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Autore: IosonoOmbra    05/07/2012    3 recensioni
Loki è mandato sulla terra per scontare la sua pena.. ma qualcosa di strano comincia a tormentare il dio. Qualcosa che viene dal passato e giura vendetta, una vendetta crudele nata da un amore malato.. il dio delle malefatte sarà messo alla prova ancora una volta.
Genere: Commedia, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Loki, Thor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Boccette di sentimento
 
Un fragore, come di una nave spaziale che si abbatte su una casa, mi tramortì. Ero priva di sensi fino ad un momento fa. La guancia schiacciata contro il pavimento freddo. Sentii delle urla e un grido che si alzava sopra gli altri. Poi la terra prese a tremare e a scuotere il mio povero corpo incosciente. Ma... aspetta un momento, io sono sveglia! Cerco di aprire gli occhi e una strana luminescenza me li ferisce. Sono a terra e attorno a me sembra succedere il finimondo.
“Alzati!” mi impongo, ordinandolo mentalmente.
Faccio forza sulle braccia e riesco a tirarmi su a sedere.
Un altro rumore dirompente mi riporta alla realtà, e cerco di capire quello che sta succedendo attorno a me. Il tetto della casa nella quale sembra che io mi trovi è andato distrutto in mille pezzi, e una luce perlacea entra attraverso quell’apertura. Strizzo gli occhi e distinguo molte figure in contro luce. Riesco a metterli a fuoco e vedo 15 uomini, biondi, abbronzati e palestrati come i personal trainer delle star in tv. Sono tutti ben piantati sulle gambe forti, e sembrano assumere una posizione aggressiva. Le strane armature sbrilluccicanti li fanno sembrare degli alieni che hanno sbagliato epoca, o delle lattine di fagioli di qualche secolo fa. Un uomo si fa avanti a passi lenti e maestosi, è il più forte di tutti, e ha un senso di giustizia scolpito sui lineamenti mascolini del viso. La sua espressione mi ricorda quella degli sceriffi del vecchio West quando andavano a catturare i briganti.
Il suo sguardo plumbeo è fisso di fronte a sé. Io mi volto in quella direzione e vedo una donna, o almeno... il fantasma di una donna, eterea e bellissima, che sogghigna silenziosa. Mi fa davvero paura, e appena i miei occhi si posano su di lei un brivido mi corre lungo la schiena. Cerco di fare mente locale ma sono soltanto molto confusa. Non dico che la mia testa non fosse incasinata anche prima di incontrare quella donna, ma quando la sua voce mi entrò dentro, come il melodioso canto di una sirena, mi andò completamente in pappa il cervello, capite?
“Il grande e giusto dio dei fulmini, principe di Asgard, figlio di Odino, padre degli dei... a cosa devo l’onore di questa visita?”
La donna finse un melenso inchino, ma il suo sguardo non si abbassò per un istante.
“Gullveig, allora sei viva...” il biondo strinse i denti come un cane rabbioso, si vedeva che aveva un gran voglia di menare le mani.
Io mi appiattii contro la parete, non mi andava che mi vedessero, per il momento sia il fratellone, che la donna, mi sembravano fin troppo pericolosi.
“Tecnicamente, solo in parte. Il mio corpo è bruciato ad Asgard, non lo rammenti più?”
“E come potrei dimenticare, strega?!”
“Ah già... ce l’hai ancora con me per quella storia. Sei sempre stato molto volubile nei modi, Thor, lasciatelo dire... mai quanto tuo fratello, naturalmente.”
Le loro voci tuonavano sopra il fragore dei lampi e della tempesta che sembrava infuriare fuori dalla casupola. Cercai di ricordare quello che era successo, e d’improvviso ricordai tutto quanto. Mi salì un groppo alla gola. Gullveig si chiamava quell’essere spregevole che aveva preso possesso del mio corpo e della mia volontà... neanche la trincea fuori casa mia era servita a fermarla. Mentre mi controllava il corpo tuttavia la mia coscienza era accesa, come la spia rossa della televisione, e ho assistito consapevole di tutta la vicenda. Thor che fugge e torna a casa, ad Asgard per aiutare suo fratello... quel dio delle malefatte tanto carino... il mio fratellone Loki... già! LOKI! DOV’È?!
Mi appoggiai alla parete e cercai di sollevarmi in piedi. Era difficile riprendere possesso del proprio corpo dopo che una strega di un’altra razza e pianeta ne aveva fatto libero uso, per i suoi giochetti perversi, ma io ci provai ugualmente.
“Dimmi dove si trova.” Scandì il fratellone biondo, mentre fuori un tuono faceva tremare le pareti della casa.
“Di chi stai parlando, regale dio dei fulmini?”
“Di Loki, infida creatura! Ridammi mio fratello!”
Il sogghigno di Gullveig era glaciale e mi fece venire la pelle d’oca: non prometteva niente di buono.
“Io non conosco nessun Loki, a meno che tu non ti stia riferendo al tuo defunto fratellino...”
Mi immobilizzai alla parete quando sentii quelle parole.
Thor spalancò gli occhi e sembrò sbiancare.
La tempesta fuori divenne silenziosa come un campo santo, come il suono dell’onda del mare prima che si abbatta sulla spiaggia. Anche gli altri guerrieri si guardarono con sguardi smarriti, restando comunque alle spalle del loro fidato compagno d’armi.
A Gullveig brillarono gli occhi, e proruppe in una gracchiante ed inquietante risata.
“Non è vero, era uno scherzo. È vivo, per il momento, ma non so per quanto lo sarà...”
Thor mosse qualche passo furioso in direzione della donna, ma Gullveig alzò una mano e fece schioccare le dita. Una luminescenza rossa e pulsante illuminò l’angolo della stanza nella quale mi trovavo io. D’avanti ai miei occhi si aprirono le tende rosse di un orrido spettacolo. Mi appiattii contro la parete, cercando di indietreggiare di fronte a quello scempio. Loki giaceva, probabilmente privo di sensi, su quel lettino di metallo, che volteggiava in aria come se fosse sollevato dalla mano di uno spettro. Il suo corpo, seppur lento e rilassato mostrava evidenti segni di sofferenza. I nervi tirati al massimo e la muscolatura che sembrava supplicare pietà. Era riuscito a sollevarsi e a spostarsi da quelle cinghie, ma era ancora saldamente legato alla lastra di metallo. Il serpente sibilava sopra di lui, e ogni tanto si divertiva a far cadere qualche goccia di veleno sul corpo inerme di Loki. La cosa più orripilante, e dalla quale il mio sguardo non riuscì ad allontanarsi per un istante, fu vedere la testa a penzoloni di Loki, e il suo viso ridotto ad una maschera di sangue. Mi tappai la bocca con due mani, per non lasciarmi sfuggire quel grido che già avevo sentito salire la rampa di scale su verso la mia gola.
Gullveig fece un ampio gesto con la mano, come una presentatrice di qualche vecchio ma famoso talkshow.
“Signori e signore, ecco il principe Loki! In tutto il suo splendore! Prego fatevi avanti per guardare meglio! Non morde mica, non più almeno...” La donna ghignò in direzione di Thor. E in quel preciso istante compresi che se le parole fossero state scritte in riferimento a delle persone, sono sicura che “crudeltà” sarebbe stata posta vicino al nome di quella donna.
Lo sguardo di Thor era una tempesta di furia. Non appena vide il fratello tutta la rabbia che aveva cercato in tutti i modi di controllare oscurò la sua ragione. Si avventò furioso sulla donna che lo rispedì indietro con un’onda d’urto micidiale.
Come se gli altri guerrieri avessero avuto il via libera, partirono all’attacco. Ma io sapevo già prima che muovesse un dito, quello che sarebbe successo.
“Non fate un altro passo!” gridai, ma era già troppo tardi, e la mia voce risuonò vivida quanto lo sarebbe potuto esserlo il pigolio di un pulcino in mezzo al fragore di uno stadio di calcio.
Un enorme cerchio magico si attivò sotto il gruppo di guerrieri. I segni presero fuoco come la miccia di una bomba e le rune brillarono.
Ci fu un’esplosione fragorosa di pochi istanti, che poi inghiottì, come una bottiglia sottovuoto, tutto ciò che poteva prendere da quella stanza. Ogni rumore fu risucchiato dall’incantesimo, e il gruppo di asgardiani scomparve, senza lasciare traccia.
Quando l’incantesimo terminò, rimase solo le strisce di cenere, e un puzza di uovo marcio. Thor era stato risparmiato dal cerchio solo perché in quel momento se ne trovava fuori. E quando si accorse che i suoi più fidati compagni non c’erano più emise un verso disperato, come di un animale sofferente. Si rimise in piedi e si scagliò ancora una volta contro la strega, questa volta però, con un minimo di assennatezza in più. Schivò l’attacco di Gullveig, e fece ruotare Mjöllnir, per colpirla di fianco. Il colpo però attraversò il corpo della strega, come se fosse fatto di fumo.
La donna rise, e si preparò al prossimo attacco.
“Hey, inutile midgardiana... Serena...”
Quel sussurro strascicato lo sentii solo io, arrivandomi alle mie orecchie come lo scampanellio di un sonaglio rotto.
Spalancai gli occhi e li fissai sulle labbra di Loki, che non poteva essere cosciente, non dopo tutto quello che aveva passato!
Lo vidi prendere aria a fatica, e poi le sue labbra muoversi impercettibilmente.
“Potresti... farlo.. smettere?”
Ci misi un attimo per capire che si stava riferendo al serpente, che contento come una pasqua, continuava a far colare bava venefica sul corpo martoriato del dio.
“S-si!” balbettai.
Corsi a tastoni attraverso la stanza, ricordavo di aver visto una bacinella, o qualcosa del genere... o almeno ricordo che Gullveig lo aveva visto.
La trovai dietro una vecchia cassapanca incrostata di ruggine, e mi precipitai sotto la bocca del serpente, per raccogliere il veleno. Lo sentii sospirare di sollievo quando il veleno non corrose più il suo corpo mortale.
“Loki?! Loki! Dimmi quello che devo fare!”
La mia testa aveva bisogno di input, altrimenti sapevo che non sarei riuscita a fare nulla di mia iniziativa.
Vidi Loki soffrire, mentre cercava di parlare. Bisbigliò qualcosa che non capii e avvicinai l’orecchio alla sua bocca.
“Scusa?”
“Idiota... devi liberarmi...”
“Giusto, liberarti! Adesso ci provo!”
Posai la ciotola sul suo corpo, sperando che il serpente fosse abbastanza stupido da restare su quel punto.
Mossi le mani tremanti sui legami che tenevano Loki prigioniero, ma erano duri come il diamante... cosa potevo fare?!
Mi affrettai a svuotare la bacinella, già colma di veleno, e nel mentre che la toglievo, e il liquido ricadeva impietoso su Loki, vidi il suo corpo contrarsi per il dolore.
“Loki, non funziona! Non funziona!” gridavo, spaventata, mentre lo scontro tra Gullveig e Thor continuava, imperterrito.
Il dio dei fulmini, intestardito, menò Mjöllnir varie volte contro l’essenza della strega, senza ottenere, naturalmente, alcun risultato.
Ma il fatto che non riuscisse a ferirla in alcun modo, non sembrava farlo demordere.
Gullveig mosse appena le dita e un cerchio magico, questa volta più piccolo del precedente, si aprì sotto di Thor. Ma il dio era veloce come il fulmine, e lo schivò appena in tempo, crollando contro un piccolo altare rituale, sul quale ardevano alcune candele.
“È tutto inutile, Thor. Arrenditi. Non puoi più fermarmi, sei arrivato troppo tardi.”
Il dio le rispose con altri colpi alla cieca.
“So quanto ami tuo fratello, ma non puoi salvarlo. Ti sei illuso di poterlo proteggere per sempre, ma la realtà è che Loki non è più tuo ormai.”
Un colpo più forte divelse l’aria e fece tremolare l’immagine ghignante della strega.
“Hai perso tuo fratello nell’istante in cui ha posato i suoi occhi avidi su di me. Loki è di mia proprietà, e posso fargli ciò che voglio!”
Thor si fermò, leggermente sudato, puntando Mjöllnir vibrante contro il petto di Gullveig.
“Mio.... mio fratello...” ansimò, affaticato. “Ho sempre creduto che avesse bisogno di aiuto e del mio sostegno. L’ho sempre visto piccolo e insignificante, fragile come una bambola di porcellana che può rompersi al minimo tocco. Nei combattimenti era sempre quello che veniva deriso, beffato... sconfitto. Ascolta le mie parole, Gullveig...”
Il suo viso aspro si addolcì di quello che mi sembrò amore fraterno mischiato a rabbia.
“Non è Loki ad aver bisogno di me. Sono io ad aver bisogno di lui. E il dio delle malefatte è molto più forte di quello che pensi. Sei un’illusa peggiore di me se credi che lui sia di tua proprietà perché... Loki non appartiene a nessuno!”
Una scarica di elettricità percorse Mjöllnir trafiggendo, senza preavviso, il corpo di Gullveig che sembrò per la prima volta accusare il colpo. Fu scaraventata contro la parete che andò in mille pezzi, e per un breve istante sembrò quasi che tutto fosse finito.
Loki aveva ascoltato il discorso, e mi sembrò di vedere un piccolo sorriso ghignante sorgere sulle quelle labbra tumefatte.
“Serena... usa il cervello e aiutami a salvare... quello scemo di... mio fratello...”
Ansimò, senza più forze in corpo per dirmi altro.
Io allora fui trafitta da un’illuminazione.
Quei vincoli erano magici, avrebbero risposto soltanto ad una stessa sollecitazione!
Lasciai la ciotola dov’era e corsi attraverso la stanza, ignorano i grandi passi di Thor che si scagliava ancora una volta su Gullveig, nuovamente rimessasi in piedi. Vidi altri pezzi di legno volare attraverso la stanza, ma cercai di ignorarli. Mi precipitai all’altare rituale e spostai i detriti.
“È qui... dev’essere qui!”
Frugai ansiosa tra le macerie, ferendomi anche le mani, ma alla fine lo trovai.
“Lo scettro!”
Tornai indietro da Loki e inciampai varie volte sui miei stessi passi.
Poi un tonfo e un grido mi fecero voltare di scatto.
Thor alla fine era stato colpito. Il braccio destro fumava come se fosse stata una bistecca ben arrostita. Mjöllnir era scivolato a terra, ma il dio fu veloce, lo raccolse e indietreggiò, scansando l’ennesimo attacco della strega.
I due si fermarono, e Thor si diede un momento per riprendere fiato, mentre il suo braccio inerte gli penzolava, nero come il carbone, come un’inutile appendice senza vita. Le cose si mettevano male! Corsi, o meglio, annaspai, verso Loki.
“E ora?!”
Il dio sembrava non avere più voce. Il sangue aveva fatto un piccolo lago scarlatto sul pavimento, e io rabbrividii.
Non so come ma gli vidi muovere le dita, e gli presi la mano.
In quell’istante sentii una specie di fiume caldo attraversarmi tutto il corpo, come se mi entrasse nella bocca, mi si sciogliesse giù per la gola, fino allo stomaco, e si fermasse sul ventre, irradiando gli arti di calore.
Il mio cuore prese a battere all’impazzata, perché subito una valanga di sensazioni non mie lo travolsero.
Rabbia. Odio. Vendetta. Malinconia. Angoscia.
Amore fraterno. Speranza. Cocciutaggine. Coraggio. Desiderio...
“Loki... questo... sei tu!”
Sentii il suo respiro attraverso il mio. Intravidi l’ombra di un dolore accecante che partiva dal petto, lo attanagliava, e arrivava come una maschera di sofferenza fino al viso, era il veleno. Ascoltai per un istante la mia mente riempirsi di ragionamenti lambiccati, tortuosi come nidi di serpi, o grovigli di gomitoli di lana. Vidi l’indecisione che lo caratterizzava, e la genialità che accendeva ogni suo pensiero come un fuoco luminoso, ardente di una fiamma che non si sarebbe mai spenta.
Per un attimo ebbi una visione che mi scombussolò, come se la mia mente avesse voluto rappresentare quel caotico mondo interiore mi ritrovai in una sala da ballo immensa, illuminata da gemme iridescenti incastonate alle pareti e al soffitto.
C’erano libri ovunque, accatastati a terra in pile di cui non riuscivo a veder la fine. Di ogni forma e dimensione, quegli immensi volumi nascondevano i confini del posto in cui mi trovavo e immaginai che quelli rappresentassero la sua conoscenza. Il pavimento era ricoperto da un tappeto arabescato, con intrecci di fili d’oro. Ma il freddo che aleggiava in quella sala era inesprimibile. Mi guardai intorno e vidi che, sommersi da tutto quel sapere, c’erano delle grosse ampolle di vetro, simili piuttosto ad enormi barattoli di marmellata. Su ciascuna c’era un’etichetta. Mossi qualche passo verso la più vicina, e la lessi: sentimento per Frigga.
Dentro il barattolo si agitava una sostanza semiliquida, color carne che emanava fumi rossi. Senza un’apparente motivo decisi di aprirla. Feci ruotare il coperchio, lo sollevai e odorai quei vapori: affetto verso la propria madre, malinconia, tenerezza.
Chiusi il barattolo, e sempre più incuriosita mi diressi verso uno leggermente più grande, addossato poco lontano da quello di Frigga.
Il liquido era di un verde marcio, e i vapori che emanava giallo canarino.
L’etichetta recitava: sentimenti per Odino.
Tolsi il coperchio e respirai: timore, rispetto, dolore, odio, rabbia.
Richiusi alla svelta quel barattolo, e respirai affondo.
Vidi una strada, attraverso la pila di libri e la imboccai. Mi ritrovai quindi in una specie di piazza, sgombra di volumi, dalla forma vagamente circolare.
Centinaia di anfore giacevano silenti, mentre al loro interno si agitavano liquidi dai colori più disparati.
Lessi sentimenti per un numero infinito di persone di cui non conoscevo il nome. Provai ad aprirne qualcuna, ma l’effetto non fu gradevole. Contenevano tutti una sofferenza celata per maltrattamenti subiti, odio, e desiderio di vendetta.
Me ne spaventai e non cercai di aprirne più nessuna.
L’attenzione mi cadde improvvisamente sull’enorme altare bianco che giaceva, silente e granitico, al centro della piazza. Mi domandai come diavolo avessi fatto a non notarlo prima.
Salii i gradini di marmo dell’altare e sopra vi trovai due enormi ampolle, grandi come colonne, che si perdevano in alto in alto, oltre le pile di libri che divoravano la sala.
Su ciascuna c’era un rubinetto di cristallo.
Lessi le etichette dei contenitori: Sentimenti per Thor; Sentimenti per Gullveig.
Dentro il contenitore destinato alla strega c’era un liquido viola, denso come succo di mirtilli, che esalava vapori neri e affumicati.
Presi coraggio, aprii il rubinetto, e una goccia venefica cadde sul mio dito. La assaggiai e mi sembrò di essere sommersa da una valanga di pietre.
Amore, bramosia, lussuria, curiosità.
Pensavo fosse finito lì, ma poi un’altra ondata mi fece crollare letteralmente a terra.
Scoperta, furia, odio, vendetta, terrore, rabbia, dolore, dolore, DOLORE, DOLORE.
Annaspai, sperando che quella sensazione se ne andasse presto. Non ero riuscita a sopportarla che per pochi istanti, come poteva Loki provarla ogni volta che pensava a quella donna?!
Mi rimisi in piedi e guardai timorosa l’anfora di Thor, per quello che ne potevo sapere poteva essere centomila volte peggio.
Un liquido rosso come le fragole mature si muoveva al suo interno, lentamente, esalando fumi dorati e rassicuranti. Alla fine mi convinsi. Feci ruotare il rubinetto di cristallo, presi una goccia sulla punta del dito e me la misi in bocca, fingendo che fosse marmellata di ciliegie.
La testa mi girò vorticosamente, ansimai e mi dovetti mettere a sedere per non crollare un’altra volta.
Aspettai qualche minuto che le sensazioni si ne andassero, e poi appoggiai la schiena all’altare, cercando di riprendermi.
Sorrisi tra me e me.
Allora è questo che provi per tuo fratello... e chi l’avrebbe mai detto.
Una musica però mi distolse dai miei pensieri, e mi fece voltare.
In fondo alla piazza galleggiava a mezz’aria una fiaccola azzurra, che sembrava chiamarmi, e che sembrava la sorgente di quella melodia, di cui però non riuscivo a cogliere le note.
Mi avvicinai, o almeno provai a fare qualche passo, poi tornai in me,
ritrovandomi nella vecchia casa, con Loki morente.
Le mie braccia si mossero da sole, posando la punta dello scettro sopra il legame più grande, quello che gli stringeva il petto, soffocandolo.
“Leyst upp, í nafni Týr.” Mormorai, non comprendendo neppure cosa avessi appena detto.
L’effetto fu immediato. I legami si distrussero evaporando e dissolvendosi nell’aria.
Abbandonai lo scettro da una parte e aiutai Loki a scendere da quel lettino delle torture, anche se il serpente se n’era già andato.
Mi stavo giusto chiedendo quanto tempo avrebbero impiegato Thor e Gullveig per notarmi, ma quando Loki rantolò fu come se un campanello di allarme suonasse nelle loro menti aliene.
Si fermarono nel mezzo di uno scontro. Thor con il martello ancora sollevato, e la strega con le dita che serpeggiavano di rune nere.
Thor fu naturalmente il più veloce; approfittò della distrazione della strega per lanciarle un’altra scarica, anche se molto più debole della prima.
Poi si voltò verso di me e mi lanciò una piccola sfera violetta, dalla consistenza indefinita.
La presi al volo, ma era leggera come piuma.
“Fagliela ingoiare!” mi gridò, e io mezza spaventata, per poco non la feci cadere.
Fu questione di un secondo. Mossi le dita verso le labbra di Loki e gli misi quella piccola sfera in bocca, Gullveig si rialzò in piedi, colpì Thor brutalmente con un incantesimo, e poi allungò quelle dita nella mia direzione. Non feci neppure in tempo ad accorgermi di quello che stava succedendo. Sentii solo una scossa elettrica, percorrermi il corpo, un dolore accecante, e poi l’oblio prendermi ancora una volta.
 
Loki si sentiva completamente senza forze, o meglio, direi che sei sentiva esattamente come se fosse morto.
Dopo che il serpente aveva cominciato a colare il suo veleno sopra il suo viso, ricordava soltanto di aver gridato e gridato, e dopo un po’ tutto era diventato nero, e il suo sguardo fu oscurato dal suo stesso sangue.
Si era ripreso non molto tempo dopo, quando quell’idiota di suo fratello aveva praticamente sfondato la casa, scegliendo una delle sue solite entrate ad effetto.
Thor, quante maledette numero di volte ti ho spiegato che la sorpresa è tutto in battaglia? E che può determinare la vittoria in uno scontro?! Ma come al solito... non mi ascolti mai.
Con sorpresa si era accorto che quell’ingenua midgardiana si era risvegliata.
Già... lei, come si chiamava?
“Serena...”
Appena aveva sussurrato il suo nome, lei era riuscita a sentirlo. In realtà non lo disse molto con la voce, o con le sue proprie corde vocali. Ma cercò di insinuarsi nella sua mente come faceva un tempo ad Asgard, quando aveva ancora i suoi poteri, e non era un insignificante debole verme nato solo per essere dominato.
La ragazza però sembrava più stordita del solito, Gullveig le aveva fatto un bel casino in testa, un po’ come faceva con tutti del resto...
Gli avrebbe voluto urlare in faccia, con aria ironica, dove avesse lasciato il cervello quella mattina ma non era in grado di farlo. Alla fine era riuscito a instillare, in quella sua zucca vuota, l’idea di recuperare lo scettro e liberarlo.
Quando tornò fu sufficiente farsi toccare la mano.
Riuscì addirittura ad infondere un minimo della sua essenza dentro quella piccola creatura terrestre.
Per un momento assaporò anche l’anima della ragazza: era malinconica, e fragile, ma non arrendevole, e aveva la stessa cocciutaggine di un pesce rosso che si suicida saltando fuori dalla boccia.
Cercò di non farsi distrarre da quella vile creatura, ma con una fitta di dolore, o piuttosto, fastidio, si rese contro di quanto Serena fosse scesa in profondità attraverso la sua anima. La recuperò in malo modo, promettendo a se stesso che gliel’avrebbe fatta pagare, quando tutta quella storia fosse finita, e si fece liberare.
Non avrebbe mai creduto di mettere in pericolo Serena con quel gesto. E quando Gullveig scagliò il suo incantesimo, colpendo in pieno la ragazza, non poté fare altro che stare a guardare, recuperare le ultime forze, ed ingoiare quella piccola sfera che gli era rimasta sulla lingua.
Fu come entrare dentro un bagno di acqua termale.
Un calore che conosceva fin troppo bene crebbe dentro il suo petto, inondandolo di benessere. I muscoli si rilassarono, il corpo martoriato guarì, e il dolore si spense come il fuoco di una candela sotto una cascata.
Respirò a fondo, e si guardò il palmo di una mano.
L’aprì e la chiuse più volte, attraverso le dita fiammeggiarono piccole scintille azzurre.
Sogghignò restando ancora inginocchiato a terra, nella posizione in cui Serena lo aveva lasciato.
Sentiva attorno a sé una palpabile tensione, e capì che tutta l’attenzione era su di sé.
Tutti i suoi poteri lo ristoravano e lo tranquillizzavano, sembrava che ora nulla potesse andare storto. Ma a quel senso di calma e potere si aggiunse qualcos’altro che non riuscì a comprendere subito, era qualcosa simile alla rabbia, ma non furiosa come quella di suo fratello. Una rabbia sconsolata e imponente. Una rabbia simile ad un oceano in calma piatta, rombante di furia silente.
Si alzò in piedi senza difficoltà, e prese un bel respiro.
Poi di colpo sollevò lo sguardo da terra e lo conficcò in quello di Gullveig, che lo guardava stupita, ed accigliata. Sul viso di Loki ora non c’era alcuna traccia di sorriso.
“Sono tornato, amore mio.”
Una bestemmia sarebbe suonata più dolce di quelle ultime parole, nella bocca di Loki.
Gli occhi del dio delle malefatte fiammeggiarono, e Gullveig mosse qualche passo indietro.
Loki avanzò a passi solenni verso la strega.
“Loki, calmati. Sembri leggermente fuori di te. Non fare cose di cui ti potresti pentire... parliamone! Ti piace tanto parlare, no?”
La figura galleggiante della donna indietreggiò ancora, nei suoi occhi potevi leggere una scintilla molto simile alla paura.
“Non farlo, non vuoi farlo! Possiamo tornare ad essere amici, alleati, amanti... basta che tu lo desideri! Loki, amore mio... calmati...”
Thor stava assistendo in silenzio alla scena. Suo fratello sembrava fuori di sé, e pronto a fare qualsiasi cosa, ma quando vide i suoi occhi diventare di ghiaccio, crudeli come non li aveva mai visti, cominciò ad avere paura.
“Tu ora mi chiedi di parlare? Tu osi anche solo rivolgermi la parola...?!”
Nei suoi occhi leggevi una scintilla di follia.
Mosse lo scettro e una cascata di magia si abbatté sulla figura di Gullveig, che non ebbe il tempo di evitarla.
“Ti ho dato il mio cuore, la mia fedeltà e anche la mia dignità... ma ora basta! Non meriti nulla, Gullveig. Nulla!”
Altre scariche accompagnarono la prima, colpendo irrimediabilmente la figura immobile della donna che ogni volta si rialzava.
Thor però riuscì a capire quello che stava succedendo. Loki, dietro quella facciata di rabbia, stava soffrendo ancora, e i colpi e gli incantesimi che lanciava, piuttosto che ferire la donna, sembravano affaticare soltanto lui.
Il dio dei fulmini mosse qualche passo in direzione del fratello, ma Loki lo fulminò con uno sguardo folle.
“Non. Ti. Intromettere.” Scandii, con una voce che sembrava prendere fuoco.
Il silenzio assordante che seguì quelle parole fu rotto da un suono gracchiante.
Thor vide Loki impallidire e sgranare gli occhi.
La donna, accasciata tra le macerie, stava ridendo.
La schiena di Loki divenne rigida come un pezzo di legno, e il dio strinse i pugni.
“Ma bravo, mio tesoro... sei arrabbiato, era ora che lo fossi.”
La donna sollevò il viso e gli rivolse un sorriso dolce e orribile. Loki mosse mezzo passo indietro.
“Dobbiamo saldare alcuni conti, sono d’accordo con te, ma conosco un posto migliore. Ti andrebbe di seguirmi?”
Il dio delle malefatte la guardò da capo a piedi, e poi fece un segno di assenso.
“Molto bene... seguimi. Ma non colpirmi alle spalle, ok?”
La donna si alzò come se gli attacchi di Loki non avessero sortito alcun effetto. Pronunciò alcune parole e mosse la mano. Un passaggio enorme si aprì sul pavimento, rivelando una scalinata di pesante legno massello. La cavità era illuminata dalla stessa fosforescenza delle pareti della casa. Loki la seguì e anche Thor, che corse dietro il fratello; il passaggio si chiuse subito dietro di loro. L’unico rumore era quello dei loro passi e mentre scendevano sempre più in profondità, in quello che sembrava essere un tempio sotterraneo, dimenticato anche dal più timoroso di dio, l’aria divenne calda e irrespirabile.
“Benvenuti... nella mia dimora!”
Gullveig fece un ampio gesto con le braccia e di fronte ai tre si presentò una sala enorme, dal soffitto alto quanto un palazzo di 5 piani. Tutto l’ambiente era di legno, pesanti colonne scolpite apparentemente nel muro, reggevano il soffitto monumentale, dando un senso di solenne oppressione.
In fondo alla sala giaceva un altare lungo almeno venti metri, ricoperto di candele accese e montagne d’oro.
“Avevo dimenticato... il tuo spiccato protagonismo, e la tua ossessione per la ricchezza.”
“Avevi dimenticato molte cose, Loki.”
“Sarebbe stato meglio per me non ricordarle affatto.”
“Eppure ora sei qui per questo. Perché hai voluto sapere, conoscere, ricordare... se non fossi così egocentrico in questo momento probabilmente saresti seduto su un grande e sfarzoso scranno, al fianco di tuo fratello ad Asgard. Non saresti stato il re, ma avresti avuto comunque una vita felice...”
Thor rimase in disparte, mentre i due, camminando paralleli, arrivavano in centro alla stanza, e si ponevano l’uno di fronte all’altro.
“Non sarei mai potuto essere felice all’ombra di mio fratello, lo sai.”
“Ma io non intendevo questo, dolce e ingenuo Loki. Quando ti guardo, mi sembra quasi di leggere dentro quella tua bella mente contorta... vuoi che non abbia visto cosa ultimamente ti passa per la testa? Vuoi che non abbia visto come desideri la sua bocca, così calda rispetto alla mia... e quel corpo rovente e pesante sopra il tuo? Non vuoi che abbia visto l’amore malato, e osceno che provi per tuo fratello?!”
Gli lasciò appena il tempo di finire la frase che Loki liberò dalla mano una scarica elettrica che attraversò il petto della donna.
“Non osare lordare in questo modo i miei sentimenti per Thor! Essi sono ben lontani dal tuo morboso ed osceno amore! Non azzardarti mai più ad immaginare quello che sento!”
Il colpo che aveva lanciato sembrava aver fatto effetto, ma l’immagine della strega, dopo essere stata trafitta, vacillò e poi scomparve.
Dietro del dio comparve la vera Gullveig che, dopo aver congiunto i palmi, in un gesto velocissimo, li addossò al torace di Loki, rilasciando un’onda magica che scosse tutto il suo corpo.
“Sei sempre così volubile, amore mio...”
Il dio delle malefatte sputò una manciata di sangue, ma sul suo volto si dipinse un dolce sorriso di scherno. Il sosia tremolò e scomparve anch’esso.
“Mai quanto il tuo cuore feroce... e questo... È un trucco che non hai mai imparato bene quanto il sottoscritto...”
Sussurrò Loki, dietro le spalle, questa volta, della vera Gullveig, con il suo scettro puntato contro il ventre.
“Lo sai, dove si trova la fonte della tua magia, strega? Abbiamo passato molto tempo insieme, e non è stato difficile per me capirlo. La sorgente della tua forza si trova nello stomaco.”
“Ancora una volta ti faccio i complimenti, mio giovane bugiardo... lo hai capito nonostante abbia applicato una gran lista di incantesimi, per occultarne il ritrovamento. La fonte di magia è il punto debole di ogni strega o stregone, lo sai bene quanto me... per questo anche io conosco il tuo...”
“Non è vero, non lo hai capito.”
“Loki, tu devi comprendere che sei un libro aperto per me. Io conosco ogni cosa di te.”
“Non tutto...”
Gullveig si girò su se stessa, ritrovandosi faccia a faccia con lui.
Lo sguardo di Loki si perse dentro quello della strega, sciogliendosi come miele dentro un bicchiere di latte caldo. Tra il loro corpi sembrava non passare neanche una molecola d’aria. La donna gli sorrise benevola, e comprensiva.
“Ancora mi desideri, sciocchino di un dio? Dopo tutto quello che ti ho fatto...”
Gullveig fece passare la mano su per il petto di Loki, fino alla sua gola.
Poi lei sorrise, ma da quella bocca svanì in un sol colpo tutta la dolcezza di pochi attimi fa, rivelandosi crudele e spietata.
“È qui la tua fonte...”
La mano di Gullveig sfrigolò, Loki se ne accorse tardi.
“LOKI!”
Una saetta colpì la donna prima che potesse fare qualsiasi cosa, andandosi ad abbattere contro una parete della stanza.
Loki guardò suo fratello che teneva Mjöllnir, ancora fumante, in mano.
“Non lo fare! Ti ho detto di non intrometterti, Thor!”
Il suo fu più che altro un grido disperato, e quando il dio dei fulmini intravide gli occhi umidi del fratello tutta la sua forza venne meno.
“Loki attento!”
Il dio delle malefatte ebbe appena in tempo di voltarsi e vedere enormi serpenti magici scagliarsi contro di lui. Loki però fu veloce. Intercettò il colpo, e facendo ruotare lo scettro tra le dita deviò i serpenti che si abbatterono, in fiamme sul tetto della sala.
Ma quello era soltanto un diversivo, Loki se ne accorse da quanta poca carica magica i serpenti possedevano. Riabbassò lo sguardo e cercò di fare qualche passo indietro ma era troppo tardi. Gullveig gli era addosso. Mosse una mano e tracciò un segno sul petto del dio, esattamente sopra il cuore.
Non ci fu nessun effetto evidente e il dio reagì colpendola alla testa con lo scettro, e immobilizzandola a terra. Ignorando il groppo in gola liberò una scarica sopra il suo ventre.
L’essenza di Gullveig fu percorsa da capo a piedi dal suo incantesimo.
Il viso della donna si contorse, a causa del dolore.
“Mi hai preso, infine...?” gorgogliò, apparentemente senza forze.
“Vuoi ingannarmi ancora? Credi che sia stupido?!”
Gli posò le mani sulla pancia, abbandonando per un momento il suo scettro, e liberò tre, quattro scariche, ciascuna più tremenda dell’altra.
Quando decise di smetterla, tutto il suo corpo era imperlato di sudore freddo. Tremava da capo a piedi come se avesse subito lui quelle scariche.
Non osò sollevare gli occhi sulla donna, e si prese la testa tra le mani.
Era finito... era tutto finito ma... Cosa aveva fatto?!
Avrebbe permesso che quella donna lo incatenasse ancora una volta in quel fondo di disperazione che aveva provato fin troppe volte? Vale ancora la pena di continuare a lottare quando il tuo amore è morto, sotto le tue stesse mani, per giunta? Sarebbe riuscito a dimenticare ancora? Non voleva dimenticare...
Alzò lo sguardo afflitto su Thor, che lo prese come un via libera, e mosse qualche passo nella sua direzione. Loki si riprese il volto tra le mani. Fra pochi istanti suo fratello lo avrebbe stretto a sé, e lo avrebbe portato via da quel luogo di morte. Lo avrebbe consolato e gli avrebbe detto quelle sue solite frasi sentimentali che tanto detestava, e che lo facevano sentire strano. Magari gli avrebbe rubato anche un bacio...
Rialzò lo sguardo e gli si congelò il sangue nelle vene. Intravide un’ombra dietro le spalle del fratello, e un enorme cerchio magico attivarsi sotto di lui.
Non ebbe il tempo neanche per pensare che si scagliò su di lui, riuscendo a lanciarlo fuori dal cerchio. Loki però non riuscì ad uscirne in tempo. Intravide il ghigno di Gullveig e comprese che era caduto nel suo ennesimo gioco. Il corpo della strega, quello che aveva colpito, si dissolse, rivelandosi un altro sosia.
Sul volto del dio delle malefatte si dipinse un sorriso triste.
“Maledizione...”
 
L’onda d’urto fu spaventosa quasi quanto l’esplosione. L’aria dentro al cerchio divenne calda come acqua bollente, e un fragore mostruoso fece tremare tutta la struttura del tempio.
Thor, preso di sorpresa, era stato sbalzato contro una parete. Solo quando l’onda d’urto cessò comprese, con orrore, quello che era appena successo.
Loki si era sacrificato per salvarlo! Aveva abbassato la guardia, credendo che tutto fosse finito, e non aveva visto l’incantesimo attivarsi sotto i suoi piedi!
“Loki! Rispondi, Loki!”
La terra sopra le loro teste ancora tremava per l’enorme esplosione. Il pavimento di legno era orrendamente bruciato, e distrutto. Assi del soffitto erano crollate, precipitando fragorose a terra, mentre un’intera colonna si era staccata dal muro, rovinando sopra l’altare. Il fuoco cominciò ad avvampare impietoso.
Thor se ne accorse e si rese conto che quella casa sarebbe diventata di lì a poco un’enorme pira infuocata, un sarcofago di fiamme.
“Loki!” ogni muscolo era immobilizzato, lo sguardo fisso su quel cumulo di fumo nero che si sollevava da terra.
“Piccolo Thor... non piangere, ok? Tuo fratellino è morto da eroe... si è sacrificato per te, dovresti essere contento.”
La voce di Gullveig risuonò crudele e canzonatoria attraverso l’enorme sala. Ma Thor cercò di non ascoltarla.
Lei continuò, deridendolo:
“Non credevo che potesse essere davvero così sentimentale. Devi ammettere che il donare la propria vita, come ha fatto lui, per quella di un altro, beh... non è proprio quello che ci si aspetterebbe dal dio delle malefatte.”
“Infatti è quello che ci si aspetterebbe da Loki! Mio fratello! Non dal dio degli inganni!”
Ringhiò Thor, furioso come non mai.
“Ma guardati... fai pena, Thor. Loki non è neanche tuo fratello, come puoi dire queste cose?”
“Anche se non condividiamo lo stesso sangue lui è, e rimarrà per sempre mio fratello, strega!”
Strinse i denti, ma la loro attenzione fu catturata dal cerchio fumante, dal quale entrambi sentirono qualcuno sussurrare qualcosa.
Per un momento non sembrò succedere nulla, poi il fumo si mosse e fu come se qualcosa lo disperdesse.
Thor stette con il cuore in gola fino a quando non incontrò quello sguardo beffardo, e quegli occhi di giada.
“Loki... stai bene!”; “Sei vivo?!”
Rispettivamente esclamarono Thor e Gullveig.
“Sicuramente non grazie a te.” Disse Loki, rispondendo ad entrambi.
In mezzo al cerchio magico stava il dio delle malefatte. In piedi e apparentemente indenne, che si passava una mano tra i capelli corvini per sistemarli.
“Come...?!”
Loki le rivolse uno sorriso di scherno.
“Credi che tutti questi anni sia stato con le mani in mano? Guarda che bel gingillo mi sono fabbricato invece, durante i secoli della tua assenza...”
Sollevò appena il polso e mostrò alla donna, incredula, un braccialetto di rune nere, che brillavano come se fossero state lucidate a specchio.
“Ho impiegato 3 secoli per completarla, ma almeno è servito...”
Il braccialetto si corrose e alla fine si sgretolò come terra secca.
Gullveig ancora non si mostrava, e la sua essenza invisibile continuava a volteggiare nell’aria, in uno spazio indefinito.
Loki teneva lo sguardo fisso sulla volta, come se riuscisse a vederla.
“Thor, ora più che mai ho bisogno di te.”
Quell’improvvisa richiesta di aiuto fu subito raccolta dal fratello, che sembrava non vedere l’ora di menare le mani.
“Farò qualsiasi cosa, fratello!”
“Bene... allora promettimi questo, ossia che non interverrai per nessun motivo, chiaro? Nessuno!”
Thor vide lo sguardo di Loki oscurarsi, non era un buon segno, significava che aveva in mente qualcosa di pericoloso.
“Anche se le cose si metteranno male, non devi fare assolutamente niente. Piuttosto, guardami morire, ma non muovere un muscolo, non posso preoccuparmi anche di te... sei anche ferito...”
Sentirgli dire quelle cose era strano. Loki che proteggeva suo fratello? Non ne aveva mai avuto bisogno di essere protetto, il dio del fulmine... o almeno così aveva sempre pensato Thor.
“Loki, cosa hai intenzione di...”
“Promettimelo e basta, idiota! Questo è l’aiuto che devi darmi: non darmi alcun aiuto, intesi?!”
Gli scoccò uno sguardo collerico, e Thor fece di si con la testa.
“Bene... ora se permetti, vado a risolvere la questione. Tutta questa storia mi ha stufato.”
Mosse qualche passo verso l’altare e Thor non poté fare altro che sospirare e lasciarlo fare.
“Gullveig, ho preso la mia decisione.”
Tuonò, alla sala apparentemente deserta.
Il dio delle malefatte aprì stancamente le braccia e disse:
“Mi arrendo.”
“Cosa?!” si lasciò sfuggire suo fratello, subito zittito da un’altra occhiataccia.
“Cosa hai detto?” gli fece eco Gullveig, da chissà quale luogo preciso della sala.
“Mi hai sentito. Ho compreso di essere molto inferiore a te, le mie abilità magiche sono anni luce dalle tue. Non potrò mai batterti. Quindi mi offro come tuo sacrificio...”
“Vuoi essere il mio... sacrificio?” il tono di Gullveig era indecifrabile, ilare ed incredulo.
“Non combatterai più, e lascerai che io ti faccia ciò che voglio, e che tu meriti, tra l’altro?”
Loki mosse la testa in segno di assenso.
“Avevi detto di volere il mio cuore, di volermelo strappare dal petto... prendilo. È tutto tuo, ti è sempre appartenuto...”
Il dio delle malefatte si aprì la veste, mostrando lo stupendo petto bianco, marmoreo, e perfetto come solo quello di un dio può essere.
Loki sapeva che la runa che la donna gli aveva tracciato sopra il cuore, lo avrebbe reso incredibilmente vulnerabile. Era come se in quel momento il suo petto fosse fragile e mortale come quello di qualsiasi altro midgardiano.
Ma non poteva fare altrimenti.
Loki abbassò lo sguardo, e bisbigliò.
“Prendilo... non lo voglio più.”
Sentì Thor gridare, e capì che stava per succedere.
Che ironia, ancora una volta la vittoria in battaglia si riduceva alla riuscita dei suoi folli piani sconclusionati. Troppe volte aveva sfidato la signora Sorte, che quasi sempre si era dimostrata nei suoi confronti, una benevola dea protettrice. Sperava solo che quella non fosse la volta che la Fortuna gli sbattesse la porta in faccia.
Gullveig gli fu d’avanti, comparendo dal nulla. I suoi occhi bruciavano d’ira e di follia.
Gli prese i capelli e per il dolore Loki tirò la testa all’indietro, scoprendo il collo, e inarcando leggermente il torace.
Gullveig pugnalò quel petto bianco senza pietà, infilandovi una grossa lama di ghiaccio, e trapassandolo da parte a parte, esattamente dove si trovava il cuore.
Thor gridò ancora, ma Loki non lo sentiva più.
Pregò che funzionasse, perché se davvero l’amare quella donna era servito a qualcosa, forse era stato per questo...
Sentì il sangue colargli dalla ferita, e bagnargli il corpo freddo.
Sentì la mano lasciargli i capelli.
Loki barcollò contro l’altare e vi si appoggiò.
Abbassò lentamente lo sguardo, e vide la lama conficcata nel suo petto.
Per Odino, cosa diavolo stava facendo? Era questa la fine del dio degli inganni quindi?
Trovò incredibilmente il coraggio di alzare lo sguardo.
Da ciò che avrebbe visto dipendeva la sua vita, e il significato di quell’amore dissennato.



_____note dell'autrice (sì, è ancora viva)____________
Bene bene bene.... cosa abbiamo qui? un altro capitolo.. yuppieeeee!! Lo so.. sono una bastarda per aver fatto finire la storia in questo modo.. ma non ho saputo trattenermi.. ehehe.. XD Credo proprio che il prossimo capitolo sarà l'ultimo, quello ufficiale questa volta... E sicuramente ci saranno molti (dei pochi che mi seguono) che esulteranno di gioia sapendo che questo stillicidio finalmente è finito.. eheh.. non vi biasimo.. XD
cooooooomunque.. spero che abbiate gradito il capitolo.. e come al solito chiedo scusa per gli eventuali errori orrorifici che potrebbero essermi sfuggiti di mano... alla prossima my darlings!!! commentate!!!!!!!!! <3

p.s. la frase che faccio dire a Serena è islandese, e in pratica significa "Sciogliti, in nome di Tyr." ......più banale di così.. ^_^"

p.p.s sì, il titolo del capitolo fa proprio schifo.. fate finta che non l'abbia messo.. XD
Jack
   
 
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