualcosa sulla sua rinomata intelligenza, squadrandolo.
Certo che il mostro esisteva e si chiamava Sora.
Roxas sospirò e si avvicinò al gemello,
punzecchiandogli un fianco.
«Dammi le mie Converse. Quelle azzurre »
Il moretto arricciò le labbra in un
sorriso – sadico, a detta di Roxas – e scosse la
testa.
«Che ne sai che le ho prese io? E, nel caso
le avessi prese, cosa mi daresti in cambio?»
«Un calcio nel culo se non ti muovi a
ridarmele.»
Già il fatto di essersi svegliato presto
non aiutava l’umore del biondo, se poi ci si metteva pure il
gemello con i suoi
stupidi ricatti da terza elementare non riusciva a trattenere
l’acidità.
Per ricattare un tipo come Roxas ce ne
voleva, infondo passava praticamente tutte le giornata con Axel e
qualcosa
doveva pur averlo imparato dal rosso, no?
«Uffa, dai. Chiedimi che cosa voglio in
cambio.» piagnucolò il moro, gonfiando le guance e
dondolandosi sui talloni.
«Ma non ti senti nemmeno un po’ in
imbarazzo nel chiedermi queste cose?»
«No.» sorriso spontaneo e sincero, come
sempre.
Roxas sospirò e scosse la testa, ignorando
il sorriso che svettava sulla sua faccia nonostante cercasse di
trattenerlo.
«Ok, Sora: “ Che cosa vuoi in
cambio?!”»
Il moro sorrise, portandosi il
dito indice sotto il mento e fingendo di
pensare ad un possibile ricatto.
Roxas scosse la testa e si portò entrambe
le mani ai fianchi, non riusciva a credere ai suoi occhi; come poteva
essere
così stupido suo fratello?!
«Ok, ho trovato!»
« … » il biondo non rispose, si
limitò a
lanciargli un’occhiataccia.
«Non mi chiedi che cosa ho in mente?»
«MUOVITI.» urlò il gemello
più piccolo,
lo sguardo strabuzzato e il rischio di una crisi di nervi alle porte.
«Ok, ok. Dopo ti preparo una camomilla! »
ridacchiò della sua battuta, gettando un’occhiata
al fratello per vedere se l’aveva
capita anche lui. «Ehm, scherzavo. Comunque, dicevo
… Ti darò le tue scarpe
solo se mi porterai con te e con Axel.»
Doveva aspettarselo.
«Assolutamente no.»
«Eddai, ti pregooooo. Qui a casa mi
annoio e ormai sono sveglio. Non so che fare.»
«Tornatene a dormire, che ti devo dire.»
borbottò Roxas passandosi una mano sulla fronte, facendola
scendere subito dopo
sugli occhi per strofinarli. Chissà, magari il bruciore
sarebbe passato.
Nella mente del biondo passava solo e unicamente una parola: letto.
Di questo passo sarebbe svenuto a terra per mancanza di sonno e di
riposo,
diamine.
«Non riesco più a riaddormentarmi se so
che tu sei in giro a divertirti e io no.»
«Ma io non sono “ in giro a divertirmi”,
razza di stupido. Sono a fare una cosa rischiosa, ok? E tu non vuoi
mica
metterti nei casini, dico bene?» magari la persuasione era la
tattica migliore
con uno come Sora.
«Voglio venire con te.»
no, forse non era affatto la tattica
migliore; sembrava quella più sbagliata in assoluto, al
momento.
Roxas trattene un mugugno esasperato e gettò lo sguardo alla
sveglia, che
indicava le 5:35 del mattino.
Diamine, doveva muoversi e andare a scuola.
Si fermò per un attimo, facendo mente locale. Allora: i
cancelli della scuola
venivano aperti alle 7 del mattino esatte, subito dopo entravano i
bidelli che
sistemavano la mensa e i corridoio. Verso le 7:30 i professori
arrivavano e
stanziavano in sala professori a bere caffè e spettegolare
sugli studenti. E
infine arrivava l’orario di apertura per gli studenti, ovvero
le 7:45.
Quindi lui e Axel avrebbero dovuto
addobbare per bene la scuola dalle 6 alle 7, poi uscire e magari andare
in un
bar a fare colazione.
Sì, era fattibile. Sempre che Sora si decidesse a dargli
indietro le sue
adorate scarpe.
Non poteva mica mettersi addosso quelle rosse, altrimenti avrebbe
dovuto
cambiare combinazione di colore nei vestiti. E poi ogni volta che
indossava
qualcosa di rosso si ritrovava a pensare ad Axel, e questo non era un
bene.
«Oi Rox, ti sei imbambolato?» esclamò il
moretto, schioccando le dita davanti alla faccia del fratello.
Il biondo si riscosse subito,
lanciandogli un’occhiata che avrebbe potuto ucciderlo subito.
«No, stavo pensando. Hai presente, quella
cosa a te sconosciuta?»
«Oggi sei più acido del solito.»
bofonchiò Sora, voltando il capo offeso.
«E tu più insistente.»
contestò Roxas, muovendo
la mano avanti e indietro con nervosismo. «Ma senti un
po’, mica avevi un
impegno con Riku e Kairi più tardi?»
Il moretto ci pensò su per un attimo,
inclinando la testa di lato. Poi si voltò verso il gemello e
sorrise, scuotendo
la testa con veemenza.
«Eh no. Sono libero come un fringuello in
aria. »
Roxas storse il naso a quel paragone,
sospirando afflitto. Non poteva permettersi così tanto
ritardo e, magari, con
due mani in più avrebbero persino finito prima.
Per quanto quelle mani potessero essere considerati utili, poi.
«E va bene, puoi venire con me e Axel.»
disse, sconfitto.
«Evvai! » esclamò il gemello moro,
saltellando per la stanza e buttandosi sul letto.
«Vedi di non sfondarmelo e di andare a
vestirti, intesi? Ti voglio pronto tra cinque minuti »
«Signorsì signore» esclamò il
moro,
portandosi la mano destra sopra la fronte per mimare un saluto militare.
Roxas sorrise, lanciandogli contro un
calzino preso da terra «E ricordati le mie scarpe, razza di
scimmia ambulante.»
---
«Axel
non è ancora arrivato.» mormorò
Sora, allungando le braccia al cielo e stiracchiandosi.
Roxas, appoggiato al muretto poco distante, ruotò gli occhi
al cielo e sbuffò
appena.
«Me ne sono accorto anche io, Sherlok.»
Il moretto sorrise e calciò un sassolino per strada,
osservandolo mentre
rotolava in giro.
«Pensavo fosse più puntuale.»
continuò poco dopo, fischiettando una canzoncina
sconosciuta.
Roxas riprese a brontolare, muovendo la schiena per sistemarsi meglio
nonostante i sassi sporgenti.
«Solitamente lo è.» rispose secco,
socchiudendo gli occhi e cercando di
ignorare il suo gemello che poco distante, non la smetteva di
gironzolare
intorno come un cagnolino esagitato.
«Probabilmente deve aver avuto un contrattempo.»
mormorò poco dopo, aprendo gli
occhi azzurri e osservando la strada deserta con cura.
Scrutò la lunga strada
nella speranza di veder apparire la solita chioma infuocata, seguita da
uno
scalpitio e un “ Rox” urlato in lontananza.
«Sei preoccupato?» la domanda di Sora gli
arrivò addosso come una cascata
d’acqua fredda, gelata.
Il biondo sobbalzò sul posto, portandosi poi una mano al
petto.
Ma quando diavolo si era avvicinato a lui suo fratello? Non era mica in
giro
per la strada a rincorrere farfalle?
Comunque scosse la testa, arricciando le labbra in una smorfia.
«Affatto, non mi preoccupo per lui.»
«Ah no?» domandò ancora Sora,
assottigliandolo sguardo avvicinando il volto a
quello di Roxas. «Sicuro sicuro?»
Roxas sbuffò e appoggiò la mano destra sopra la
faccia del gemello, allontanandolo
lievemente da lui.
«Sicuro sicuro.»
Il moro sorrise soddisfatto, gongolando
lievemente e dondolandosi sui talloni.
Roxas sbuffò, scuotendo la testa mentre osservava il suo adorato gemello ridacchiare senza motivo.
Ma che diavolo aveva?
Decise di non pensarci e si portò una mano alla tasca,
afferrando il cellulare.
6:03
Digitò il numero di Axel a memoria e si portò il
telefonino all’orecchio,
ascoltando quell’irritante “tuu-
tuu”
seguito poco dopo dalla voce pre registrata che lo avvertiva che il
numero
chiamato non era al momento raggiungibile.
«Dannazione.»
Sora osservò attentamente il gemello e il suo sorriso si
incupì appena, mentre
il suo sguardo vagò per la strada.
Si portò entrambe le mani alla testa e decise di dover
rassicurare suo
fratello, che sembrava tanto triste.
«Sono sicuro che sta bene!»
Roxas si voltò verso di lui e incrociò le
braccia al petto.
«Ti ho già detto che non sono preoccupato per
lui.»
Il moretto gli si avvicinò, accostando la schiena al basso
muretto e sollevando
la testa verso il cielo.
«Non devi vergognarti, è normale essere
preoccupati per il proprio migliore
amico.»
«Ho detto che non son-»
«Poi tu e Axel siete molto uniti, vero?» lo
interruppe il fratello, abbassando
nuovamente la testa e voltandola verso Roxas, mentre negli occhi
appariva
un’ombra di gelosia.
Le gote del biondi si tinsero per un attimo di rosso,
mentre le guance si gonfiarono d’aria.
Questo era un aspetto che aveva in comune con il gemello: quando si
imbarazzava
o si offendeva tendeva ad assumere espressioni decisamente infantili.
«Sì, siamo abbastanza
uniti.» ammise a
bassa voce, tossendo poco dopo come per coprire le sue stesse parole.
Sora si morse il labbro inferiore,
annuendo.
«E … Quanto
siete uniti?» chiese con
voce flebile, per niente adatta ad un tipo esuberante come lui.
Roxas sgranò lievemente gli occhi, stupito da quella
domanda, e osservò dritto
negli occhi il fratello.
«Ma che razza di domanda è?»
«N-Niente, lascia stare. Era solo per
sapere, niente di che. Sì, insomma, nulla.»
esclamò il moro, muovendo le
braccia in aria come per scacciare via una mosca. Poi rise,
arrossì e ritornò
serio nell’arco di pochi secondi, abbassando il volto e
cercando di evitare gli
occhi del gemello biondo.
«E’ che … Sembrate tanto uniti. Vuoi
più bene a lui che …» non
finì la frase,
non vece in tempo, che Roxas gli tirò un piccolo pugno sulla
testa.
«Taci, idiota. Non potrei mai voler bene a qualcuno
più di te. Sei mio
fratello.»
Sora sollevò la testa, stupito, e osservò il
volto di Roxas.
Guardava dalla parte opposta alla sua, mentre un’espressione
seria cercava di
coprire quella imbarazzata che gli decorava la faccia.
Sora rimase fermo per un attimo, mentre mille idea scivolarono nella
sua testa.
Alla fine adottò quella che gli sembrava migliore:
saltò addosso al gemello e
lo abbraccio, strusciando la guancia paffuta contro la testa di Roxas.
«AH, SORA! Lasciami idiota, lasciami!»
sbottò il biondo, dimenandosi dalla
presa del fratello mentre l’imbarazzo ritornava a farsi
sentire.
Non era il tipo da contatto fisico, specialmente dopo aver proferito
qualcosa
di tanto imbarazzante come un “ ti voglio bene”.
Poco importava se la persona a
cui era riferito era Sora, suo fratello.
Anzi, non sapeva perché ma gli faceva contorcere le budella
il solo pensiero si
averlo detto proprio a lui.
Una strana sensazione all’altezza della
pancia non era proprio la cosa migliore quando si parlava di fratelli,
specialmente perché era la stessa che sentiva quando pensava
ad Axel.
«Su, staccati! Non voglio che qualcuno mi veda attaccato a
te.» continuò a
brontolare il minore dei gemelli, spingendo via Sora che, ovviamente,
ritornava
subito all’attacco.
«Tanto non c’è nessuno,
nessuuuuuno.»
E tra tante spinte e urla rimasero vicino all’entrata della
scuola, mentre Axel
non si fece vedere.
Sora
stava addosso a Roxas in modo fin
troppo evidente.
Gli parlava, lo toccava, lo abbracciava, lo scrutava.
Ad Axel non era mai piaciuto Sora, quantomeno quando nei paraggi
c’era Roxas.
Non sapeva il motivo ma detestava profondamente il rapporto che
sembrava legare
i due gemelli, specialmente quando Roxas faceva intendere di non voler
mischiare la sua vita scolastica con quella privata; e per privata
intendeva
quella con Sora, ovviamente.
Per di più il moro in questione sembrava stravedere per il
gemello e, secondo
gli occhi esperti di Axel, non lo faceva come un normale fratello
dovrebbe
fare.
Ma quelli non erano suoi problemi, non quel giorno per lo meno.
Quella mattina il rosso era felice di poter passare ancora
più tempo con il più
piccolo dei gemelli Kouno, lontano da sguardi indiscreti e altre
persone.
Non che gli piacesse Roxas, ovvio! Era il suo migliore amico e basta.
Magari un migliore amico con i benefici era meglio, no?
Scosse la testa e sospirò, girando l’angolo e
camminando per la strada deserta.
Axel era uscito di casa in perfetto orario, come sempre
d’altronde. Era un tipo
preciso e gli piaceva avere tutto sotto controllo. Aveva mille piani in
mente e
se era riuscita a scamparla talmente tante volte era solo grazie a
questo lato
del suo carattere.
Afferrò il cellulare nero e osservò
l’ora.
6: 00
Puntuale come al solito svoltò l’ennesimo
angolo, mentre un sorriso si scolpì sulla sua bocca e le
braccia si alzarono al
cielo.
Mancava solo la piccola strada in pianura e avrebbe visto Roxas, ed era
pronto
a farsi sentire con il suo solito saluto.
Eppure appena iniziò a camminare lungo la stradina si
bloccò, fermandosi sul
posto.
C’era Roxas e c’era Sora.
C’era il suo migliore amico appoggiato al muro, con un
sorriso tranquillo, e
vicino a lui c’era il suo gemello, tutto esagitato che gli
girava intorno.
Si sentì ferito e offeso. Non ne aveva motivo, certo, ma gli
fece male
ugualmente.
Era una cosa stupida, scontata e da pazzi, ma digrignò i
denti e fece dietro
front.
Senza dire una sola parola, senza lasciare un messaggio a Roxas e
niente
ritornò sui suoi passi e spense il cellulare.
Non voleva passare del tempo con loro due, perché ogni volta
che c’era Sora gli
occhi di Roxas erano solo per lui.
Ma la cosa che più infastidiva Axel era che quello sguardo
che il biondo aveva
era uguale identico a quello che Sora riservava a lui.
E non era una cosa tra fratelli.