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Autore: Akatsuki    04/07/2012    4 recensioni
E se esistesse un altro biju oltre gli altri nove? E se il jinchuuriki di questo demone fosse una ragazza?
E se questa ragazza incontrasse Gaara, cosa potrebbe accadere ai due?
Estratto dal V Capitolo:
Gaara poggiò le mani a terra e si mantenne con le braccia per non cadere, mentre era ancora inginocchiato. Kaen si allontanò di diversi passi dalla figura del Kazekage, che con il respiro affannato si limitava a fissare sconvolto il pavimento. Kaen tremò e si abbracciò le spalle, tentando di non cedere e correre ad abbracciarlo.
«Mi dispiace tanto…» sussurrò piano, e Gaara a quelle parole alzò di scatto la testa e fissò la ragazza così intensamente che questa pensò di potersi spezzare sotto quello sguardo accusatore.

[GaaraxOC] [Primi 4 capitoli revisionati]
Genere: Azione, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kankuro, Matsuri, Nuovo Personaggio, Sabaku no Gaara, Temari
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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dreams of the desert.













II capitolo.

« Corri Kaen, corri! »
« No, non voglio più scappare! »
Una voce, così simile a quelle di sua madre… la voleva raggiungere, le mancavano da morire le sue carezze dolci, la sua voce che le leggeva le favole prima di andare a dormire. Non aveva molti ricordi di lei, era morta quando aveva pochi anni, ma era sicura che fosse la persona più bella del mondo, nonché una delle poche persone che le volesse bene e che non aveva paura di lei.
Correva al massimo della velocità per raggiungere il punto da cui proveniva la voce, ma più si avvicinava, più veniva spinta indietro da una forza invisibile. Lontano, sempre più lontano dalle dolci attenzioni della madre. Le gambe erano di piombo, il cuore stretto in una morsa d'acciaio, l'angoscia di non poter avvicinarsi alla donna troppo forte, troppo disperata.
« Mamma, voglio rimanere qui! Ti prego! »
Urlava, doveva farsi sentire, così forse sua madre l’avrebbe aspettata, le sarebbe venuta incontro.
Voleva con tutto il cuore essere importante per qualcuno, ricevere l’affetto di una persona che non fosse sua madre. Vivere nella solitudine più totale era troppo straziante per il suo cuore, un dolore che non aveva mai fine. Ma ora anche lei stava andando via, lasciandola indietro, ignorando le sue urla.
« Non puoi venire con me, Kaen. Lo sai bene. »
Sì, lo sapeva, ma non voleva crederci. Sua madre era morta da tanti anni, era impossibile che potesse andare con lei, dovunque fosse. Però… era la sua mamma, la adorava immensamente, per rimanerle accanto avrebbe fatto qualunque cosa. Desiderava così tanto ricevere una parola dolce o un abbraccio, le sarebbe bastato anche solo quello per farla stare meglio.
«Resta con me, non voglio stare da sola! Ho paura!»
« Sarà sempre così, tesoro. Nessuno vorrà mai stare accanto ad un mostro come te.» La voce era fredda, desiroria, era sempre quella della madre ma con un timbro che nella realtà non aveva mai avuto.
Perché la sua mamma le diceva quelle cose? Non lo avrebbe mai fatto, lo sapeva. Non era il tipo, non con lei. Ma era lei, la voce era sua, il viso aveva i suoi tratti gentili, eppure il ghigno divertito stonava con il viso della sua dolce mamma. E il cuore le si frantumava sempre di più nel petto, ogni occhiata di ghiaccio era una pugnalata invisibile che la mandava in pezzi. Per la prima volta nella sua vita sperò che sua madre sparisse di fronte ai suo occhi.
 
 
 
Si mise di scatto a sedere, ansimando come se avesse corso per chilometri. Si passo stancamente una mano sulla fronte per asciugare il sudore mentre si guardava stranita intorno.
Quella non era sicuramente la sua stanza e quello su cui era seduta non era il suo letto. Se ne sarebbe sempre accorta, il suo era duro come il marmo e scomodissimo, invece quello su cui era sopra era morbido e bianchissimo, ci affondava come se fosse su una montagna di panna.
Spalancò gli occhi quando realizzò davvero di non essere a casa sua. Era tutto troppo bianco e odorava in maniera disgustosa di disinfettante. Un ospedale? Ma dove diavolo era? Forse era morta. Meglio così.
Scese in fretta dal letto, appurando che almeno indossava i suoi abiti, per quando sporchi potessero essere. Almeno nessuno si era permesso di toccarla. Si avvicinò alla finestra, da cui entravano caldi raggi di sole, accecanti per i suoi poveri occhi chiari. Mise una mano a coppa sulla fronte per ripararsi dal sole e assottigliò gli occhi per vedere meglio il paesaggio.
Sabbia, tanta sabbia. E una distesa di casette davvero graziose tutte l’una accanto all’altra; era questo quello che vide dalla grande finestra da cui era affacciata. Le piaceva la sabbia, così calda e morbida. Le trasmetteva un senso di protezione.
Immediatamente ricordò tutto quello che era accaduto.
Era arrivata a Suna dopo cinque sfiancanti giorni di viaggio sotto il solo cocente. Rimpiangeva già il clima del Paese del Fuoco. Nonostante il nome, quel paese vantava di un clima sì caldo, ma mai ai livelli del Paese del Vento, il che rendeva il clima mite e piacevole.
Era tutto così diverso da dove veniva lei, ma in fondo le piaceva da matti. Una nuova vita, in un villaggio diverso dal suo, dove forse sarebbe riuscita a creare qualcosa di buono con quelle sue mani.
Una fitta dolorosa alla gamba la fece inginocchiare. Portò una mano alla ferita che aveva ripreso a sanguinare copiosamente e cercò di alzarsi come meglio poteva.  Se ne era completamente dimenticata e inoltre si chiedeva anche lei come avesse fatto a correre per diversi giorni di fila con quella ferita alla gamba così estesa e profonda, fasciata a grandi linee con un paio di bende malridotte. Non se ne intendeva di medicina, ma aveva capito anche lei che era abbastanza grave. Sfortunatamente, il suo demone non aiutava nella rimarginazione delle ferite o nella guarigione in generale. Stupido demone, non serviva mai a nulla.
Un’altra fitta molto più forte la fece cadere seduta a terra, mentre la ferita sanguinante sporcava il pavimento immacolato. Gemette per il dolore e lentamente sentì le forze abbandonarla. Non sentiva più niente al tatto, i suoi cinque sensi la stavano abbandonando ed era sensazione orribile, come se non esistesse nulla intorno a lei.
La parta si aprì e a lei parve andare a rilento, anche la vista stava cedendo. Altra spiacevole sensazione, le piaceva osservare le cose intorno a lei ed era sempre stata una grande osservatrice.  Nella stanza entrò una testa rossa, ormai faticava anche a riconoscere i contorni degli oggetti e ora, delle persone. Perché era una persona quella, vero? Non sapeva dirlo con certezza.
 Quello che quasi sicuramente era un ragazzo le si avvicinò e si accovacciò accanto a lei, sostenendola per la schiena e osservandola dritto negli occhi, per poi rivolgere uno sguardo alla ferita sanguinante e la piccola pozza di sangue che si era formata ai piedi della giovane.
«Cosa ti è successo?» Chiese con voce calda e confortevole lo sconosciuto. O almeno, a lei sembrò confortevole. Era un bellissima voce, di quelle che vorresti sentire sempre perché ti danno un senso di protezione quando le ascolti. La sua mano bollente poggiata sulla schiena minuta di lei era come una piacevole carezza, morbida e delicata.
«N-no che non va tutto bene, non v-vedi che sono stata avvelenata?»  rispose gemendo e cercando di alzarsi, sebbene non ne avesse la forza. Scostò brusca la mano di quella persona e poggiò il palmo destro per terra, per farsi forza e riuscire ad alzarsi. Barcollò e cadde all’indietro, prontamente accolta dalle braccia di Gaara. Lo guardò per un secondo, distinguendo una capigliatura rosso fuoco e degli occhi acquamarina, più belli del mare stesso, poi chiuse i suoi e giacque svenuta tra le braccia del ragazzo.
 
Gaara guardò attentamente Kaen. Non l’aveva mai vista, almeno non al villaggio. Era una ragazza molto bella, dai capelli castani e gli occhi verde smeraldo.
Sicuramente non lo conosceva, altrimenti non gli avrebbe mai risposto in quel modo così sfacciato, spaventata da una sua possibile reazione violenta che non sarebbe mai arrivata. Meglio così, pensò, almeno non avrebbe avuto timore di lui.
Inizialmente era andato da lei per controllarla, sotto esortazione di sua sorella. Lo avrebbe fatto lo stesso, era suo dovere controllare gli sconosciuti che arrivavano al villaggio e verificare che non fossero un pericolo per gli abitanti.
Non sapevano molto di lei, neanche da che villaggio provenisse, dato che non possedeva alcun copri fronte, o se lo aveva, non lo teneva in bella vista. Per ora erano solo a conoscenza del fatto che possedesse un chakra molto forte e in quantità molto elevata, forse maggiore persino a quello del Kyuubi, e nessuno sapeva spiegarsi il perché. Chi era quella ragazza così strana?
Ignorò i dubbi che lo assillavano e poggiò la ragazza sul letto, osservandola ancora. Non poteva negare di avere davanti una ragazza davvero bella nella sua semplicità.  I capelli castani che sembrano di seta al tatto,  le guance rosee, la fronte imperlata da piccole gocce di sudore, le labbra dischiuse che si aprivano e chiudevano irregolarmente, le palpebre strizzare come se stesse soffrendo. Ma ecco, lei stava soffrendo e lui se ne era completamente dimenticato. Avrebbe dovuto chiamare un ninja medico per farle somministrare l’antidoto al veleno che ormai le scorreva in corpo e anche in fretta, visto la situazione pessima in cui si trovava la ragazza.
Provvide subito a chiamare un ninja medico esperto per curare la ragazza, per poi posizionarsi in un angolo della stanza e vegliare su di lei. Sentì dei passi fuori dall’infermeria e dalla porta entrò uno dei suoi più fidati medici, che si avvicinò in fretta alla kunoichi stesa sul letto con uno sguardo preoccupato. Le sue condizioni si erano aggravate. La visitò con cura, mentre il suo sguardo diventava sempre più inquieto.
«Kazekage-sama, dovrebbe uscire. Il veleno con cui è stata intossicata è molto pericoloso ma non di nostra conoscenza, potrebbe morire nel giro di qualche ora se non interveniamo immediatamente e provvediamo ad estrarlo tutto dal suo corpo. Non possediamo l’antidoto e quindi dobbiamo intervenire al più presto.»
«Capisco. Appena si sveglia avvertitemi.»  Intervenne con la massima calma. Volto le spalle al letto in cui la giovane giaceva ed uscì dalla stanza, sempre con la sua solita espressione in viso. Appena fuori dall’infermeria incrociò sua sorella Temari, intenta ad entrare nella camera dal quale lui era da poco uscito.
Appena lo vide gli si avvicinò e lo guardò curiosa. Si sporse dal fratello per cercare di intravedere la ragazza, ma la porta era chiusa e inoltre Gaara non le permetteva di vedere niente.  Altri due ninja-medici si fiondarono dalla camera al richiamo del capo, mentre Temari squadrava il fratello con le mani posate sui fianchi, infervorata. Aveva un strana sensazione, le sembrava d aver già visto quella ragazza, anche se non ricordava né dove né quando. Doveva essere stato davvero molti anni prima, altrimenti non lo avrebbe mai dimenticato. Una mente di ferro, la sua.
«Le hai parlato? Chi è?»
«No, e non lo so. In ogni caso non possiamo entrare ora.»  Si diresse verso il suo ufficio, preparandosi mentalmente per i nuovi gruppi di documenti da firmare, ma sfortunatamente Temari lo placcò in tempo, guardandolo con uno sguardo truce che fece venire i brividi alla maggior parte dei ninja che passavano di lì, ma non a Gaara. Era abituato ormai.
«Come non lo sai?! Sei stato lì dentro per venti minuti buoni!»  Il rosso spalancò leggermente gli occhi, ma fu così poco che nessuno se ne accorse. Venti minuti? Non se ne era neanche accorto. Quindi, in pratica, aveva passato la maggior parte del tempo  ad osservare la ragazza. Non riusciva a spiegarsi il perché, era strano, nessuna aveva mai attirato così la sua attenzione. Era come se qualcosa dentro di sé lo spingesse verso di lei.
 Un urlo di dolore li fece girare entrambi scatto a guardare la porta dietro cui si celava la ragazza che urlava di strazio. Lo seguì un altro, e un altro ancora. Gaara non capiva perché la kunoichi stesse urlando, ed era tentato di entrare lì dentro per scoprirlo. Invece Temari lo sapeva bene il perché. Anche Kankuro aveva dovuto subire lo stesso intervento, e si era potuto capire che non era un’operazione particolarmente indolore.
Gaara abbandonò la sua posizione e si avviò impassibile verso il suo studio, seguito dalla sorella.
«Gaara, abbiamo scoperto da che villaggio proviene.»  Il rosso non rispose, invitando silenziosamente la bionda a continuare. Lei lo guardò di sottecchi; aveva capito che il suo fratellino aveva trovato interessante la kunoichi nell’infermeria. Che in futuro se ne potesse innamorare? Non ci sperava tanto, nonostante Gaara avesse un’immenso bisogno di dare e ricevere amore, non era il tipo di ragazzo che si innamorava facilmente, e ancora meno palesava i suoi sentimenti. Ma lei era la sorella maggiore, doveva preoccuparsi della sorte del suo fratellino. Un fratellino che era il Kazekage, certo, ma comunque più piccolo di lei.
«Un ninja ha trovato il suo coprifronte alle porte del villaggio, è di Konoha. Dovremmo contattare il villaggio e chiedere informazioni.»
«Manderò una missiva all’Hokage per avvisarla solo dopo che si sarà svegliata.» Temari si posizionò davanti al fratello bloccandogli la strada. Incrociò perentoria le braccia sotto al seno e lo guardò.
«Aspetta Gaara, ne sei sicuro? Non sappiamo chi sia, potrebbe anche farti del male.» In fondo oltre ad essere sua sorella era anche la sua guardia del corpo personale, non poteva permettere che gli accadesse qualcosa. Il rosso sospirò e fece cenno alla sorella di spostarsi per farlo passare. «Sono sicuro di essere in grado di difendermi, Temari. Ora lasciami andare, per favore.» Lei fece come richiesto e poi lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava. Quella ragazza… doveva prima capire perché le sembrava di conoscerla, poi forse avrebbe potuto esprimere un giudizio su di lei.
Si allontanò dall’infermeria per incamminarsi verso la sua stanza, aveva un urgente bisogno di farsi una bella doccia fredda e di riposarsi per qualche ora.
 
 
La testa le faceva malissimo, come se avesse un centinaio di shuriken conficcati nel cranio. Fortunatamente la gamba stava bene, sentiva solo un leggero fastidio e notò che era fasciata molto bene. Prese un bel respiro, ma sentì nuovamente il disgustoso odore di disinfettante, che le fece bruciare il naso. Starnutì un paio di volte e fece per alzare il busto, ma poi ricadde con un tonfo sui morbidi cuscini.
Questa volta ricordava tutto bene, niente vuoti di memoria. Quel ragazzo, che aveva scoperto chiamarsi Gaara, l’aveva aiutata. Se lui non fosse arrivato, probabilmente sarebbe rimasta agonizzante sul pavimento. Si aggiustò meglio sul letto, iniziò a massaggiarsi le tempie con le dita e chiuse gli occhi. Voleva ricordare il volto di quella persona, ma nella sua mente c’era solo una macchia rossa sfocata che probabilmente erano i capelli. Era sconvolta, conosceva una persona con la chioma di quel colore ma non poteva essere proprio lui, fra tutti.
L’oggetto dei suoi dubbi entrò proprio in quel momento nella stanza, silenzioso e calmo, tanto che Kaen, persa nei proprio pensieri, non se ne accorse nemmeno. Gaara si avvicinò al letto dove era stesa la ragazza, a occhi chiusi. Era così piccola e fragile, con quell’aureola di capelli castani sparsi sul cuscino e le spalle così minute. Non sapeva se palesare la sua presenza o continuare a guardarla, silenzioso. Udendo però il ragazzo schiarirsi la voce però Kaen aprì di scatto gli occhi e girò la testa verso Gaara, che la osservava in silenzio con le braccia incrociate dietro la schiena. Era lui, il ragazzo che l’aveva presa al volo prima che si schiantasse a terra. Aveva degli occhi meravigliosi, una figura così aggraziata e ma di presenza che catturò immediatamente il suo sguardo. Era attraente.
«Buongiorno.»
Sgranò gli occhi quando il ragazzo le rivolse la parola. Aveva un tono di voce molto profondo, ma gentile.
«Ehm… Salve.» Non sapeva che dire, era patetica. Quel ragazzo le ricordava troppo qualcuno che aveva già visto, ma non poteva essere lui. Sarebbe stato meglio che non fosse lui. Gaara alzò leggermente un sopracciglio e guardò la ragazza. Stava decisamente meglio di prima, fortunatamente, ma aveva perso quel tono di voce che gli aveva mostrato in precedenza, prima di svenire.
«Sono il Kazekage, Sabaku no Gaara.»  A quel punto si aspettava qualcosa come un singulto spaventato o un urlo di paura, ma non avvenne nulla del genere. Piuttosto, Kaen era troppo sconvolta che proprio lui fosse il capo villaggio di Suna.
«Piacere Kazekage-sama, io sono Suzuki Kaen.»  D’altro canto, Kaen sapeva bene che lui non si sarebbe mai ricordato di lei, a meno che non lo avesse deciso lei stessa. «Sono sorpresa di vedere un ragazzo della mia età ricoprire la carica più alta del Paese del Vento. Deve essere davvero bravo, se è stato scelto fra tutti.» Accennò un sorriso in direzione del ragazzo, sinceramente sorpresa. Proprio quel Gaara era divenuto Kazekage del suo villaggio, non lo avrebbe mai detto.
Gaara non era abituato a ricevere degli elogi, nemmeno dai fratelli o dagli Anziani, quindi si ritrovò completamente spiazzato quando sentì le parole della ragazza. Nonostante fuori si mostrasse sempre pacato e tranquillo, dentro era confuso. Prima di tutto perché quella era la prima persona che lo trattava bene, oltre la sua allieva Matsuri, e che non aveva paura di lui per il suo aspetto per niente rassicurante o per la verità che celava dentro di sé. Secondo, perché non sapeva proprio come comportarsi con una ragazza; l’unica donna con la quale avesse mai parlato davvero era sua sorella maggiore, ma era tutta un’altra cosa. Lei, come suo fratello Kankuro, capiva i suoi silenzi e le sue occhiate, e sapeva anche capire quando era riconoscente o felice per qualcosa, o stava provando un sentimento particolare. Non c’erano bisogno di parole, loro semplicemente lo comprendevano, erano sangue del suo sangue.
Sicuramente lei non sapeva chi fosse e quale fosse il suo segreto, e in fondo ne era grato.
«G-grazie» aveva balbettato. Non sapeva cosa dire a quella ragazza, era troppo strana la sensazione che provava in sua presenza. Ingoiò il groppo che gli si era formato in gola e la guardò. Sembrava completamente a suo agio in sua compagnia, non era imbarazzata o presa dal panico. Era il momento giusto per porre alcune domande.
«Ti abbiamo trovate alle porte del villaggio, svenuta. Sapresti dirmi il perché?»
Kaen si morse il labbro indecisa. Dirgli che era una jinchuuriki era fuori discussione, quindi cosa avrebbe potuto rispondere? Optò per la verità, omettendo certi dettagli.
«Vengo dal Paese del Fuoco e sono nata in un villaggio minore poco lontano da Konoha. Sono andata via dalla mia casa per venire di mia spontanea volontà qui. Volevo… beh, mi chiedevo se potessi iniziare a vivere qui. E magari diventare anche una kunoichi di Suna.»
Era vero, era esattamente quello che aveva pensato prima di mettersi in viaggio. Suna era come una seconda casa per lei, aveva ricordi in quel posto che non poteva cancellare e trasferirsi lì era la cosa migliore da fare. Si reputò fortunata ad avere incontrato praticamente subito il Kazekage, l’unico che poteva esaudire il suo desiderio.
Gaara però non sapeva esattamente cosa rispondere, dato che non si aspettava una risposta del genere. In realtà, non sapeva se fidarsi o meno di quella ragazza. Però dagli occhi sembrava essere sincera, quindi perché non darle un’opportunità?
«Capisco. Come ti sei procurata questa ferita?»  Fece un cenno con le testa verso le gambe della giovane, ancora coperte dal leggero lenzuolo immacolato. Doveva prima sapere perché era arrivata lì in quelle condizioni, non era normale partire per un semplice viaggio e rimanere addirittura avvelenati. «Mentre venivo qui mi sono imbattuta in un gruppo di ninja traditori che mi hanno attaccata. Li ho bloccati tutti ma sono riusciti a ferirmi.» Non era vero, ma lo tenne per sé.
Mentre parlava però continuava a tenere gli occhi fissi in quelli del Kazekage. Erano davvero bellissimi e ipnotici e nonostante fossero freddi, lei riconosceva in quelle iridi acquamarina tanto dolore, come quello che aveva provato lei. Si forse il labbro inferiore nervosa, strusciando i piedi sotto le coperte. Le faceva uno strano effetto quel ragazzo.
Gaara non era uno sciocco, sapeva benissimo che ciò che la ragazza aveva detto non corrispondeva all'assoluta verità, ma voleva darle una possibilità e non indagò oltre. «Bene. Credo sia possibile esaudire la tua richiesta. Da domani sarai a tutti gli effetti una ninja del nostro villaggio.» Si alzò dalla sedia e si voltò verso la porta chiusa. Posizionò il cappello triangolare sulla testa, calcandolo bene, e si avviò alla porta per uscire, osservato attentamente da Kaen. I suoi movimenti erano eleganti e posati, davvero aggraziato per essere un uomo.
«Grazie mille, Kazekage-sama.» La ragazza sorrise riconoscente, aggiustandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio. Gaara si sentì trafiggere la schiena da quello sguardo penetrante, e immediatamente si avvicinò alla porta per uscire ed allontanarsi da quelle strane sensazioni. Fece per aprire la porta, ma venne quasi travolto dall'uragano che era sua sorella maggiore.
«Tu sei Kaen, mi ricordo di te! » dichiarò sorpresa. Dopo ore passate a pensare chi fosse quella ragazza, era riuscita ad arrivare alla soluzione. E ne era rimasta sconvolta.
«Temari?»
 

 




N/a: e anche questo capitolo è stato revisionato.
Spero vi piaccia e non vi abbia lasciato troppi dubbi. Correte a leggere il prossimo, mi raccomando!
  
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