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Autore: EvgeniaPsyche Rox    05/07/2012    14 recensioni
[ Long-fic sull'AkuRoku che descrive momenti quotidiani e il modo in cui si sviluppa il loro rapporto, il tutto diviso nei diversi mesi dell'anno. Ringrazio in anticipo tutti coloro che si soffermeranno a leggere.]
January -Normal-
February -Away-
March -Confused-
April -Hidden-
May -Burning-
June -Protection-
July -Doll-
August -Anger-
September -Together-
October -Sweetness-
November -Emotions-
Dicember -Mine-
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Dicember -Mine- 

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Roteò una seconda volta su se stesso e fece l'ennesimo giro lungo il perimetro della pista, frenando a pochi centimetri dall'altro presente che era comodamente seduto sul bordo, intento a mangiare una crêpe alla nutella con fare estremamente concentrato a godersi il gusto del dolce.
«Allora?»
«Allora cosa?»
Roxas sollevò un soppraciglio in un'espressione estremamente irritata. «Come sarebbe a dire 'allora cosa'? Ti ho chiesto come sono andato.»
«Ah», fece il ventenne, poco interessato, addentando un altro morso. «Sì, sì, molto bravo.»
Il biondo lo guardò malissimo e si strinse le spalle nella pesante giacca, sistemandosi meglio la sciarpa al collo. «Ma vaffanculo, Axel.»
Quest'ultimo iniziò immediatamente a tossire, stupito dall'improvviso insulto da parte del compagno; si tirò diversi colpi sul petto e sbattè più volte le palpebre. «Ma... Si può sapere che c'è? Ti ho comprato due biglietti per la pista in un orario fantastico, dato che non c'è praticamente nessuno e ancora ti lamenti?», nonostante ciò, il più giovane continuò a mantenere un'espressione imbronciata e si limitò ad allontanarsi pattinando.
«Dovevo proprio scegliermi il tipo più strano mai esistito come ragazzo.», brontolò tra sé e sé il fulvo, riprendendo a mangiare tranquillamente il dolce, lasciandosi sfuggire un sospiro estasiato alla bontà della nutella che gli accarezzava il palato.
Ridusse gli occhi a due fessure e finalmente si concentrò sull'esile figura del biondo; i pattini erano bianchi come la neve che ora addobbava l'intera città, mentre i pantaloni, piuttosto pesanti nonostante fossero di cotone, erano neri come la notte, così come la giacca a bottoni.
I capelli del medesimo colore della sabbia erano leggermente schiacciati dal paraorecchie di seta celeste; Roxas stava girando ripetutamente su se stesso e aveva davvero la grazia di una ballerina di danza classica.
No, ovviamente non era inteso come insulto, anzi.
Il fatto è che era veramente bravissimo a pattinare sul ghiaccio; si muoveva in maniera estremamente elegante e sembrava voler spiccare il volo da un momento all'altro con i notevoli salti che riusciva a fare nonostante la pesantezza dei pattini ai piedi.
Iniziò perfino a pattinare all'indietro, girando poi giusto in tempo per evitare di scontrarsi con il bordo della pista; riprese a scivolare con estrema grazia, ricominciando a roteare su se stesso.
Axel era piuttosto sicuro di non aver mai visto una persona così brava a pattinare; effettivamente, adesso che ci pensava, il sedicenne non gli aveva mai detto di questo suo talento nascosto; forse semplicemente perché temeva di apparire narcisista in qualche modo, chissà.
A quel pensiero si lasciò sfuggire una mezza risata; nessuno lo batteva in campo di narcisismo, questo era poco, ma sicuro.
Terminò in pochi secondi la crêpe e si leccò le dita sporche di nutella, sia per pulirle, sia per godersi ancora per gli ultimi secondi la dolcezza della cioccolata; successivamente fece per chiamare il giovane, pensando che fosse ancora a pattinare, quando si accorse che egli si trovava dall'altra parte della pista, intento ad ascoltare una giovane dai lunghi capelli rossi.
Kairi. Non gli era mai piaciuta quella ragazza, non solo per le brutte voci che giravano sul suo conto, ma anche perché aveva visto di persona che aveva la fissa di cambiare ripetutamente i ragazzi come i vestiti firmati che indossava.
Osservò Roxas accennare una soave risata e annuire, mentre la rossa, all'esterno della pista con i gomiti appoggiati sul cornicione, sorrise allegramente, dicendo qualcos'altro che lui non riuscì, ovviamente, a sentire; in un attimo la rabbia prese possesso del suo corpo e serrò i pugni, scendendo poi dal bordo della pista con una certa cautela.
Appoggiò entrambe le mani sul cornicione, rimanendo perfettamente attaccato ad esso, mentre scivolava lentamente sul ghiaccio, raggiungendo in una decina di secondi gli altri due; proprio in quel momento udì la squillante voce della ragazza. «Oh, sì, ti prego; sono proprio curiosa di vedere come pattini!»
Il suo interlocutore allora annuì appena, allontanandosi dal bordo della pista per poi iniziare a scaldarsi nuovamente le gambe, disegnando ampie circonferenze invisibili sul ghiaccio per poi ricominciare a roteare intorno a se stesso, abbassando e rialzando le ginocchia ripetutamente; successivamente fece un salto elegante, atterrando a pochi centimetri di distanza da Kairi, riuscendo perfino a frenare in tempo.
Accennò un sorriso, facendo un breve inchino all'udire gli applausi della giovane; non appena rialzò il volto, si accorse che qualcun'altro stava battendo le mani coperte da un paio di guanti rossi e notò solo in quel momento la presenza del ragazzo dai capelli scarlatti, il quale stava sorridendo allegramente. «Bravo Roxas, bravissimo!»
Il diretto interessato inclinò il volto su un lato, assai perplesso. «Ma tu non stavi mangiando?»
A quella domanda il fulvo storse le labbra in una smorfia imbronciata; scosse la folta chioma rossa. «Ho cercato di finire il prima possibile, così potevo vedere il mio adorato pattinare.», e al termine 'mio adorato' alzò volontariamente la voce, lanciando una fugace occhiata alla ragazza che aveva uno sguardo stralunato; dopodiché sorrise nuovamente, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. «I miei più sinceri complimenti, Roxas. Sei un mito a pattinare!», affermò con estrema sicurezza senza lasciare il tempo al biondo di rispondere ai complimenti dell'altro presente che grugnì a denti stretti.
«Non esagerare.», borbottò stringendosi impacciatamente le spalle; accennò un secondo sorriso piuttosto imbarazzato, quando il diavolo dai capelli fiammeggianti si intromise nuovamente. «Ehi, Kairi, ma non hai ancora saputo?», la giovane si voltò di scatto, rivolgendo finalmente la propria attenzione verso il più grande. «Saputo cosa?»
Axel ghignò. «Hanno aperto un nuovo centro commerciale giusto questa mattina. E' fantastico, te lo assicuro.»
«Un nuovo centro commerciale?», la rossa sollevò un soppraciglio, poco sicura. «Non mi stai prendendo in giro, vero?», chiese stringendo la propria borsa.
«Ho la faccia di qualcuno che scherza?», il ventenne cercò in ogni modo di nascondere il proprio sorriso sadico per lasciare trasparire un'espressione innocente e sincera. «Purtroppo non ricordo esattamente dov'è, ma vedrai che se chiederai in giro ti daranno delle informazioni più dettagliate!»
Il volto dell'altra si illuminò immediatamente; i suoi occhi scintillarono e sorrise gioiosamente, voltandosi in un attimo. «Grazie mille, Axel: non ti facevo così gentile!», e alzò la mano sinistra in cenno di saluto prima di sparire tra la neve. «Ciao Roxas, a presto!»
Quest'ultimo, che nel frattempo si era limitato a grattarsi la testa con fare confuso, inclinò il volto su un lato. «Un nuovo centro commerciale? Non ne sapevo nulla.»
Axel si tirò una manata sulla fronte, allungando poi l'altro braccio per afferrare la giacca del biondo, trascinandolo verso di sé. «E' un centro commerciale immaginario, baby. E adesso vieni qui.», appoggiò così il volto del giovane sul proprio petto, accarezzandogli delicatamente la chioma ribelle.
«Immaginario? Ma per-»
«Sono molto geloso, Roxas. Lo sai bene.», affermò con estrema decisione il rosso, osservando intensamente gli occhi blu del compagno, il quale aveva intanto timidamente alzato il volto con le gote già lievemente colorate. «S-Sì, lo so, però lei...»
«Sssh.», bisbigliò interrompendolo, appoggiando l'indice sulle sue labbra sottili. «In fondo me lo sono meritato. Non ti ho degnato delle attenzioni che desideravi.»
Il sedicenne ritornò ad osservare il ghiaccio sotto di sé, estremamente imbarazzato; nonostante stavano insieme ormai da parecchio tempo, nonostante lo conosceva da anni e anni, nonostante doveva essere abituato ai suoi comportamenti, non riusciva ancora a fare a meno di arrossire come uno stupido di fronte a lui.
E questa era una delle cose che Axel amava più di quel biondino.
Lo trovava terribilmente delizioso con le gote tinte di rosso, gli occhi che cercavano di guardare tutto tranne lui, le labbra che balbettavano frasi sconnesse e senza senso.
Il suo bellissimo Roxas.
Gli afferrò velocemente il mento, attirandolo a sé in uno scatto deciso di fronte alle iridi un poco sgranate del più piccolo; premette così con forza le proprie labbra sulle sue, come a voler marcare il fatto che fosse solo ed esclusivamente suo.
Il biondo mugugnò qualcosa di incomprensibile, appoggiando timidamente le mani sulla giacca blu del compagno; si ritrovò poi a scivolare all'indietro lentamente ed involontariamente a causa del ghiaccio e osservò con aria divertita il volto allarmato di Axel, il quale si mostrò poi estremamente irritato all'improvvisa interruzione del bacio che desiderava solo essere ulteriormente approfondito.
Roxas accennò una sottile risata, pattinando ancora un poco all'indietro; il ventenne allungò immediatamente un braccio nella futile speranza di poterlo riafferrare, quando perse l'equilibrio e cadde goffamente in avanti, sbattendo dolorosamente il mento contro il ghiaccio duro.
Il piccolo pattinatore si fermò un attimo, sbattendo più volte le palpebre; inclinò il volto su un lato, analizzando attentamente la situazione per un'altra manciata di secondi, scoppiando poi rumorosamente a ridere. «Avresti dovuto vederti! Sei ridicolo, davvero!», e si mise addirittura una mano sulla pancia, ricominciando a ridere.
Axel spalancò la bocca, scioccato dalla reazione dell'altro; successivamente ringhiò qualche insulto contro di lui a denti stretti e appoggiò le mani sul ghiaccio scivoloso, perdendo però nuovamente l'equilibrio e ritrovandosi a terra per la seconda volta.
Il sedicenne rise più forte, estremamente divertito nell'aver trovato un punto debole nel rosso; a quanto pare era una frana totale a pattinare, senza alcun dubbio.
«Axel non sa pattinare, Axel non sa pattinare, Axel non sa pattinare!», iniziò a prenderlo in giro con fare canzonatorio, volteggiando allegramente intorno alla figura sempre più arrabbiata del fulvo; improvvisamente l'espressione infuriata lasciò il posto ad un ghigno sinistro dipinto sulle labbra.
«Axel non s-», non riuscì a terminare l'affermazione che si sentì improvvisamente afferrare per la caviglia sinistra, venendo poi trascinato rovinosamente sul ghiaccio; sbattè il gomito e socchiuse istintivamente un occhio, mordendosi il labbro per placare il dolore.
«Adesso siamo pari.», disse con aria saccente il più grande, accennando un sorriso decisamente falso; Roxas gli lanciò un'occhiata torva. «Io non ti avevo fatto cadere, stupido!»
«Pazienza.», si limitò a farfugliare il rosso, scrollandosi le spalle. «Qua si sta al fresco, non trovi?», chiese poi ironicamente.
«Togliti quel cazzo di ghigno dalla faccia, Axel.», lo ammonì aspramente il giovane dalle iridi blu, cercando di rialzarsi, finché non si sentì di nuovo afferrare per la caviglia, ritrovandosi a pochi centimetri dal volto del fulvo che si era pericolosamente avvicinato a lui.
«Sei mio, Roxas.», sussurrò sommessamente il ventenne con aria così seria da far venire i brividi all'altro; il biondo si sentì immediatamente avvampare e voltò lo sguardo altrove. «Non dire stup-»
«Sei mio e basta.», ripetè con maggiore sicurezza il ragazzo dai capelli scarlatti; successivamente notò che il giovane si stava stringendo il polso sinistro con aria addolorata e si affrettò così ad alzargli la manica della giacca e della maglia. «Ti sei fatto male?»
«No, io... Non... Non è niente.», balbettò a fatica il sedicenne, sperando inutilmente di sembrare credibile.
«Lo sai che non mi piace quando mi dici le bugie.», affermò con tono rimprovero il più grande, osservando il livido viola che si era formato sulla zona colpita; a quel punto si portò lentamente il gomito del ragazzo accanto alle labbra, stampandovi un candido bacio. «Ora come va?»
Roxas si irrigidì, temendo seriamente di poter svenire a causa dell'imbarazzo. «M-Meglio, grazie...»
Il rosso accennò un premuroso sorriso in risposta e riprovò ad alzarsi per la terza volta, questa volta riuscendo nell'intento; dopo aver capito come tenere i pattini sul ghiaccio per evitare di scivolare per l'ennesima volta, allungò la mano verso l'altro presente, senza smettere di sorridere. «Dai, vieni. Torniamo a casa.»
Il biondo ricambiò con altrettanta tenerezza il sorriso, annuendo, e afferrò saldamente la sua mano, senza lasciarla nemmeno quando giunsero a casa.

 




Si alzò le maniche della felpa su cui vi era raffigurata una renna -A parer suo, terribilmente e schifosamente ridicola; se non fosse stato per quel babbeo di Axel e dei suoi ricatti non se la sarebbe mai messa- e osservò con aria di sfida l'abete posizionato al centro del soggiorno, illuminato da numerose lucine colorate e addobbato accuratamente dalle palline -Principalmente rosse, dato che era stato il fulvo a comprarle.-
«E adesso a noi due.», affermò con sicurezza tra sé e sé, arrampicandosi faticosamente sul comodino dove Axel teneva tutti i trucchi e i profumi; fece estrema attenzione a non far cadere nulla, terrorizzato dal vedere il rosso infuriato e sputare fiamme dalla bocca come un drago assatanato, inginocchiandosi poi cautamente; fortunatamente era di legno pregiato e lui era assai leggero.
Strinse la piccola stella dorata nella mano sinistra e allungò così il braccio, sfiorando appena la punta dell'albero: accidenti ad Axel che non aveva ancora comprato una dannatissima scala, pensò. E accidenti a lui che lo obbligava a fare l'albero di Natale da solo; così, ogni maledetissimo anno, si ritrovava a fare strambe acrobazie per cercare di arrivare alla punta del famigerato abete.
«Ma tu sei alto, perché non ci pensi tu?!», aveva tuonato l'anno scorso sull'orlo di una crisi isterica; il rosso, nel frattempo, era tranquillamente di fronte allo specchio a curarsi i capelli. «Perché non è compito mio.»
«Che cazzo vuol dire?!», e si era ritrovato già a strillare. «Siamo a casa tua!»
Axel si era poi voltato verso il giovane con un allegro sorriso divertito dipinto sul volto, mettendosi le mani sui fianchi e porgendo il volto in avanti prima di spiegare: «Io mi occupo del cibo e di ospitarti, tu dell'albero, Roxas. E' la legge.»
«Ma legge di cosa?! Vaffanculo!», ed era tornato in soggiorno imprecando ripetutamente, udendo le risate dell'altro rieccheggiare nella casa.
«Ti prego, dai», mormorò tra sé e sé, allungando il più possibile il braccio fino a sentire l'osso scricchiolare, «ancora un po' e ci siamo, dai...», la stella si infilò finalmente nella punta e Roxas si illuminò; proprio in quel momento sentì la porta di casa aprirsi rumorosamente e la squillante voce di Axel spargersi per la casa. «Sono tornato!», e a causa dello spavento si sporse eccessivamente in avanti, perdendo l'equilibrio e cadendo rovinosamente in avanti.
«Roxas? Sei qui?», sentì poi chiedere; alzò a fatica la faccia da terra, brontolando qualcosa di incomprensibile sul dolore e sulla sua fissa di fare gli alberi; vide successivamente il fulvo osservare l'abete e mettersi una mano sul mento con aria pensierosa. «Oh, bravo Roxas, hai già fatto l'albero. Niente male, sì. Anche se la stella è un po' stor-»
«Non osare dire nulla sulla stella.», sibilò a denti stretti il biondo, rialzandosi per poi spolverarsi i pantaloni; Axel assunse un'espressione perplessa e si grattò la nuca, appoggiando i diversi sacchetti sul piccolo tavolo.
Il sedicenne nel frattempo si sedette sul divano con aria spossata, socchiudendo gli occhi. «Mh, che stanchezza...», brontolò tra sé e sé; udì poi l'allegra risata del rosso che gli si avvicinò, sedendosi accanto a lui con un piccolo pacchetto rosso incartato tra le mani. «Adesso non c'è tempo per essere stanchi, baby. Ho una sorpresa per te.»
«Mh?», il giovane riaprì un occhio, nascondendo però una grande curiosità dentro sé; di solito le sorprese di Axel o erano meravigliose o erano qualcosa di folle. Deglutì, sperando seriamente che questa volta fosse da prendere in considerazione solo la prima opzione.
«So che manca ancora qualche giorno a Natale», iniziò a parlare il rosso con le iridi smeraldine luccicanti. «ma ci tengo troppo a dartelo e a vedere la tua faccia. Sono appena andato a prenderlo e...», si interruppe per qualche secondo, mordendosi il labbro inferiore. «Insomma, tieni.»
Roxas scrutò attentamente il piccolo pacchetto prima di prenderlo delicatamente dalle mani dell'altro, assai confuso e perplesso; sbattè più volte le palpebre dopo aver ottenuto un cenno di approvazione da parte del ventenne, afferrando così il fiocco giallo per poi scioglierlo lentamente.
Il giovane inclinò il volto su un lato alla vista di una scatoletta di pelle nera come la notte; la osservò per qualche secondo prima di aprirla quasi con gentilezza, come se fosse timoroso in qualche modo di non essere pronto per vederne il contenuto.
E si sentì mancare un battito.
Uno splendido anello di oro bianco luccicava di fronte alle iridi del ragazzo che spalancò la bocca, senza parole; al centro del gioiello vi era incastonata una piccola pietra verde, più splendente che mai.
«Lo so che nè io nè te siamo dei tipi da anelli e cose del genere», interruppe il breve silenzio Axel, mostrando la propria mano destra e il medesimo anello che aveva una pietra blu all'anulare, «ma io ci tenevo tanto, Roxas.», e sorrise dolcemente. «Così tu avrai un anello che ha il mio stesso colore degli occhi e lo stesso sarà per me.», dopo aver detto ciò ridacchiò nervosamente, un poco imbarazzato dalla situazione e, soprattutto, dalle proprie parole.
«A-Axel, io... Io... Non...», le parole si bloccarono nella gola del biondo che appoggiò una mano sulle labbra per soffocare un singhiozzo; prese lentamente l'oggetto prezioso e se lo infilò nell'anulare destro, alzando poi timidamente gli occhi verso quello che poteva ormai tranquillamente considerare il suo fidanzato. «Grazie.»
«Tutto qui?», chiese ironicamente il rosso sorridendo e spalancando le braccia; Roxas ci si buttò immediatamente, appoggiando timidamente la testa sulla spalla del ventenne con le gote imporporate e lo sguardo emozionato. «E' la cosa più bella che tu mi abbia mai fatto.», sussurrò sommessamente, come i bambini bisbigliano tra di loro i segreti all'orecchio.
«Adesso non fare il sentimentale.», continuò a dire scherzosamente il più grande, stampando un bacio tra i capelli dorati del compagno. «Sai, Roxas...», iniziò improvvisamente, ottenendo l'attenzione del diretto interessato. «Credo di essere molto fortunato. Anzi, ne sono sicuro. Più che sicuro.», si corresse poi, annuendo.
Roxas sorrise dolcemente, stampandogli un flebile bacio sulle labbra prima di socchiudere gli occhi, appoggiando nuovamente il volto sul suo petto.
Mentre lui si sentì felice come non mai, Axel pensò che ora quel ragazzino gli apparteneva davvero e che non l'avrebbe mai lasciato andare.
Mai e poi mai.




«Com'è stato?»
Strinse la cornetta del telefono, senza rispondere; lanciò una fugace occhiata a sua madre che, nel frattempo, stava richiudendo la porta di casa dietro di sé, dicendogli qualcosa che lui non sentì. O meglio, che non sentì perché non gli interessava proprio.
«Axel?», udì la voce del suo compagno di classe dall'altra parte; Marluxia, un ragazzo un po' strano, un po' fatto a modo suo con atteggiamenti davvero ambigui. Però, dopo tutto, gli stava anche simpatico; anche perché lo aveva avuto come vicino di banco per ben due anni e quindi alla fine fu inevitabile stringere una specie di amicizia.
«Axeeel, mi senti?», lui sussultò, scuotendo la chioma rossa mentre si osservava di fronte all'imponente specchio posto sul muro del corridoio.
«Sì, ci sono.», si limitò a farfugliare apaticamente, scrutando il riflesso verde dei propri occhi come se fosse alla ricerca di qualcosa in particolare.
Sentì l'amico ridere. «Cos'è, stai ancora pensando a quello che hai appena passato?», domandò maliziosamente, sghignazzando.
Ma Axel non rise, anzi, sembrò piuttosto irritato dall'indescrizione dell'altro; appoggiò la mano libera sul vetro dello specchio e strofinò l'indice su di esso con fare distratto. «Più o meno.»
«Che risposte brevi. Sembri Zexion.», osservò il compagno, facendo riferimento ad un altro tipo strano della loro classe. «Comunque non mi hai ancora detto com'è stato. Dai, sono curioso! Voglio sapere tuuuuttti i particolari!»
Era prorio quello il problema.
''Com'è stato''.
Avrebbe voluto dire, anzi, più che altro si aspettava di utilizzare aggettivi come sensazionale, fantastico, unico, incredibile e roba del genere. Invece nella sua mente non facevano altro che galleggiare parole come noioso, tremendo, vuoto. Terribilmente vuoto, senza nulla.
Il quindicenne sospirò, decidendosi finalmente a parlare. «Sì, bello.», mentì con poca convinzione, spostando poi lo sguardo verso una fotografia in particolare posta su un comodino. «Bello.», ripetè ancora apaticamente.
«Wow, che entusiasmo.», commentò sarcasticamente Marluxia, intuendo immediatamente la bugia del rosso. «Ma si può sapere che hai? Sei il secondo ragazzo della classe ad aver già scopato; dovresti sentirti alla grande! E poi la ragazza non era mica male, anzi.», e ridacchiò nuovamente.
Eppure l'espressione di Axel non cambiò in alcun modo; indescifrabile e assorta, mentre stringeva con più debolezza la cornetta. «Devo andare, Marluxia.», disse infine, attendendo una risposta dall'altro che non tardò ad arrivare. «Va bene», brontolò con aria un po' offesa, «allora a domani, Axel.»
Ma lui non rispose al saluto e si limitò a riagganciare con fare estremamente spossato; afferrò la fotografia incorniciata tra le mani e la scrutò intensamente con le iridi smeraldine improvvisamente lampeggianti alla vista del proprio sorriso accanto a quello di un bambino dai capelli dorati e disordinati.
Era successo tutto in fretta; era stato lui a cercare di essere sbrigativo con la giovane perché l'amara verità era che non ne aveva voglia. Era stato anche sgarbato e antipatico, come se fosse un dovere da svolgere e non un piacere.
Poi si era alzato dal letto e si era vestito velocemente, aprendo la porta della stanza per far uscire immediatamente la ragazza, la quale sperò inutilmente di avere almeno il suo numero di cellulare.
C'era stato solo un piacere erotico e fisico, nient'altro. Sperava in qualcosa di meglio, di più profondo e invece si era sentito deluso in qualche modo.
Improvvisamente sentì il campanello suonare e sobbalzò, appoggiando con estrema cura la foto al suo posto; fece qualche passo in avanti e si avvicinò al portone, chiedendo uno scocciato: «Chi è?»
«Sono Roxas.», all'udire la voce appena percettibile del compagno, si irrigidì e sgranò istintivamente gli occhi, stupito da quell'inaspettata visita; successivamente si riscosse, decidendosi finalmente ad aprire la porta con un largo sorriso -A dire il vero, il primo sorriso di quella dannata giornata- stampato sul volto. «Ehi, Rox!», lo salutò calorosamente, prendendogli immediatamente il polso per poterlo trascinare dentro, chiudendo poi la porta dietro di sé.
Il giovane ospite si guardò timidamente attorno, come se fosse entrato per la prima volta in quella dimora; successivamente si sentì tirare un poco la mano e alzò gli occhi blu, incrociando lo sguardo raggiante del più grande che non smetteva più di sorridere. «Ti va di giocare con i videogiochi?»
L'undicenne si illuminò, annuendo; a causa del divorzio in corso tra i suoi, ormai trovava davvero poco tempo per dedicarsi a qualche passatempo piacevole, dato che non faceva altro che finire a casa dei suoi parenti.
«Sono venuto perché la mamma è andata a fare la spesa», iniziò a spiegare, mentre Axel lo accompagnava in soggiorno, sedendosi sul divano. «e le ho chiesto se poteva accompagnarmi qui.», poi imbronciò le labbra in una smorfia infantile, abbassando lo sguardo con lieve imbarazzo; Axel accennò una sottile risata, tirandogli il braccio per farlo sedere accanto a sé. «Hai fatto bene a venire.», ammise sorridendo. «Avevo bisogno di te.»
«Dici sul serio?», domandò il biondo con le iridi più splendenti che mai, osservando intensamente il quindicenne che annuì energeticamente. «Ma certo. Sai, sei l'unico che mi capisce.», appoggiò una mano sulla chioma dorata del giovane, facendola scorrere ripetutamente con aria assorta; Roxas arrossì appena e gonfiò infantilmente le guance, scostando il braccio dell'altro con fare scocciato. «Smettila, Axel. Non sono un bambino. Sono grande, ormai!»
«Certo, certo.», borbottò ironicamente il rosso, sistemando il proprio gomito sul cuscino con un'espressione divertita. «A proposito, come va nella nuova scuola? Ti stai ambientando?»
«Benissimo!», rispose immediatamente l'undicenne, lasciandosi sfuggire un flebile sorriso. «Le medie non sono brutte come pensavo. E mi sono già fatto una nuova amica.», a quel piccolo dettaglio Axel corrugò improvvisamente la fronte, quasi fosse infastidito in qualche modo. «Ah, sì?»
Il giovane dalle iridi blu annuì. «Si chiama Xion. Un giorno te la farò conoscere, è molto gentile.»
«Ti ha mai toccato?», chiese bruscamente il fulvo, cercando di analizzare ogni più piccola espressione del biondo che si trovò sapesato e confuso di fronte a quella strana domanda. «Eh?»
Axel sbuffò. «Niente, niente. Lascia stare.»
Il più piccolo si strinse timidamente le spalle, accuciandosi meglio sul divano; sbattè più volte le palpebre e osservò attentamente il compagno. «Ti sei arrabbiato con me?»
All'innocenza e alla soave ingenuità con cui pose la domanda Axel non potè fare a meno di cambiare espressione, sorridendo nuovamente; scosse un poco la folta chioma rossa, alzandosi per accendere la play station. «Sono un po' arrabbiato, ma non con te, non preoccuparti.»
Successivamente infilò il disco e afferrò i due joystick, porgendone uno al biondo che continuò a parlare: «Vedrai che giocando un po' la rabbia ti passerà.»
Axel inclinò il volto su un lato, rimanendo in silenzio per qualche secondo a riflettere; successivamente sorrise, avvicinandosi all'orecchio del giovane prima di soffiare su di esso, sghignazzando, consapevole del fatto che al compagno infastidiva e, soprattutto, imbarazzava molto. «Piantala, scemo!»
Il fulvo ridacchiò, concentrandosi poi sullo schermo del televisore. «Non ti auguro buona fortuna perché tanto perderai.»
«Questo lo dici tu.», replicò accennando un sorriso sghembo il giovane; l'altro rise nuovamente e non pensò più a ciò che aveva passato.
Anzi.
Sorrise anche più del solito e pensò che fu proprio una bella giornata. Se non addirittura bellissima.
Sì, proprio come lo era Roxas.
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*Note di Ev'*
-Passa una processione con gente vestita di nero e le croci al petto (?)*
Oggi siamo qui tutti riuniti per annunciare la tragica fine di codesta storia.
Riposa in pace, e che Dio sia con te. (??)
Amen.

Cioè, è finita... Non ci posso credere. It's a Nightmare ç_ç
No, beh. Poi da un lato è meglio così, dato che ho un sacco di storie in mente da scrivere. *Osserva l'orizzonte con aria filosofica (?)*
Uhm, sì. Allora... Questo capitolo -Oddio, spero che il titolo 'Mio' vada bene °-° All'inizio volevo mettere 'End', ma mi sembrava troppo banale.- è appunto ... Uhm, cos'è? Cioè, insomma, in questo capitolo diciamo che si fidanzano ufficialmente e Axel si mostra nuovamente geloso. Nella prima parte egli si accorge che non desidera altro che donare attenzioni al biondo; mentre nell'ultima parte capisce che lui è l'unico a farlo stare bene. Ah, e ovviamente la sua prima volta è stata un fiasco totale perché nel suo cuoricino c'è solo Roxey ;A; <3
Che orrore aver barrato sulla casella 'Completa' prima di aver pubblicato il capitolo çAç
Ehm, sì. Insomma, questa storia è stata davvero una specie di diabete-carie e chi più ne ha più ne metta. Cioè, oddio, non mi credevo capace di tirare fuori tutte queste zuccherosità (?). Non so se sia una cosa positiva o meno, ma lasciamo stare.
La prima parte del capitolo l'ho scritta la settimana scorsa, tutto il resto oggi, nonostante, ad un certo punto, non mi sono sentita neanche dell'umore giusto. *Sighs* -Che poi ho passato la giornata a parlare con mia madre; poi notavo che lei non mi rispondeva e non ho fatto altro che chiederle 'Ma perché non mi caghi?' D: - Ma, insomma.. PER VOI HO POSTATO LO STESSO. :'D
Allora, spero che quest'ultimo capitolo sia stato di vostro gradimento -E che non sia stato eccessivamente sdolcinato... *Si fiss intorno*- e vi prego di commentare, dato che è la fine çWWWç PLEASE! Almeno nell'ultimo capitolo, uhmpfh'.
Ringrazio tutti coloro che hanno recensito, quelli che hanno messo la storia tra le ricordate/seguite e preferiti.
E ringrazio le sedici persone che mi hanno aggiunta tra gli autori preferiti. <3
Ora posso sparire definitivamente di scena, sperando di postare il capitolo successivo di 'Tutor And Boyfriend' domani, nonostante non l'abbia ancora iniziato °-°
La prossima long-fic che pubblicherò sarà un dramma, awwwh. Non vedo l'ora di postarla. <3
Alla prossima, people C:
E.P.R.

 

   
 
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