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Autore: bittersweet Mel    03/07/2012    3 recensioni
« Io... ecco, non ero lucido. Intendo dire, non è che se uno non sia lucido non possa volere... cioè, non volevo offenderti... io, ecco, vedi... ti avrei baciato anche da sobrio. No, non intendevo … »
« Chiudi la bocca, Sora» disse Roxas con voce fin troppo calma.
Il moro si zittì subito. Essere passivo mentre il gemello lo insultava sarebbe stato più facile che parlare.
Però sarebbe stato meglio chiudergli le labbra ancora una volta …
Piantala di pensar cazzate. Piantala. Piantala, te lo proibisco.
[Sora/Roxas/Sora][Axel/Roxas]
Genere: Comico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Sora
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Okei. E' passata una vita- dabbero una vita- ma questa storia è ancora in piedi. Non l'ho aggiornata per tanto tempo, me ne rendo conto, ma spero lo stesso che i lettori che l'avevano inserita tra le storie seguite, preferite o che semplicemente leggevano siano ancora qui.
Mi spiace ma ... Non ho idea del perché questa storia sia finita nel mio dimenticatoio. A me piace. Posso dire di poche mie storie  che " mi piacciono" , ma per questa è così. E' stata la mia prima long su KH e la prima Roxas/Sora/Roxas che abbia mai scritto.
Quindi nulla, adesso sono tornata e spero vi piaccia ancora.
Il capitolo è semplice, comunque. Nel tempo ho cambiato stile ma ho cercato di mantenere quello vecchio, giusto per non cambiarlo all'improvviso.
Finalmente iniziamo a vedere un capitolo un po' più concentrato sulla coppia, con l'aggiunta di Axel e dei suoi sentimenti.
Buona lettura e scusate il ritardo colossale.
Mel.

 

T  h e   n e x t   d a y ( capitolo 4 )

L’assordante sveglia di Roxas risuonava per la casa, facendo sobbalzare Sora nel suo letto.
Il moretto in questione aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per almeno un minuto. Era una sua impressione oppure la sveglia era suonata maledettamente presto quella mattina?
Si arrampicò sopra alla testata del letto, facendosi leva per mettersi seduto.
Sonno, sonno e ancora sonno. Non riusciva nemmeno a tenere gli occhi aperti, sentiva la bocca impastata e le mani formicolare.
Spostò lo sguardo verso la sveglia e cercò di mettere a fuoco l’orario che lampeggiava sul piccolo schermo.
Le 5:20?
Strinse forte i pugni, arrabbiato. Tutto il sonno che sentiva fino a poco prima era sparito lasciando posto alla rabbia.
Si scaraventò giù dal letto, finendo con la faccia schiacciata contro al pavimento.
Non se ne curò molto; si alzò da terra con la stessa velocità con la quale era sceso dal letto poco prima e si mise a correre verso la stanza del fratello.
«Roxas sei un uomo morto.» urlò contro la porta chiusa, sbattendoci sopra i pugni.
Solo dopo un po’ di strepitio si rese conto che la porta era aperta, dandogli la possibilità di entrare.
Infuriato come un mastino – se si fossero trovati in un cartone animato avrebbe avuto persino la bava alla bocca- entrò nella stanza, saltando sopra al letto del fratello.
Che fosse sveglio o meno non aveva importanza. L’unico scopo che Sora aveva era quello di uccidere il gemello, magari soffocandolo.
Sfilò il cuscino da sotto la testa di Roxas e lo lanciò a terra. Poi afferrò il biondo per le orecchie e tirò più forte che poteva. Si interruppe solamente quando l’urlo di Roxas non gli fracassò le orecchie.
Il biondino, sotto il fratello, aveva il respiro affannato, le orecchie paonazze e lo sguardo spaventato.
Solo quando si rese conto del fratello sul suo letto e delle sue mani sopra le sue orecchie, la sua espressione si trasformò diventando rabbiosa.
«Si può sapere che diavolo vuoi, deficiente!?»
«Cosa voglio io? IO? Cosa vuoi tu che mi fai svegliare a quest’ora, diamine!»
«Uh?»
Roxas tramutò nuovamente la sua espressione, mentre con lo sguardo vagava per la stanza in cerca di un orologio.
Oggi il biondo avrebbe potuto battere il suo record di espressività se continuava così.
«Sì Roxas, fai pure finta di non capire. Sono le 5:20 della mattina. Le CINQUE!» piagnucolò il maggiore, sporgendo il labbro inferiore.
«Ah, è vero. Axel.» esclamò dopo Roxas, sbattendosi una mano sopra la fronte.
Sora, che ancora manteneva la sua espressione offesa,  osservò il fratello.
«Che centra Axel?»
«Oggi devo incontrarmi con lui fuori da scuola per una cosa » borbottò spintonando il fratello lontano da lui per poter scendere dal letto.
Sora saltellò da un piede all’altro per non perdere l’equilibrio e poi controbatté «Che cosa dovete fare?»
«Cos’è questo tono inquisitorio?» chiese il biondo, afferrando una maglietta da dentro l’armadio e valutando se indossarla o meno.
«Voglio solo saperlo, tutto qui.»
«E io non te lo dico.» concluse Roxas indossando la maglietta azzurra che aveva in mano, convinto della sua scelta.
Poi si avventurò nell’armadio, cercando tra centinaia di pantaloni quelli più adatti da abbinare.
Se Sora aveva uno stile più da “ ragazzo da campagna”, Roxas ne aveva uno molto più ricercato come quello di un ragazzo viziato. Stava attento ad abbinare i colori giusti e non usciva di casa se non si sentiva a proprio agio con quello che indossava.
«Perché no?! Dovete combinare qualche danno?»
«E anche se fosse?» ,proruppe il biondo, riaffiorando dall’armadio con in mano dei jeans bianchi .«Non sono comunque affari tuoi.»
Sora si imbronciò, portando entrambe le mani al petto.
«Tu sei affar mio, Roxas»
Il gemello più piccolo si girò sorpreso verso di lui, arrossendo lievemente sulle gote.
Deglutì a vuoto per un attimo, imbarazzato. Stupide dimostrazioni di affetto; non servivano ad altro che metterlo in imbarazzo e a farlo cedere.
«E va bene … Te lo dico.»
«Me lo dici?»
«E’ quello che ho detto, mi pare.» sbottò, lanciando un occhiata in tralice al moro.
Sora saltellò eccitato sul letto, mettendosi poi seduto a gambe incrociate. Tamburellò la mano destra sopra al materasso, dicendo a Roxas di sedersi vicino a lui.
«Dai, dai. Dimmi che dovete fare»
«Ieri abbiamo fatto una foto, come posso dire … Sconveniente a due nostri professori e oggi dobbiamo appenderle in tutte le classi. Se facciamo in tempo »
«Oooooh» fece Sora, ammirato. «Allora erano quelle foto che stavi stampando ieri sera, eh?»
Il biondino annuì, compiaciuto.
«Posso venire con voi?»
«Certo che no.» sbottò Roxas, quasi inorridito all’idea. Insomma, erano lui e Axel. Non lui, Axel e Sora.
Così come a casa erano solo i due gemelli e non il migliore amico. Punto.
«Fratello deposta e crudele.»
«Almeno sai cosa vuol dire quello che hai appena detto?» domandò il biondo con un sorriso sbieco sulle labbra, mentre con gli occhi cercava il paio di scarpe azzurre che aveva visto il giorno prima.
Possibile che sotto al letto ci fosse un mostro ghiotto di scarpe?
Si voltò verso il fratello che strepitava un qualcosa sulla sua rinomata intelligenza, squadrandolo.
Certo che il mostro esisteva e si chiamava Sora.
Roxas sospirò e si avvicinò al gemello, punzecchiandogli un fianco.
«Dammi le mie Converse. Quelle azzurre »
Il moretto arricciò le labbra in un sorriso – sadico, a detta di Roxas – e scosse la testa.
«Che ne sai che le ho prese io? E, nel caso le avessi prese, cosa mi daresti in cambio?»
«Un calcio nel culo se non ti muovi a ridarmele.»
Già il fatto di essersi svegliato presto non aiutava l’umore del biondo, se poi ci si metteva pure il gemello con i suoi stupidi ricatti da terza elementare non riusciva a trattenere l’acidità.
Per ricattare un tipo come Roxas ce ne voleva, infondo passava praticamente tutte le giornata con Axel e qualcosa doveva pur averlo imparato dal rosso, no?
«Uffa, dai. Chiedimi che cosa voglio in cambio.» piagnucolò il moro, gonfiando le guance e dondolandosi sui talloni.
«Ma non ti senti nemmeno un po’ in imbarazzo nel chiedermi queste cose?»
«No.» sorriso spontaneo e sincero, come sempre.
Roxas sospirò e scosse la testa, ignorando il sorriso che svettava sulla sua faccia nonostante cercasse di trattenerlo.
«Ok, Sora: “ Che cosa vuoi in cambio?!”»
Il moro sorrise, portandosi  il dito indice sotto il mento e fingendo di pensare ad un possibile ricatto.
Roxas scosse la testa e si portò entrambe le mani ai fianchi, non riusciva a credere ai suoi occhi; come poteva essere così stupido suo fratello?!
«Ok, ho trovato!»
« … » il biondo non rispose, si limitò a lanciargli un’occhiataccia.
«Non mi chiedi che cosa ho in mente?»
«MUOVITI.» urlò il gemello più piccolo, lo sguardo strabuzzato e il rischio di una crisi di nervi alle porte.
«Ok, ok. Dopo ti preparo una camomilla! » ridacchiò della sua battuta, gettando un’occhiata al fratello per vedere se l’aveva capita anche lui. «Ehm, scherzavo. Comunque, dicevo … Ti darò le tue scarpe solo se mi porterai con te e con Axel.»
Doveva aspettarselo.
«Assolutamente no.»
«Eddai, ti pregooooo. Qui a casa mi annoio e ormai sono sveglio. Non so che fare.»
«Tornatene a dormire, che ti devo dire.» borbottò Roxas passandosi una mano sulla fronte, facendola scendere subito dopo sugli occhi per strofinarli. Chissà, magari il bruciore sarebbe passato.
Nella mente del biondo passava solo e unicamente una parola: letto.
Di questo passo sarebbe svenuto a terra per mancanza di sonno e di riposo, diamine.
«Non riesco più a riaddormentarmi se so che tu sei in giro a divertirti e io no.»
«Ma io non sono “ in giro a divertirmi”, razza di stupido. Sono a fare una cosa rischiosa, ok? E tu non vuoi mica metterti nei casini, dico bene?» magari la persuasione era la tattica migliore con uno come Sora.
«Voglio venire con te.»  no, forse non era affatto la tattica migliore; sembrava quella più sbagliata in assoluto, al momento.
Roxas trattene un mugugno esasperato e gettò lo sguardo alla sveglia, che indicava le 5:35 del mattino.
Diamine, doveva muoversi e andare a scuola.
Si fermò per un attimo, facendo mente locale. Allora: i cancelli della scuola venivano aperti alle 7 del mattino esatte, subito dopo entravano i bidelli che sistemavano la mensa e i corridoio. Verso le 7:30 i professori arrivavano e stanziavano in sala professori a bere caffè e spettegolare sugli studenti. E infine arrivava l’orario di apertura per gli studenti, ovvero le 7:45.
Quindi lui e Axel avrebbero dovuto addobbare per bene la scuola dalle 6 alle 7, poi uscire e magari andare in un bar a fare colazione.
Sì, era fattibile. Sempre che Sora si decidesse a dargli indietro le sue adorate scarpe.
Non poteva mica mettersi addosso quelle rosse, altrimenti avrebbe dovuto cambiare combinazione di colore nei vestiti. E poi ogni volta che indossava qualcosa di rosso si ritrovava a pensare ad Axel, e questo non era un bene.
«Oi Rox, ti sei imbambolato?» esclamò il moretto, schioccando le dita davanti alla faccia del fratello.
Il biondo si riscosse subito, lanciandogli un’occhiata che avrebbe potuto ucciderlo subito.
«No, stavo pensando. Hai presente, quella cosa a te sconosciuta?»
«Oggi sei più acido del solito.» bofonchiò Sora, voltando il capo offeso.
«E tu più insistente.» contestò Roxas, muovendo la mano avanti e indietro con nervosismo. «Ma senti un po’, mica avevi un impegno con Riku e Kairi più tardi?»
Il moretto ci pensò su per un attimo, inclinando la testa di lato. Poi si voltò verso il gemello e sorrise, scuotendo la testa con veemenza.
«Eh no. Sono libero come un fringuello in aria. »
Roxas storse il naso a quel paragone, sospirando afflitto. Non poteva permettersi così tanto ritardo e, magari, con due mani in più avrebbero persino finito prima.
Per quanto quelle mani potessero essere considerati utili, poi.
«E va bene, puoi venire con me e Axel.» disse, sconfitto.
«Evvai! » esclamò il gemello moro, saltellando per la stanza e buttandosi sul letto.
«Vedi di non sfondarmelo e di andare a vestirti, intesi? Ti voglio pronto tra cinque minuti »
«Signorsì signore» esclamò il moro, portandosi la mano destra sopra la fronte per mimare un saluto militare.
Roxas sorrise, lanciandogli contro un calzino preso da terra «E ricordati le mie scarpe, razza di scimmia ambulante.»

 

---

 

 

«Axel non è ancora arrivato.» mormorò Sora, allungando le braccia al cielo e stiracchiandosi.
Roxas, appoggiato al muretto poco distante, ruotò gli occhi al cielo e sbuffò appena.
«Me ne sono accorto anche io, Sherlok.»
Il moretto sorrise e calciò un sassolino per strada, osservandolo mentre rotolava in giro.
«Pensavo fosse più puntuale.» continuò poco dopo, fischiettando una canzoncina sconosciuta.
Roxas riprese a brontolare, muovendo la schiena per sistemarsi meglio nonostante i sassi sporgenti.
«Solitamente lo è.» rispose secco, socchiudendo gli occhi e cercando di ignorare il suo gemello che poco distante, non la smetteva di gironzolare intorno come un cagnolino esagitato.
«Probabilmente deve aver avuto un contrattempo.» mormorò poco dopo, aprendo gli occhi azzurri e osservando la strada deserta con cura. Scrutò la lunga strada nella speranza di veder apparire la solita chioma infuocata, seguita da uno scalpitio e un “ Rox” urlato in lontananza.
«Sei preoccupato?» la domanda di Sora gli arrivò addosso come una cascata d’acqua fredda, gelata.
Il biondo sobbalzò sul posto, portandosi poi una mano al petto.
Ma quando diavolo si era avvicinato a lui suo fratello? Non era mica in giro per la strada a rincorrere farfalle?
Comunque scosse la testa, arricciando le labbra in una smorfia.
«Affatto, non mi preoccupo per lui.»
«Ah no?» domandò ancora Sora, assottigliandolo sguardo avvicinando il volto a quello di Roxas. «Sicuro sicuro?»
Roxas sbuffò e appoggiò la mano destra sopra la faccia del gemello, allontanandolo lievemente da lui.
«Sicuro sicuro.»
Il moro sorrise soddisfatto, gongolando lievemente e dondolandosi sui talloni.
Roxas sbuffò, scuotendo la testa mentre osservava il suo adorato gemello ridacchiare senza motivo.
Ma che diavolo aveva?
Decise di non pensarci e si portò una mano alla tasca, afferrando il cellulare.
6:03
Digitò il numero di Axel a memoria e si portò il telefonino all’orecchio, ascoltando quell’irritante “tuu- tuu” seguito poco dopo dalla voce pre registrata che lo avvertiva che il numero chiamato non era al momento raggiungibile.
«Dannazione.»
Sora osservò attentamente il gemello e il suo sorriso si incupì appena, mentre il suo sguardo vagò per la strada.
Si portò entrambe le mani alla testa e decise di dover rassicurare suo fratello, che sembrava tanto triste.
«Sono sicuro che sta bene!»
Roxas si voltò verso di lui e incrociò le braccia al petto.
«Ti ho già detto che non sono preoccupato per lui.»
Il moretto gli si avvicinò, accostando la schiena al basso muretto e sollevando la testa verso il cielo.
«Non devi vergognarti, è normale essere preoccupati per il proprio migliore amico.»
«Ho detto che non son-»
«Poi tu e Axel siete molto uniti, vero?» lo interruppe il fratello, abbassando nuovamente la testa e voltandola verso Roxas, mentre negli occhi appariva un’ombra di gelosia.

Le gote del biondi si tinsero per un attimo di rosso, mentre le guance si gonfiarono d’aria.
Questo era un aspetto che aveva in comune con il gemello: quando si imbarazzava o si offendeva tendeva ad assumere espressioni decisamente infantili.
«Sì, siamo abbastanza uniti.» ammise a bassa voce, tossendo poco dopo come per coprire le sue stesse parole.
Sora si morse il labbro inferiore, annuendo.
«E … Quanto siete uniti?» chiese con voce flebile, per niente adatta ad un tipo esuberante come lui.
Roxas sgranò lievemente gli occhi, stupito da quella domanda, e osservò dritto negli occhi il fratello.
«Ma che razza di domanda è?»
«N-Niente, lascia stare. Era solo per sapere, niente di che. Sì, insomma, nulla.» esclamò il moro, muovendo le braccia in aria come per scacciare via una mosca. Poi rise, arrossì e ritornò serio nell’arco di pochi secondi, abbassando il volto e cercando di evitare gli occhi del gemello biondo.
«E’ che … Sembrate tanto uniti. Vuoi più bene a lui che …» non finì la frase, non vece in tempo, che Roxas gli tirò un piccolo pugno sulla testa.
«Taci, idiota. Non potrei mai voler bene a qualcuno più di te. Sei mio fratello.»
Sora sollevò la testa, stupito, e osservò il volto di Roxas.
Guardava dalla parte opposta alla sua, mentre un’espressione seria cercava di coprire quella imbarazzata che gli decorava la faccia.
Sora rimase fermo per un attimo, mentre mille idea scivolarono nella sua testa.
Alla fine adottò quella che gli sembrava migliore: saltò addosso al gemello e lo abbraccio, strusciando la guancia paffuta contro la testa di Roxas.
«AH, SORA! Lasciami idiota, lasciami!» sbottò il biondo, dimenandosi dalla presa del fratello mentre l’imbarazzo ritornava a farsi sentire.
Non era il tipo da contatto fisico, specialmente dopo aver proferito qualcosa di tanto imbarazzante come un “ ti voglio bene”. Poco importava se la persona a cui era riferito era Sora, suo fratello.
Anzi, non sapeva perché ma gli faceva contorcere le budella il solo pensiero si averlo detto proprio a lui.
Una strana sensazione all’altezza della pancia non era proprio la cosa migliore quando si parlava di fratelli, specialmente perché era la stessa che sentiva quando pensava ad Axel.
«Su, staccati! Non voglio che qualcuno mi veda attaccato a te.» continuò a brontolare il minore dei gemelli, spingendo via Sora che, ovviamente, ritornava subito all’attacco.
«Tanto non c’è nessuno, nessuuuuuno.»
E tra tante spinte e urla rimasero vicino all’entrata della scuola, mentre Axel non si fece vedere.


 

Sora stava addosso a Roxas in modo fin troppo evidente.
Gli parlava, lo toccava, lo abbracciava, lo scrutava.
Ad Axel non era mai piaciuto Sora, quantomeno quando nei paraggi c’era Roxas.
Non sapeva il motivo ma detestava profondamente il rapporto che sembrava legare i due gemelli, specialmente quando Roxas faceva intendere di non voler mischiare la sua vita scolastica con quella privata; e per privata intendeva quella con Sora, ovviamente.
Per di più il moro in questione sembrava stravedere per il gemello e, secondo gli occhi esperti di Axel, non lo faceva come un normale fratello dovrebbe fare.
Ma quelli non erano suoi problemi, non quel giorno per lo meno.
Quella mattina il rosso era felice di poter passare ancora più tempo con il più piccolo dei gemelli Kouno, lontano da sguardi indiscreti e altre persone.
Non che gli piacesse Roxas, ovvio! Era il suo migliore amico e basta.
Magari un migliore amico con i benefici era meglio, no?
Scosse la testa e sospirò, girando l’angolo e camminando per la strada deserta.
Axel era uscito di casa in perfetto orario, come sempre d’altronde. Era un tipo preciso e gli piaceva avere tutto sotto controllo. Aveva mille piani in mente e se era riuscita a scamparla talmente tante volte era solo grazie a questo lato del suo carattere.
Afferrò il cellulare nero e osservò l’ora.
6: 00

Puntuale come al solito svoltò l’ennesimo angolo, mentre un sorriso si scolpì sulla sua bocca e le braccia si alzarono al cielo.
Mancava solo la piccola strada in pianura e avrebbe visto Roxas, ed era pronto a farsi sentire con il suo solito saluto.
Eppure appena iniziò a camminare lungo la stradina si bloccò, fermandosi sul posto.
C’era Roxas e c’era Sora.
C’era il suo migliore amico appoggiato al muro, con un sorriso tranquillo, e vicino a lui c’era il suo gemello, tutto esagitato che gli girava intorno.
Si sentì ferito e offeso. Non ne aveva motivo, certo, ma gli fece male ugualmente.
Era una cosa stupida, scontata e da pazzi, ma digrignò i denti e fece dietro front.
Senza dire una sola parola, senza lasciare un messaggio a Roxas e niente ritornò sui suoi passi e spense il cellulare.
Non voleva passare del tempo con loro due, perché ogni volta che c’era Sora gli occhi di Roxas erano solo per lui.
Ma la cosa che più infastidiva Axel era che quello sguardo che il biondo aveva era uguale identico a quello che Sora riservava a lui.
E non era una cosa tra fratelli.


   
 
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